Elenco dei film di Griffith

Immagine
Titolo The Beach
Titolo originale THE BEACH
Anno 2000
Regista Danny Boyle
Durata 119
Paese USA
Genere drammatico
Trama Richard, un giovane americano come tanti di oggi, arriva, zaino in spalla, a Bangkok con pochi soldi e parecchi interrogativi. Prende alloggio in un albergo di terza categoria, e qui conosce una coppia di francesi, Françoise e il suo compagno Etienne. Nella stanza accanto alla sua incontra anche un altro uomo, un certo Daffy, che si definisce un viaggiatore segnato dal sole e dalle droghe. Su un foglio Richard vede disegnata una mappa: indica un'isola incontaminata che Daffy dice di voler raggiungere. Richard rimane colpito e, dopo averci pensato, capisce che deve unirsi a lui. Va per dirglielo ma lo trova riverso per terra con le vene tagliate. Più che mai Richard si convince di dover proseguire. Coinvolge i due francesi e insieme partono per un viaggio verso l'ignoto. Attraversate acque agitate e una cascata mozzafiato, i tre raggiungono l'isola, bella oltre ogni previsione ma, in verità, niente affatto disabitata: una piccola comunità di viaggiatori con a capo la vigorosa Sal si è sistemata da alcuni anni in quel posto segreto. Dopo un periodo iniziale, i nuovi vengono accettati e prendono a vivere la vita di tutti, all'aria aperta e senza orari. Ma la serenità è di breve durata. Gelosie, rivalità, conflitti personali emergono brutalmente. Quando per caso arrivano altri giovani, le guardie armate che coltivano la droga li uccidono a colpi di mitra. Richard assiste. I trafficanti danno al gruppo l'ultimatum: o Richard muore o vanno tutti via. Trovato un compromesso, ognuno torna a casa. In America Richard ora gioca davanti al computer, clicca e appare la foto della comunità dell'isola. Critica "In questo polpettone avventuroso in confezione patinata c'è almeno un'idea forte e interessante. Quella del falsato rapporto con la realtà, l'avventura, il pericolo, di una generazione cresciuta sui videogiochi, la realtà virtuale, gli emozionanti ma teorici rischi elettronici - che fanno scorrere adrenalina ma non fanno pagare danno. 'The Beach', peccato, la propone e la dimentica. Proponiamo un sequel". (Irene Bignardi, 'la Repubblica', 26 febbraio 2000)"Il film ha una gentilezza di fondo che svapora un po' nell'inconsistenza narrativa, mentre i caratteri non fanno in tempo a evidenziarsi e i loro conflitti interessano poco. Però il carismatico Leo vive la sua esperienza generazionale con una convinzione che per lui è un'eredità di famiglia. 'The Beach' si può infatti leggere come un omaggio del divo a suo padre George, che nelle foto in cui è insieme al figlio figura ancora come un autentico hippie". (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 13 febbraio 2000)"Dimenticare 'Titanic'. E farlo dimenticare al pubblico. Per questo Leonardo Di Caorio ha scelto di girare, dopo il successo planetario della struggente love story di Jacke & Rose, un film sporco e indigesto come 'The beach', diretto da Danny Boyle ('Piccoli omicidi tra amici' e lo scandaloso 'Trainspotting'. ( E.R.C. "Panorama, 13 settembre 2001)
Immagine
Titolo The time machine
Titolo originale THE TIME MACHINE
Anno 2001
Regista Simon Wells
Durata 96
Paese USA
Genere avventura, fantascienza
Trama TRAMA BREVEBasato sul classico romanzo omonimo di fantascienza di H.G. Wells è la storia di uno scienziato e inventore, Alessandro Hartdegen, determinato a provare che è possibile viaggiare nel tempo. La sua tenacia si trasforma in disperazione in seguito ad una tragedia personale che lo porta a voler cambiare il passato. Verificando le sue teorie con una macchina del tempo di sua invenzione si trova, invece, proiettato avanti di 800.000 anni nel futuro quando gli uomini sono divisi in cacciatori e prede.TRAMA LUNGAAlexander Hartdegen, scienziato e inventore di fine '800, è convinto della possibilità di poter viaggiare nel tempo. La morte accidentale della fidanzata Emma lo spinge a costruire una macchina adatta allo scopo. Dopo quattro anni, tutto sembra pronto, Alex torna indietro ma anche stavolta Emma, sia pure in circostanze diverse, muore per una banale fatalità. Vista l'impossibilità di cambiare il passato, Alex decide allora di viaggiare nel futuro. Prima si ferma agli inizi del terzo millennio, quando la cultura è affidata alle enciclopedie virtuali, poi approda al 2037 e scopre che, per colpa degli uomini, la luna ha cominciato a sgretolarsi sulla terra con effetti disastrosi. Rimasto egli stesso ferito dai frammenti lunari, Alex continua il viaggio e fa un passo in avanti di 800.000 anni. Si trova allora davanti una società divisa in due razze chiaramente distinte: sulla terra abitano i primitivi ma pacifici Eloi, dalle fattezze umane, mentre nel sottosuolo ci sono i mostruosi cannibali Morlock. Accolto tra gli Eloi, Alex diventa amico della giovane Mara e del fratellino di lei Kalen. Quando Mara viene catturata dai Morlock, Alex scende nel loro covo per salvarla, combatte col capo e ha la meglio su di lui. Per eliminare poi tutti i Morlock, Alex utilizza l'energia della sua macchina del tempo, che in questo modo viene distrutta. Alex rimane così tra gli Eloi accanto all'amata Mara, mentre il suo collega e la sua governante, rimasti alla fine dell'800, si rassegnano al fatto che egli non farà più ritorno e sperano comunque che abbia trovato una nuova casa. Note COSTUMI: DEENA APPEL.REMAKE DEL FILM "L'UOMO CHE VISSE NEL FUTURO" (1960) REGIA DI GEORGE PAL E SCENEGGIATURA DI DAVID DUNCAN.Critica "La cosa più azzeccata - i manichini che si vestono e si svestono rapidissimamente, scandendo i passaggi d'epoca col cambiare della moda - è rubata alla versione 1960 del romanzo, diretta da George Pal e migliore di quella nuova, malgrado i trucchi ovviamente più 'ingenui'. Qui si fa sfoggio di mezzi, fondali in matte-painting e trucchi digitali; ma tutto è un po' leccato, come un dépliant turistico del futuro. Il che non toglie del tutto al film il suo gusto vecchia-maniera, come una patina del tempo abbastanza piacevole". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 2 aprile 2002)a Repubblica', 2 aprile 2002)"L´inizio nella cornice invernale della New York fine secolo faceva sperare che il film, diretto da Simon Wells, bis nipote dello scrittore, evolvesse in modo più originale. Tuttavia i marchi abbinati Dreamworks e Warner Bros assicurano valori produttivi ed effetti speciali di qualità. In particolare suggestivo il vorticoso svolgersi delle stagioni, degli anni, dei secoli, con alternarsi di glaciazioni e desertificazioni; ed è carismatica l´apparizione di Jeremy Irons in veste di capo dei Morlock, decadente icona dal viso e dai capelli bianco gessati". (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 30 marzo 2002)"E' (ancora una volta) il capolavoro mancato dal romanzo di Wells, ma lascia ai tentativi posteri un'eredità visiva da sviluppare, una volta archiviati, per esempio, L'uomo che visse nel futuro e la serie con Michael J. Fox. La proiezione nel futuro, a circa 800mila anni dal nostro presente, dopo la frattura della Luna e una nuova glaciazione, combina 'Metropolis' e 'Mad Max', con sfondo New Age, e trasforma l'avventura nei millenni in una sfida tra bande. Al timone del progetto c'è il nipote del grande scrittore inglese, che sposta l'esordio dell'azione da Londra a New York dove uno scienziato che ha perso la promessa sposa in un incidente sfrutta l'ideazione della macchina per tentare di cambiare il passato. Domanda matematica e filosofica che accompagna il film, ma che non resta sospesa e misterica in qualche invenzione potente, come riuscì a Kubrick con l'Odissea. La vera macchina del tempo esiste, e si chiama cinema. Bisogna saperla usare". (Silvio Danese, 'Il Giorno', 4 aprile 2002)"Gli avvenimenti sono gli stessi del racconto di Wells, ma il cinema ha bisogno di mostri: la contrapposizione tra buoni e cattivi nella vicenda originale vedeva una classe socialmente elevata e debole, sottomessa al proletariato costretto a vivere sotto terra come in certi racconti di Dickens. Per chi ama le metafore, in Wells trovava pane per i suoi denti. Nel film diretto da suo nipote (!), Simon Wells, c'è un surplus di fantasy. (...) L'ossuto Guy Pearce, attore australiano interprete di 'Memento' e 'L. A. Confidential', non è un mostro di simpatia, quanta invece ne emana la pellicola, svelta, spettacolare, adatta ad ogni pubblico. In pochi fotogrammi si consuma l'omaggio alla pellicola precedente: appare nel ruolo di un fioraio l'attempato Alan Young, l'amabile amico di George, eroe di 'L'uomo che visse nel futuro'". (Adriano De Carlo, 'Il Giornale', 7 aprile 2002)
Immagine
Titolo Tristano e Isotta
Titolo originale TRISTANO E ISOTTA
Anno 1998
Regista Fabrizio Costa
Durata 180
Paese ITALIA
Genere commedia
Trama Figlio del re Rivalen di Bretagna, Tristano, allevato dal fedele Governal, vive alla corte dello zio, re Marco di Cornovaglia. Uccidendo in duello Morholt, figlio del re Gormond d'Irlanda, nemico della Cornovaglia, rimane gravemente ferito e, secondo un uso celtico, viene posto in una barca alla deriva sul mare. Approda così sulle rive d'Irlanda, dove è salvato proprio dalla madre di Morholt, la Regina Maga, esperta in filtri, e dalla figlia del re, la bellissima Isotta dai Capelli d'Oro. I due giovani provano una reciproca attrazione. Ma Tristano deve tornare da Marco, dove gli invidiosi nobili di corte sono in rivolta e chiedono al re un erede legittimo. Il giovane cavaliere torna in Irlanda a chiedere per re Marco la mano di Isotta: il matrimonio sancirà tra l'altro la pace tra Cornovaglia e Irlanda. Isotta, che nel frattempo ha scoperto chi ha ucciso il fratello, si piega alla ragione di stato. Durante il viaggio verso il castello del futuro sposo, mette in atto la sua vendetta: propina a Tristano un filtro di morte. Ma la sua ancella Brangania ha scambiato le ampolle e le ha consegnato un filtro d'amore: i due giovani bruciano di passione. All'arrivo in Cornovaglia si celebrano le nozze, ma i due giovani continuano ad amarsi, finché i nemici di Tristano, scoprono l'adulterio e li denunciano al re. Furioso e addolorato, Marco bandisce per sempre il nipote dalla Cornovaglia e abbandona Isotta nella terra dei Lebbrosi. Con l'aiuto di Governal, Tristano riesce a liberare l'amata e si rifugia con lei nella foresta. Intanto re Marco ha scoperto che il folle amore dei due giovani era dovuto al filtro magico, e li perdona. Isotta torna a palazzo, mentre Tristano va in esilio in Bretagna, dove stringe una salda amicizia con Kaherdin, figlio del Duca Hoel. La sorella di Kaherdin, Isotta dalle Bianche Mani, identica all'altra Isotta, si innamora di Tristano, che invece la respinge. Furente la ragazza rivela al fratello di essere stata violentata da Tristano. In Cornovaglia, il cavaliere bretone, per salvare il re e la regina prigionieri di Andret, intraprende una cruenta battaglia, al termine della quale si ritrova ancora una volta in esilio. Dal castello di Kaherdin - Isotta dalle Bianche Mani ha confessato la sua calunnia - attende l'arrivo della sua Isotta, per morire con lei, che si trafigge il cuore con la spada.Note FILM PER LA TELEVISIONEMINISERIE DI 2 PUNTATE DA 90' - CANALE 5- REGIA SECONDA UNITA' E STUN COORDINATOR: MARIO LURASCHI
Immagine
Titolo Io vi troverò
Titolo originale Taken
Anno 2008
Regista Pierre Morel
Durata 93
Paese FRANCIA
Genere azione, thriller
Trama Per ritrovare la figlia, finita durante un viaggio a Parigi nelle mani di un'organizzazione criminale, un ex agente segreto è costretto a mettere in campo tutta la sua esperienza e la sua implacabile ferocia in una lotta senza quartiere e senza pietà.
Immagine
Titolo Taken - Io vi troverò
Titolo originale Taken
Anno 2008
Regista Pierre Morel
Durata 93
Paese FRANCIA
Genere azione, thriller
Trama Per ritrovare la figlia, finita durante un viaggio a Parigi nelle mani di un'organizzazione criminale, un ex agente segreto è costretto a mettere in campo tutta la sua esperienza e la sua implacabile ferocia in una lotta senza quartiere e senza pietà.
Immagine
Titolo Le avventure del topino Despereaux
Titolo originale Tale Of Despereaux, The
Anno 2008
Regista Sam Fell, Robert Stevenhagen
Durata 90
Paese USA, GRAN BRETAGNA
Genere animazione
Trama Nel lontano regno di Dor gli abitanti vivevano felici, ma un brutto avvenimento che spezzò il cuore del loro sovrano portò il buio e la tristezza nel reame. In soccorso del regno di Dor e della sua principessa, Pea, prima costretta a vivere in un tetro castello e poi rapita da due cattivi in cerca di vendetta, giungerà un impavido topolino, piccolo, aggraziato e con due orecchie fuori dalla norma: Despereaux Tilling.Note - VOCI DELLA VERSIONE ORIGINALE: SIGOURNEY WEAVER (NARRATRICE), EMMA WATSON (PRINIPCESSA PEA), MATTHEW BRODERICK (DESPEREAUX), DUSTIN HOFFMAN (ROSCURO), CHRISTOPHER LLOYD (HOVIS), ROBBIE COLTRANE (GREGORY), KEVIN KLINE (ANDRE), WILLIAM H. MACY (LESTER), STANLEY TUCCI (BOLDO), CIARÁN HINDS (BOTTICELLI), TONY HALE (FURLOUGH), TRACEY ULLMAN (MIG).Critica "Alla Universal il coraggio non è mancato. Nel suo primo film d'animazione digitale ha osato mettere dei topi tra zuppe, verdure, pentole e cuochi, incurante del confronto perdente con 'Ratatouille'. Ma ciò che rende gradevole e stimolante il film di Sam Fell, già all'opera sui roditori in 'Giù per il tubo', è la quasi totale rinuncia allo humour in favore di sensibilità, culto della tolleranza e di piccole/grandi tristezze e cattiverie (liuti che suonano mesti, un gattaccio nell'arena) che fanno da sano pungolo al percorso educativo dell'immaginario dei più piccoli. Citazioni: molto Disney in cavalieri e draghi sputafuoco, un raggio fatale colpisce il ratto 'Nosferatu'." (Alessio Guzzano, 'City', 24 aprile 2009)"Il film è una delizia romantica, elegante e pittoricamente entusiasmante con adorabili rimandi ad Arcimboldo (c'è un personaggio fallo di frutta e verdura come le creature dell'artista milanese) e Botticelli. Despereaux non sfigura affatto vicino agli altri topi." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 24 aprile 2009) "La cornice medioevale, le miniature, i costumi, le segrete, il cupo regno dei ratti: tutto è disegnato con incantevole grazia pittorica cosicché, come qualcuno ha scritto, 'Despereaux' non sarà un classico ma di classe ne ha molta." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 24 aprile 2009)"Dopo un inizio che grida vendetta di copia (i cuochi, le zuppe, 'Ratatouille' insomma) il film di Sam Fell e Rob Stevenhagen si rende elementare ma autonomo, provvisto di una perizia calligrafica di ambienti che solleva la sommaria psicologia e il prevedibile racconto bagnato con poco humour." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 24 aprile 2009)"Diretto da Robert Stevenhagen, 'Le avventure del topino Desperaux' è un affresco figurativo di munifica eleganza e raffinatezza. Hieronymus Bosch ne è l'ispiratore visivo e cromatico nelle suggestioni scenografiche. La consistenza e pienezza della corporeità di topi e ratti si associa a un ritmo dell'animazione lievemente rallentato che dona un autentico sapore retrò ad una messa in scena. Basta osservare come gli oggetti d'uso comune diventino suppellettili e mobilia per i roditori come le inevitabili citazioni cinematografiche ('Ratatouille', 'Il gladiatore' e gli altri) e i riferimenti iconografici storici più che sbandierati diventano naturali snodi del racconto. Un piccolo capolavoro di grazia e di misura (il commento sonoro non è mai invasivo), attento allo stupore fanciullo delle proporzioni gulliveriane e ai significati di tolleranza, rispetto e amore per il diverso." (Davide Turrini, 'Liberazione', 24 aprile 2009)
Immagine
Titolo Terminator 2 - il giorno del giudizio
Titolo originale Terminator 2: Judgment Day
Anno 1991
Regista James Cameron
Durata 136
Paese USA
Genere azione
Trama Un Terminator torna sulla Terra perché incaricato di difendere Sarah Connor e suo figlio John dall'attacco di un terrificante modello di cyborg , il letale T-1000, capace di scomporsi come una gelatina e di ricomporsi in mille guise, assumendo le fattezze altrui al semplice contatto, di estroflettere micidiali lame, di celarsi furbescamente appiattendosi sui pavimenti, di passare attraverso sbarre con irrisoria facilità. Mentre combattono contro il micidiale killer, Sarah, John e il Terminator 'buono' entrano in contatto con Dyson, responsabile del futuro progetto Skynet - il sistema di autodifesa che si attiverà spontaneamente il 29 agosto 1997, per distruggere il mondo in un olocausto nucleare - che dominerà il mondo con i cyborg da lui stesso prodotti. Per sventare i drammatici eventi futuri, i tre dovranno quindi riuscire a recuperare tutti i documenti del progetto Skynet, compreso il chip da cui è iniziata tutta la vicenda...Note - OSCAR 1991 PER: MIGLIOR SONORO (TOM JOHNSON, GARY RYDSTROM, GARY SUMMERS, LEE ORLOFF), MIGLIOR TRUCCO, MIGLIORI EFFETTI SPECIALI E VISIVI, MIGLIORI EFFETTI SPECIALI SONORI. ERA CANDIDATO ANCHE PER MIGLIOR FOTOGRAFIA E MONTAGGIO.- IL FILM E' STATO CAMPIONE D'INCASSI NEGLI STATI UNITI NEL 1991.Critica "Il film è, dal punto di vista dello spettacolo, eccezionale. Sia che lo vediamo sotto il profilo degli effetti speciali, qui senza dubbio, per novità e accuratezza, eccezionali, sia per il sapiente movimento macchina che dà a molte sequenze un effetto verità quanto mai trascinante. Gli attori sono tutti dei bravi interpreti da Schwarzenegger che riesce a fornire addirittura ironia al suo robotico personaggio, Linda Hamilton assai convincente nella sua parte di donna allucinata. Bravo Robert Patrick (il T-1000) e non solo per i suoi effetti strepitosi (li è bravo il computer, se mai), ma per la gelida ironia da SS cibernetica. E' buona anche l'interpretazione di Edward Furlong nella parte del bambino disadattato e brigantello che deve traumaticamente affrontare una situazione più grande di lui. Se è pur vero che bene e male sono qui chiaramente collocati, i dettagli dello scontro sembrano divenire più importanti di ogni valutazione morale, appannando il messaggio di allarme, che pur si enuclea inequivocabilmente, contro il proliferare sul pianeta di una tecnologia a rischio come quella cibernetica". ('Segnalazioni cinematografiche', vol. 113, 1992)
Immagine
Titolo Terminator 3: Le macchine ribelli
Titolo originale Terminator 3: Rise Of The Machines
Anno 2003
Regista Jonathan Mostow
Durata 109
Paese USA, GRAN BRETAGNA, GERMANIA
Genere azione, fantascienza, thriller
Trama John Connor vive nelle strade e fa l'hacker. Un nuovo terminator, che ha potere sulle altre macchine, è stato mandato per ucciderlo. Il modello, chiamato Terminatrix o TX, ha le sembianze di una donna e non ha bisogno di armi perchè la sua mano è dotata di un cannone laser ed è inoltre programmato per trasformarsi in una macchina. TX ha il compito di eliminare tutti gli altri organismi cibernetici. Ma un nuovo tipo di umanoide, T 101, viene inviato per aiutare John....Critica "Il paradosso di 'Terminator 3 - Le macchine ribelli', diretto dal Jonathan Mostow di 'U-571', è tutto qui e non è poco. Si tratta di dirigere la terza avventura del padre di tutto il cinema fantastico moderno come se nel frattempo non fosse accaduto nulla o quasi. Come se non ci fosse già stato un 'Terminator 2', araldo della rivoluzione digitale. Come se 'Matrix' non avesse riassunto e superato in un colpo solo vent'anni di immagini, storie, personaggi, dilemmi. Come se 'Harry Potter' e 'Il Signore degli Anelli' non ci avessero abituato a serialità incalzanti. (...) La scena chiave resta quella in cui il futuro salvatore dell'umanità piega il proprio difensore ai suoi voleri semplicemente puntandosi una pistola alla tempia. 'Non puoi autoterminarti', borbotta Terminator stranito. 'Tu no. Io sì'. Curioso privilegio di noi umani, su cui Mostow incardina questo film ironico e lugubre insieme". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 19 settembre 2003) "Ma il valore e il divertimento di 'Terminator 3' continua a consistere nella monumentale presenza di Schwarzenegger. Sempre uguale a se stesso, pur reso più nobilmente iconico dai segni dell'età, le rughe, la stempiatura. Fedele alla tradizione di laconicità del personaggio, che parla poco e picchia molto: i suoi aforismi sono i più memorabili di tutta la storia del cinema dai tempi del poliziotto cinese Charlie Chan. Se (alla fine) sarà eletto governatore, ha promesso che abbandonerà lo schermo. Affezionati come siamo alle sue puntuali riapparizioni, ci resta solo da sperare che venga trombato". (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 20 settembre 2003)"Se 'T1' era una 'serie B' a basso costo, compensata dal genio visionario di Cameron, 'T3' è una 'serie B' ad alto budget messa in scena senza sprechi di talento dal mestierante Jonathan Mostow. In un regime d'inflazione di kolossal miliardari, da 'Hulk' in giù, un film come questo ha un sapore vecchiotto, non spiacevole ma un tantino superfluo. Lo stesso effetto di non necessità che fa Schwarzie: anche se ci auguriamo di rivederlo spesso sullo schermo, piuttosto che saperlo governatore della California". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 20 settembre 2003)"'Sono un modello superato', borbotta il vecchio cyborg alla terza avventura. Se lo dice lui c'è da credergli. Infatti avrà il suo bel da fare contro la rivale venuta dal futuro, una 'Terminatrix' spietata e praticamente indistruttibile... Dopo i no di Ridley Scott, Ang Lee e John McTiernan, 'Terminator 3' poteva essere un disastro. Invece Jonathan Mostow se l'è cavata benone, facendo della senescenza del personaggio (e della serie) il baricentro di un film lugubre e ironico insieme. Che diventa addirittura appassionante nel doppio disco Columbia, tecnicamente superbo e zeppo di extra: trailer, commenti del regista e di Schwarzenegger, documentari, cronologia di Terminator , lungo special sugli effetti, una scena eliminata, gli inevitabili errori. Tutto con sottotitoli italiani." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 23 gennaio 2003)
Immagine
Titolo Terminator
Titolo originale Terminator, The
Anno 1984
Regista James Cameron
Durata 108
Paese USA, GRAN BRETAGNA
Genere azione, fantascienza, thriller
Trama Tra saette e boati minacciosi plana su Los Angeles un cyborg - organismo cibernetico - un mostro-robot destinato dal futuro a cercare ed uccidere Sarah Connor, un ragazza la cui vita è preziosa per gli anni che verranno. Ed è per questo che sulla terra scende anche Kyle Reese, un giovane guerriero che deve proteggerla. Tra agguati, inseguimenti e sparatorie Reese cercherà di salvare Sarah - di cui nel frattempo si innamora, ricambiato - dal minaccioso e letale Terminator e le spiegherà anche il motivo di tale accanimento: un giorno lei darà alla luce un bambino destinato a guidare gli esseri umani, sopravvissuti ad una guerra nucleare, contro una armata di macchine controllate da un computer.Critica "Il film dura 110 minuti e li spende benissimo: come film d'azione non fa una grinza, non ha una pausa, non dà tregua. Chi ha il gusto un po' perverso dei piccoli film fantastici di serie B non deve lasciarselo sfuggire." (Laura e Morando Morandini, Telesette) "Tripudio di effetti speciali ad alto livello, discreti sviluppi narrativi e la presenza rocciosa e impenetrabile del massiccio Arnold che, alle prese con un personaggio robot, figura meglio che in vesti umane. Nella seconda parte insorgono problemi di ritmo e di scarsa misura." (Francesco Mininni, Magazine italiano tv)
Immagine
Titolo The Condemned - L'isola della morte
Titolo originale The Condemned
Anno 2007
Regista Scott Wiper
Durata 113
Paese USA
Genere Azione/Thriller
Trama In questo film, un produttore televisivo senza scrupoli decide di far combattere, su un'isola deserta della Papua Nuova Guinea, dieci condannati a morte prelevati dalle carceri di paesi del Terzo Mondo. Il tutto verrà trasmesso in diretta su internet. Fra i protagonisti di questo scabroso reality c'è Jack Conrad, interpretato dall'ex wrestler "Stone Cold" Steve Austin. Quest ultimo è un appartenente alle forze speciali USA, arrestato in El Salvador e condannato alla pena capitale per aver fatto saltare in aria un palazzo. In questo film non c'è un antagonista, ma addirittura due. Il primo è un ex soldato britannico, anch'esso delle forze speciali, noto come McStarley, interpretato da Vinnie Jones. Il secondo è, invece, il produttore televisivo Breckel, interpretato da Robert Mammone. Alla fine Conrad, con l'aiuto involontario di McStarley, farà giustizia punendo i tutti i malfattori.

Jack Conrad è un assassino rinchiuso in un carcere corrotto del Centro America e sta attendendo di essere giustiziato. Poco prima della sua esecuzione viene ingaggiato da un produttore di film e viene deportato su un isola abitata da altri nove assassini. Queste 10 persone si dovranno uccidere a vicenda e il sopravvissuto otterrà la libertà
Immagine
Titolo The Island
Titolo originale The Island
Anno 2005
Regista Michael Bay
Durata 135
Paese USA
Genere fantascienza, azione
Trama Gli abitanti di un'utopia futuristica credono di essere gli unici sopravvissuti di una contaminazione globale e che, oltre "all'Isola", la loro residenza sotterranea sia l'ultimo luogo rimanente nella natura privo d'agenti patogeni. La ripopolazione dell'Isola viene concessa solamente ai vincitori della lotteria che risiedono nell'utopia.

Lincoln Sei Echo (Ewan McGregor), Lincoln Six Echo nel film originale, aspetta da tre anni di vincere la lotteria e, nel frattempo, incomincia a mettere in questione il suo ambiente e la propria esistenza. La sua natura inquisitiva e la ricerca insoddisfacente delle risposte ha allarmato il capo della Comunità, il Dott. Merrik (Sean Bean). Lincoln Sei Echo e la sua amica, Jordan Due Delta (Scarlett Johansson), Jordan Two Delta nel film originale, quindi scappano dall'utopia in cerca di risposte.

Lincoln Sei Echo trova un insetto che si è intrufolato attraverso i condotti dell'aria. Cercando di scoprire da dove sia arrivato un animale che secondo quanto viene detto dovrebbe essere estinto, viene a scoprire la verità. In realtà le persone che vincono la lotteria non vanno sull'isola, ma vengono utilizzati per trapianti. Il mondo in cui vivono è una finzione e gli abitanti di questo luogo asettico non sono altro che cloni, pezzi di ricambio dei loro originali del mondo reale. Lincoln Sei Echo scopre la verità e cerca di salvare la sua amica che ha appena vinto alla lotteria. Si scoprirà poi che la controparte della Johansson, una modella famosa, necessita di un molteplice trapianto.

Braccati come bestie, nella loro fuga nascerà qualcosa di più della semplice amicizia che c'era prima fra loro. Le persone del mondo reale pensano che i loro cloni siano privi di emozioni e vivano in uno stato di incoscienza. Gli organi di un organismo incoscienti tuttavia non sono adatti ai trapianti e gli organizzatori del sistema dirigistico sono costretti a costruire una vita fittizia per i prodotti; così vengono definiti tutti i cloni che vivono in questo mondo artificiale. Il progetto non è altro che una gigantesca polizza assicurativa che mira a fare vivere i ricchi in eterno usando pezzi di ricambio senzienti.

Conosceranno la paura e l'angoscia, saranno traditi dal "padrone" di Sei Echo che rintracceranno, sperando di trovare in lui un aiuto. L'originale si rivela un abbietto edonista dedito solo alla venerazione della propria persona. Il clone in uno scambio di persona riesce a sostituirsi all'originale, che viene ucciso.

Dopo molte avventure riusciranno finalmente a liberare tutti i cloni, aiutati da un membro della sicurezza, incaricato in precedenza dal loro "creatore", di eliminare i due fuggitivi.

Immagine
Titolo Prossima fermata, l'inferno
Titolo originale The Midnight Meat Train
Anno 2008
Regista Ryuhei Kitamura
Durata 100
Paese USA
Genere Horror
Trama l viaggio più terrificante che tu abbia mai fatto: non si tratta di un nostro giudizio, ma della tagline del film The Midnight Meat Train, diretto Ryûhei Kitamura e tratto dall’omonimo racconto breve scritto da Clive Barker, un altro dei tanti esempi di film estremamente interessanti passati totalmente inosservati in Italia e non solo.

In effetti non è il viaggio più terrificante mai fatto, ma è di sicuro uno dei migliori dell’anno: un film affascinante, sanguinolento, gore, pieno di colpi di scena e di ottimi momenti di suspense, sicuramente l’adattamento più riuscito da uno scritto di Barker dai tempi del terrificante Hellraiser. E non è poco.

Protagonista della vicenda è il giovane fotografo Leon Kauffman - interpretato da un convincente Bradley Cooper - che viene ingaggiato dalla proprietaria di una galleria d’arte per un’esposizione.

Quello che gli viene richiesto è un piccolo reportage fotografico sul lato oscuro dell’umanità e per realizzare tali scatti Leon decide di immortalare la città di notte: in particolare si concentra sulla metropolitana e lì scoprirà qualcosa di agghiacciante, un elegante serial killer compie brutali omicidi notte dopo notte e agisce praticamente indisturbato.

Come è possibile che la gente continui a scomparire a bordo di quei vagoni e nessuno sembra preoccuparsene? Che fine fanno i corpi delle vittime? Perchè la polizia non vuole credergli?

Il mistero si fa decisamente più interessante quando il silenzioso assassino - che di giorno, non a caso, fa il macellaio - si accorge di essere pedinato da Leon. Non sarà così facile capire chi pedina chi e quali sono le persone coinvolte in quest attività sotterranea.

Tutto diventa ancor più avvincente quando entra in gioco la giovane Maya, fidanzata del fotografo, decisa ad aiutare il suo compagno nelle indagini.

L’uscita di questo The Midnight Meat Train era stata programma per lo scorso 16 maggio, ma alla fine tutto saltò e si decise per un’apparizione fugace nelle sale - circa un centinaio nei vastissimi Stati Uniti - e per un immediato rilascio per il mercato home-video.

A nulla sono servite le numerose campagne nate sul web contro la scarsa attenzione riservata a questo film, così come inutili sono risultate le proteste dello stesso Clive Barker, anche produttore del film, nei confronti della Lionsagate che pare abbia deciso di dedicare anima e corpo alla promozione del film The Strangers, lasciando da parte tutto il resto.




Immagine
Titolo Documentario (The World Natural Heritage) - Europe I
Titolo originale The World Natural Heritage - Europe I
Anno 2007
Regista Cassian Harrison
Durata 60
Paese
Genere Documentario
Trama
Immagine
Titolo Documentario (The World Natural Heritage) - Europe II
Titolo originale The World Natural Heritage - Europe II
Anno 2007
Regista Cassian Harrison
Durata 60
Paese
Genere Documentario
Trama
Immagine
Titolo Il petroliere
Titolo originale There Will Be Blood
Anno 2007
Regista Paul Thomas Anderson
Durata 158
Paese USA
Genere drammatico
Trama USA, a cavallo tra '800 e '900. La scalata al successo economico di Daniel Plainview, un ambizioso minatore che dopo aver acquisito un prezioso giacimento petrolifero diviene uno spietato mercante di oro nero.Note - GOLDEN GLOBE 2008 PER IL MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA. ERA STATO CANDIDATO ANCHE COME MIGLIOR FILM DRAMMATICO.- ORSO D'ARGENTO A PAUL THOMAS ANDERSON PER LA MIGLIOR REGIA E A JONNY GREENWOOD PER IL MIGLIOR CONTRIBUTO ARTISTICO (MUSICA) AL 58MO FESTIVAL DI BERLINO (2008).- OSCAR 2008 A DANIEL DAY LEWIS COME MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA E A ROBERT ELSWIT PER LA MIGLIORE FOTOGRAFIA. IL FILM ERA STATO CANDIDATO ANCHE PER MIGLIOR FILM, REGIA, SCENEGGIATURA NON ORIGINALE, MONTAGGIO, SCENOGRAFIA, E SOUND EDITING (MATTHEW WOOD).- CANDIDATO AL DAVID DI DONATELLO 2008 COME MIGLIOR FILM STRANIERO.- CANDIDATO AL NASTRO D'ARGENTO 2008 COME MIGLIOR FILM EXTRAEUROPEO.Critica "Uno strano oggetto molto personale il regista è il P.T. Anderson di 'Magnolia', di 'Boogie Nights', di 'Ubriaco d'amore', che qui cambia ancora una volta metodo e stile tratto da un romanzo politico anni '30 dell'impegnato pton Sinclair, 'Oil!', ma così pieno di musica e di metafore e di trasparenti allusioni al presente che potrebbe essere un'opera lirica moderna (la maestosa partitura che scandisce le immagini è firmata da Jonny Greenwood dei Radiohead). O un apologo brechtiano sul potere economico e religioso, colti nei loro più perversi intrecci, risciacquato nelle acque tempestose del grande cinema americano. Questo Petroliere incarnato con forza quasi minerale dallo strepitoso Daniel Day Lewis è infatti l'ultimo erede di quella lunga galleria di predatori con cui il cinema ha raccontato la costruzione dell'America moderna. Ma Anderson, che dal romanzo-fiume di Sinclair ha preso solo le prime 150 pagine, è abilissimo nell'accompagnare le gesta del suo protagonista con un percorso interiore fatto di rabbia, solitudine, distruzione. (...) Sarà difficile, malgrado le molte candidature agli Oscar, che 'Il petroliere', in originale 'There Will Be Blood', 'Scorrerà il sangue', conquisti le grandi platee, sempre più affamate di facilità e consolazione. Ma l'ambizione del progetto, così americano, e la bontà dell'interpretazione di Daniel Day Lewis, che non nasconde di essersi rifatto alla voce imperiosa e antica di John Huston, dovrebbero garantire l'attenzione che merita a questo film eccessivo e crudele, visionario e grandioso come il suo protagonista. E come il cinema oggi sa essere sempre più di rado." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 9 febbraio 2008) "Scritto e diretto da Paul Thomas Anderson, già vincitore con 'Magnolia' dell'Orso d'oro 2001, 'Il petroliere' riprende parte di 'Oil!', 150 pagine diventano quasi tre ore di proiezione. Chi non abbia interesse per la mitologia della frontiera, si astenga. Per collocare 'Il petroliere' come ricostruzione d'epoca (mirabili i costumi di Mark Bridges), si potrebbe vederci il prologo di 'Chinatown' di Roman Polanski; invece, quanto all'ambizione di definire il magnate che, facendosi da sé, ha fatto anche l'America: siamo dalle parti dell''Uomo che non sapeva amare' di Edward Dmytrik e del suo prologo, apparso successivamente: 'Nevada Smith' di Henry Hathaway. L'orso d'oro 2008 ha così da ieri - al secondo giorno di proiezioni e al primo grosso film in concorso - un primo serio aspirante: 'Il petroliere' concilierebbe l'esigenza autoriale (sceneggiatore e regista sono la stessa persona) delle giurie con quella spettacolare del pubblico. Questo film senza donne potrebbe avvantaggiarsi della giuria berlinese senza più Sandrine Bonnaire e Susanne Bier. Varrà però contro di lui il principio che ha reso i grossi festival simili al festival di Castrocaro, dove si premiano solo le voci nuove." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 9 febbraio 2008)"Il regista Paul Thomas Anderson (quello di 'Boogie Nights', di 'Magnolia' e del più recente, e più deludente, ù'Ubriaco d'amore') ha sfrondato il romanzo 'Petrolio!' di Upton Sinclair di tutta la parte politica sullo scandalo Harding e dell'umanitarismo socialista a favore dei lavoratori per concentrarsi sulla figura di Plainview. In questo modo lo spirito epico di un periodo di svolta per la civiltà americana, con l'innovazione modernizzatrice che passa attraverso il trivellamento (lo sventramento?) dei territori della frontiera, viene riassunto nello scavo dentro le ossessioni di un uomo che piano piano sostituisce l'entusiasmo con l'avidità e il rispetto con l'egoismo. Girato in Cinemascope e in scenari di ruvida bellezza, il film finisce così per concentrarsi sulla faccia di Daniel Day-Lewis, davvero ammirevole nel lavoro mimetico che gli permette di esprimere con la forza dello sguardo, l'incurvatura del corpo, la mobilità delle mani quello che stava trasformando lo spirito e l'animo di tutta una nazione. Anderson sembra non volersi staccare mai dal suo attore, lo pedina con lunghe carrellate laterali, lo inquadra in primissimo piano come per incorniciare quello che accade sullo sfondo e a volte sembra perdere di vista il flusso del racconto. O, meglio, finisce per sottolineare soprattutto uno dei protagonisti in scena, affascinato dall'attore che lo interpreta e insieme ossessionato dalla determinazione del personaggio che incarna. I meriti e i difetti del film sono tutti qui, nella prova forse troppo grande di Daniel Day-Lewis e nello sforzo che fa il regista per non perderne nemmeno un grammo (il film dura 158 minuti), a scapito dei personaggi - il «figlio», il predicatore invasato, il falso fratello, l'assistente - e dei temi - gli affetti, la superstizione, l'avidità - che pure sono presenti nel film." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 9 febbraio 2008)"E' il racconto delle radici primitive, delle origini di un capitalismo selvaggio che finiscono per essere sovrastrutture materiali di potere, di necessità di violento dominio in barba al senso della vita e ai basilari sentimenti d'affetto verso il prossimo. Plainview "venderebbe anche la madre pur di...", intanto attorno a lui si creano le basi per la frontiera geografico/politica di più recente nascita, quella americana, imbevuta di fanatico revivalismo religioso e prepotente lotta di competizione economica senza regole. Fondamenta di un dna culturale dallo strascico sociale che ancora decide gli indirizzi politici dei governanti statunitensi odierni." (Davide Turrini, 'Liberazione', 9 febbraio 2008)"Parte della critica ha descritto 'There will be blood' come un film che tenta di raccontare la famiglia e la religione negli Stati Uniti all'inizio del XX secolo. Il co-protagonista è il giovane e bravo Paul Dano che interpreta la figura ambigua di un giovane pastore evangelico che inizialmente tenta di redimere Plainview per poi rivelarsi anch'esso assetato di denaro. 'There will be blood' è stato candidato ad otto Oscar. Ma questa pellicola prima di tutto ha confermato che Daniel Day Lewis, già insignito del Golden Globe per questa interpretazione, è un attore in grado di trasformare in eroe, positivo o negativo che sia, qualunque personaggio interpreti." (Vincenzo Savignano, 'Avvenire', 9 febbraio 2008)"'Il Petroliere' è un film al tempo stesso epico e minimale. Il primo quarto d'ora - magistrale! - sembra un cortometraggio muto di Griffith, altro regista che sul capitalismo e sulla nascita delle nazioni aveva idee ben precise. (...) E la storia è sempre quella - molto cinematografica - di un uomo solo schiacciato dalla propria ricchezza. In questo il cinema è spesso inferiore alla realtà, perché i grandi capitalisti non sono mai soli: sono uomini di apparato e di relazioni, anche quando sembrano matti come Hughes, e il rischio è sempre quello di restituirne una visione fin troppo romantica. Proprio per questo il personaggio più inquietante del 'Petroliere' finisce per essere non Plainview, che Lewis rende con gigioneria a volte eccessiva, ma il giovane predicatore Eli Sunday interpretato da un prodigioso 23enne che si chiama Paul Dano." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 9 febbraio 2008)"L'altro nascente del cinema americano più che hollywoodiano, il narratore più affascinante del momento, Paul Thomas Anderson, per la prima volta alle prese con un romanzo da reinventare sullo schermo, e fuori dalla foresta conosciuta come Los Angeles, tra i deserti petroliferi dei 'Citizen Kane' di San Louis Obispo, ne ha voluto fare un 'Novecento' californiano e non solo per l'argomento e la durata, 2 ore e 38', o per la superba qualità artistica delle immagini visive e sonore, che combattono tra di loro come hate e love dentro il Mitchum di 'Il terrore corre sul fiume', grazie alle rapsodie elettroniche, meravigliosamente invadenti e pertinenti, di Jonny 'Radiohead' Greenwood. Credo che per la prima volta nativi e californios, wobblies e operai triturati dallo sviluppo, Zorro e Chavez, abbiano trovato in un film qualche motivo per sentirsi, da revenant, spettri un pochino vendicati. Che carogne quelli che fecero la conquista del West." (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 9 febbraio 2008)"Il film ha qualcosa di distaccato e lontano che non somiglia alle opere precedenti di Anderson ('Sidney', 'Boogie Nights', 'Magnolia') ma che cerca e trova una forza inconsueta, energia mai vista." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 15 febbraio 2008)"Stavolta non c'è lieto fine. A vincere è il male sotto le spoglie di un petroliere avido, misantropo e spregiudicato. Ma è una vittoria amarissima pagata a caro prezzo, che appare come una disfatta totale dal punto di vista umano. Non c'è nulla di esaltante e di invidiabile nel personaggio di Daniel Plainview, per il quale, al termine di un'esistenza vissuta nella ricerca spasmodica del guadagno, non c'è possibilità di redenzione. Viene rifiutata persino l'ultima opportunità fornitagli dall'orfano, ormai adulto, che aveva preso con sé in tenera età. Per questo il film Il petroliere - firmato dal giovane, e già maturo regista statunitense Paul Thomas Anderson, apprezzato per Magnolia - si presenta come una impietosa parabola del disfacimento morale di un uomo. Non solo. Grazie al personaggio del falso predicatore, che diventa l'alter ego del protagonista, siamo anche dinanzi a una denuncia del proselitismo pseudoreligioso compiuto dal cialtrone di turno che s'approfitta della credulità e dell'ignoranza della povera gente. La lotta tra questi, che parla a nome di un dio a suo uso e consumo, e il petroliere, il quale non ha altri scopi se non l'arricchimento, solo apparentemente si presenta come una battaglia tra il bene e il male. I due sono troppo simili: il primo non è meno scaltro e cinico del secondo. E se il nero è il colore che fa da sfondo alla narrazione - nero come il petrolio strappato alle viscere della terra, nero come la coscienza sporca di Daniel Plainview accecato dalla brama del possesso - la scena si macchia spesso di rosso. Non a caso, del resto, il titolo originale della pellicola è "There will be blood" (Ci sarà sangue). (...) Tratto dal romanzo di Upton Sinclair Oil! del 1927, Il petroliere - fresco vincitore del premio per la miglior regia al festival di Berlino, al quale si presentava forte del Golden Globe assegnato a Daniel Day-Lewis come migliore attore protagonista e di otto candidature all'Oscar - è un film che si richiama al filone epico del cinema americano, quello che raccontava la frontiera dura e selvaggia, in cui dettava legge il più forte e arrogante. Lo fa in maniera cruda, a tratti spettacolare, con qualche pausa narrativa di troppo pagata alla bravura del protagonista. Ciononostante - tra ruvidi paesaggi, sperdute fattorie, pozzi e trivelle - il regista regala sprazzi di grande cinema, permettendosi persino il lusso di un inizio con quindici minuti privi di dialoghi. In ultima analisi, Anderson racconta la storia del male che si insinua inesorabilmente in un uomo, distruggendolo interiormente. Nell'ascesa del cinico protagonista - metafora delle brutture del capitalismo americano delle origini - si coglie il dramma di una vita incapace di trovare un senso e che non sa riscattarsi. A volte il cinema riesce a far simpatizzare anche con personaggi poco limpidi. Qui però non c'è, e non può esserci, empatia con Plainview, malvagio perdente per il quale si nutre solo repulsione." (Gaetano Vallini, 'L'Osservatore Romano', 21 febbraio 2008)
Immagine
Titolo Tutti pazzi per Mary
Titolo originale There's Something About Mary
Anno 1998
Regista Bobby Farrelly Peter Farrelly
Durata 119
Paese USA
Genere comico
Trama A diciassette anni Ted aveva conosciuto Mary Jenson, la ragazza che tutta la scuola sognava, la quale in maniera del tutto imprevedibile, aveva chiesto proprio a lui di farle da cavaliere al ballo dei diplomandi. Ma quella sera, andando a prenderla a casa, a Ted era successo un goffo incidente che aveva mandato tutto all'aria. Al termine dell'anno scolastico la famiglia di Mary si era trasferita in Florida e Ted l'aveva persa di vista. Oggi, dopo dodici anni, Ted continua a pensare a lei e vorrebbe sapere dove è finita e cosa fa. Dietro le insistenze di Dom, suo buon amico, Ted ingaggia Pat, detective privato, per ritrovare il perduto amore. Pat rintraccia Mary a Miami, ma ne rimane talmente colpito da mentire a Ted sull'esito della ricerca. Mary ha un'avviata carriera medica e una particolare sensibilità per la condizione dei portatori di handicap. Pat vuole conquistare Mary e l'avvicina, mentendo anche stavolta sulla propria identità. Quando Ted scopre di essere stato ingannato, si precipita a Miami per chiarire le cose. Ritrova Mary che lo rivede con piacere e i due stanno per uscire insieme, quando la ragazza scopre che è stato Ted ad ingaggiare Pat e per questo lo odia. La situazione si complica per la presenza, oltre a Dom, anche di Tucker, architetto, e di Sully, un alcolizzato collega di Pat. Tutti ruotano intorno a Mary, vogliono conquistarla, ma alla fine il premio è per quello più meritevole. Quando gli equivoci si chiariscono, Ted e Mary possono dichiararsi amore reciproco.Critica "I fratelli Farrelly, già 'scemi e più scemi', non sono registi sopraffini, ostaggi della comicità più bieca, ma la sceneggiatura è ricca e l'incastro delle storie corrisponde a una pazzia che ha del metodo, almeno manda in tilt la finta moralità del cittadino medio. Come si diceva, politically più scorretto, grottesco ed eccessivo di così 'Mary' non potrebbe essere: cagnolini vengono addormentati, drogati, elettrizzati e agli handicappati viene fatto lo sgambetto. Come dicono, nei modi e momenti più impensati i cantastorie che tramandano un amore che fa rima con bugia: Mary e Lewinsky sono un po' parenti". (Maurizio Porro, 'Il corriere della sera', 17 ottobre 1998)"Assolutamente irresistibili gli episodi in cui prima Dillon, poi Stiller sono alle prese con un piccolo ma ringhioso terrier, odiosa bestiola sulla quale la sceneggiatura infierisce senza ritegno. Possiamo dirlo? Il pregio maggiore del film è proprio la mancanza di ritegno. Nel panorama così politically correct del cinema Usa d'oggi, il film di 'Scemo & più scemo' Farrelly è totalmente incorrect, una pecora nera piena di situazioni sfrontate, impudenti e kitsch. Ce n'è abbastanza da fare arrabbiare animalisti e parecchie associazioni a difesa delle minoranze. Ma ci auguriamo proprio che questo non accada. Basta ricordare che l'assenza di correttezza è, da sempre, un ingrediente essenziale e irrinunciabile del comico". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 17 ottobre 1998)"Avrete capito che ce n'è per tutti: per gli omosessuali, i disabili, gli animalisti. Magari qualcuno si offenderà e spedirà qualche querela. Ma farebbe male. Se è vero che anche a 'Paperissima' - complice l'ex ministro Antonio Guidi - si può fare una gag su un handicappato senza per questo offendere la sfortunata categoria". (Michele Anselmi, 'l'Unità', 16 ottobre 1998)"Sei pretendenti: il Perso, il Pazzo, l'lmballato, lo Stravolto, l'Accanito, il Malato. A ciascuno una scena comica che, a dispetto delle attese, strappa la risata. L'incriminata sequenza dello spenna appeso ai capelli è esilarante. Incomincia come una ordinaria commedia romantica, finisce come una farsaccia. Ma in mezzo si fa un buon esercizio di muscoli facciali. La Diaz? Gli sceneggiatori si sono dimenticati di scriverle il personaggio. Da ridere e da dimenticare". (Silvio Danese, 'Il Giorno', 17 ottobre 1998)"Finalmente una commedia 'politicamente scorretta'. Parliamo del film dei fratelli Farrelly 'Tutti pazzi per Mary', con Cameron Diaz, Matt Dillon e Ben Stiller (tutti e tre assai convincenti). Nel filone brillante-demenziale di John Landis (e dunque da questo punto di vista niente di nuovo!) la commedia ha il suo maggior pregio nella sceneggiatura (piuttosto che nella regia) che prende di mira, con una buona dose di cinismo, tutto e tutti: donne grasse, handicappati, ragazzi down, animali, uomini di colore, senza offendere nessuno". (Pietro Calderoni, 'Ciak', 29 ottobre 1998)
Immagine
Titolo The Code
Titolo originale Thick as Thieves
Anno 2008
Regista Mimi Leder
Durata 104
Paese USA
Genere azione, thriller,poliziesco
Trama Un ladro di lungo corso assolda un giovane truffatore per farsi aiutare nel colpo della vita, necessario a ripagare il debito a un boss russo.
Immagine
Titolo I tredici spettri
Titolo originale Thir13en Ghosts
Anno 2001
Regista Steve Beck
Durata 91
Paese USA
Genere horror
Trama TRAMA BREVEArthur Kriticos ed i suoi due figli Kathy e Bobby sono rimasti soli ed hanno perso ogni cosa a causa di un incendio che ha distrutto la loro casa e causato la morte della moglie di Arthur, Jean. Un giorno, in maniera del tutto inaspettata, Arthur viene a sapere di aver ereditato un'abitazione dal misterioso ed eccentrico zio Cyrus L'edificio (in vetro e acciaio) è una vera e propria meraviglia dell'architettura moderna. Mentre esplorano la loro nuova casa, Arthur ed i ragazzi non riescono a credere ai loro occhi. Ciò che non sanno è che l'edificio nasconde un oscuro segreto. TRAMA LUNGAJane muore in un incendio, lasciando il marito Arthur e i figli Kathy, adolescente, e Bobby, piccolo, in una situazione triste e difficile. Del tutto all'improvviso Arthur si trova ad essere erede di una casa lasciatagli dal misterioso zio Cyrus, che lui non ha mai conosciuto. Quando, insieme alla cameriera di colore Meggy, si recano a visitarla, si accorgono che si tratta di un ben strano edificio: grandissimo, tutto costruito con vetro e acciaio, di taglio geometrico e completamente all'aperto. Dopo aver un po' girato per corridoi e stanze, i quattro si accorgono che in realtà le porte sono blindate e dalla casa non si esce più. Bobby è il primo ad inforcare un paio di occhiali e ad avere la visione della mamma in forma di spettro. Dopo, anche Maggy ne inforca un paio e a sua volta ha la visione di spettri. A poco a poco si manifestano i contorni di qualcosa di diabolico. Gli spettri sono le vittime di Cyrus, la macchina che opera nella casa ha bisogno di nuovi spiriti per aprire l'ocularis inferno. Nell'inferno c'è chi conosce tutto con l'occhio, e chi governa il controllo dell'occhio avrà il dominio del mondo. Secondo la profezia di Basileus, ai 12 spiriti che rappresentano lo zodiaco nero ne va aggiunto un tredicesimo. Il predestinato è Arthur, che deve dare la propria vita per favorire il cammino verso il potere da parte di Cyrus, che ora è tornato per completare il proprio piano diabolico. Ma prima la volontà di salvare i figli, poi l'amore per la moglie mai finito, danno ad Arthur la forza per opporsi alle minacce e uscire libero dalla casa maledetta. Note - REMAKE DELL'OMONIMO FILM DEL 1960 DIRETTO DA WILLIAM CASTLE- REVISIONE MINISTERO GENNAIO 2002Critica "Certo, oggi i fantasmi fanno meno paura, i nemici si sono trasformati e non si capisce più che divise portano o che lingue parlino. E questa assenza di 'certezze' il film la paga tutta, non facendo capire perché abbia senso rifare oggi un film che è già stato fatto, se non per soddisfare un' esigenza nostalgica: rivedere quello che abbiamo visto da bambini. Ma quella era un'epoca nella quale le guerre si facevano per rispondere ad un imperativo morale e non c'era il sospetto che le si facessero per poter costruire un confortevole oleodotto, ed era un'epoca nella quale questi film si giravano perché si dovevano fare, e non c'era il sospetto che li si realizzasse solo per soddisfare bieche esigenze commercial." (Antonio Pezzuto, 'Cinema Zip', 1 marzo 2002)
Immagine
Titolo IL TREDICESIMO PIANO
Titolo originale Thirteenth Floor, The
Anno 1999
Regista Josef Rusnak
Durata 100
Paese USA, GERMANIA
Genere fantascienza
Trama A Los Angeles, oggi, al tredicesimo piano di un grattacielo dove ha sede la loro società, l'anziano Hannon Fuller e il suo assistente Douglas hanno progettato una nuova frontiera della realtà virtuale: lavorando sui microchip dei computer, hanno ricostruito una porta attraverso la quale si accede alla Los Angeles del 1937. I due cominciano così a vivere una vita divisa tra passato e presente. All'improvviso Fuller viene ritrovato ucciso, e tutti gli indizi sembrano convergere su Douglas. Ma la situazione è complicata dal fatto che non si capisce in quale delle due 'realtà' sia avvenuto l'omicidio. Il sistema virtuale allora comincia a sgretolarsi. Jane, la figlia di Fuller, vuole saperne di più e scopre che è stato Douglas, ma quello 'non reale', ad uccidere il padre. Ma anche Jane ha una doppia personalità: si chiama Natascha Molinaro, e suo marito è l'utente del computer che ha dato a Douglas l'imput di uccidere Fuller. E' ora il 21 giugno 2024. Jane porta Douglas sul terrazzo di casa. Lui chiede: "Dove mi trovo?" Lei saluta il padre sulla spiaggia e gli risponde: "Quante cose ti devo raccontare". Critica "I fratelli Emmerich si divertono a scompaginare quanto è consentito e a inserire tranelli come se stessro 'guidando in playstation': se si sta al (video)gioco si può anche divertire nel cercare di capire a quale livello si è arrivati". (Aldo Fittante, 'Segnocinema', settembre / ottobre 2000)
Immagine
Titolo Timeline
Titolo originale Timeline
Anno 2003
Regista Richard Donner
Durata 116
Paese USA
Genere avventura, azione, fantascienza, fantasy, thriller
Trama In un futuro prossimo, una multinazionale della tecnologia inventa una macchina in grado di viaggiare nel passato. Quando, nel corso di uno dei viaggi, un docente universitario rimane intrappolato nel 1300, tre studenti di Yale vengono reclutati per viaggiare a ritroso nel tempo e salvarlo.Note - MUSICHE: JERRY GOLDSMITH (NON ACCREDITATO).
Immagine
Titolo Trilli e il tesoro perduto
Titolo originale Tinker Bell And The Lost Treasure
Anno 2009
Regista Klay Hall
Durata 78
Paese USA
Genere animazione
Trama Nella Radura Incantata fervono i preparativi per la Festa d'autunno, ma la fatina Trilli, insieme alla lucciola Brillo e al folletto Terence, partirà per un viaggio avventuroso e pieno di insidie alla ricerca di un tesoro in grado di salvare il potere della Pietra di Luna.
Immagine
Titolo Titanic
Titolo originale Titanic
Anno 1997
Regista James Cameron
Durata 195
Paese USA
Genere drammatico
Trama Il transatlantico Titanic, considerato un gioiello tecnologico - viene pubblicizzato come 'inaffondabile' - è il più lussuoso piroscafo da crociera mai realizzato. Il 10 aprile 1912 salpa dall'Inghilterra con oltre 1500 passeggeri a bordo per il suo viaggio inaugurale. I viaggiatori, come era uso consolidato, sono collocati in tre classi, riflesso delle differenze sociali. Ma il destino porta ad annullare queste differenze tra Rose De Witt Bukater (rappresentante dell'alta borghesia americana, soffocata dal peso dei ruoli e dagli obblighi della società) e Jack Dawson, giovane disegnatore libero e indipendente, passeggero di terza classe. Rose è promessa sposa a Cal Hockley, erede di grandi fortune, e su questo matrimonio la madre di Rose punta per risollevare le ormai precarie condizioni economiche della famiglia. I contrasti sono forti, a Rose la conoscenza di Jack ha fatto intravedere un nuovo modo di vivere la vita, cui non vuole rinunciare. Nella notte tra il 14 e il 15 aprile, il Titanic entra in collisione con un iceberg e comincia ad imbarcare acqua. A poco a poco, l'enorme nave si spezza in due tronconi, e i passeggeri, nel panico totale, cercano rifugio sulle scialuppe. Non c'è posto per tutti, e moltissimi muoiono annegati, tra cui Jack. 85 anni dopo, un cacciatore di tesori cerca di ricostruire quegli eventi e, inaspettatamente, può utilizzare la testimonianza di Rose stessa, che alla tv ha assistito alle fasi dei lavori di ricerca.Note - 11 PREMI OSCAR 1997 (SU 14 NOMINATION - RECORD DETENUTO INSIEME A 'EVA CONTRO EVA'): MIGLIORE FILM, MIGLIOR REGIA, MIGLIORE FOTOGRAFIA, MIGLIORE SCENOGRAFIA, MIGLIOR SONORO, MIGLIOR COLONNA SONORA, MIGLIOR CANZONE, MIGLIORI COSTUMI, MIGLIOR MONTAGGIO, MIGLIORI EFFETTI SPECIALI VISIVI. - REVISIONE MINISTERO GENNAIO 1998. - IL FILM E' STATO CAMPIONE D'INCASSI NEGLI STATI UNITI NEL 1998.Critica "Emozionante kolossal romantico-avventuroso, ovviamente oceanico, che scala le classi sociali fondendo epica, melodramma e effetti speciali, meritandosi lassù sulla tolda 14 nomination e addirittura 11, eccessivi, Oscar (tra cui quelli al film e alla regia di James Cameroon). A bocca asciutta l'efebico Leonardino Di Caprio e la matronale Kate Winslet". (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 2 aprile 2001)
Immagine
Titolo Torno a vivere da solo
Titolo originale Torno a vivere da solo
Anno 2008
Regista Jerry Calà
Durata 106
Paese ITALIA
Genere commedia
Trama Giacomo, detto Giagià dalla moglie Francesca, è un agente immobiliare stressato dalle necessità economiche sempre in aumento della sua famiglia. I due giovani figli, Chiara di 18 anni e Paolo di 14, si comportano come se lui non esistesse, mentre Francesca, che da vent'anni è approdata a Milano da Napoli, è diventata più milanese dei meneghini puro sangue. Nonostante tutto, la loro coppia resiste, mentre i matrimoni dei loro amici si rompono uno dopo l'altro. Ma quando la suocera arriva all'improvviso da Napoli perché il marito l'ha abbandonata, Giacomo, costretto a dormire sul divano, prende una drastica decisione. Ristrutturerà il vecchio loft, già usato da giovane per sottrarsi alle premure eccessive dei genitori, e tornerà a vivere da solo. Ma non ha previsto l'insolita reazione della moglie....Note - SEQUEL IDEALE DI "VADO A VIVERE DA SOLO" DI MARCO RISI, FILM DI CULTO DEGLI ANNI '80.Critica "Ideale sequel di 'Vado a vivere da solo' (1982) di Marco Risi, 'Torno a vivere da solo', con Jerry Calà regista e interprete, è anche una commedia di Natale, con i tipici requisiti di questo filone italico che ambisce, ridendo, a rispecchiare nevrosi e tic contemporanei. Qui l'aumento dei divorzi è lo spunto su cui si avvita la storiellina di un agente immobiliare che, in via di divorzio, si rifugia nel vecchio loft di scapolo, tentando di godersi la libertà sino a un lieto finale che suggerisce la famigliona allargata come unica possibile soluzione. Di buono nel film all'acqua di rose c'è l'accattivante, innocente comicità di Calà e del suo amico Enzo Iacchetti, la simpatica protervia di Tosca D'Aquino, le presenza di Gisella Sofio, Piero Mazzarella e un Paolo Villaggio dawero straordinario". (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 5 dicembre 2008)"Se non provate brividi per la moto originale, il film sarà di profondo squallore, ripetendo le classiche situazioni del mandrillo sfortunato peggio dei cartoon mentre la sceneggiatura di Calà e Capone alla ricerca vana di un'idea, ricicla pezzi d'antiquariato in un linguaggio di coatta volgarità amplificato dal molesto accento milanese." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 5 dicembre 2008)
Immagine
Titolo Transformers
Titolo originale Transformers
Anno 2007
Regista Michael Bay
Durata 135
Paese USA
Genere avventura, azione, fantascienza
Trama Il pianeta Cybertron è abitato da una particolare generazione di robot trasformisti divisi in due fazioni: gli Autobots, guidati dal buono e saggio Optimus Prime, e i Decepticons, comandati dal malvagio Megatron . Ogni Transformer ha la capacità di tramutarsi in un diverso tipo di meccanismo - dai mezzi di trasporto alle armi - che lo contraddistingue dagli altri. A causa della carenza di carburante su Cybertron, entrambi i gruppi partono alla ricerca di un pianeta in cui reperire i materiali atti alla creazione dei cubi di Energon, la loro fonte di energia. Dopo un'attenta perlustrazione dello spazio, la scelta cade sulla Terra, ricca di elementi minerali e chimici. Giunti sul nostro pianeta, i Transformers si mescolano agli abitanti tramutandosi nei più comuni automezzi, velivoli o imbarcazioni, ma ben presto tra Autobots e Decepticons si scatena una guerra per il controllo del pianeta...Note - CANDIDATO ALL'OSCAR 2008 PER: MIGLIOR SOUND EDITING (ETHAN VAN DER RYN E MIKE HOPKINS), SOUND MIXING (KEVIN O'CONNELL, GREG P. RUSSELL E PETER J. DEVLIN), EFFETTI VISIVI (SCOTT FARRAR, SCOTT BENZA, RUSSELL EARL E JOHN FRAZIER).Critica "Michael Bay non è mai stato un gran regista. I suoi film sono più ('The Rock', 'Armageddon - Giudizio finale') o meno riusciti per merito di sceneggiatura e cast. Di suo il regista sembra mettere soprattutto la capacità di guidare set sempre più complessi e non sprecare (si suppone) i dispendiosi effetti speciali di cui sono sempre più infarciti i blockbuster che sforna Hollywood. La riprova delle sue non proprio eccelse qualità registiche ci viene dallo scontro finale tra buoni e cattivi in 'Transformers': troppo lungo (una bella mezz' ora) e troppo confuso. Ma per le quasi due ore precedenti - il film dura 143 minuti - lo spirito da giocattolone bambinesco con cui il film è stato costruito rende la visione scorrevole e a tratti anche divertente. Niente di trascendentale, per carità! Ma la tendenza a trasformare i film per un pubblico più o meno adolescenziale in centoni capaci di accontentare tutti i tipi di spettatori sembra aver cancellato quello spirito scanzonato e sanamente ingenuo che sono all' origine della sintonia tra schermo e platea. In 'Transformers', invece, non ci sono eccessive strizzatine d'occhio, metaletture più o meno arzigogolate, voglia di riscatto intellettuale. C'è soprattutto la voglia di raccontare una storia e lo sforzo di crederci il più possibile, cercando di rendere plausibile qualche cosa che per sua natura non lo è ma che la fantasia fanciullesca dei ragazzi sembra capace di creare: che automobili, radio, carri armati e aerei possano trasformarsi in robot buoni e in robot cattivi. Quanto sia stato importante il ruolo e il peso di Spielberg non è facile da verificare, ma la scena degli autobot che si nascondo in giardino, combinando ogni tipo di danni, ricorda (alla lontana) la grazia di certe trovate di 'E.T.'. E i giovani che danno lezioni agli adulti se non sono farina del sacco di Spielberg certamente vengono dai suoi film anni Ottanta. Certo, l'immagine tutta positiva dei soldati sopravvissuti alla strage in Qatar è il frutto tipico degli anni Bush ma il dissacrante ritratto che Turturro offre dell'agente Simmons ci fa capire che anche su questo fronte qualche cosa sta cambiando a Hollywood." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 29 giugno 2007)"Bay, come sempre coatto e fracassone, qui ci mette anche cuore e abilità e la supervisione di Spielberg porta a una perfezione tecnica (basti pensare alle trasformazioni, spettacolari) strabiliante. Ottima la scelta di protagonisti e comprimari: il nuovo divetto Shia Le Boeuf è un esilarante eroe nerd, goffo e divertente, in lui leggiamo sempre paura e impotenza. Megan Fox, di cui sentiremo parlare, oltre ad essere splendida è dinamica e con un gran carattere. John Turturro, federale ottuso, e Jon Voight, improbabile (?) segretario della Difesa, sono esilaranti. Proprio loro sono il segno di un cambiamento di rotta: il Sistema, i militari (se si escludono i soldati semplici e proletari) sono bastardi, bugiardi e anche deficienti. E se cominciano a dirlo le major..." (Boris Sollazzo, 'Liberazione', 29 giugno 2007)"La prima parte di 'Trasformers' è un fritto misto abbastanza digeribile di fantascienza apocalittica e 'teenage movie'. Nella seconda, qualsiasi traccia narrativa si dà alla latitanza e gli effetti speciali invadono lo schermo picchiandosi di santa ragione, in una bagarre fracassona che sembra non debba finire mai. E che rischia di mettere a dura prova anche lo spettatore più nostalgico." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 29 giugno 2007)"Dopo che in 'Boogie Nights' (1997) ci si sparava in bocca per annunciare l'arrivo degli anni '80, assistiamo oggi al ritorno di icone degli eighties: il mito di Chuck Norris sul web, il successo di 'Notte prima degli esami', Rocky Balboa, le tartarughe ninja e gli imminenti Arsenio Lupin, John McClane di 'Die Hard', 'Rambo' e 'Indiana Jones'. In pieno clima revisionista ritroviamo anche i Transformers, giocattoli di culto del 1984 poi diventati un cartone flop nel 1986 per poi oggi trasformarsi in un blockbuster da 150 milioni di dollari potente e divertente prodotto da Steven Spielberg e diretto da Michael Bay. (...) Botte da orbi tra robot con noi umani sotto a guardare. Effetti digitali strepitosi ma anche azione che si sente e si tocca. Shia LaBeouf è il nuovo Tom Hanks. Adorabile. Sarà il figlio di Indiana Jones. Il cineasta coatto con la faccia da surfista Bay ('The Rock', 'Armageddon', 'Pearl Harbour') scopre ironia e cuore grazie a Spielberg. E' nata una saga." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 29 giugno 2007)"Il ritmo conferito a 'Transformers' dall'ottimo artigiano Michael Bay ('The Rock', 'Pearl Harbor') è poderoso e incalzante, un séguito di scene madri montate alla grande in cui l'autoironia si fonde con l'azione pura e gli effetti speciali non soffocano per una volta la suspense. Per i fans della Hollywood anni Ottanta, inoltre, sarà consolante gustare come tante madeleine proustiane i generosi rimandi a titoli-culto come 'E.T.', 'Christine la macchina infernale' o 'Terminator'; anche se la tipica contrapposizione tra i Transformers - con la bontà che assume le forme di auto sportive, autotreni o ambulanze e la cattiveria quelle di carri armati, camionette o caccia-bombardieri - sembra più intonata, purtroppo, alle angosce dei tempi nostri. Proprio come d'attualità risulta l'unico difetto del film, quella controproducente tendenza alla lungaggine e alla ridondanza che caratterizza il novanta per cento dei blockbuster e in questo caso rischia di rovinare il divertimento con una mezz'ora finale molestamente infarcita di botte da orbi e assortiti fracassi." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 30 giugno 2007)
Immagine
Titolo Transporter, The
Titolo originale Transporter, The
Anno 2003
Regista Corey Yuen (Cory Yuen) Louis Leterrier
Durata 93
Paese FRANCIA, USA
Genere azione, thriller
Trama Frank Martin è un ex agente delle forze speciali da tempo trasferitosi in una tranquilla località sulle coste francesi del Mediterraneo. Ufficialmente in pensione, Frank in realtà si è costruito una solida fama di 'trasportatore' occasionale in grado di trasportare ovunque carichi, non importa se umani o meno. Le sue regole di lavoro sono due: onorare il contratto ed ignorare sempre e comunque sia il committente che la natura del trasporto. Il suo nuovo incarico non sembra molto diverso dagli altri. Durante una sosta, tuttavia, Frank cede alla tentazione e, guardando nel 'pacco', scopre che si tratta di una bella donna bendata... Poco alla volta Frank scopre che anche le altre regole sono destinate ad essere infrante.Note - RIPRESE AEREE A CURA DI: AERIAL CAMERA SYSTEM.- FOTOGRAFO DI SCENA: JACK ENGLISH.Critica "Jason Statham è convincente soprattutto nella prima parte del film, disegnando un tipo non immemore del killer solitario e malinconico di Alain Delon nel classico di Melville 'Frank Costello faccia d'angelo', alias 'Le samourai'. Andando avanti scatta la logica implacabile del film d'azione, più mirabolante e fracassone che mai, e com'è noto tutte queste produzioni ormai si somigliano sicché sembra di vedere sempre lo stesso film. Sono, né più né meno, dei videogames con personaggi in carne e ossa e a lungo andare inducono allo sbadiglio." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 19 luglio 2003)"Null'altro che un filmetto simpatico e svelto, uno spot per il nuovo Jason Statham, faccia da impunito, che lascia intravedere qualcosa di interessante. Luc Besson, che ha affidato la regia a Cory Yuen, garantisce se non altro la professionalità del prodotto." (Adriano De Carlo, 'Il Giornale', 18 luglio 2003) "Piacerà a chi ama il film d'azione e d'inseguimento senza problematiche. A garantire della professionalità del prodotto c'è l'autore di 'Nikita' Luc Besson, in doppia veste di produttore e sceneggiatore." (Giorgio Carbone, 'Libero', 18 luglio 2003)"La strana coproduzione franco-americana, scritta e prodotta da Luc Besson, ambientata in Francia tra Marsiglia e Aix-en Provence, è diretta da un regista di Hong Kong, interpretata dall'asiatica Qi Shu e dal nuovo Bruce Willis (non bastava quello vecchio?) Jason Statham. Nonostante lo stonato mix, il film è abbastanza vivace, dinamico e non del tutto privo di interesse per gli amanti del cinema d'azione". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 18 luglio 2003)
Immagine
Titolo Tropic Thunder
Titolo originale Tropic Thunder
Anno 2008
Regista Ben Stiller
Durata 107
Paese USA
Genere commedia
Trama L'eroe di film d'azione Tugg Speedman, il pluripremiato Kirk Lazarus, il comico Jeff Portnoy, il giovane talento Kevin Sandusky e la star hip-hop Alpa Chino vengono scelti per interpretare un film di guerra dal budget colossale, tratto dall'autobiografia del veterano John 'Quadrifoglio' Tayback, diretto da un emergente regista inglese e prodotto dallo spietato Les Grossman. Tuttavia, le riprese stentano a procedere, soprattutto a causa delle bizzose superstar. Così, dietro consiglio di Tayback, il regista decide di dare un taglio realistico al suo film ed insieme allo stesso veterano e al supervisore degli effetti speciali organizza un set nascosto nel mezzo della giungla, dove, a loro insaputa, i protagonisti dovranno affrontare una serie di trappole, attacchi e imboscate apparentemente reali. Quando arriva il momento delle riprese, però, i cinque attori si troveranno coinvolti nel mezzo di un reale conflitto con un cartello della droga che li scambia per veri militari.Note - TOM CRUISE E ROBERT DOWNEY JR. SONO CANDIDATI AL GOLDEN GLOBE 2009 COME MIGLIORI ATTORI NON PROTAGONISTI DI MUSICAL/COMMEDIA.- ROBERT DOWNEY JR. E' STATO CANDIDATO ALL'OSCAR 2009 COME MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA.Critica "Dopo essersela presa con il milieu della moda in 'Zoolander', Stiller concentra l'artiglieria su Hollywood stessa, ma che l'attore-sceneggiatore-regista affronta con simpatica crudeltà e con l'intenzione dichiarata di fare il più politically uncorrect possibile. Associandosi in screenplay con Ethan Coeh, ha infarcito il film non soltanto di produttori squali e bastardi, agenti fatui e imbecilli, attori dai nervi fragili, ossessionati dal successo, e dalla sua perdita; ci ha messo dentro anche la parodia del war movie, oggi tra i generi leader e sempre più truculento, nonché una serie di riferimenti a classici come 'Apocalypse Now' o 'Il cacciatore', però senza cadere nelle esagerazioni dell'iper-citazionismo. Il suo, in fondo, è un oggetto cinematografico più insolito di quanto sembri a prima vista. Anche grazie alla larghezza dei mezzi produttivi messi a disposizione, Stiller alterna toni della farsa a quello dell'actioner, dimostrando anche un certo talento nel realizzare sequenze spettacolari come bombardamenti col napalm e similari." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 24 ottobre 2008)"'Tropic Thunder' è pura parodia metacinematografica sul cinema di guerra americano. Un doppio binario gestito in bilico tra il set nel set rappresentato e la continua intrusione negli oggetti filmici che vengono parodiati. Ben Stiller, qui attore e regista, non scrive di sana pianta un qualsiasi peana antimilitarista ma rielabora brandelli di cinema accigliato che c'è già stato sul Vietnam. Trasformando il film in una zuppa comica e baluginante di legami visivi già immagazzinati sull'argomento in cui si fa prima a dire chi è stato citato con meno entusiasmo ('Il Cacciatore') e chi ricalcato con copia carbone ('Platoon'). Questa l'arma in più del film, ma anche il limite strutturale. Perché il racconto fatica ad inforcare una strada propria con relativo e peculiare andamento comico. Se non fosse per Robert Downey jr. trasformato in soldato di colore che in originale sciorina una parlata da nero americano e si muove come Cliff Robinson dall'omonimo telefilm, 'Tropic thunder' si ridurrebbe spesso all'assemblaggio di gag parodiche modello Scary movie. Rimane comunque possente il dispiego di mezzi e la fisicità profusa dagli attori, in particolare da Ben Stiller che nelle sue caratterizzazioni comiche non manca mai di sottolinearne l'importanza. Girato quasi del tutto alle Hawaii e negli studi Universal di Los Angeles." (Davide Turrini, 'Liberazione', 24 ottobre 2008)"Piacerà ai fan di Ben Stiller che puntualmente indicano il vecchio 'Zoolander' come uno dei topdella commedia di tutti i tempi. Ce ne deve essere una bella fetta in America, dal momento che'Tropic Thunder' buttato sul mercato estivo Usa senza eccessive ambizioni s'è rivelato un robusto blockbuster (170 milioni di dollari d'incasso contro un budget di 80). Ma siccome i 170 non li fai solo cori i patiti di Ben, è il caso di arguire, che anche parecchi spettatori ai di sopra di ogni sospetto abbiano trovato pane per i loro denti. Tra i bocconi più appetitosi, le presentazioni dei tre eroi colle rispettive carriere . Certo, Ben ha la mano grossa e pesante. E quindi incappa non di rado in brutte cadute di gusto. Come una satira sgraziata dell'handicap e immagini dei piccoli vietnamiti che vengono proiettati in alto come pupazzi." (Giorgio Carbone, 'Libero', 24 ottobre 2008)"'Tropic Thunder' irride appunto la retorica reducistico-pacifista e le nevrosi connesse, facendole confluire in quelle dei divi, sempre pronti a ruoli impegnati quando, con quelli disimpegnati, non incassandoli. Si distingue nell'autoironia Robert Downey jr., specialista nell'appiopparsi le più incredibili malattie dermatologiche nei suoi film. Qui giunge a pigmentarsi artificialmente la pelle per avere il ruolo di un soldato nero. Nel mirino, in particolare, la disastrosa e dispendiosa lavorazione di 'Apocalypse Now' di Francis Ford Coppola e le scene madri de 'Il Padrino' di Michael Cimino e 'Platoon' di Oliver Stone. Con venti minuti di meno sarebbe un bel film." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 24 ottobre 2008)
Immagine
Titolo Troy
Titolo originale Troy
Anno 2004
Regista Wolfgang Petersen
Durata 161
Paese GRAN BRETAGNA, MALTA
Genere avventura, azione, drammatico
Trama Nel 1193 a.C. Paride, principe di Troia, rapisce Elena, moglie di Menelao, re di Sparta. Da quel momento ha inizio la guerra di Troia che vede il contrasto tra Achille e Agamennone, l'uccisione di Patroclo ad opera di Ettore e la vendetta di Achille.Note - PRESENTATO FUORI CONCORSO AL 57.MO FESTIVAL DI CANNES (2004).- GIRATO A MALTA DOVE E' STATA RICOSTRUITA TROIA E A LOS CABOS IN MESSICO NELLA PENISOLA BAJA DOVE SONO STATE GIRATE LE SCENE CON LA SPIAGGIA.- IL CAVALLO DI LEGNO E' STATO COSTRUITO NEI TEATRI DI POSA SHEPPERTON A LONDRA MA IN DUE PARTI PER MANCANZA DI SPAZIO. POI E' STATO TRASPORTATO A MALTA.- CANDIDATO ALL'OSCAR 2005 PER I MIGLIORI COSTUMI.Critica "'Troy 'di Wolfgang Petersen è una lunga e tuttavia non prolissa parafrasi dell'Iliade in forma di superspettacolo. Non ci sono gli dei, mancano molte situazioni del poema, altre sono aggiunte; ma Brad Pitt è un Achille coi fiocchi, Peter O' Toole è un Priamo entusiasmante. Tengo a scandalizzare subito gli eruditi e i benpensanti confessando che mi sono divertito." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 14 maggio 2004) "La sceneggiatura di David Benioff fornisce un bigino di tutte le leggende fiorite intorno alla guerra, ma limitandosi alla guerra stessa e saltandone premesse e conseguenze. Non ha molta importanza se modifica i destini di un bel po' di personaggi: facendone morire alcuni, fuggire e sopravvivere altri. La cosa un po' comica è che il famoso conflitto cantato dai poeti, anziché durare dieci anni, sembra una guerra-lampo; qualche settimana al massimo, cominciando con un arrivo dei greci sulla spiaggia d'Ilo che pare lo sbarco in Normandia, per finire con l'incendio e il saccheggio della città. Malgrado qualche pretesa di aggiornamento del mito affiori qua e là, la faccenda si risolve in un mastodontico gioco di soldatini, suddivisi in squadre e rivestiti degli stessi colori, come nel calcio: con l'eccezione di Aiace, che sembra il remake del gigante Golia in un peplum biblico anni 50. Wolfgang Petersen impagina diligentemente gli episodi, concedendosi un tocco sfizioso solo nella vestizione parallela di Ettore e Achille per il duello (che ricorda quella dei motociclisti di 'Scorpio Rising'). (...) Questa guerra di Troia non s'aveva da fare, allora? E perché no? A prenderla come una traduzione interlineare dell'Iliade si commette un'ingenuità; accettandola per quel che è, un 'fantasy' con personaggi che si chiamano Agamennone e Ettore, Priamo e Ecuba, ti puoi ragionevolmente divertire. Anche se - ecco il tallone d'Achille - non credi un solo momento a quello che stai vedendo." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 21 maggio 2004)
Immagine
Titolo Twilight
Titolo originale Twilight
Anno 2008
Regista Catherine Hardwicke
Durata 110
Paese USA
Genere azione, horror, romantico, thriller
Trama Dopo il matrimonio di sua madre, l'adolescente Bella Swan si trasferisce dall'assolata Phoenix, in Arizona, a casa di suo padre nella piovosa cittadina di Forks, nello stato di Washington. Introversa e solitaria, Bella non ha grandi aspettative per quanto riguarda la nuova scuola e i nuovi compagni, ma l'incontro con Edward Cullen, bello, intelligente e spiritoso, anche se con un alone di mistero, cambia completamente le sue prospettive. Tra i due nasce prima una profonda amicizia e poi un'appassionata storia d'amore, ma quando Bella scopre la vera identità di Edward viene catapultata in un mondo misterioso dove la vita e la morte non hanno confini. Edward, infatti, appartiene a una dinastia di vampiri che ha deciso di astenersi dall'abitudine di nutrirsi con sangue umano. Tuttavia le sensazioni che l'amore per Bella provocano in lui, rischiano di risvegliare in Edward istinti primordiali.Note - ALLA III EDIZIONE DEL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL CINEMA DI ROMA (2008), NELLA SEZIONE ALICE NELLA CITTA', E' STATA PRESENTATA UN'ANTEPRIMA DI 25' DI FILM.Critica "Se vi preparate a gustare una variazione sul tema vampiresco almeno un po' nuova e interessante, senza stare a scomodare il ricordo del travolgente 'Per favore non mordermi sul collo', lasciate proprio perdere. Anche il vampiro buono e innamorato di 'Twilight', in effetti, fa ridere a crepapelle. Ma per sbaglio e per caso, involontariamente. (...) Tra 'La bella e la bestia' e l'effettistica esibizione dei superpoteri: ma che noia e che rimpianto per i film di paura che fanno paura." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 21 novembre 2008)"Catherine Hardwicke è la regista dei teenager. Che siano le tredicenni terribili di 'Thirteen' o i 'Lords of Dogtown' ribelli che amano cavalcare tavole su asfalto e onde. Con 'Twilight' si infila nel trappolone di una saga fantasy adolescenziale, fenomeno di culto che ha raccolto milioni di lettori in tutto il mondo, pescando in quello anglofono e femminile in particolare. (...) La regia, come sempre nel caso di Catherine Hardwicke, è audace e visivamente ammaliante, la struttura narrativa è semplice ma ritmata, la colonna sonora già un cult. I vampiri sono una famiglia normale se si esclude l'aspetto anemico e hanno come nemici consanguinei carnivori, o meglio umanivori. Un film per adolescenti fatto di adolescenti, dove esistono solo nerd border-line. Buona parte del film si svolge in un liceo in cui non esiste la reginetta bionda o il muscoloso giocatore di football, ma solo secchioni, disadattati e vampiri snob e spiritati con cui la nostra asociale Giulietta si trova a meraviglia. Anche l'eterno tema del sesso sperato, cercato, sublimato e mai vissuto, tipico dell'età, perde la sua caratteristica bacchettona e moralista, facendosi thriller. Avranno sangue freddo questi giovani Dracula, ma sono hot come pochi." (Boris Sollazzo, 'Liberazione', 21 novembre 2008)"Il sottotitolo di 'Twilight' ( 'crepuscolo', in italiano) dovrebbe essere 'sesso e morte ai tempi degli emo-teen'. Meglio: paura del sesso e corteggiamento della morte negli adolescenti della generazione emos. Anche se gli emo si potrebbero non identificare con l'immaginario di 'Twilight', sono evidenti le sintonie. Gli emo (termine che ha origine nella musica hardrock punk della scena di Washington - dove s'ambienta guarda caso il romanzo) sono più un'attitudine esistenziale che una moda. Certo, sono riconoscibili nelle loro mise tra il punk ripulito e il glam sporcato, ma il loro gesto è interiore, romantico e werteriano. Anche il vampiro di 'Twilight' è punk e glam, come gli emo-boy, sorta di neo-maschi che fanno impazzire le ragazze di mezzo mondo. Questo novello 'Edward mani di forbice', dal libro al film, è dunque un 'emo' emotional e attratto dal sangue (emo è la radice greca di sangue). Capace di sedurre e procurare un intenso desiderio di morte." (Dario Zonta, 'L'Unità', 21 novembre 2008)"A parte i riferimenti classici, da 'Romeo e Giulietta' a 'Dracula', 'Twilight', tratto dall'omonimo romanzo di planetario successo di Sthepanie Meyer, è un ottimo compendio di buoni sentimenti per giovani." (Pedro Armocida, 'Il Giornale', 21 novembre 2008)"Dirige con brio, ironia e capelli pazzi la pimpante Catherine Hardwicke di 'Thirteen' e 'Lords of Dogtown'. Kristen Stewart e Robert Pattinson sono meravigliosi. Eros, thanatos e rock'n roll. Si prevede un sano delirio di massa. Ed è solo il primo morso." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 21 novembre 2008)"Più ridicolo che emozionante, più curioso che doloroso, più new age che sentimentale, più ginnico che fantasy, 'Twilight' ha un'azzeccata scelta di volti. A parte quei vampiri sotto mentite spoglie che arrivano bianchi come cenci, in tenuta brechtiana con viso pittato di bianco, ci sono il giovane Robert Pattison che salta dalla finestra e accartoccia auto con un dito per salvare Kristen Stewart." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 21 novembre 2008)
Immagine
Titolo Two Lovers
Titolo originale Two Lovers
Anno 2008
Regista James Gray
Durata 110
Paese USA
Genere drammatico
Trama New York. Il giovane Leonard Kraditor è in dubbio tra seguire il suo destino sposando Sandra Cohen, la donna scelta per lui dai suoi genitori, oppure ribellarsi rispettando il forte sentimento che lui prova per la sua nuova vicina di casa, Michelle Rausch, bella e volubile, di cui si è perdutamente innamorato.Note - IN CONCORSO AL 61. FESTIVAL DI CANNES.Critica "Gray illustra con sensibilità il peso dell'ambiente familiare e trova in Phoenix l'attore perfetto per dare forma a un personaggio insicuro, tormentato e insieme sognatore, disposto a mettersi in gioco totalmente pur di realizzare il proprio amore. Ma poi sembra adattare troppo questo ritratto psicologico al grigiore dei tempi e il destino di solitudine che Dostoevskij disegnava per il suo sognatore si trasforma in un egoistico salto mortale dei sentimenti." (Paolo Mereghetti, 'Il Corriere della Sera', 21 maggio 2008)"Avevamo lasciato James Gray tra i lividi scenari da noir metropolitano di 'We own the night'. Poi ecco che il regista newyorchese si ripresenta in Croisette con 'Two lovers', un film difficile da catalogare a livello di genere. Tra dramma sentimentale e ritratto neorealista del sentimento amoroso, Gray si affida ad un parco attori in forma smagliante (Gwyneth Paltrow, Vinessa Show, Joaquin Phoenix), piccoli mostri di tatto e recitazione nel riportare delicatissimi equilibri amorosi. In aggiunta lo sfondo newyorchese, più baia di Hudson che Central Park, come quarto protagonista del film. (...) Non è un episodio de 'I Jefferson', ma una soave e verosimile rappresentazione del desiderio sentimentale filtrato attraverso il pensiero di Leonard. Nulla in 'Two lovers' declina nel volgare, nulla sa di sciapo e risaputo. Gray allestisce un set fatto di pavimenti con assi di legno che scricchiolano, di pioggia che cade copiosa, di un autunno che scema verso l'inverno, di telefonate tra ragazzi/amanti che sentiamo sempre con l'effetto sussurrato e pieno della cornetta come fossimo sempre noi spettatori all'apparecchio. Echi di Manhattan, ma anche del miglior Cassavetes brulicano nella poetica di 'Two lovers', cinema indipendente fino al midollo, smarcato dalle grandi major hollywoodiane, ripetuta scommessa controcorrente del direttore Fremaux (che speriamo trovi conferme tra i giurati)." (Davide Turrini, 'Liberazione', 21 maggio 2008)"Prevedibile in tutti i suoi passaggi narrativi, il film interpretato da Joaquin Phoenix e Gwyneth Paltrow approda a un finale che sembra suggerire di non cercare qualcuno da amare, ma di amare chi sta al nostro fianco." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 21 maggio 2008)"Quarto film del regista di 'Little Odessa', 'The Yards' e 'I padroni della notte', è girato sempre nel quartiere newyorchese di Brighton Beach ma non è un poliziesco, bensì una storia d'amore che sconfina nel mélo. Joaquin Phoenix è un giovanotto depresso che dovrebbe sposare la figlia degli amici dei genitori, ma si innamora della bella vicina un po' matta interpretata da Gwyneth Paltrow. Anche qui, grandi prove d'attore e una riflessione agrodolce sulla famiglia." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 21 maggio 2008)"I film di James Gray ('Little Odessa', 'The Yards', 'I padroni della notte') costano poco; partecipano al Festival di Cannes, non lo vincono, ma piacciono alla critica; si svolgono fra New York e New Jersey; raccontano di ebrei immigrati dall'Europa orientale e/o di assassini & poliziotti che, alla fine, muoiono tutti. L'eccezione è ora 'Two Lovers': qui ci sono solo un aborto spontaneo, un paio di tentativi di suicidio e i consueti sfondi invernali. Infatti 'Two Lovers' è una commedia triste sulla ricerca della compagna da parte dell'infelicissimo quarantenne Phoenix, figlio di una Isabella Rossellini, italo-svedese che ancora una volta fa la jewish mama. (...) 'Sad end', triste fine. Con un miglioramento di condizione sociale, siamo dalle parti di 'Marty' di Paddy Chayefsky: il personaggio di Phoenix evoca quello di Ernest Borgnine per la goffaggine e perché lavora in un negozio (lavanderia, anziché macelleria). Ci si annoia, ma con dignità." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 21 maggio 2008)"Un film d'amore girato a Brooklyn, protagonisti Joaquin Phoenix ed una ritrovata Gwyneth Paltrow che torna al cinema dopo la seconda maternità. Segnatevelo perché per emozionarci, a volte, bastano due intensi attori e una regia attenta." (Giacomo Visco Comandini, 'Il Riformista', 21 maggio 2008)"Un falso film sentimentale, o meglio una storia romantica girata con lo stile di un poliziesco. Sulla base del familiare tema dell'appartenenza a un clan e della difficoltà a svincolarsene, il giovane regista trasforma il proprio eccellente attore-feticcio Joaquin Phoenix in un giovane ebreo del quartiere newyorkese di Brighton Beach. Il protagonista è affetto da gravi turbe neurologiche, ma un doppio legame erotico potrebbe guarirlo o almeno sottrarlo al suo destino piccolo borghese. Ambientazioni struggenti, una tensione che pulsa sotto ogni immagine e due attrici, l'inedita Vinessa Shaw e Gwyneth Paltrow, che illuminano due versanti complementari del bisogno metropolitano di tenerezza." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 22 maggio 2008)"Arricchito da un inizio drammatico e insieme surreale, il film è da non perdere, nonostante il doppiaggio italiano, un po' troppo smorfioso, non renda del tutto merito al cast che annovera, tra gli altri, un'intensa Isabella Rossellini." (Piera Detassis, 'Panorama', 26 marzo 2009)"Con film come questo, il cinema americano subisce un'imprevista metamorfosi, che può lasciare perplessa una parte del pubblico. Mentre prima tendeva a risolvere tutto nell'happy end o nel dramma, ora comincia a insinuare la minaccia nella vita quotidiana, tra le pareti domestiche: non il pericolo di aggressori esterni e serial - killer ma quello dei rapporti umani, per loro natura pericolosi. E quando il cinema lo capisce, diventa adulto." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 27 marzo 2009)"Le indecisioni di un depresso dei sobborghi di New York, diviso fra la bella ragazza fragile e la meno bella ragazza meno fragile, restano a metà fra commedia e dramma. Le donne capiranno, gli uomini si astengano." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 27 marzo 2009)"Il primo film non poliziesco/gangster di James Gray conserva le atmosfere (e le zone) di 'Little Odessa' e 'I padroni della notte': sensibile percorso nerastro applicato ai sentimenti. Il commovente sguardo materno/rassegnato di Isabella Rossellini vigila su una trama in cui ognuno si offre di prendersi cura di un altro e al contempo ne ha disperato bisogno." (Alessio Guzzano, 'City', 27 marzo 2009)
Immagine
Titolo Il mai nato
Titolo originale Unborn, The
Anno 2009
Regista David S. Goyer
Durata 87
Paese USA
Genere horror
Trama La giovane Casey Bell soffre di terribili incubi notturni e di giorno è ossessionata da orribili fantasmi. Decisa a mettere fine alle sue angosce, la ragazza si rivolge al suo consigliere spirituale, Sendak, che la aiuterà a scoprire un atroce segreto che ha coinvolto la sua famiglia, fuggita dalla Germania nazista e segnata da una diabolica maledizione.Critica "Il regista ha un passato di sceneggiatore 'gotico' ('Batman Begins', la serie 'Blade') ma i nazi-spettri sono oltre le sue forze." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 27 febbraio 2009)"Non si può andar oltre nel racconto, come è rigorosa consuetudine nei thriller, anche quando sono del tutto insensati, per non rovinare la sorpresa al pubblico. Peccato che le immagini repellenti, frutto della sfrenata fantasia dell'autore, soffochino di continuo una tensione artificiosa. Una raccomandazione. Anche se la tentazione sarà irresistibile, non uscite prima della fine. O vi perderete l'intervento, di ineguagliabile comicità involontaria, dell'improvvisato esorcista Gary Oldman. Purtroppo non gli riesce di far sparire il film." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 27 febbraio 2009)"David Goyer, regista e sceneggiatore di colossi alati e no, amando lo spirito demoniaco del mondo ci mette però un jolly: il richiamo (di comodo) alla leggenda ebraica del Golem, di cui sa invece molto Moni Ovadia che ci ha costruito sopra uno spettacolo indimenticabile riferito alla Shoah. Qui si va di fantasmi nel metrò, di nonne fuori di testa, di agnizioni tardive e di una maledizione che dura dalla Germania nazista e per dire the end bisogna passare per la nona porta.. Qualche spicciolo di folklorismo, il resto è rumore." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 27 febbraio 2009)"'Il mai nato' è un horror di notevole mestiere da parte di uno degli sceneggiatori più bravi del fantastico hollywoodiano. Si tratta di quel David Goyer soggettista de 'Il cavaliere oscuro' e penna acida della saga vampiresca 'Blade'. Alla sua quarta regia Goyer si diverte a manipolare con sapienza i 'boo!' da fornire allo spettatore. Sono tutti abbastanza prevedibili. E' vero. Ma nessuno può mettere in dubbio che non lascino il segno sull'iride. La protagonista Yustman si era intravista nella camera tremolante di 'Cloverfield' mentre fa sempre più piacere ritrovare Gary Oldman ancora in una parte ultra-pacata dopo il serafico commissario Gordon dei nuovi Batman. Qui fa un riflessivo rabbino esorcista. Il giovane punk inglese sta invecchiando con grazia." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 13 marzo 2009)
Immagine
Titolo Underworld: Evolution
Titolo originale Underworld: Evolution
Anno 2006
Regista Len Wiseman
Durata 106
Paese USA
Genere azione, fantasy, horror
Trama Selene, la bella vampira guerriera, e Michael, l'ibrido vampiro-lupo, cercano di svelare i segreti della loro linea di sangue e portare finalmente a termine l'antica faida tra gli aristocratici Vampiri e i barbari Lycan, dietro cui si nascondono anche intrighi crudeli e amori proibiti...Critica "Se iscritto al genere demenziale, questo 'Underworld: Evolution' farebbe la sua bella figura, purtroppo così non è, trattandosi del sequel di uno 'scult' dal titolo appunto 'Underworld' che tre anni fa ebbe un inaspettato successo. (...) Ripetitivo e involontariamente comico, 'Underworld: Evolution', che sembra minacciare una terza puntata, vanta almeno la presenza della conturbante Kate Beckinsale, davvero un'attrice mutante, così diversa dalla dolce creatura di 'Molto rumore per nulla' e 'Serendipity', che ha persino sposato il regista di quella bufala, Len Wiseman. Mentre ci si domanda che ci fa Dereck Jacobi, illustre attore shakespeariano in questo guazzabuglio. Ma come è noto 'pecunia non olet'." (Adriano De Carlo, 'Il Giornale', 17 febbraio 2006)"Cos'è successo a Kate Beckinsale? Quella deliziosa inglesina dallo sguardo furbetto di 'Scacco matto' (1994), 'Cold Comfort Farm' (1995) e 'Last Days of Disco' (1998)? La ragazza non ne azzecca più una da 'Pearl Harbour' (2001). Dopo essere stata scelta male da Scorsese come Ava Gardner anoressica in 'The Aviator', si è fissata con i ruoli d'azione. Eccola allora tornare a indossare il completino nero aderente simil-Trinity di 'Matrix' per il noioso 'Underworld: Evolution', secondo capitolo di una saga in cui i vampiri e i lupi mannari si prendono a mazzate. Nel primo era interessante che i succhiasangue fossero dandy e i lupi mannari coatti. In 'Underworld: Evolution' la lotta di classe lascia il posto al tentativo del vampiro Selene (Kate Beckinsale) di porre fine a questo scontro mortale. Molti effetti speciali al computer, un'anonima campagna al posto della Budapest notturna del primo film e la Beckinsale che vorrebbe essere tosta come Sigourney Weaver e sexy come Angelina Jolie. Dovrebbe tornare ai ruoli sbarazzini di un tempo ma fino a che si farà dirigere dal marito Len Wiseman, il sonno della ragione continuerà a generare mostri come 'Underworld: Evolution'." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 24 febbraio 2006).
Immagine
Titolo Underworld: la ribellione dei Lycans
Titolo originale Underworld: Rise Of The Lycans
Anno 2009
Regista Patrick Tatopoulos
Durata 129
Paese USA
Genere azione, fantasy, horror
Trama Continua l'atavica lotta tra gli Agenti di Morte (aristocratici vampiri) e i Lycans (lupi mannari) con il potente licantropo Lucian che, con l'aiuto della bella Sonja, raduna un esercito per combattere contro il crudele re dei vampiri Viktor che li ha costretti in schiavitù.
Immagine
Titolo Underworld Extended Cut
Titolo originale Underworld: Rise Of The Lycans
Anno 2009
Regista Patrick Tatopoulos
Durata 129
Paese USA
Genere azione, fantasy, horror
Trama Continua l'atavica lotta tra gli Agenti di Morte (aristocratici vampiri) e i Lycans (lupi mannari) con il potente licantropo Lucian che, con l'aiuto della bella Sonja, raduna un esercito per combattere contro il crudele re dei vampiri Viktor che li ha costretti in schiavitù.
Immagine
Titolo Gli spietati
Titolo originale Unforgiven
Anno 1992
Regista Clint Eastwood
Durata 131
Paese USA
Genere drammatico, western
Trama Nel 1880 a Big Wiskey, nel Wyoming, la prostituta Delilah Fitzgerald viene sfregiata da un cow boy, con la connivenza di un amico. Lo sceriffo Little Bill Daggett anziché arrestarli, come vogliono le prostitute, li multa in natura, obbligandoli solamente a consegnare cinque cavalli al proprietario del bordello come risarcimento. Inferocite, capeggiate da Alice Strawberry, le prostitute propongono una taglia di mille dollari per chi li eliminerà. Frattanto un giovane pistolero, Schofield Kid si mette in contatto con William Munny, allevatore, ex pistolero, che vive nel ricordo della donna che lo ha redento e lasciato con due figli da mantenere, l'epidemia che attacca i suoi maiali e la miseria. Informato della taglia dal giovane, che è nipote di un suo vecchio compagno di rapine, Munny dapprima rifiuta, ma poi, dopo aver convinto a seguirlo un ex collega, il nero Ned Logan si unisce a Schofield. Intanto a Big Wiskey è arrivato Bob l'inglese, un pistolero accompagnato da W. W. Beauchamp, un biografo francese al seguito. Dopo averlo pestato e incarcerato, lo sceriffo mette Bob sulla diligenza, mentre il biografo, conquistato dai modi rudi e dalla parlantina di Little Bill rimane nella cittadina. Arrivati in paese con la pioggia e messisi d'accordo con le prostitute, Munny Logan e Schofield si nascondono in una casa diroccata, ed in un agguato William uccide il più giovane dei due cow boy sui quali pende la taglia mentre Ned, che non ha osato sparare decide di abbandonare l'impresa. Intercettato dai compagni del morto Logan viene consegnato a Little Bill, che lo frusta inutilmente per sapere il nome dei compari. Il giovane Schofield, nel frattempo, uccide l'altro cow boy, ma non regge allo stress e abbandona. Incassata la taglia, ma avvertito da una delle prostitute che Ned è morto per le percosse ricevute, Munny prende la pistola del giovane, e in un drammatico confronto uccide lo sceriffo e quattro aiutanti, allontanandosi indisturbato dal paese.Note - 4 OSCAR 1993: MIGLIOR FILM, MIGLIOR REGIA, MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA (GENE HACKMAN), MIGLIOR MONTAGGIO.- REVISIONE MINISTERO APRILE 1993.Critica Note di produzione: Girato in esterni tra Alberta, in Canada, e Sonora, California, il film è imperniato su una visione del West americano realistica e totalmente priva di sentimentalismi, e si fa portatore di un'idea elementare della vita, che s'incarna in personaggi il cui destino è determinato da eventi al di fuori del loro controllo. "Gli spietati" getta uno sguardo nuovo e disincantato sulla formazione dei miti e degli eroi leggendari. "Quattro Oscar (miglior film e miglior regista, miglior attore non protagonista Gene Hackman, miglior montaggio) sono andati a un film molto bello. Una resurrezione e insieme un requiem per il western. Pathos, azione, il dolore della vecchiaia." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa')
Immagine
Titolo I soliti sospetti
Titolo originale Usual Suspects, The
Anno 1995
Regista Bryan Singer
Durata 105
Paese USA
Genere thriller
Trama In California, una nave esplode sul molo di San Pedro: un noto criminale. Dean Keaton, viene ucciso nella stiva da un ignoto dove ha appiccato il fuoco mentre l'equipaggio è stato sterminato. L'unico sopravvissuto alla strage, un delinquente di mezza tacca, lo storpio Verbal Kint, viene interrogato da David Kujan, poliziotto doganale. Verbal rivela che sei settimane prima si era trovato inspiegabilmente in un confronto all'americana con quattro noti criminali: Dean Keaton, ex poliziotto corrotto; il violento McManus col socio di rapine Fenster; lo specialista in esplosivi Todd Hockney. Dall'incontro era nata l'idea di tendere una trappola ad un gruppo di poliziotti corrotti che servendosi di automobili della polizia permettevano a trafficanti di droga e smeraldi di consegnare merce e ritirare soldi. Il colpo riesce e l'organizzazione smantellata. Poi il ricettatore a Los Angeles dà loro un'altra indicazione per rapinare gli smeraldi di un texano. Ma tre uomini restano uccisi e sui quattro criminali si allunga l'ombra di un fantomatico boss, che li ricatta tramite il suo avvocato Kobayashi. Fenster, che vuole dileguarsi, viene trovato morto. I loro dossier sono nelle mani del misterioso Keyser Soze, che tramite l'avvocato ordina loro di uccidere l'equipaggio di una nave di trafficanti rivali argentini, eliminare il carico di droga e tenersi il denaro. Invano Keaton cerca di eliminare Kobayashi: costui conosce fatti e misfatti di ciascuno, ed ha ingaggiato l'amante di Keaton, avvocato, per ottenere la sua naturalizzazione e minaccia di ucciderla. L'impresa viene compiuta, ma dopo aver fatto fuori l'equipaggio, e perso Todd, ucciso da un ignoto killer, McManus e Keaton si accorgono che non c'è droga a bordo. C'è invece un argentino, Mendoza, che Dave sa essere l'unico capace di identificare il misterioso Keyser Soze, e che questi uccide. A David viene riferito da un collega che all'ospedale un marinaio ungherese scampato ed ustionato ha fatto il nome di Soze, che egli crede essere Keaton. Ma Verbal si rifiuta di credere che l'amico lo abbia tradito. Rilasciato, lo zoppo ritrova per incanto l'uso dell'arto offeso e risale a bordo di una lussuosa limousine che lo aspetta, mentre Kujan troppo tardi si accorge di esser stato giocato.Note - REVISIONE MINISTERO DICEMBRE 1995.- 2 OSCAR 1995: MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA (KEVIN SPACEY) E MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE.Critica Scritto da Christopher McQuarrie nella intrigante ma lambiccata struttura narrativa esposta, I soliti sospetti è un thriller che incuriosisce senza mai appassionare; e questo a dispetto del buon gioco corale degli interpreti, fra i quali spiccano il dolente Byrne e l'enigmatico Spacey, e di certe suggestioni di regia. Il problema è che pur ispirandosi ai migliori modelli del "noir", dai classici Anni 40 a Tarantino e ai fratelli Coen di Il crocevia della morte, il ventottenne Bryan Singer resta troppo schiavo della sua cinefilia per riuscire a dar vita e respiro ai personaggi e alla storia. Ciò non toglie che questo suo secondo film lo collochi nella lista dei cineasti da tener d'occhio. (La Stampa, Alessandra Levantesi, 11/12/95)Non vi dico altro, tranne che pur apprezzando il piglio autoriale di Singer rilutto a entusiasmarmi per un film che negli Usa sta diventando un piccolo fenomeno di culto. Neppure gli interpreti si sottraggono all'ipoteca manieristica impegnati come sono con personaggi senza qualità. (Corriere della Sera, Tullio Kezich, 7/12/95)Mi dicono che chi non è del tutto impreparato ai trucchi del genere indovini ben presto, in base all'aureo principio della massima improbabilità (o della banalità del male), l'identità del terrificante Keyser Soze. Nonostante qualche familiarità con i misteryes devo confessare che la scoperta mi ha colta impreparata ma forse semplicemente perché trovo il film nel complesso un'esercitazione non proprio eccitante e generalmente forzata. Quasi che il giovane Singer - indubbiamente dotato di talento - avesse voluto strafare rimpinzando il film di trappole, inganni, figure retoriche, "ralenti", falsi flash-back. Così che I soliti sospetti finisce per rasentare la parodia senza averne il coraggio, e ci lascia con una Sagrada Familia senza pinnacoli e con la sensazione di essere stati un po' presi in giro. (La Repubblica, Irene Bignardi, 3/12/95)
Immagine
Titolo V per vendetta
Titolo originale V For Vendetta
Anno 2005
Regista James McTeigue
Durata 132
Paese USA
Genere azione, fantascienza, thriller
Trama In un futuro "alternativo", la Germania, vincitrice della Seconda Guerra Mondiale, ha trasformato la Gran Bretagna in un Paese nazista. "V", un misterioso rivoluzionario deciso a sconfiggere la dittatura con atti di terrorismo estremo, rapisce la giovane Evey per reclutarla per la sua causa. La ragazza, quando arriva a scoprire il passato del ribelle mascherato, decide di aderire alla sua causa e di portare avanti con lui la lotta per la libertà...Note - FUORI CONCORSO AL 56MO FESTIVAL DI BERLINO (2006).- ALAN MOORE, AUTORE DEL ROMANZO A FUMETTI ILLUSTRATO DA DAVID LLOYD, NON E' STATO ACCREDITATO DALLA PRODUZIONE PER MOTIVI LEGALI.Critica "Qualcuno li prende sottogamba, ma sui film tratti dai fumetti ormai si discutono fior di tesi all'università. Questo non vuol dire che dall'incontro tra i diversi linguaggi nascono solo capolavori; ma il nuovo sottogenere possiede qualità catalizzatrici dello spirito del tempo. Fuori concorso, per esempio, ha fatto ieri la sua ottima figura 'V for Vendetta' basato sulla sceneggiatura di Andy e Larry Wachowski e, naturalmente, sull'omonima graphic novel di culto di Alan Moore: in quanto a tenuta narrativa, suggestione scenografica e spettacolarità d'azione, insomma, uno di quei kolossal di primo livello che non si limitano a fare il verso alle compiaciute passioni under 18. L'esordiente australiano James McTeigue, del resto, vanta un prestigioso curriculum d'assistente alla regia e nella fattura sbucano da ogni fotogramma le competenti citazioni dei maestri per cui ha lavorato, da Proyas ('Dark City') a Lucas ('Star Wars episodio II - L'attacco dei cloni') e gli stessi fratelli Wachowski (i tre capitoli di 'Matrix'). (...) Lo spunto della trama non è particolarmente sorprendente né particolarmente sofisticato e l'abilissimo disegnatore britannico si limita nel suo testo (risalente agli anni '80) a dare un colpo al cerchio e uno alla botte, cavalcando a briglia sciolta una serie di opinioni dal retrogusto probo, moderato e, perché no, scontato. Meno onnipotente di 'Spider-Man' e molto meno freak degli 'X-Men', 'V' si giova di un carisma da vecchio lord, di maniere acculturate e di un vigore da spadaccino degno dei sempreverdi avventurosi che si gode in dvd nelle pause del servizio: ma in quanto a tormentosi traumi nascosti dall'ombra del passato non è secondo a nessuno ed è pronto a dimostrarlo nel fragore del finalissimo catartico. Natalie Portman esegue bene la parte dell'umiliata & offesa anche se, quando trionfano le magnifiche scene di massa, non può che farsi idealmente da parte per applaudire i virtuosismi del regista." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 12 febbraio 2006)"'V for Vendetta' è solo una truculenta fiaba, sceneggiata dai fratelli Andy & Larry 'Matrix' Wachowski a partire da un romanzo a fumetti degli anni '80 di Alan Moore; senza contare che, per simulare Londra, la produzione ha scelto set berlinesi. (...) Per una megaproduzione accurata e con dovizia di effetti speciali, non si capisce bene a quale pubblico il film, diretto da James McTeigue, e presentato fuori concorso a Berlino, sia destinato. I giovani potranno apprezzarne l'aspetto molto gotico, molto dark; oltre alla tipologia dell'eroe, sadico, sfortunato e romantico quanto il Fantasma dell'Opera. Con ogni probabilità, però, lo troveranno troppo parlato, moderatamente dinamico e, in definitiva, al disotto delle aspettative. Quanto al protagonista Hugo Weaving, difficile prevedere per lui un salto di carriera: non si toglie la maschera nemmeno in un'inquadratura, lasciando cavallerescamente tutta la scena a Natalie Portman." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 14 febbraio 2006)"Questi film sono generalmente modesti, partecipano però ai grossi festival per attrarre il pubblico giovanile e - nel caso di 'V come vendetta' - perché sono girati nel Paese ospitante. Il regista di 'Vi come vendetta' John McTeigue ha fatto però una buona scelta, che in parte bilancia la cattiva (ispirarsi alle storie di Alan Moore e David Lloyd, manipolate dai Wachowski): ha per protagonista Hugo Weaving, l'agente dell'FBI nei 'Matrix'." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 14 febbraio 2006)"A realizzarlo dovevano essere infatti i fratelli Wachowski già prima di 'Matrix' (e dell'11 settembre). Alla fine invece figurano solo come produttori (con una nuova società battezzata Anarchos), ma 'V for Vendetta' porta impresso il loro marchio su ogni fotogramma. Massimo impatto spettacolare, ma anche estrema attenzione alle idee. Cura visiva senza pari, e tesi paradossali quanto ben argomentate. Naturalmente nei limiti del cinema d'azione. (...) Ispirato al personaggio storico del cattolico Guy Fawkes, che nel 1605 tentò di far saltare in aria la House of Lords ma fu imprigionato e torturato, l'ineffabile V, diciamolo, è uno dei personaggi più complessi mai visti in un film-fumetto. Altro che Batman, Spider-Man e le loro risibili nevrosi. Questo ribelle senza volto né morale vive in un covo un po' arca e un po' museo, zeppo di libri, quadri, sculture, oggetti d'arte e di modernariato fra cui si riconoscono le tele di Holbein ma anche il manifesto di 'Furia umana', il grande gangster-film con James Cagney. Vede e rivede senza sosta 'Il conte di Montecristo' con Robert Donat. Uccide solo i membri del governo e i loro sgherri. E se non fosse per un lungo combattimento all'arma bianca gonfio dei più vieti cliché, sarebbe anche l'eroe di un film molto elegante per il suo genere. Anche perché McTeague e i suoi collaboratori (foto, scene, costumi sono di prim'ordine) ci sanno fare. E se le immancabili scene d'azione sono quasi sempre molto più inventive del consueto, l'alternanza di toni gravi e buffoneschi, orridi e satirici, è una vera sorpresa. Basti per tutti lo show anti-Cancelliere che il bravissimo Stephen Fry, presentatore tv, manda temerariamente in onda prima di finire manganellato e rapito dai soliti agenti di regime. Un portento di ironia sul tema della maschera e del doppio da far morire d'invidia i Monty Python. E scusate se è poco." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 14 febbraio 2006) "Il FilmFest grida vendetta, un richiamo che nel cinema è sempre fortissimo; ma lo è anche in letteratura, basti pensare a 'Il conte di Montecristo' ripetutamente menzionato in 'V for Vendetta'. (...) L'opera prima di Jack McTeigue, aiuto per 'Matrix' dei fratelli Wachowski che gli hanno anche scritto la sceneggiatura, trasferisce sullo schermo l'ultraventennale fumetto di Alan Moore, un maestro molto apprezzato dagli amatori del genere. I quali non saranno delusi quando il film arriverà su tutti gli schermi perché le immagini incalzano suggestive, le sorprese si susseguono e gli attori sono di prima scelta: da John Hurt sanguinario dittatore di un'Inghilterra fascistizzata a Sinéad Cusack scienziata serva del potere, dal problematico detective Stephen Rea alla bella Natalie Portman tratta in salvo dall' eroe senza volto. Il legame fra V e la bella deriva da 'Il fantasma dell'opera' di Leroux, ma se fra gli interpreti non ho nominato il bravo protagonista Hugo Weaving un motivo c'è e va tenuto segreto." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 14 febbraio 2006)"Con la roba di cult bisogna andarci cauti, perché i fans prendono fuoco facilmente. E poiché la graphic novel da cui 'V per vendetta' deriva lo è, esistono buone probabilità che una quotaparte de 'cult' transiti sul film. Salvo un paio di sequenze suggestive, però, il tam-tam mediatico che ne ha preceduto l'uscita appare eccessivo. Scartate le improbabili implicazioni politiche, la truculenta favola orwelliana potrà piacere ai giovani per l'aspetto molto gotico, molto dark; oltre che per la tipologia dell'eroe, sadico, sfortunato e romantico. Però è troppo parlata, moderatamente dinamica e anche un po' deprimente." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 17 marzo 2006)"Pur avendone in dote le caratteristiche, dai produttori-sceneggiatori i fratelli Wachowski-Matrix, il fumetto tratto dalla graphic novel di Moore e Lloyd, è un fantasy con un cuore di tenebra sociale ispirato dal regime Thatcher. (...) Pretenzioso e irrisolto nel dialogo, litigioso, il tenebroso ammonimento rimette in circolo la polemica terroristi e-o partigiani con l'efficace regìa di James McTeigue. Natalie Portman si fa radere il cranio per la causa e Hugo Weaving porta la sua inquietante maschera: è la solitudine, bellezza." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 17 marzo 2006)"Non è detto che i film ispirati dai fumetti riescano sempre bene, ma certo il neogenere esibisce qualità catalizzatrici, nel bene e nel male, dello spirito del tempo. Di primo acchito sembrerebbe riuscito, per esempio, 'V per Vendetta', basato sulla sceneggiatura di Andy e Larry Wachowski e sull'omonima graphic novel (1981-89) di Alan Moore e David Lloyd: in quanto a suggestioni atmosferiche e scenografiche siamo, insomma, al cospetto di uno di quei kolossal che non s'accontentano di scatenare in platea il tifo giovanile. L'esordiente australiano James McTeigue vanta un nutrito curriculum d'assistente alla regia e non a caso nell'ordito del film sbucano da ogni fotogramma le citazioni dei maestri per cui ha lavorato, da Alex Proyas ('Dark City') a George Lucas ('Star Wars Episodio II - L'attacco dei cloni') e agli stessi fratelli Wachowski (i tre capitoli di 'Matrix'). (...) Meno onnipotente di Spider-Man e molto meno freak degli X-Men, V si giova di un carisma da vecchio lord, di maniere acculturate e di un vigore da spadaccino degno dei cult-movies d'avventura che si gode in dvd nel suo covo-museo sotterraneo: ma, in quanto ai tormentosi traumi nascosti dall'ombra del passato, non è secondo a nessuno ed è pronto a dimostrarlo nel fragore del finalissimo catartico. Purtroppo i dialoghi banalissimi e la farraginosa alternanza di toni apocalittici e farseschi finiscono con lo smascherare - è proprio il caso di dirlo - tutta la pretensione del testo e della trasposizione e con l'evidenziare come gli autori attualizzino il tenebroso fantasy con una serie di demagogiche tirate, per così dire, antagoniste, se non addirittura con sinistre strizzatine d'occhio pro-terroristi." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 17 marzo 2006)"Tratto dalla famosa graphic novel di Alan Moore e David Lloyd, 'V for Vendetta' è un 1984 pulp aggiornato all'epoca del terrorismo globale e dei poteri occulti. Uscito a puntate fra il 1981 e il 1989, il fumetto sparava le sue bordate contro le nefandezze dell'era Thatcher. Nel film l'Inghilterra del prossimo futuro vale per l'intero Occidente opulento, sempre più arroccato e tentato dalla soppressione delle libertà individuali. Dopo la colossale montatura tecno-paranoica di 'Matrix', i Wachowski (che dovevano anche dirigere, oltre a scrivere e produrre) guardano insomma ad Orwell. (...) Altro che Batman: questo ribelle senza volto vive in un covo un po' arca e un po' museo, zeppo di libri, quadri, sculture, oggetti d'arte e di modernariato. Vede e rivede senza sosta 'Il conte di Montecristo' con Robert Donat. Uccide solo i membri del governo e i loro sgherri. Peccato che, rispetto al fumetto, sia semplificato e banalizzato il rapporto con Natalie Portman, la giovane figlia di ribelli che salva e conquista. Ma l'alternanza di toni gravi e buffoneschi, orridi e satirici, è una vera sorpresa. E fra tante scene d'azione si impone un'attenzione alle immagini e al loro senso nascosto (le immagini mentono, sta a noi saperle decifrare) decisamente inconsueta in un film spettacolare." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 17 marzo 2006)
Immagine
Titolo Vertical Limit
Titolo originale VERTICAL LIMIT
Anno 2000
Regista Martin Campbell
Durata 126
Paese USA
Genere azione
Trama Peter Garrett, un giovane scalatore, si trova coinvolto in una missione di salvataggio sulle cime del K2, rischiando la propria vita per salvare quella della sorella Annie e degli altri membri della spedizione.Anni addietro, Peter ed Annie sono stati coinvolti in un terribile incidente in cui Peter si trova a dover decidere di tagliare la corda del padre per salvare se stesso e la sorella. Dopo quella scioccante vicenda, Peter ha smesso di fare scalate per dedicarsi alla fotografia naturalistica. La sorella invece continua ad inseguire il sogno del padre, cioè quello di scalare una delle vette più temute del mondo.Critica "Il trailer pubblicitario di 'Vertical Limit' di Martin Campbell è passato un tal numero di volte sulle reti televisive, da dare l'impressione di aver già visto il film; e invece l'impressione è, insieme, di qualcosa di assolutamente nuovo. E' infatti uno dei film nei quali si possono meglio constatare le infinite possibilità della grafica computerizzata nel creare effetti straordinari: il candore uniforme della neve su quelle che vengono indicate come le cime del K2 (è in realtà il monte Cook in Nuova Zelanda, 3000 metri), facilita l'applicazione e la riuscita di trucchi elettronici. E' in pratica l'unica riuscita del film d'azione, uno di quelli che vengono presentati come una superproduzione costosissima e grandiosa, mentre arrivano a fatica a essere di serie B (...)". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 23 febbraio 2001)"Al di sotto del suo standard, abbastanza efficiente, Martin Campbell dirige un film di serie B travestito surretiziamente da film di serie A, in cui tutto prende un aspetto piuttosto falso. L'azione predomina largamente sulla storia e sullo sviluppo dei personaggi: al punto che i pur rari momenti psicologici e sentimentali, anziché aumentare la partecipazione emotiva dello spettatore, paiono delle intrusioni. Il resto si risolve in una valanga di sequenze d'azione, a tratti efficaci ma che posano esclusivamente sugli stuntmen e sugli effetti speciali, accompagnati dalle musiche evocative di Thomas Nobles. Verrebbe voglia di scrivere, come qualcuno ha già fatto in America, che per formarsi un'idea completa del film è sufficiente vederne i trailer. Non migliore le cose la scelta del protagonista O'Donnell, star a corrente alternata che, in una parte alla Sylvester Stallone o alla Bruce Willis, è drammaticamente fuori cast". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 11 marzo 2001)"In 'Vertical Limit' Campbell punta sul ritmo e sui colpi di scena, per non dare allo spettatore il tempo di pensare, sempre che costui ne abbia voglia. Così il film procede fragoroso, tra elicotteri che cercano di salvare gli alpinisti americani, e non ci riescono e giobvani eroi indomabili che si liberano dei sensi di colpa". (Maurizio Cabona, 'Il giornale', 24 febbraio 2001)
Immagine
Titolo Operazione Valchiria
Titolo originale Valkyrie
Anno 2009
Regista Bryan Singer
Durata 120
Paese USA, GERMANIA
Genere drammatico
Trama Il colonnello tedesco Claus von Stauffenberg ama il suo Paese ed è sempre stato un ufficiale leale, orgoglioso della divisa che indossa. Tuttavia, costretto ad assistere con orrore all'ascesa di Hitler e alla Seconda Guerra Mondiale, ma soprattutto alle persecuzioni razziali, von Stauffenberg inizia a coltivare la speranza che qualcuno trovi il modo per fermare Hitler, prima che l'Europa e la Germania siano distrutte. Infine è lui stesso ad entrare in azione, cercando di persuadere i comandanti del fronte orientale a rovesciare il führer. Quando i cospiratori decidono di attuare il piano, usando la strategia dell'Operazione Valchiria (un piano di emergenza che lo stesso Hitler aveva studiato per consolidare il Paese nell'eventualità della sua morte) von Stauffenberg intraprende la sua missione: assassinare il dittatore e rovesciare il governo nazista.Note - PRODUTTORI ESECUTIVI: TOM CRUISE, PAULA WAGNER E CHRIS LEE.Critica "Fa piacere che un regista importante faccia un film dalla grandi potenzialità di diffusione su un pezzo di storia tanto importante. (...) Tuttavia c'è da eccepire. Su Tom Cruise che eroicizza il personaggio in piatta chiave vetero hollywoodiana. Su un'andatura che accumula azioni in modo bolso senza fornire chiavi di lettura alle sfumature qua e là accennate: il profilo di un tentativo di colpo di stato concepito da un'èlite scontenta di un regime al quale aveva aderito, sulle cui intenzioni di riscattare l'onore tedesco in prospettiva liberale e democratica, c'è tantissimo da dubitare." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 30 gennaio 2009)"Da accreditare al controllo rigoroso del regista Bryan Singer la perfetta ricostruzione ambientale, gli impeccabili costumi, la suggestiva fotografia; ma soprattutto il coraggio di non concedere niente al romanzesco. Perfino al tenero rapporto di Claus con la moglie si accenna soltanto e con insolita sobrietà. Chi al cinema cerca solo lo spettacolo ne esce magari annoiato, ma chi sa approfittare dell'occasione impara cose importanti. Assume evidenza un contesto dal quale, giocando il caso la sua parte imprevedibile, si desume il disordine, l'incertezza e il generale intontimento di un'epoca. Il miserabile e sanguinoso balletto che segue la falsa notizia della morte di Hitler, diffusa e poi smentita, è qualcosa che non si era mai percepita con tanta chiarezza. E anche se il film non lo dice, il grido finale di Stauffenberg ('Lunga vita alla santa Germania!') nacque proprio a Minusio fra i catecumeni di Stefan George." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 30 gennaio 2009)"Il regista Bryan Singer e il protagonista Tom Cruise sono riusciti a trasformare questo episodio in un'epopea del fallimento ritmata e veloce come un thriller, in un bel film avvincente. Naturalmente tutto è assai semplificato, ridotto. Chi vuole saperne di più può leggere 'Testimone nel fuoco' di Peter Steinbach."(Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 30 gennaio 2009)"'Operazione Valchiria' si divide fra un lungo prologo e un lunghissimo giorno: il 20 luglio, quando crolla il sogno di Claus Von Stauffenberg. (...) Non potendo trovare altra grandezza che quella del ribelle in Stauffenberg/Cruise, Singer lo fa consolare dall'atto d'amore in extremis del tenente von Haften (Jamie Parker). Un modo elegante per dire il suo sentimento, men segreto che la Germania vagheggiata dal circolo di Stefan George, cui Stauffenberg appartenne in gioventù. Forse col dvd uscirà anche la versione che il regista aveva pensato. Con quella che appare al cinema, solo un cinquantenne colto capisce tutto. Allora perché è stato fatto 'Operazione Valchiria'? Perché la Germania demo-cristiana e semi-riunita (attende ancora le province orientali fino a Konigsberg) vuol ricordare che non tutti i tedeschi furono nazisti. E pazienza se i refrattari erano soprattutto aristocratici." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 30 gennaio 2009)"Imparando la lezione dall'inguardabile 'Leoni per agnelli', diretto (si fa per dire) da Robert Redford, nel film della riscossa Tom Cruise sceglie un regista che in 'Apt Pupil' aveva già gettato un occhio obliquo sul nazismo. Tratto da un racconto di Stephen King, raccontava l'amicizia tra un ragazzino e un ex nazista. Il tredicenne bussa alla porta del vecchio vicino, in cui ha riconosciuto un criminale sfuggito alla cattura. Ma non vuole denunciarlo: vuole ascoltare dalla voce del carnefice i racconti delle torture, con tutti dettagli macabri che i libri di scuola non raccontano." (Mariarosa Mancuso, 'Il Foglio', 30 gennaio 2009)"Si tratta di una pellicola sulla quale si è già detto molto ancora prima che uscisse a causa dei non pochi problemi avuti durante la lavorazione e delle polemiche suscitate in Germania dalla scelta dell'attore Tom Cruise chiamato a interpretare il personaggio chiave della storia, il colonnello Claus von Stauffenberg. Ai tedeschi, e agli stessi familiari di Stauffenberg, non è piaciuto che il ruolo dell'eroe che tentò di abbattere la dittatura e restituire la libertà ai suoi connazionali fosse affidato a uno dei membri più in vista di Scientology, considerata una setta pericolosa, accusata di abusi e vessazioni psicologiche. Ciò detto, Operazione Valchiria, diretto da Bryan Singer, è nel complesso un buon film, alla cui riuscita contribuisce in primo luogo un cast di tutto rilievo, a cominciare da Cruise che, dopo alcune recenti pellicole alquanto deludenti, si riscatta dando vita a un personaggio tutto sommato credibile. (...) Benché non si tratti di un documentario, il film è sostanzialmente fedele ai fatti. La ricostruzione è molto vicina a quella che fu la realtà. Soprattutto i concitati eventi che seguirono lo scoppio della bomba nella "Tana del lupo", il blindato quartier generale del Führer a Rastenburg, forniscono un'efficace descrizione dei contrattempi, degli errori, dei ripensamenti dell'ultimo minuto e delle indecisioni di quanti avrebbero dovuto agire tempestivamente secondo le direttive della vigilia che portarono al fallimento del tentativo di abbattere il nazismo; tentativo che, come sostiene lo storico Joachim Fest in 'Obiettivo Hitler' (Garzanti, 1996), sarebbe potuto riuscire nonostante Hitler non fosse morto se solo non si fosse perso del tempo prezioso dal momento dell'attentato alla diramazione dell'ordine che diede il via all'"Operazione Valchiria". In tal senso il film riesce davvero a rendere bene un aspetto rilevante della vicenda, ovvero l'attentato non è che metà della storia. Infatti l'eliminazione dell'uomo che incarnava il male non sarebbe stata sufficiente agli scopi della resistenza: porre fine alla terrificante guerra, instaurare un nuovo governo e trattare un armistizio con gli Alleati, peraltro colpevolmente sordi ai segnali di dissenso e alle richieste di aiuto provenienti dalla resistenza. E del resto la più avvincente è proprio la seconda parte della storia, quella meno conosciuta, nella quale i congiurati devono applicare le disposizioni contenute nel piano di emergenza nazionale che lo stesso Hitler aveva ideato per proteggere il Reich da tentativi di insurrezione. Piano che proprio Stauffenberg, grazie a una promozione pilotata che lo portò a un incarico rilevante nello Stato Maggiore del Führer, riuscì a modificare per renderlo più efficace ai fini del putsch, ottenendo persino il benestare dell'ignaro Cancelliere, che vedeva in lui un eroe di guerra. Due, probabilmente, sono gli aspetti sui quali si possono muovere delle riserve. Il primo riguarda la figura di Stauffenberg, presentata come centrale nel complotto fin dal suo "arruolamento" nella resistenza. In realtà il suo coinvolgimento fu graduale, anche se poi divenne effettivamente l'anima della rivolta. (...) Il secondo aspetto riguarda la scelta del regista e degli sceneggiatori di avvolgere con un alone di eroismo idealistico tutti i congiurati, votati al sacrificio pur di salvare la patria dal nazismo e dalla catastrofe ormai imminente. (...) Ciononostante, nel complesso, il film riesce a restituire il clima di tensione in cui i congiurati si mossero. Il ritmo è piuttosto serrato, grazie a un montaggio che nelle due ore di proiezione non fa mai scendere il livello di attenzione nello spettatore, che pure sa come andrà a finire." (Gaetano Vallini, 'L'Osservatore Romano', 30 gennaio 2009)
Immagine
Titolo Van Helsing
Titolo originale Van Helsing
Anno 2004
Regista Stephen Sommers
Durata 145
Paese USA
Genere azione, fantasy, horror
Trama Alla fine dell'800, una società segreta impegnata nella lotta contro il Male manda in Transilvania il dottor Abraham van Helsing, un leggendario cacciatore di mostri, con il compito di uccidere il potente conte Dracula. Coadiuvato dall'intrepida Anna Valeroius (che vuole distruggere il vampiro per vendicare la propria famiglia e porre fine ad un'antica maledizione) e da Carl (un frate incaricato di salvaguardare la vita di van Helsing) dovrà battersi contro un gruppo di malefiche creature - tra cui l'Uomo Lupo, Frankenstein e le tre mogli di Dracula assetate di sangue - e nello stesso tempo fare i conti con i demoni del suo passato...Note - TRUCCO SPECIALE CREATO DA GREG CANNON.Critica "Benvenuti a 'Van Helsing', più che un film un party monster. (...) Il film è un dilemma: ignobile serie di plagi, per di più blasfemi, nei confronti della mitologia horror del '900 o spassoso popcorn movie da 150 milioni di dollari di budget? La seconda. Anche se Sommers ha un brutto vizietto da sempre. Comincia in modo splendido (i primi minuti in Transilvania e la lotta tra Van Helsing e Mr.Hide a Parigi sono pura estasi visionaria) per annaspare a metà e diventare terribilmente stucchevole alla fine. E il party monster diventa una messa solenne con lo humour che scompare con il passare dei 132 minuti. Decisamente troppi. Sommers è fatto così. All'inizio gioca, poi crede di essere un autore. Ed è la fine." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 7 maggio 2004)"Nel romanzo di Bram Stoker Dracula (1898) Abraham van Helsing è l'anziano scienziato che uccide il malefico vampiro. Nel film intitolato 'Van Helsing' il regista Stephen Sommers cambia il personaggio: lo ribattezza Gabriel, gli conferisce la giovanile prestanza di Hugh Jackman e ne fa una sorta di bounty killer in zimarra di cuoio e cappellaccio alla Indiana Jones. Al servizio del Vaticano, definito l'ultimo baluardo contro il male, il pistolero è adibito alla caccia dei mostri. In questo contraddittorio rapporto fra fedeltà alla tradizione e pulsioni postmoderne sta la chiave di un film pantografato e frastornante che si potrebbe definire un Ariosto in noir. (...) Ogni appassionato è comunque in grado di riconoscerne le citazioni del film di Sommer: dal tenebroso villaggio espressionista della Transilvania al mulino in fiamme di 'Frankenstein', dagli ambienti sontuosi del castello dove stavolta Dracula passeggia su per le pareti come faceva ballando Fred Astaire in 'Sua Altezza si sposa'. Perché il furore onnivoro del regista non resta nei confini del genere, ma prende il suo bene dove gli pare, incluso 'Ombre rosse' da cui copia un assalto alla diligenza. Tranne che qui i nemici non sono gli indiani, ma le spose di Dracula in figura di arpie svolazzanti. Per tacere dei baccelli, ispirati al repertorio della fantascienza, che esplodono liberando certi inquietanti pipistrelloni pronti ad attaccare come 'Gli uccelli' di Hitchcock. Insomma in queste sequenze c'è scienza del cinema da vendere e una molteplicità di ammicchi da assaporare. E se i personaggi hanno la scarsa consistenza dei comics, gli interpreti fanno del loro meglio: l'intrepida cacciatrice Kate Beckinsale ricorda Luisa Ferida in 'La corona di ferro', il Dracula di Richard Roxburgh ha un suo stile e il fraticello David Wentham sembra l'armiere di 007 trasferito nella cornice medioevale di 'Il nome della rosa' di Umberto Eco." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 8 maggio 2004)"Impropriamente pubblicizzato come un omaggio ai vecchi mostri dei film Universal, 'Van Helsing' è un mezzo rifacimento del recente 'La leggenda degli uomini straordinari': scenografie simulate in digitale, situazioni tipiche del videogame (tra l'altro, Van spara alle vampire con una balestra-mitragliatrice che emette il tipico suono da Playstation), tono generale di parodia. A peggiorare le cose, però, c'è che Stephen 'La mummia' Sommers si reputa spiritoso; così infarcisce il tutto di pretese citazioni, raramente in tema ('Per favore non mordermi sul collo'), spesso ('Alien', '007') del tutto incongrue." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 7 maggio 2004)
Immagine
Titolo Vicky Cristina Barcelona
Titolo originale Vicky Cristina Barcelona
Anno 2008
Regista Woody Allen
Durata 97
Paese USA, SPAGNA
Genere commedia
Trama Vicky, sensibile e vicina alle nozze, e Cristina, esuberante e in cerca di avventure, sono due amiche americane che decidono di passare le vacanze estive a Barcellona. Il soggiorno spagnolo diverrà per entrambe fonte di vivaci avventure personali e sentimentali grazie all'incontro con il pittore Juan Antonio e con la sua ex María Elena.Note - LE RIPRESE DEL FILM SONO DURATE CIRCA DUE MESI E SI SONO SVOLTE TRA BARCELLONA, NEW YORK E LA REGIONE DELLE ASTURIE.- FUORI CONCORSO AL 61. FESTIVAL DI CANNES (2008).- GOLDEN GLOBE 2009 COME MIGLIOR FILM MUSICAL/COMMEDIA. ERA CANDIDATO ANCHE PER: MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA (JAVIER BARDEM), ATTRICE PROTAGONISTA (REBECCA HALL) E NON PROTAGONISTA (PENELOPE CRUZ).- OSCAR 2009 A PENELOPE CRUZ COME MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA.- CANDIDATO AL NASTRO D'ARGENTO 2009 COME MIGLIOR FILM EUROPEO.Critica "Applausi convinti e sonori ululati hanno accolto Il nuovo film di Woody Allen 'Vicky Cristina Barcelona', dal nome delle due protagoniste e della città dove passeranno un'estate che non dimenticheranno facilmente. Due reazioni in qualche modo giustificate perché il film ha momenti davvero esilaranti (soprattutto per merito di Javier Bardem e Penélope Cruz) e altri decisamente macchinosi e fin troppo didascalici, con una voce fuori campo invadente fino al fastidio. (...) E un finale di sconfitta per tutti sembra la morale piuttosto disincantata di un Woody Allen che ha messo da parte le riflessioni morali sulla colpa e la responsabilità e si diverte a punzecchiare i propri connazionali, incapaci di capire cosa vogliano davvero: se la rispettabilità (e l'agiatezza) borghese o la passione (e l'appagamento) dei sentimenti. Resta da chiedersi se era necessaria la trasferta spagnola per arrivare a queste (semplici) conclusioni, con tutto il corollario di obblighi produttivi e pubblicitari che le coproduzioni ormai impongono. Ma se si vuole (o si deve) fare un film all'anno, certi scotti si devono pagare per forza." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 17 maggio 2008)"'Vicky Cristina Barcellona' è decisamente meglio di 'Scoop' ma un po' peggio di 'Hollywood Ending'. E poi ha la pecca di parlare tanto d'amore ma non di farci vedere nemmeno un pezzetto di carne. Si vede che Allen è diventato meno paranoico ma è rimasto ancora un gran moralista. Chi spera di intravedere le grazie di Scarlett o di Javier rimarrà deluso. L'unica che ci mette un po' del suo è la magica Penelope, tette sì e no dalla scollatura e gambe generosamente scoperte. Meglio di niente, ma proprio di poco." (Roberta Ronconi, 'Liberazione', 18 maggio 2008) "'Vicky Cristina Barcelona' è il nuovo film di Woody Allen. Che quando non ha molto da dire gioca di imitazione e parodia, come nei teneri e feroci pastiches letterari con cui da mezzo secolo celebra e irride i miti midcult. Cosa cercano la bionda Scarlett Johansson e la bruna Rebecca Hall nella sensuale città catalana? La conferma dei loro pregiudizi. E Woody gliene dà a palate demolendo al contempo i propri connazionali, una massa di bacchettoni frustrati e senza immaginazione costretti a vivere di riflesso nutrendosi di benessere e dei miti da loro stessi creati. Il tutto col tocco leggero e un po' futile del genio in vacanza che si diverte a spingere il gioco dei cliché sempre un po' più in là del previsto. (...) Si ride molto perché Woody, come l'irresistibile Bardem, gioca a carte scoperte e sa rendere comici perfino espedienti tecnici come il ralenti. Si pensa anche un poco, perché dietro il buffo girotondo pulsano l'ansia nevrotica di Cristina/Scarlett Johansson e la piccineria perbenista di Vicky/Rebecca Hall, indecisa fra il pittore catalano e il suo promesso sposo americano, un buon diavolo affidabile e sexy come un merluzzo. Inutile però cercare profondità, novità e tanto meno scandalo in questo svelto inclusive tour che concede alla curiosità degli spettatori un bacio di pochi secondi fra la Johansson e Cruz, salvo poi mostrare l'effetto che fa il racconto di quel bacio sul fidanzato-merluzzo. Come per ricordarci che comico (e trasgressivo) non è ciò che si fa, ma il nostro modo di guardarlo e di raccontarlo." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 18 maggio 2008)"Le risate e gli applausi non sono mancati, ma alla fine l'ultimo film di Woody Allen, la commedia 'Vicky Cristina Barcelona' ha rimediato anche molti dissensi dal pubblico degli addetti ai lavori. Sarà perché da questo autore che con i suoi ultimi film ci ha fatto riflettere su delitti e castighi ci si aspettava molto di più. O forse perché a scene davvero divertenti si mescolano situazioni e morali un po' scontate." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 18 maggio 2008)"In 'Vicky Cristina Barcelona' di Woody Allen, Javier Bardem incarna l'artista-stallone che proprio Woody Allen talora - inizialmente si credeva che fosse solo autoironia - è stato sullo schermo. (...) La pornografia latente in 'Vicky..' è sublimata dal brio, dall'umorismo e dalla bravura degli attori: oltre alla Johansson, la Cruz e Bardem, c'è Rebecca Hall, la meno nota, la più fine. Nessuno di loro era noto come un talento comico, ma tutti sono stati capaci di diventarlo, grazie anche ai bei dialoghi, come quelli di Allen prima maniera. Il soggetto è però ripetitivo e complesso. Si sovrappongono due triangoli amorosi isosceli: al vertice dei lati lunghi, l'ubiquo macho spagnolo fa sue, equanime, le statunitensi Vicky/Rebecca, borghese che cela in sé l'irrequieta, e Cristina/Scarlett, irrequieta che cela in sé la borghese. Più interessante del motivo conduttore da pochade, è l'ironia sui personaggi. Le ragazze sono levigate, ma preda del desiderio, anche se tentano di sublimarlo trovando marito o girando film semi-amatoriali. Innamorate dell'amore, cercano quelloperfetto e acchiappano quel che capita. Non denota grande personalità farsi abbordare da un quasi sconosciuto che propone sesso a tre e reagire l'una solo con parole dilatorie, l'altra accettando! Comunque il film funzionerà per il pubblico, dopo una raffica di opere superflue. Woody Allen ferma il suo declino. In extremis." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 18 maggio 2008)"'Vicky Cristina Barcelona' è un Woddy Allen piccolo piccolo, inferiore ai tre film londinesi (soprattutto al più bello dei tre, 'Match Point') fermo restando che un piccolo Woody è sempre meglio di quasi tutte le schifezze che escono al cinema. E' un girotondo lieve, senza risvolti gialli dei titoli recenti, e con un sottotesto drammatico che riguarda solo Penelope Cruz, di gran lunga la più brava del cast." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 19 maggio 2008)
Immagine
Titolo Decameron Pie
Titolo originale Virgin Territory
Anno 2007
Regista David Leland
Durata 97
Paese USA, ITALIA, FRANCIA, GRAN BRETAGNA, LUSSEMBURGO
Genere avventura, commedia, drammatico
Trama "Bocca baciata non perde ventura,/anzi rinnuova come fa la luna." (Giovanni Boccaccio, Decameron, II giornata, novella VII) Firenze, 1346. Il giovane Lorenzo de Lamberti è suo malgrado oggetto dell'odio del ricco Gerbino de la Ratta così, per sfuggire alle sue angherie, si allontana dalla città e si rifugia in un convento dove inizia a lavorare come giardiniere. Nel frattempo, Pampinea Anastagi, figlia unica di una nobile e rispettata famiglia, ha perso tutti i suoi cari a causa della 'morte nera', l'epidemia di peste che si è abbattuta sulla città. Già promessa sposa ad un conte russo, Pampinea riceve una proposta di matrimonio anche da Gerbino che mira ad acquisire le sue ricchezze. Rifiutata la mano del fiorentino e in attesa dell'arrivo da Novgorod del suo promesso sposo, Pampinea si ritira nello stesso convento in cui è rifugiato Lorenzo. Complice un bacio segreto, tra i due ragazzi sboccia l'amore...Note - LE RIPRESE SONO STATE EFFETTUATE TRA IL LAZIO (MANZIANA, TIVOLI, GUIDONIA, BRACCIANO E ROMA) E LA TOSCANA (SIENA ED AREZZO).
Immagine
Titolo L'ospite inatteso
Titolo originale Visitor, The
Anno 2007
Regista Thomas McCarthy (Tom McCarthy)
Durata 103
Paese USA
Genere drammatico, romantico
Trama La monotona esistenza del professor Walter Vale, docente universitario di Economia, viene messa a soqquadro dall'incontro con la senegalese Zainab e il siriano Tarek, una giovane coppia di immigrati clandestini che si è insediata, a sua insaputa, nel suo appartamento di New York. Dopo l'iniziale diffidenza, Walter e Tarek, grazie alla comune passione per la musica, iniziano a passare molto tempo insieme. Quando Tarek verrà arrestato per uno sfortunato equivoco, Walter prenderà a cuore la sua situazione per cercare di evitargli l'espulsione dal paese. Nel frattempo, in città giunge anche la madre del ragazzo, Mouna, che farà rinascere in Walter sentimenti da tempo sopiti.Note - RICHARD JENKINS E' STATO CANDIDATO ALL'OSCAR 2009 COME MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA.- CANDIDATO AL DAVID DI DONATELLO 2009 COME MIGLIOR FILM STRANIERO.Critica "Una storia di sentimenti potenti come le percussioni di Fela Kuti e dei musicisti di strada di Nyc e un urlo contro quello che un grande paese come l'America fa a chi la raggiunge perché rappresenta un sogno, un esempio di libertà e democrazia, la speranza di un mondo migliore. Questo film semplice ci dice più di qualsiasi documentario, protesta o pamphlet sull'ultimo decennio neo-con e guerrafondaio a stelle e strisce, e l'urlo di Walter, alla fine è il nostro. Come le lacrime quando Mouna, spezzata, lo chiama habibi (in arabo 'anima mia, cuore mio'). Troppo triste e troppo tardi. Prima dell'elezione di Obama questa pellicola ha ottenuto un successo al botteghino straordinario, pur distribuito in poche copie. Forse qualcosa è cambiato davvero." (Boris Sollazzo, 'Liberazione', 5 dicembre 2008)"Alla sincerità che McCarthy sa unire a un talento di osservatore della realtà e direttore di attori, bisogna rispondere adeguatamente. Siamo di fronte, rara avis, a un bel film che fa del bene. Ti insegna ad accettare l'ospite inatteso anche quando è profondamente diverso; e chiamiamolo pure 'abbronzato', secondo la nota espressione del Cavaliere. Un tipico film-Davide che pur maneggiando la fionda del messaggio politico non trascura di impartire un augurio esistenziale: possa il ritmo vitale dello jambè rimettere la tua anima in movimento facendo balenare due soldi di speranza." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 5 dicembre 2008)"'L'ospite inatteso' è un apologo sulla difficoltà di vivere nell'America di oggi, imbastito con felice sensibilità sugli invisibili moti dell'animo piuttosto che sugli eventi. Scrittura e regia eccellenti del quasi novizio Tom McCarthy e al centro un attore formidabile finora sottovalutato, Richard Jenkins." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 5 dicembre 2008)"Un film di formazione, ad uso e consumo del cittadino americano che non si è ancora accorto di quanti abusi si è macchiato il governo americano per proteggere i suoi elettori. Tardivo, questo cinema, tanto precoce è stato quello apocalittico pre 11 settembre." (Dario Zonta, 'L'Unità', 5 dicembre 2008)"Piccolo avamposto dell'era Obama. Delle aspettative che alimenta. E 'L'ospite inatteso' dell'americano Tom McCarthy. In altre tonalità rinnova 'The Terminal' di Spielberg con Tom Hanks. Raccontare sullo sfondo delle fondate paure conseguenti all'l l settembre la semplice esperienza umana di un incontro tra diversi. Con tutte le sfumature di fiducia, paura, buonsenso, curiosità. Ciò che appartiene alle esperienze reali. Alle ipotesi verosimili. All'orizzonte del sempre più possibile incrociare la propria vita con chi arriva da altri luoghi con bagagli e fardelli non solo disperati, o non sempre per le stesse ragioni. Le occasioni si stanno moltiplicando dai banchi di scuola all'inserimento di giovani lavoratori nel Nordest. Secondo una gamma che prevede tutto. Anche che l'immigrato non abbia un'identità standard." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 5 dicembre 2008)"Lo strazio, il dolore, ma anche il desiderio e il piacere che può darci l'altro, il diverso. E la rabbia e l'infelicità che provoca la repressione. Tutto con un pugno di personaggi e di ambienti. Chapeau!." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 5 dicembre 2008)
Immagine
Titolo Vuoti a rendere
Titolo originale Vratné Lahve
Anno 2007
Regista Jan Sverák
Durata 103
Paese REPUBBLICA CECA, GRAN BRETAGNA
Genere commedia, drammatico
Trama Praga. Il prof. Josef Tkaloun ha deciso di abbandonare l'insegnamento poiché si è reso conto di non essere più in grado di interagire con gli studenti delle nuove generazioni. Tuttavia, il professore sente che non è giunto ancora per lui il momento di chiudersi in casa, eventualità che, tra l'altro, atterrisce la moglie Eliska, affatto deliziata dall'idea di avere tutto il giorno per casa il marito, uomo permaloso e collerico. Josef si mette quindi alla ricerca di una nuova occupazione, ma ogni tentativo risulta vano finché viene assunto part-time presso un supermercato come addetto al ritiro dei vuoti a rendere. La nuova occupazione darà modo a Josef di interagire con la gente e gli darà modo di continuare a dispensare i suoi insegnamenti a volte, però, con conseguenze inaspettate.Critica "Sono la coppia meno edipica del cinema mondiale. Eppure sono padre e figlio. Zdenek scrive e interpreta. Jan dirige. Attenzione: il regista è il figlio, di solito accade il contrario. E questo già dice la tenera eccentricità di 'Vuoti a rendere', terzo capitolo di una trilogia resa celebre da 'Kolya' (Oscar '96). L'ambientazione è particolare , il tema universale: la vecchiaia. Meglio: l'invecchiare insieme. Joseph infatti ha una moglie ma cerca, come dire?, di non pensarci troppo. Spiritoso e vitale com'è, farebbe di tutto per non annoiarsi. Dunque cambia lavoro più volte. Sogna a occhi aperti. Si concede complicate fantasie erotiche. Insomma partecipa divertito allo spettacolo del mondo cercando di non essere mai troppo vicino né troppo lontano. Nel frattempo accasa un coetaneo bisbetico, piazza la figlia abbandonata a un collega ignaro, scopre di poter provare, oltre che ispirare, gelosia. Il tutto raccontato con un tocco lieve e scanzonato come lo sbuffod'aria calda che porta in alto la mongolfiera nel gran finale. Troppo in alto o troppo in basso? Troppo pericoloso o non abbastanza? Poco importa in fondo. L'essenziale è continuare a volare." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 16 gennaio 2009)"Casto ottimo e vario, la sceneggiatura garantisce attenzione per tutta una serie di indovinati, buffi caratteri femminili."(Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 16 gennaio 2009)"Il racconto è così ben congegnato da spaziare fra i rapporti umani, con un finale che non sfuggirà agli appassionati del cinema ceco, la comparsa della mitica figura di ferroviere che evoca i 'Treni strettamente sorvegliati' di Menzel, anche lui vincitore di Oscar che era ancora un ragazzino." (Silvana Silvestri, 'Il Manifesto', 16 gennaio 2009) "Pluripremiata, semiautobiografica, con quella qualità di leggiadria tipica di certo cinema praghese,la commedia è frutto di una ben collaudata collaborazione fra Zdenek Sverak, sceneggiatore e interprete, e il figlio regista Jan. Il messaggio chiave è nei versi cari al protagonista: 'Per un po' di amore in capo al mondo andrei/come chi sta davanti a una porta e chiede)". (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 16 gennaio 2009)
Immagine
Titolo W.
Titolo originale W.
Anno 2008
Regista Oliver Stone
Durata 129
Paese USA
Genere biografico, drammatico
Trama Il film è incentrato sulla figura del controverso presidente uscente degli Stati Uniti, George W. Bush. Partendo dai tempi della laurea a Yale, passando per i giacimenti petroliferi texani fino alla Casa Bianca, vengono raccontate le sue lotte e i suoi traguardi, rivelando l'uomo che sarebbe diventato il 43° presidente degli Stati Uniti.Note - FILM D'APERTURA, FUORI CONCORSO, AL 26. TORINO FILM FESTIVAL (2008).Critica "Come sempre. Come non te lo aspetti. Il film di Oliver Stone 'W.', biopic dedicato (cosa insolita) a un presidente in carica, sembra fatto per scontentare tutti. Deluderà i fan di Michael Moore, perché non è un ritratto maligno di George W. Bush; ma a differenza di 'WTC', il mistico film sull'11 settembre e sull'eroismo dei soccorritori, non strapperà riluttanti lacrime di commozione alla destra americana." (Guido Vitiello, 'Il Riformista', 17 ottobre 2008)"Delude 'W'. di Oliver Stone che racconta tra presente e passato gli anni della presidenza e quelli della giovinezza del Presidente americano Bush. Depotenziata dal trionfo di Obama, la storia non arriva però sullo schermo con la forza necessaria." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 9 gennaio 2009)"Il risultato non riesce ad essere all'altezza delle ambizioni, anzi le contraddice forse perché lo strumento della satira non è nelle corde del regista. Probabilmente Oliver Stone intendeva fare di Bush junior un personaggio tragico e pericoloso nella sua inettitudine e pochezza, mentre a noi arriva il ritratto farsesco di un mentecatto giunto per chissà quale insieme di circostanze alla poltrona di uomo più potente del mondo. Con effetto inverso a ciò che il regista cercava: Bush appare deresponsabilizzato, assolto in quanto non in grado di intendere e volere. (...) Detto questo la prova di Josh Brolin è apprezzabile, e il contorno anche (...)" (Paolo D'Agostino, 'la Repubblica', 9 gennaio 2009)
Immagine
Titolo Wall-e
Titolo originale WALL-E
Anno 2008
Regista Andrew Stanton
Durata 97
Paese USA
Genere animazione, avventura
Trama WALL·E (Waste Allocation Load Lifter Earth-Class) è un robottino che da centinaia di anni conduce un'esistenza solitaria sulla Terra perché gli esseri umani hanno abbandonato il pianeta, ormai invivibile. Un giorno, mentre WALL·E compie le sue consuete mansioni, una misteriosa astronave atterra sul pianeta. Da quel momento il piccolo automa avrà un nuovo scopo nella vita: seguire attraverso la galassia EVE, la robot-ricercatrice che, grazie a lui, ha scoperto una nuova chiave per il futuro dell'umanità.Note - NELLA VERSIONE ORIGINALE LA VOCE DEL COMPUTER DI BORDO E' DI SIGOURNEY WEAVER.- GOLDEN GLOBE 2009 COME MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE. ERA CANDIDATO ANCHE PER LA MIGLIOR CANZONE ORIGINALE.- OSCAR 2009 COME MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE. ERA CANDIDATO ANCHE PER: MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE, COLONNA SONORA, CANZONE ORIGINALE, MONTAGGIO E MISSAGGIO SONORO.- CANDIDATO AL DAVID DI DONATELLO 2009 COME MIGLIOR FILM STRANIERO.- CANDIDATO AL NASTRO D'ARGENTO 2009 COME MIGLIOR FILM EXTRAEUROPEO.Critica "La storia d'amore lascia il campo alla lezione ecologica e il film perde in tenerezza e fantasia, ma soprattutto abbandona i toni più infantili (e comprensibili da un pubblico infantile) per rivolgersi a uno spettatore un po' più avvertito. Le trovate sono ancora tante, compresa una specie di rilettura ad usum delphini della rivolta contro lo strapotere della tecnologia già raccontata in 2001 in 'Odissea nello spazio'. Il messaggio ecologico si trasforma in un atto d'accusa contro l'umanità responsabile di aver trasformato la Terra in un'enorme pattumiera e di non voler difendere la Natura, ma la poesia di quell'amore inter-robotico perde un po' della sua magia iniziale. Resta la straordinaria sapienza produttiva della Pixar e del suo regista e vicepresidente Andrew Stanton (già regista di 'Alla ricerca di Nemo' e produttore di 'Ratatouille') che con questo film hanno compiuto un ulteriore passo in avanti nell'evoluzione dell'animazione computerizzata. Da notare, questa volta, la straordinaria cura nel restituire una qualità cinematografica agli sfondi terrestri, non più definiti e precisi come sono solitamente gli sfondi digitali ma per una volta più 'sporchi, e indistinti, proprio come se fossero ripresi da una normale cinepresa, con tutte le 'imperfezioni' del caso. Se pensiamo che 'Toy Story, il primo film d'animazione interamente digitale, era di solo i3 anni fa, possiamo bendire che ormai le differenze sono diventate quasi impercettibili e che il cinema è pronto per intraprendere le strade di qualunque nuova rivoluzione tecnologica." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 17 ottobre 2008)"Se la prima parte del film è poesia assoluta la seconda vira un po' di più sul convenzionale: l'astronave è una specie di Eden popolato di esseri umani obesi che vegetano sotto il controllo di un Grande Fratello; i robot dovranno guidare la lotta di liberazione. In ogni caso il divertimento è assicurato, grazie a una quantità di gag molte delle quali di gusto cinefilo: a cominciare da '2001: odissea nello spazio'. Perfino i titoli di coda (vietato uscire dalla sala senza vederli), che riassumono la storia della civiltà umana attraverso le rappresentazioni artistiche, sono una piccola squisitezza in più dopo il lauto pasto. Realizzata grazie a una nuova tecnologia (sigla PRMarr), l'animazione tridimensionale conferisce alle immagini una bellezza da sbalordire. Quanto alla morale della favola, qualcuno potrà trovarla risaputa: l'umanità sta andando alla rovina, tra consumi dissennati che devastano l'ambiente e deformano i corpi, il sentimento dominante è la solitudine, per restituire un senso alle nostre vite non ci sono che il coraggio, l'altruismo, lo spirito di sacrificio e, soprattutto, la riscoperta della capacità d'amare. Quel che conta, però, è che queste cose vengano declinate in modi nuovi. E chi avrebbe mai detto che, a farcele sentire in modo più convincente degli altri sarebbe stato un piccolo robot dagli occhi languidi come quelli di E.T.? (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 17 ottobre 2008)"Un acronimo ci disseppellirà. E' Wall¿E (Waste Allocation Load Lift Earth-class), robot spazzino lasciato su una terra deserta di uomini e sommersa da rifiuti, unica macchina ancora erroneamente in funzione, forse per la sua dipendenza dall'energia solare, fonte primaria e incorruttibile dall'ottusa ingordigia dell'uomo. E questa è solo una delle tante sottili ma evidenti metafore che popolano la fiaba d'animazione più bella degli ultimi decenni. Andrew Stanton regista e cosceneggiatore, il boss e deus ex machina della Pixar John Lasseter, produttore esecutivo, c'è tutto il gruppo storico che la Disney ha sì inglobato ma saggiamente neanche sfiorato, una factory di visionari che da una quindicina d'anni domina la scena: quattro miliardi e mezzo di dollari di incassi complessivi, Oscar come se piovesse, da 'Nemo' a 'Ratatouille' non hanno sbagliato un colpo. Un predominio imbarazzante, seriale, gli ex pionieri squattrinati ora fanno blockbuster, ma non sanno cos'è la furba routine. Cambiano continuamente soggetti, tecniche, ispirazioni e soprattutto linguaggi. Wall¿-E è la vetta di questo percorso: favola elementare e romantica, parabola e lezione di vita di limpida chiarezza, muto monito al mondo. Avete letto bene, se si eccedono le pubblicità olografiche che spiegano perché la Terra è disabitata e qualche parola nel finale, il silenzio qui è d'oro." (Boris Sollazzo, 'Liberazione', 17 ottobre 2008)"La magia del film è tutta nei due robot protagonisti e negli straordinari primi quaranta minuti, dove nessun umano parla e la 'space-opera' tra Philip Dick e Stanley Kubrick si fonde con la costruzione di gag alla Buster Keaton, che vedono il mattatore il piccolo Wall-E. Poi parte il film con la sua storia. Ma a quel punto il robottino e i suoi occhini a binocolo hanno già vinto." (Marco Giusti, 'Il Venerdì di Repubblica', 17 ottobre 2008)"Il film diretto da andrei Stanton ('Little Nemo') e prodotto da John Lasseter riesce a convertire i pixel in cellule viventi, ricorre al disegno a mano e alla computer graphic rimodellando l'architettura visiva. Cyborg e Charlie Chaplin, ibridi di creature di carta e automi, galleria di 'mostri', surrogati emozionali dell'umanità perduta. Senza, nostalgia, il film mette in relazione la meccanica del vecchio robot con l'hi-tech (...) ." (Mariuccia Ciotta, 'Il Manifesto', 17 ottobre 2008)"Sicuramente educativo per i più piccini, che qui ameranno gli scarafaggi domestici del futuro, questo gradevole ma non memorabile eco-cartoon firmato dal premio Oscar Andrei Stanton ('Alla ricerca di Nemo'), continua a girare dalle parti di 'E.T.', occhioni e goffaggine comprese." (Cinzia Romani, 'Il Giornale', 17 ottobre 2008)"Non era facile conciliare una fiaba apocalittica - il pianeta discarica, i nostri discendenti obesi e svuotati, il consumismo trionfante su scala galattica - con la levità dell'animazione. Ma 'Wall-E' come 'Nemo', 'Toy Story' o 'Monster & Co.' crea un mondo di rara perfezione formale e insieme di solida tenuta metaforica grazie a un'inventiva continua e a un'intelligenza vibrante. Non si contano le astronavi e i robot che hanno fatto la storia del cinema. Ma nessuno aveva mai espresso tanta consapevolezza e insieme tanta malinconia. Il 3D non è più solo uno dei tanti linguaggi del cinema. E' la sua sintesi, forse il suo destino." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 17 ottobre 2008)"La quotidianità di 'Wall-E' e, intento ad accumulare detriti salvando dalla distruzione malinconici reperti della civiltà che fu, è raccontata come in un film muto intessuto di uno struggente umorismo alla Chaplin. E il resto della favola in cui, sulle ali dell'amore, Wall-E ritroverà l'umanità emigrata nelle galassie, è comunque delizioso per raffinatezza grafica e divertimento. Non ci stupirebbe che ne sortisse una candidatura all'Oscar per il miglior film." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 17 ottobre 2008)"Non c'è, invece, ombra di dubbio sull'Oscar, annunciato e strameritato, a Wall-E come miglior film di animazione. Si tratta di un vero e proprio capolavoro, una pellicola fantastica ed ecologica con momenti di commovente poesia e un messaggio di grande speranza per l'umanità dinanzi a un futuro presentato come disastroso se non si porrà rimedio allo scempio ai danni della natura." (Gaetano Vallini, 'L'Osservatore Romano', 23-24 febbraio 2009)
Immagine
Titolo A testa alta
Titolo originale Walking Tall
Anno 2004
Regista Kevin Bray
Durata 87
Paese USA
Genere azione, drammatico
Trama Chris Vaughn, agente delle forze speciali degli Stati Uniti, lascia il corpo di appartenenza e fa ritorno a casa, dove si aspetta di ritrovare i vecchi amici e di ricostruirsi una nuova vita. Ma lo aspetta una delusione. La sua città natale è ridotta in povertà e invasa dal crimine. Jay Hamilton, suo vecchio amico e compagno di scuola, ha chiuso la segheria, fonte di occupazione del paese, per investire tutti i suoi averi nell'industria del crimine. Chris, con l'aiuto del suo amico Ray Templeton, si fa eleggere sceriffo e promette alla cittadinanza di fermare Jay. Ma la malavita è decisa a non farsi mettere i bastoni tra le ruote e questa scelta mette in pericolo la vita di Chris e della sua stessa famiglia. Ma ha deciso. Non mollerà fino a che il crimine non verrà sconfitto e la sua città natale non tornerà quella che era prima. Ad ogni costo...Note - REMAKE DEL FILM "UN DURO PER LA LEGGE" DIRETTO NEL 1973 DA PHIL KARLSON E SCRITTO DA MORT BRISKIN.
Immagine
Titolo Valzer con Bashir
Titolo originale Waltz With Bashir
Anno 2008
Regista Ari Folman
Durata 87
Paese ISRAELE, GERMANIA, FRANCIA
Genere animazione
Trama Ari, regista israeliano, in piena notte ha un appuntamento in un bar con un amico in preda a crisi ricorrenti durante le quali si ritrova sistematicamente inseguito da una muta di 26 cani. Esattamente lo stesso numero di cani che lui ha dovuto uccidere durante la guerra in Libano, all'inizio degli anni Ottanta. Il giorno dopo, Ari, per la prima volta, ritrova un ricordo di quel periodo della sua vita. Un'immagine muta, lancinante: lui stesso, giovane soldato che fa il bagno con dei commilitoni davanti a Beirut. Sente allora la necessità vitale di scoprire la verità a proposito di questo periodo della Storia e di se stesso. Decide quindi, per venirne a capo, di andare a intervistare in giro per il mondo qualche suo vecchio compagno d'armi. Più Ari affonda nella sua memoria, più sente riaffiorare immagini scomparse.Note - IN CONCORSO AL 61. FESTIVAL DI CANNES (2008).- GOLDEN GLOBE 2009 COME MIGLIOR FILM STRANIERO.- CANDIDATO ALL'OSCAR 2009 COME MIGLIOR FILM STRANIERO.- CANDIDATO AL DAVID DI DONATELLO 2009 COME MIGLIOR FILM DELL'UNIONE EUROPEA.- CANDIDATO AL NASTRO D'ARGENTO 2009 COME MIGLIOR FILM EXTRAEUROPEO.Critica "'Waltz with Bashir' è un piccolo gioiello dal punto di vista linguistico e stilistico, classificato sotto un genere ibrido, il 'documentario di animazione'. Il processo di creazione, avvenuto nell'arco di quattro anni, è stato lungo e complesso: prima si è realizzata la versione video del film, dalla quale è stato tratto uno storyboard: da questo sono stati realizzati oltre 2300 disegni, animati poi usando tecniche di animazione classica e in 3D. Il risultato finale colpisce per originalità e padronanza di stile in cui il ricorso all'animazione, e non alle riprese dal vivo, è coerente con la visione estetica del regista." (Giacomo Visco Comandini, 'Il Riformista', 16 maggio 2008)"L'israeliano Ari Folman ha concepito 'Waltz with Bashir' come un'originale rielaborazione documentaristica e un tramite privilegiato delle posizioni della sinistra interna pacifista: se, pertanto, i 2300 disegni dello story-board animati sotto la direzione di Yoni Goodman non possono dirsi tecnicamente belli, la forza polemica risulta in qualche modo moltiplicata dall'insolito mezzo d'espressione prescelto. (...) Al di là della presa di posizione retroattiva, colpisce il fatto che 'Waltz with Bashir' coinvolge lo spettatore in un tortuoso reticolo di visioni dal quale, a poco a poco, può farsi strada il dato di una dolorosa autocoscienza. Invece di recuperare i pochi spezzoni documentari disponibili e farli scorrere tra un intervista e un altra, insomma, Folman si è inventato un procedimento mimetico che - preservando le autentiche testimonianze - riesce quasi a fare dimenticare che si tratta di un cartoon." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 16 maggio 2008)"Quando Ari Folman, documentarista israeliano, decide di fare i conti con i suoi ricordi di militare in Libano nel 1982, l'anno della strage di Sabra e Chatila, prima gira in video un'inchiesta, intervistando gli amici invecchiati e psicologi, reporter, ufficiali, ricostruendo invece le scene al fronte. Poi fa ridisegnare tutto con tratto denso ed emozionante. Risultato: un film che cambia tutto. Il modo di fare documentario. Il rapporto del regista con il suo passato. E quello di Israele con la propria memoria. Immaginate che Coppola abbia combattuto in Vietnam e 'Apocalypse Now' sia la sua storia personale, strappata alle segrete della memoria e ridisegnata con stile non lontano da Frank Miller. Ora avete una pallida idea della forza di 'Waltz With Bashir'." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 16 maggio 2008) "Il regista israeliano fa di questo tema proprio la struttura portante del proprio film, mettendosi in scena in prima persona (anche se filtrato attraverso la tecnica del disegno animato) e raccontando l'inchiesta compiuta negli anni per ritrovare quello che aveva vissuto durante il servizio militare in Libano nel 1982 e che sembrava aver dimenticato. Il film mostra gli incontri con nove testimoni di quelle imprese. Ognuno all'inizio sembra avere amnesie simili a quelle di Folman ma poi quello che è veramente accaduto durante l'occupazione di Beirut ovest esce dalle nebbie della memoria e il film denuncia l'accondiscendenza con cui gli israeliani hanno permesso alle truppe dei falangisti di compiere il massacro di Sabra e Chatila.(...) Il fatto interessante è che entrambi questi film sono lontanissimi dalla tradizionale ricostruzione storica: quello israeliano perché trasferisce tutta la storia a disegni animati, pur conservando le fisionomie reali dei personaggi intervistati, quello inglese perché utilizza le tecniche e i linguaggi dell' arte contemporanea, trasformando le inquadrature in una specie di surrogati di quadri. Come se i due registi ci volessero dire che gli strumenti tradizionali del cinema e della finzione non sono più sufficienti per raccontare i drammi della Storia: siamo troppo assuefatti al bombardamento di immagini che ci arrivano da tutte le televisioni e per catturare la nostra attenzione ci vuole qualche cosa di fuori dal comune." " (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 16 maggio 2008)"A sorprendere i festivalieri con un linguaggio ricco di suggestioni è stato l'israeliano 'Walt with Bashir', documentario animato diretto da Ari Folman che mette in scena il proprio percorso alla ricerca di memorie perdute." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 16 maggio 2008)"Cartoon educativo franco-tedesco-statunitense-israeliano su Sabra e Chatila: il regista, che è di Haifa, fa capire, senza potercelo dire, che raccontare oggi con esattezza di dettaglio come era ricca e palestinese la sua città, sarebbe peggio che antipatriottico." (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 16 maggio 2008)"In attesa e nella speranza che 'Waltz with Bashir' faccia il suo corso di messaggero di pace, arrivando magari anche sugli schermi arabi (si parla di un possibile invito al Festival del cinema di Dubai), Cannes fa la sua buona figura ospitando in concorso un film non riuscito (troppo forte la provenienza documentaristica dell'autore, che ripropone in eccesso schemi realistici per un genere, quello dell'animazione, che meriterebbe più coraggio immaginativo), ma che fa un passo avanti nella ricostruzione di una memoria cancellata per venticinque anni. E, come testimonia il film, la memoria rimossa continua a fare terribili danni." (Roberta Ronconi, 'Liberazione', 16 maggio 2008)"Ari Folman probabilmente non ha partecipato alla 'pulizia' dei campi, ma non potrà dormire sonni tranquilli e con lui i suoi amici di mitra. Mancano quaranta ore al suo film, quelle del genocidio, che non è ancora finito." (Mariuccia Ciotta, 'Il Manifesto', 15 maggio 2008)"Sarà il fitto intreccio tra il piano storico e quello onirico e psicanalitico, ma il film si afferma senza retorica nè forzature come una delle opere contro la guerra più impressionanti che il cinema abbia mai prodotto: sintesi allucinatoria tra demenza del fronte (vedi la seconda parte di 'Full Metal Jacket' o 'Apocalypse Now') e traumi de reducismo trascritta in immagini destinate a durare." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 9 gennaio 2009) "Una versione low cost e nuova per l'animazione in 3D di qualità, che restituisce la forza e il dettaglio dei disegni, soffrendo un po' invece nei movimenti dei corpi, più stentati." (Boris Sollazzo, 'Il Sole 24 ore', 16 maggio 2008)"E' stata una delle sorprese dell'ultimo Festivai di Cannes e ora, drammaticamente in sintonia con la ripresa delle ostilità tra Israele e Palestina, arriva nelle sale il suggestivo 'Valzer con Bashir', documentario di animazione dell'israeliano Ari Folman che mette in scena il proprio percorso alla ricerca di memorie perdute. Il regista infatti nulla ricorda della sua missione durante prima guerra del Libano, negli anni Ottanta (Bashir era il presidente libanese assassinato nel 1982). Incuriosito da questa misteriosa amnesia decide di intervistare vecchi amici e compagni per scoprire la verità su quanto accadde a quel tempo, una verità che fatica ad emergere, ma che una volta chiarita rivela il trauma subito in seguito al massacro di Sabra e Shatila di cui si macchiarono i Cristiani Falangisti." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 9 gennaio 2009)
Immagine
Titolo Wanted - Scegli il tuo destino
Titolo originale Wanted
Anno 2008
Regista Timur Bekmambetov
Durata 110
Paese USA
Genere azione
Trama Il 25enne Wesley Gibson è un vero e proprio sfigato. Fa un lavoro opprimente e noioso con un capo che non perde occasione per vessarlo, la fidanzata lo tradisce con il suo migliore amico ed è lo zimbello del quartiere dove abita. Improvvisamente, la sua vita prende una piega completamente diversa. Alla morte del padre, che lui non ha mai conosciuto perché lo ha abbandonato alla nascita, Wes non solo riceve un'eredità miliardaria ma anche un lascito molto speciale: un superpotere che lo trasforma nel killer più letale e infallibile della Terra. Wes viene così arruolato da una società segreta di vendicatori guidata dal potente ed enigmatico Sloan e al suo fianco viene messa la bella e potente Fox, incaricata del suo addestramento. In poco tempo Wes recupererà il tempo perso e si prenderà la sua micidiale rivincita nei confronti del mondo che lo ha sempre sbeffeggiato.Note - CANDIDATO ALL'OSCAR 2009 PER IL MIGLIOR MONTAGGIO E MISSAGGIO SONORO.Critica "Mescolando grottesco e dark, il grintoso regista kazako Timur Bekmambetov tiene saldamente in mano il film in un susseguirsi di scene di mirabolante impatto visivo. Nel cast stellare si impone McAvoy, capace di trasformarsi a vista da frustrato a supereroe. Resta l'interrogativo se sia meglio un killer di successo o un fallito. Ma più positivamente la morale della favola potrebbe anche essere, credi in te stesso e vedrai." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 4 luglio 2008)"In un momento in cui Hollywwd sembra essere in grado di confezionare blockbuster anche senza star, vengono proposti uno dopo l'altro un talento squisito come quello di Morgan Freeman, la presenza magnetica di Angelina Jolie e il minidivo in ascesa James McAvoy. E quello che ne risulta è un film sorprendente. Certo, molte soluzioni sono già state sperimentate in 'Matrix', il clima può ricordare 'Il codice Da Vinci', altri potranno pensare a 'Fight Club', ma è il mix a risultare piuttosto innovativo e decisamente intrigante."(Antonello Catacchio, 'Liberazione', 4 luglio 2008)"Per quanto riguarda 'la morale della favola', bisogna riconoscere che la regia da esportazione del kazako Timur Bekmambetov, fattosi notare col fantasy 'Day Watch' mostra una notevole perizia balistica: e non è solo un modo di dire, tra duelli dove le pallottole aggirano gli ostacoli o si neutralizzano, schiacciandosi a vicenda. Bisogna aggiungere una quantità d'inseguimenti a tutta birra, passeggiate notturne sul tetto della metropolitana lanciata a gran velocità, vagoni in bilico sul vuoto. L'ambientazione è Chicago, però la gran parte delle riprese è stata effettuata a Praga." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 4 luglio 2008)"La mitologia nera non può reggersi solo sugli effetti speciali, ma per non ridursi a un supervideogame 'Wanted' punta sulle icone: senza i dive non reggerebbe. Si guarda volentieri per le presenze del giovane James McAvoy, della grintosa Angelina Jolie del torvo Morgan Freeman. E' senz'altro vero, come è stato scritto in America, che nel film mancano il cuore e il cervello, ma ci si può divertire lo stesso." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 4 luglio 2008)" Timur Bekmambetov, quarantasettenne russo migrato ad Hollywood, più precisamente dalle parti di Corman, dopo i due cult 'I guardiani della notte' e 'I guardiani del giorno', azzecca con 'Wanted' un film d'azione coniugando con furore tecnica e capacità di raccontare. I toni del Bene e del Male sono continuamente sfumati e mescolati nella contesa tra assassini eletti; la filosofia dell'universo creato prevede il concetto di morte per i protagonisti; infine, si rasenta il sublime nel costruire rocambolesche scene d'azione. Non c'è nulla di fascista nell' "ucciderne uno, per poi, magari, salvarne mille", perché architrave del gioco avventuroso di Bekmambetov è un'esorcizzante e benefica vasca di liquido lattiginoso che lenirà ogni ferita. Divertente, senza la vuota retorica etica ed estetica di molti supereroi da fumetto e da film." (Davide Turrini, 'Liberazione', 4 luglio 2008)"Peccato che tra le molteplici sequenze d'azione, s'insinuano ridicole disquisizioni filosofiche, quasi sempre affidate allo svogliato Morgan Freeman. Se lo vede chi gli diede l'Oscar, ne pretenderà giustamente la restituzione." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale, 4 luglio 2008)
Immagine
Titolo Rogue il solitario
Titolo originale War
Anno 2007
Regista Philip G. Atwell
Durata 103
Paese USA
Genere thriller
Trama L'agente dell'FBI Jack Crawford ha perso tragicamente la sua famiglia e il suo compagno di lavoro, Tom. Convinto che l'autore del misfatto sia il pluriomicida Rogue, l'agente si mette sulle tracce dell'assassino per attuare la sua vendetta. Nel frattempo, Rogue provoca una sanguinosa guerra tra un clan malavitoso della Triade, capeggiato da Chang, e quello di Shiro, un boss della Yakuza. Quando le strade di Jack e di Rogue si incrociano, una sconvolgente rivelazione segnerà il loro destino.Note - COREOGRAFO DI ARTI MARZIALI: COREY YUEN.Critica "La spiegazione arriva in chiave di sorpresa alla fine di un rimbombante carosello di inseguimenti, duelli, uccisioni che il regista esordiente Philip G. Atwell gestisce con la padronanza e la superficialità di un veterano dello spot." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 18 luglio 2008)"Un aggiornamento pirotecnico del poliziesco di doppio-gioco con tanti altarini da scoprire.; ma dove quel che conta, in definitiva, sono i combattimenti e gli inseguimenti, che il film non ci fa mancare per più di cinque minuti alla volta. Granitico lo Jason Statham della serie 'Transponder'; assai più interessante la maschera facciale del suo partner Jet Li" (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 18 luglio 2008)
Immagine
Titolo La guerra dei mondi
Titolo originale War Of The Worlds
Anno 2005
Regista Steven Spielberg
Durata 103
Paese USA
Genere azione, fantascienza, thriller
Trama I marziani hanno deciso di invadere la Terra perché il loro pianeta è diventato invivibile e la razza umana è costretta ad affrontare una dura guerra per la sopravvivenza. Anche Ray Ferrier, ormai da tempo separato dalla sua famiglia, si trova coinvolto nella battaglia per difendere a tutti i costi i suoi figli dai violenti attacchi degli extra-terrestri...Note - NOMINATION OSCAR 2006: MIGLIORI EFFETTI SPECIALI, MIGLIOR SUONO (ANDY NELSON, ANNA BEHLMER, RON JUDKINS) E MIGLIOR MONTAGGIO SONORO (RICHARD KING).- NELLA VERSIONE ORIGINALE LA VOCE NARRANTE E' DI MORGAN FREEMAN.Critica "Dal classico romanzo 1898 di H.G. Wells, un gran film con Tom Cruise e la bambina Dakota Fanning molto bravi. (...) Diverte, fatto benissimo con molte allusioni al presente dell'America spaventata e bellicista, al passato dei film di fantascienza dei Cinquanta, specchi della guerra fredda." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 1 luglio 2005)"Oltreché un'efficace macchina da spettacolo, il film con cui Steven Spielberg ha invaso l'estate cinematografica mondiale è un saggio su quanto il tempo cambi le cose. Rispetto all'edizione cult del romanzo di H.G. Wells diretta nel 1953 da Byron Haskin, è cambiata - ovviamente - la qualità degli effetti speciali, che ora esaltano la verosimiglianza della fantasticheria paranoide a livelli stratosferici. Ma questo è il meno. Sul piano sociologico, cambia l'assortimento dei personaggi: al posto dell'uomo e della ragazza, un padre e due figli: proiezione dell'ossessione epocale per il mutamento dei rapporti familiari. Cambia, fino a ribaltarsi, l'immaginario di Steven prima popolato di teneri E.T. con cui avere incontri ravvicinati, ora di visitor repellenti e distruttivi. Analogo discorso per i terrestri: se quelli del giovane Spielberg erano fiduciosi e solidali nella 'Guerra dei mondi' ce li ritroviamo massa imbarbarita, vile ed egoista. Chissà che è passato, nel frattempo, per la testa del regista? E poi: è davvero il caso di fare gli esegeti di fronte a un film volutamente semplice, che ha per fine l'emozione come i pop-corn movie del sabato? Un film che si può legittimamente guardare proiettandoci dentro le paure del momento, ma che in fondo è soprattutto un gran teatro della regressione, cui abbandonarsi per lasciarsi spaventare dai mostri delle fiabe. E farsi salvare da papà." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 1 luglio 2005)