Elenco dei film di Griffith

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Titolo Lupin III - The Secret Of Mamo
Titolo originale Rupan Sansei: Rupan tai Fukusei Ningen
Anno 1978
Regista Soji Yoshikawa
Durata 102
Paese Giappone
Genere Animazione, Shonen
Trama L'ispettore Koichi Zenigata riceve la notizia che il suo acerrimo nemico Lupin III è stato giustiziato. Anche Lupin III ha saputo la notizia e quando entrambi si recano in Transilvania per controllare, si accorgono che l'uomo morto è un sosia perfetto del nostro ladro.
La vicenda si sposta in Egitto dove Lupin III ruba una misteriosa pietra (la pietra del saggio o filosofale) dalla piramide di un faraone e la porta in Giappone. Qui la pietra gli viene sottratta da Fujiko Mine che la consegna a un personaggio misterioso, si tratta di Mamoo la cui isola è abitata da cloni dei più noti personaggi storici (tra cui Hitler e Napoleone).
La scena si sposta quindi a Parigi, dove Lupin con Jigen e Goemon stanno indagando sulla pietra del saggio e sui suoi "poteri", quando vengono attaccati prima da un elicottero e poi da un gigantesco tir, ma alla fine un rocambolesco inseguimento, Lupin III viene catturato e condotto sull'isola di Mamoo.
Lo stesso Mamoo si rivela essere un clone di sé stesso che sta cercando l'eterna giovinezza per non dover più far uso della scienza e la pietra della saggezza rappresenta per lui la possibilità di essere immortale.
Ma ancora una sorpresa attende Lupin nello scoprire la vera identità di Mamoo e il suo terribile piano.
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Titolo S.W.A.T. - Squadra Speciale Anticrimine
Titolo originale S.w.a.t.
Anno 2003
Regista Clark Johnson
Durata 120
Paese USA
Genere azione, poliziesco, thriller
Trama Un boss del narcotraffico viene scortato fuori dalla città di Los Angeles, dalla squadra del Dipartimento SWAT della Polizia, per darlo in custodia ai Federali. Ma i piani rischiano di fallire dopo che il trafficante decide di offrire 100 milioni di dollari a chi lo libererà.
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Titolo Stargate
Titolo originale STARGATE
Anno 1994
Regista Roland Emmerich
Durata 119
Paese USA
Genere fantasy
Trama In Egitto, nel 1928, viene rinvenuto un grande anello di metallo sconosciuto con incisi geroglifici, che anni dopo - grazie ad un giovane egittologo, Daniel Jackson, contattato da Catherine, la figlia di un archeologo autore della scoperta, e ora responsabile di un progetto del Governo americano al riguardo - si rivela essere una "stargate", una porta interplanetaria, attraverso la quale un manipolo di soldati americani, guidati dal colonnello Jonathan O'Neil, approda insieme a Jackson in un pianeta simile all'antico Egitto dove lavora una comunità di schiavi, che scambia dapprima per divinità gli sconosciuti, per poi ospitarli. Decifrando anche iscrizioni, mostrategli dal simpatico Skaara, figlio del capo popolo e da Shàuri, una fanciulla del luogo, Daniel scopre che Ra, un extraterrestre, per scampare all'estinzione, si è impossessato via via di corpi di giovanetti, ed ha realizzato lo "stargate" per fornirsi di schiavi fatti venire dalla Terra, da impiegare nelle miniere che servono alla sua tecnologia superiore. L'apertura sulla Terra della porta scompiglia ora i piani di Ra e questi medita di rimandare potenziata, sulla Terra, la bomba che O'Neil ha portato in caso di presenze ostili. Dopo la cattura di O'Neil e Daniel, la prigionia e l'uccisione di alcuni soldati, avviene la rivolta degli schiavi. La rivoluzione trionfa. Ra, temendo per la sua vita, tenta di allontanarsi con la nave spaziale: ma Daniel grazie al tele trasporto astutamente programmato all'uopo, riesce ad introdurre la bomba nella nave spaziale che poco dopo esplode. Mentre O'Neil, coi superstiti, torna sulla Terra tramite lo "stargate", Daniel decide di restare sul pianeta con la bella Shàuri e con i nuovi amici.Note REVISIONE MINISTERO FEBBRAIO 1995
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Titolo LA FEBBRE DEL SABATO SERA
Titolo originale Saturday Night Fever
Anno 1977
Regista John Badham
Durata 118
Paese USA
Genere commedia, drammatico, musicale, romantico
Trama Tony Manero, ragazzo 19enne, lavora modestamente nel negozio di vernici del signor Fusco e attende con ansia il sabato sera quando, circondato da amici insignificanti (Bobby, Joey, Double, Gus), puo' recarsi alla moderna balera "2001 Odissey" che è una sorta di cuore del quartiere Bay Ridge (Brooklyn), separato dalla appariscente Manhattan dal ponte Verrazzano sul quale, sbronzi e drogati, i giovanottelli si producono in sconsiderate evoluzioni che costeranno la vita al piu' giovane di loro. Tony, attraente nel fisico e orgoglioso della propria somiglianza con Al Pacino, è indubbiamente un buon ballerino e miete allori nel fatiscente locale del "sabato sera". Gli ronzano attorno le ragazze e, tra queste, la goffa ma sensibile Annette sarebbe disposta a far pazzie per lui che, pero', mette gli occhi sulla piu' dotata Stephanie Mangano. In casa Manero la situazione è pesante: papà Frank è scontroso e disoccupato; mamma Flo è bigotta sino alla stupidità; la piccola Linda osserva indifferente; il figlio maggiore Frank Jr., divenuto sacerdote per le imprudenti pressioni della madre, è in procinto di lasciare la Chiesa. Tony, non sprovvisto di istintive doti umane di fondo, commette diversi sbagli ma alla fine sembra maturare e stabilisce un sano rapporto con Stephahie. Note 2° EDIZIONE PER RETEITALIA
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Titolo Salvate il soldato Ryan
Titolo originale Saving Private Ryan
Anno 1998
Regista Steven Spielberg
Durata 163
Paese USA
Genere drammatico, guerra
Trama E' il 6 giugno del 1944 e l'esercito americano si sta preparando a sbarcare sulla spiaggia di Omaha, in Normandia, per spezzare le ultime resistenze dei tedeschi. Mentre osserva la costa, il capitano Miller pensa che far superare ai suoi uomini questa prova sia la più grande sfida che ha dovuto affrontare nel corso di questa guerra. Quando lo sbarco, tra innumerevoli vittime, si chiude con successo, Miller riceve l'ordine di trovare il soldato Ryan che, rimasto l'ultimo dopo che è giunta la notizia della morte dei suoi tre fratelli su altri fronti di guerra, deve essere preso e rispedito a casa dalla madre. Miller sceglie un gruppo di soldati e parte per questa missione oltre le linee nemiche. Ma questi soldati ad un certo punto cominciano a farsi delle domande: perché rischiare otto vite per salvarne una sola, perché Ryan è più importante di loro? Miller deve mantenere il gruppo compatto, ma di giorno in giorno le difficoltà aumentano. Il nemico incombe e, quando si arriva agli scontri a fuoco, il gruppo paga pesanti prezzi al fatto di essere indifeso. Ryan viene infine trovato ma capisce la situazione e rifiuta di lasciare i compagni. Intanto un nuovo assalto tedesco incombe. Il gruppo si prepara alla difesa della postazione ma stavolta la forza del nemico è soverchiante. Il capitano e altri soldati muoiono. Oggi, passati oltre cinquant'anni, Ryan davanti alle tombe dei soldati, rivede quei giorni, ed è come se tutto fosse successo appena ieri.Note - REVISIONE MINISTERO OTTOBRE 1998.- OSCAR 1999 PER IL MIGLIOR SONORO, MIGLIOR MONTAGGIO E I MIGLIORI EFFETTI SONORI; CANDIDATURE AGLI OSCAR PER IL MIGLIOR FILM, MIGLIORE ATTORE (TOM HANKS), MIGLIORE SCENEGGIATURA, MIGLIORE SCENOGRAFIA, MIGLIOR MAKEUP, MIGLIORE COLONNA SONORA.Critica "Un film di guerra per parlare contro la guerra. Un film sulla realtà cruda, terribile, straziante della guerra senza finzioni o sottrazioni. Spielberg mette lo spettatore di fronte alla prova di sentirsi addosso la paura fisica degli spari e della morte incombente: questo nei trenta minuti iniziali di cinema puro. Poi altre due ore di immersione nel tunnel dello scontro bellico, nel buio dove annega la ragione e prevale la forza. Il film è un grande racconto della memoria, un flashback nei sentimenti e nelle emozioni che il tempo non ha potuto cancellare. Spielberg, pur tra alcuni stereotipi tipicamente americani, ricorda che la guerra ha un solo volto: quello della follia e dell'orrendo uccidersi reciprocamente. In un clima antieroico, si dice con toni accorati che la guerra mai si presenta come giustificabile o dal volto umano. Film di denuncia quindi, che si inserisce nel filone di nobile ispirazione civile che mette in scena la guerra per dirne contro, sulla scia di tanti altri esempi di storia del cinema." ('Segnalazioni cinematografiche', vol. 126, 1998)
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Titolo Saw - L'enigmista
Titolo originale Saw
Anno 2004
Regista James Wan
Durata 100
Paese USA
Genere horror, thriller
Trama Adam e il dottor Lawrence Gordon sono due persone comuni che si svegliano incatenati ai tubi di un bagno pubblico sotterraneo, accanto a loro ci sono una pistola e una sega. Non sanno nulla l'uno dell'altro eccetto che il dottor Lawrence deve uccidere Adam entro otto ore. Jigsaw è un terribile serial killer che crea diabolici giochi di morte per tormentare le proprie vittime. Nella sua perversione omicida, egli è convinto che minacciandole di privarle della vita, queste saranno in grado di apprezzarla maggiormente, arrivando a compiere qualsiasi tipo di efferatezza pur di non farsi uccidere.Critica "Proviamo a venirne a capo di 'Saw - L'enigmista' ponendo sul tavolo le tessere di un puzzle. La paura dell'ignoto. L'impossibilità di sapere dove ci troviamo. L'immobilità forzata che diventa paralizzante anche per la mente. Il pericolo accertato che al di là dell'ignoto, qualcuno sta per sterminare la tua famiglia. James Wan, il regista dell'horror, questi indizi ce li mette l'uno accanto all'altro fin dal principio per poter dare il via al suo thriller che, lo diciamo subito per gli irriducibili del genere, non è né troppo efferato né eccessivamente terrificante. Perché la sua arma è un'altra. (...) Quella di un sottile gioco psicologico manovrato da un perverso assassino che vuole insegnare alla sue vittime quanto sia alto il valore della vita. E come accade nella vita, l'unico modo per salvarsi è fare una scelta. Chi cade in trappola, talvolta, è proprio Wan quando non riesce a chiudere ermeticamente quella finestra sottile che separa l'horror dalla sua parodia." (Leonardo Jattarelli, 'Il Messaggero', 14 gennaio 2005)"'Saw L'enigmista', che usurpa il nomignolo di un supernemico di Batman, è un titolo dirottante. Anche qui c'è un criminale che parla per indovinelli, ma si chiama Jigsaw; e Saw è proprio la sega, utilizzata in maniera atroce nel sottofinale. Chi ci arriva se ne accorgerà: ma non tutti resisteranno fino in fondo: il film è irritante. Opera prima di due giovani australiani a Hollywood, il regista James Wan e il cosceneggiatore Leigh Wanwell (che interpreta Adam), è costato poco e ha introitato 55 milioni di dollari. (...) La situazione si movimenta con l' entrata in scena del detective Tapp, le storie incrociate di come i due sono finiti in trappola sono evocate in flashback e sfociano in un bombardamento di immagini da mal di mare per un risultato privo di senso." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 15 gennaio 2005)"Sceneggiato da una coppia di giovani australiani (uno vi recita, l'altro dirige), 'Saw - L'enigmista' è il 'Seven' dei poveri. Espressione da non intendersi in senso riduttivo: semplicemente, è costato un pugno di dollari e tuttavia riesce a passare il filo del rasoio sui nervi scoperti di chi lo guarda come faceva il film di David Fincher." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 21 gennaio 2005)
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Titolo Saw V
Titolo originale Saw V
Anno 2008
Regista David Hackl
Durata 92
Paese USA
Genere horror
Trama Sembra che Hoffman, in questo quinto capitolo della saga di Saw, sia rimasto l'ultima persona vivente in grado di proseguire l'eredità del folle Jigsaw. Il suo segreto però sta per essere rivelato e a lui non resta altro che riuscire ad eliminare ogni testimone.Critica "Si tinge vagamente di giallo 'Saw V', ultima (ahinoi, solo per il numero) puntata dell'indecente saga horror che ci perseguita da quattro anni. Ruotano i registi, si danno il cambio gli sceneggiatori, ma questa fugga resta sempre uguale a se stessa. (...) La solita delirante bufala che incredibilmente trova un pubblico di fedelissimi. Accertato che il tumore del repellente protagonista non era purtroppo terminale, attendiamoci dunque la boiata numero sei." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 5 dicembre 2008)
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Titolo Scarface
Titolo originale Scarface
Anno 1983
Regista Brian De Palma
Durata 161
Paese USA
Genere drammatico
Trama Il delinquente Tony Montana arriva negli Stati Uniti sulla scia dei profughi cubani in fuga dall'isola di Castro, spacciandosi come prigioniero politico, senza per altro riuscire ad ingannare la polizia statunitense. Dal campo profughi nel quale è internato, Tony inizia un'irresistibile ascesa nel mondo della malavita, grazie alla sua incredibile crudeltà e determinazione. Ben presto Tony, insieme all'inseparabile amico Manny, diviene il guardiaspalle di Lopez, un potente trafficante di stupefacenti. Poi, però, innamoratosi della donna del capo, Elvira, e determinato a costruirsi un impero per conto proprio conclude un colossale affare con Sosa, un produttore boliviano di cocaina. L'impero su cui domina incontrastato sembra inattaccabile ma poi, anche per lui cominciano i guai.Note - REMAKE DEL FILM "LO SFREGIATO" (1932) DI HOWARD HAWKS.- REVISIONE MINISTERIALE MAGGIO 1992.Critica "Lo 'Scarface' girato da Howard Hawks nel 1930 ma uscito nel '32 col sottotitolo 'Vergogna d'una nazione' voluto dalla censura (e arrivato in Italia soltanto nel '47) è un classico del cinema sui gangsters. Adombrando la truce figura di Al Capone, e introducendo per primo sullo schermo il fucile mitragliatore, fu il film più violento dei suoi tempi: piacque la franchezza con cui denunciava la malavita di Chicago e fece sobbalzare molte brave persone. Ci sembra poco probabile che questo rifacimento diretto da Brian De Palma abbia lo stesso successo clamoroso. Siamo assuefatti, purtroppo, alle carneficine; la delinquenza organizzata fa parte del nostro paesaggio; i micidiali effetti del 'bazooka' sono risaputi; Al Pacino gigioneggia più di quanto facesse Paul Muni; e soprattutto il nuovo Scarface è quasi del tutto privo di quella vena semicomica che Hawks e il suo sceneggiatore Ben Hecot (ai quali è dedicato) avevano introdotto nell'affresco sanguinoso per renderlo sostenibile." (Giovanni Grazzini, 'Il Corriere della Sera', 17 marzo 1984)"Spettacolo di bassa macelleria, inutilmente dilatato in quasi tre ore di durata senza che, peraltro, emerga in qualche modo la personalità dei personaggi. La società che vive nella pellicola non è certo una società reale, e con ciò non si vuole dire che la malavita non esista, ma che di certo trova dei contrappunti che, nel film, non compaiono. Ben lontano da altre, più serie opere sul mondo della malavita e della mafia, 'Scarface' non riesce, con le sue 'moraline' troppo facili sul 'cattivo', ad evitare di affogare nel mare di sangue che trasuda dallo schermo." ('Segnalazioni cinematografiche', vol. 97, 1984)
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Titolo Caccia Spietata
Titolo originale Seraphim Falls
Anno 2006
Regista David Von Ancken
Durata 115
Paese USA
Genere drammatico, guerra, western
Trama Alla fine della guerra civile americana, un gruppo di uomini guidati dal colonnello Morsman Carter inizia una serrata caccia all'uomo attraverso il Nevada. Il fuggiasco è Gideon, un uomo dalle mille risorse con il quale Carter, ora in cerca di vendetta, ha un conto aperto.
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Titolo Serenity
Titolo originale Serenity
Anno 2005
Regista Joss Whedon
Durata 119
Paese USA
Genere avventura, fantascienza
Trama Il capitano Malcolm Reynolds e la sua piccola squadra di mercenari attraversa la galassia con la nave spaziale Serenity in cerca di ogni tipo di ingaggio purché sia ben pagato. Fino a quel momento tutto è sempre filato liscio, ma quando a bordo salgono il giovane dottor Simon Tam e sua sorella River, una ragazza telepatica venuta a conoscenza di alcun segreti che nessuno avrebbe dovuto scoprire, l'equipaggio della Serenity deve iniziare una dura battaglia per la sopravvivenza...Critica "Mai cancellare una serie televisiva a Joss Whedon. La giovane volpe creatrice del telefilm cult 'Buffy' ci rimane così male quando la Fox gli sospende la serie fantascientifica 'Firefly', che si vendica facendone un film. E nasce 'Serenity' che di 'Firefly' è la versione cinematografica sempre diretta da Whedon. Se siete rimasti delusi dagli ultimi tre insipidi 'Guerre stellari', non perdete questo gioiellino. (...) Dialoghi brillanti, personaggi complessi (il sicario dell'Alleanza è un affascinante afroamericano diplomaticamente letale) e ambientazione fantasiosa (pianeti, razze, oggettistica del futuro). Peccato per un finale deludente. Se vi mancano tanto i primi tre 'Guerre stellari', correte a vedere 'Serenity'." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 25 novembre 2005)"Joss Wheldon è il creatore di serie televisive molto popolari, a partire dai telefilm dell'ammazzavampiri Buffy e di altre meno fortunate, come quella intitolata 'Firefly'. Non è escluso che, nel suo debutto come regista per il grande schermo, ci sia anche una voglia di riscatto. I personaggi sono schizzati con una certa verve, non mancano battute di dialogo divertenti: soprattutto, le sequenze sono traversate da un senso di allegria abbastanza contagioso. Però il secondo modo di considerare questo piccolo film è un altro. E riguarda il piacere di ritrovare una fantascienza dal volto umano, come ai tempi della prima serie di 'Guerre Stellari'; forse più ingenua, certo più approssimativa ma, almeno, non fatta solo da esperti di numeri e creatori di realtà virtuali." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 25 novembre 2005)
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Titolo Sette anime
Titolo originale Seven Pounds
Anno 2008
Regista Gabriele Muccino
Durata 125
Paese USA
Genere drammatico
Trama Nel passato di Ben Thomas c'è un segreto che ha lacerato la sua anima e gli ha causato profondi sensi di colpa. In cerca di redenzione, Ben decide di aiutare a migliorare le vite di sette persone (dal punto di vista economico, spirituale o medico). Una volta che il piano di Ben si è messo in moto, nulla potrà modificarlo, ma un amore inaspettato renderà più difficile portare a compimento il progetto.Note - TRA I PRODUTTORI ESECUTIVI FIGURA ANCHE DOMENICO PROCACCI.Critica "Dopo l'anteprima, una voce amica molto autorevole mi aveva avvertito da Hollywood: «Mai visto un film più sbagliato...». Ma non tutti la pensano così. Certo siamo di fronte a un dramma che divide gli spettatori, come ha scritto Todd McCarthy su 'Variety': o ci stai, o no. Infatti le critiche sono nettamente spartite, con prevalenza di consenzienti; e i pareri del pubblico su Internet sono entusiastici. Da che parte schierarsi? (...)Will Smith è un attore formidabile e lo conferma anche qui finché non ti stanchi, dopo quasi due ore, di scrutare sul suo volto l'interno affanno. La regia di Muccino è scattante, brillante, attenta ai particolari; e il testo di Grant Nieporte parte in modo davvero originale. Ma è ben noto che i paradossi a pensarci su finiscono per convincere sempre meno. Qualcuno ha scritto che dopo 'La ricerca della felicità' Smith & Muccino hanno voluto fare 'La ricerca dell'infelicità'. Se è vero, come sosteneva Strehler, che bisogna essere maestri di se stessi, interprete e regista si sono rivelati cattivi maestri. Dal loro successo in comune non hanno imparato granché. L'ambizione si è intorbidata, la freschezza si è dissolta nell'intellettualismo, il messaggio si è fatto confuso." (Tullio Kezich, 'Corriere della sera', 9 gennaio 2009)"S'è parlato tanto della prima scena di sesso nella carriera di Will Smith: ma la sua con Rosario Dawson (che è una donna) è una scena d'amore. Nei film si vedono sempre dei letti, ma quasi mai ci entra chi ama il partner. In 'Sette anime' si ha invece questa sensazione. Così il pochissimo che si vede qui coinvolge più del molto che si vede altrove. Come si distingue un amplesso per amore da uno qualsiasi? Dalla preparazione, dal fatto che lui, ingegnere laureato al Mit di Boston, ripari - prima - una macchina da stampa del 1956 solo per far contenta lei. Una sceneggiatura e una regia con accortezze sono insolite. (...) . Quanto al titolo originale, le sette libbre alludono forse al peso delle anime che gravano sulla coscienza di Will Smith; quanto ai comprimari, Woody Harrelson ha pochi frammenti di film per sé, che in pellicola non pesano forse nemmeno sette libbre: ma restano in mente." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 9 gennaio 2009)"Genere 'straziante'. Quello che costringe a piangere. Può indisporre. Tuttavia, per quanto indisponente, 'Sette anime' impone rispetto per il carico che si è sobbarcato Will Smith sotto lo schiacciante peso di un personaggio estremo e pieno di ombre, ossessionato dalla colpa e dalla ricerca di redenzione; e per la regia, la seconda firmata con la star da Gabriele Muccino." (Paolo D'Agostino, 'la Repubblica', 9 gennaio 2009)"I critici statunitensi, con rare eccezioni, hanno picchiato duro, usando toni anche sarcastici, e vai a sapere se l'obiettivo fosse il film, certo ambizioso e inconsueto per gli standard hollywoodiani, o il divo nero, ormai asceso al rango di demiurgo, anzi di potenza industriale per via del fatturato." (Michele Anselmi, 'il Riformista', 9 gennaio 2009)
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Titolo Sette anni in Tibet
Titolo originale Seven Years In Tibet
Anno 1997
Regista Jean-Jacques Annaud
Durata 129
Paese USA
Genere drammatico
Trama Nel 1939 l'alpinista austriaco Heinrich Harrer parte per una spedizione in Tibet con l'intento di scalare il Nanga Parbat, senza curarsi delle preoccupazioni della moglie Ingrid incinta, che affida all'amico Horst. Nel frattempo in Tibet, un bimbo di quattro anni viene designato come nuovo Dalai Lama e venerato dai fedeli. Quando gli scalatori arrivano al campo base, nel turbine della tempesta di neve, vengono fatti prigionieri dai soldati inglesi e scoprono che è scoppiata la guerra e loro, come austriaci, sono considerati nemici della Gran Bretagna. Portati in un campo di prigionia, dopo qualche tempo Harrer comincia a leggere libri che parlano del Tibet mistico, e poi riceve una lettera in cui la moglie chiede il divorzio per poter sposare Horst. Insieme ad altri compagni fugge dal campo, poi prosegue da solo. Dopo molte vicende, si ritrova col capo della spedizione Peter, insieme raggiungono Lhasa, la capitale del Tibet, dopo un viaggio che ha trasformato il carattere di Heinrich. Ormai adolescente, il Dalai Lama fa chiamare a palazzo Heinrich, e con lui passa molte giornate. Intanto la Cina invade ed occupa il Tibet. Di fronte all'invasione, Heinrich capisce che è il momento di fuggire e vorrebbe che il Dalai Lama lo seguisse. Ma il ragazzo rimane. Heinrich torna a Vienna, va dal figlio che non ha mai visto. Poi arrivano notizie sulla fuga del Dalai Lama in India. L'amicizia tra i due dura tuttora.Note REVISIONE MINISTERO DICEMBRE 1997.Critica 'Certo, per le pagine corali a Lhasa, per i riti alla corte del Dalai Lama, tutte cerimonie festose e temi solenni, si pensa - un po' - all''Ultimo Imperatore', anche per un'eco, sia pure lontana, di climi quasi analoghi, ma la narrazione, qui, è insistita e lenta, indulge alle spiegazioni ed ai dettagli, non ha momenti accesi neanche quando si sfiora l'avventura e il disegno dei rapporti fra il protagonista e il Dalai Lama, seguito nel tempo anche con il mutamento dell'età dell'illustre interlocutore, ha solo di rado veri momenti di emozione: nonostante i molti appigli che avrebbero invece potuto riscaldarlo. Quanto a Brad Pitt, barbuto e fosco, convinceva di più in film con personaggi più intensi. Qui si fatica a credergli.' (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 29 dicembre 1997)'Certo, rimangono bei panorami innevati, processioni di monaci, piccole e grandi fughe, sculture di burro, squarci di costume e costumi anche un po' mistico folk, cambi di stagione assai turistici, ma come in un normale (e troppo lungo: 139 minuti) film di avventure, per caso ambientato in Tibet (in realtà sono le Ande) e dove il violoncellista Yo Yo Ma esalta il tema della solitudine scritto dal musico spielberghiano John Williams, che suona le trombe dell'anima ma non scalza la parete di quarto grado dell'inconscio.' (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 3 gennaio 1998)'Ma quello che poteva essere il vertiginoso resoconto di una scoperta e di un'iniziazione resta un viaggio folkloristico, un catalogo di belle immagini vuote, un'antropologia in dosi omeopatiche che intrattiene ma non spiega, illustra ma non documenta né emoziona, anzi irrita perché a ogni piccolo passo verso quel mondo corrisponde un movimento simmetrico dei tibetani. Che scopriranno la radio, il pattinaggio su ghiaccio, il Natale, i balli e il cinema. Siamo insomma in pieno 'Dalailamaland', per dirla con i 'Cahiers du Cinéma'. E poco importa che sul finale, quando Harrer rimpatria, come lui il film migliori e trovi qualche accento giusto.' (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 24 dicembre 1997)
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Titolo Sex and the City
Titolo originale Sex And The City: The Movie
Anno 2008
Regista Michael Patrick King
Durata 140
Paese USA
Genere commedia, romantico
Trama Le ragazze sono tornate. Le quattro stravaganti e smaliziate newyorkesi amiche-da-una-vita vivono una nuova avventura. I loro sogni di fanciulle sembrano ora concretizzarsi nell'età più matura: la giornalista del New York Observer, Carry Bradshaw, sta per sposare il suo grande amore, Mr.Big; la dolce Charlotte York, dopo tante disavventure e tanti uomini sbagliati, riesce a rimanere incinta; l'avvocato Miranda Hobbes vive con soddisfazione la sua neo-condizione di madre e moglie perfetta, mentre l'inguaribile seduttrice Samantha Jones cerca di godersi i vantaggi della vita non più da single. La favola però non può durare in eterno e le quattro non più giovani donne sanno bene che presto dovranno fare i conti con la cruda realtà, dove i sogni si infrangono sui marciapiedi di New York.Critica "Probabilmente King, e i dirigenti dell'HBO, hanno pensato che bisogna inventare qualche cosa di nuovo, far 'evolvere' i personaggi e strapparli dalla ripetitività seriale del medium televisivo. Ma in questo modo hanno finito per snaturare la vera essenza delle quattro amiche e della serie e hanno tolto a Carrie e C. la capacità di offrire una rivincita molto femminile di fronte alle frustrazioni della vita. Forse questo cambiamento starà bene alla sociologia, ma non ha quasi nulla a che fare con il divertimento e la spensieratezza." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 30 maggio 2008)"Si piange e si ride, tra vita e Louis Vuitton, glamour e amour fou, locali in e ristoranti rustici. Sotto il vestito, gente di tutti i tipi. Ecco il vero segreto di serie e film. La moda può passare di moda. L'umanità dei personaggi no. A partire da Carrie, interpretata da una meravigliosa Sarah Jessica Parker. Fragile, saggia e ancora non illusa dalla disillusione." (Francesco Alò, 'Il Messagero', 30 maggio 2008)"Il film, dinamico e brioso, non somiglia a 'Il diavolo veste Prada', ma ai fotoromanzi dei Cinquanta; però, grande vantaggio, non è affatto moralistico." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 30 maggio 2008)"Del Sex, e della City, non resta quasi niente. Qualche battuta pungente, qualche chiappa contratta di maschione impalestrato, moltissime griffe, una carrellata di figure maschili al limite dell'idiozia... Di fatto le quattro scorrette newyorchesi si sono di molto addomesticate e l'impeto femminista - se mai c'è stato - s'è piegato al mainstream televisivo, e ora cinematografico. Scordatevi i ritmi incalzanti della serie tv; il cinema rallenta tutto, e inutilmente." (Dario Zonta, 'L'Unità', 30 maggio 2008)"Ci sono gli oh d'ammirazione per gli abiti da sposa che Carrie indossa per un servizio su Vogue, con citazione obbligatoria delle griffe. Per dirla in lingua, c'è fashion, shopping, penthouse, storage, drink wedding planner, molto love e solo qualche spruzzata di sex californiano, spiato da Samantha e questo è curioso perché il cinema avrebbe potuto consentire qualche trasgressione in più rispetto alla sola scoperta di Dante con tanto di oggetto del desiderio in controluce. Così come the City, New York, sembra servire solo come pretesto per l'affissione pubblicitaria, il Messico per i luoghi comuni della dissenteria e dei mariachi e Los Angeles come luogo dove si sta nella Jacuzzi, ma in riva al mare. Qualcuno ha scritto che il film sembra essere il sogno di ogni ufficio marketing, tanto è funzionale allo sfruttamento dei marchi, quel che si tratta di capire è se tutto questo si trasformerà anche in sogno del pubblico, compreso chi non coglierà mai la differenza tra una borsa Chanel e una Vuitton." (Antonello Catacchio, 'Il Manifesto', 30 maggio 2008)"L'edizione cinema di Michael Patrick King è lunga per differenziarsi dalla tv e certo vorrebbe somigliare al Cukor di 'Donne' e al 'Gruppo' della McCarthy, ma in versione un poco trash grazie a quella che se la fa nelle mutande e al focoso cagnolino che si soddisfa con cuscini pronti a tutto: l'unico soddisfatto nei sensi. Nonostante la molesta sociologia dell'american dream (sogno middle middle class modaiolo, pieno di sponsor) il film è spesso divertente, ben scritto e recitato, insomma professionale anche se sex and city sono lontani." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 6 giugno 2008)
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Titolo Le ali della libertà
Titolo originale Shawshank Redemption, The
Anno 1994
Regista Frank Darabont
Durata 135
Paese USA
Genere drammatico
Trama Dirigente bancario, Andy Dufresne, condannato - malgrado la sua innocenza - all'ergastolo nella prigione di Stato di Shawshank per l'assassinio della moglie e del suo amante, affronta il carcere con coraggio e calma: la speranza e la riflessione lo assistono sempre. Sottoposto subito al rito iniziatico delle violenze sessuali, Dufresne si lega presto di amicizia con il nero Red, ergastolano da trenta anni ed abilissimo nell'arte del sopravvivere in un ambiente più che duro dominato dal carcerato Heywood; si adopera per ricostruire ex novo la polverosa biblioteca gestita dall'anziano Brooks Hatlen (ottenendo infine dal Ministero della Giustizia dollari, libri e dischi) ma soprattutto si fa stimare sfruttando le proprie qualità professionali dal rigido direttore Warden Norton (un invasato della Bibbia) che fa di Andy il proprio consigliere per loschi affari. Andy è fertile di idee, anche se a volte movimenta la dura vita passando anche un mese in isolamento per qualche insolita iniziativa osteggiata dal sadico capo delle guardie, Hadley. Di fatto è diventato il complice del direttore (corrotto sugli appalti), facendogli affluire su un conto bancario intestato ad un nome di pura invenzione il denaro mal guadagnato. Il suicidio per impiccagione del vecchio Brooks, atterrito dalla libertà dopo 50 anni di carcere, sconcerta Andy, che ha da 19 anni il proprio piano: quello di pazientare e sperare sempre, di aiutare i compagni (come nel caso del giovane ladruncolo Tommy Williams), sfruttando cultura e preparazione. Nel frattempo, Norton ha fatto uccidere il giovane Tommy, casualmente al corrente della innocenza di Dufresne (il che avrebbe implicato la revisione del processo e la liberazione di Andy, troppo prezioso per Norton). La vendetta per Andy non ha più sapore: è la libertà ciò che più gli preme. E così, dopo esser riuscito, durante un ventennio, con martelletto da minerali procuratogli da Red a scavare nella parete della cella (coperta da un poster di una diva del cinema) un cunicolo, riesce ad evadere spacciandosi come il titolare del conto bancario creato per Norton (che, denunciato, intanto si è sparato al momento dell'arresto), Andy va a vivere tranquillo e ricco su di una spiaggetta messicana. E' là che, finalmente beneficiando di una riduzione di pena per buona condotta, lo raggiunge Red.Note - CANDIDATO AL PREMIO OSCAR 1994 COME MIGLIOR FILM. Critica "Splendido dramma carcerario che l'acuto esordiente Frank Darabont ha tratto da Stephen King. I bei chiaroscuri psicologici e la suspense esplosiva dell'ultima mezz'ora compensano ampiamente qualche lungaggine. Tra i due esemplari protagonisti che si fanno facilmente amare svetta il grande caratterista James Whitmore. Non prendetevela per il linguaggio: siamo in galera, mica in convento". (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 17 luglio 2000)
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Titolo Shoot 'Em Up - Spara o muori
Titolo originale Shoot 'em Up
Anno 2007
Regista Michael Davis
Durata 90
Paese USA
Genere azione, drammatico, thriller
Trama Il misterioso signor Smith è costretto a far nascere un bambino durante una sparatoria in cui viene uccisa la madre del neonato. L'uomo decide di prendersi cura del piccolo, che sembra essere il vero bersaglio del conflitto a fuoco, ma il suo stile di vita non è adatto per far crescere un bebè, così chiede aiuto alla bella DQ, una prostituta che accetta di dargli una mano. Nel frattempo, perseguitato dal signor Hertz e dalla sua banda di killers, Smith tenta di scoprire perché vogliono uccidere il bambino...Note - LA REVISIONE MINISTERIALE DEL 3 APRILE 2009 HA ELIMINATO IL DIVIETO AI MINORI DI 14.Critica "Il massimo del pulp-trash-splatter, un Tarantino senza altra ambizione se non sparare sempre e comunque, rendendo così assurdo, amorale e casuale da far ridere. (...) C'è ritmo, basta staccare ogni spina, siamo nel trionfo del fumetto vivente e del cartoon. Clive Owen è spiritoso anche mentre gli stortano le dita, peccato solo che nessuno abbia avvertito la Bellucci che non si tratta di un dramma verista." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 11 aprile 2008)"Magari un actioner come 'Shoot'em Up' non è il massimo del cinema possibile; se lo si deve fare, però, meglio farlo così, che si prende in giro ma non prende in giro lo spettatore, offrendogli una corsa in ottovolante supervitaminica e assurda, delirante e grafica, dove le carote diventano armi e l'eroe che massacra gli avversari mentre fa l'amore con la Bellucci. Il coktail di azione e humour funziona; Clive e Monica giocano col rispettivo appeal, senza prendersi troppo sul serio. Il che era l'unica cosa da fare." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 11 aprile 2008)
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Titolo Shrek
Titolo originale Shrek
Anno 2001
Regista Andrew Adamson
Durata 90
Paese USA
Genere animazione
Trama TRAMA BREVELa vita dell'irascibile orco verde Shrek, viene di colpo sconvolta da un gruppo di personaggi cacciati dal regno delle fiabe dal perfido lord Farquaad. Per tornare alla tranquillità nella sua remota palude Shrek si improvvisa eroe e, con l'asino parlante Ciuchino, parte alla ricerca della promessa sposa del lord, la bellissima principessa Fiona tenuta prigioniera in un maniero custodito da un drago. TRAMA LUNGAC'era una volta, in una lontana palude, un irascibile orco di nome Shrek, brutto e verdastro, che viveva tranquillo in solitudine, odiando gli esseri umani. Il suo equilibrio viene distrutto, quando lord Farquaad signore di Du Lac, decide di cacciare dal regno e di confinare proprio in quella palude tutti i personaggi delle fiabe. Sentendosi assalito e non sapendo cosa fare, Shrek decide di andare in città per chiedere la revoca del provvedimento. Accompagnato da Ciuchino, arriva proprio mentre è in corso il torneo che dovrà stabilire colui che sarà incaricato di liberare la principessa Fiona la quale, sposando poi Farquaad, lo renderà Re. Trovatosi a partecipare per caso, Shrek vince il torneo, va con Ciuchino in cerca di Fiona, la libera dal drago e, sulla strada del ritorno, se ne innamora. Anche se sa di non avere possibilità, sta per dichiararsi, quando sente Fiona parlare di bellezza e di mostri. Pensa che la frase sia rivolta a lui (mentre è Fiona preda di un incantesimo che la rende bella di giorno e brutta di notte), si rattrista, consegna la ragazza al re e si ritira dentro casa. Avvertito in tempo da Ciuchino dell'equivoco, si precipita al luogo del matrimonio e riesce ad interromperlo. Farquaad prova a farli arrestare, ma loro hanno la meglio, e un nuovo matrimonio tra Shrek e Fiona si prepara con gioia di tutti.Note - LA LAVORAZIONE DEL FILM E' DURATA TRE ANNI ED HA IMPIEGATO 275 PERSONE. GLI SCENEGGIATORI HANNO TRATTO ISPIRAZIONE PER LE LORO AMBIENTAZIONI DAL CASTELLO DI HESARST E DAL VILLAGGIO DI STRATFORD-UPON-AVON. SI SONO RECATI IN FRANCIA, A DORDOGNA E A QUESTO PAESAGGIO SI SONO RIFATTI PER LA CREAZIONE DI DU LAC.- NELLA VERSIONE ORIGINALE MIKE MYERS, EDDIE MURPHY, CAMERON DIAZ E JOHN LITHGOW PRESTANO LE LORO VOCI AI PROTAGONISTI DI SHREK.- IN CONCORSO A CANNES 2001, SECONDA ECCEZIONE PER UN FILM DI ANIMAZIONE 50 ANNI DOPO 'PETER PAN'.- OSCAR COME MIGLIOR FILM ANIMATO (2002).Critica "Esperti di manipolazione non solo digitale, i nuovi signori del cinema che può fare a meno dei divi, attori e comparse, cercano di convincere che 'Shrek' è anche un film per adulti, certo del tipo meno svelto, a causa dei suoi molti messaggi filosofici tipo: le apparenze ingannano, in ogni brutto può nascondersi un buon cuore, amor omnia vincit. Ma volendo anche, non badare all'ecologia perché lavarsi col fango e mangiare escrementi o topi fa parte della vita: e sta attento quando incontri una bella principessa capricciosa, potrebbe, prima o poi, trasformarsi in una cicciona, cosa che capita talvolta anche nella vita". (Natalia Aspesi, 'la Repubblica', 13 maggio 2001) "Come avviene sempre più spesso nei film con attori virtuali 'Shrek' è rivolto più al pubblico degli adulti che a quello dei piccoli. Piuttosto che di una favola, si tratta di una parodia: e non solo perché ride delle favole altrui, usando partecipazioni straordinarie di Pinocchio, Campanellino & Co. ma anche per i giochi di parole, per le citazioni ('Matrix') e soprattutto per la quantità di allusioni sessuali di cui è infarcito". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 13 maggio 2001)"Lungometraggio della 'Dreamworks' di Spielberg, ispirato al popolare libro per bambini di William Steig. Rinnovata storia d'amore tra la Bestia e la Bella, apre la scatola degli attrezzi delle fiabe lasciando 'a cuore aperto' personaggi classici in cerca d'autore. Ognuno fa la sua parte come da copione ma lascia intendere allo spettatore che ha un desiderio vivo di libertà e differenza". (Silvio Danese, 'Il Giorno', 15 giugno 2001) "Viene il dubbio che tanta perfezione, al di là degli incessanti progressi tecnologici, sia anche un risarcimento simbolico per quanto la vita moderna ci ruba in termini di umanità. Sempre più atoni e spenti nella vita, insomma. Ma sempre più vispi e scintillanti sullo schermo. Dove a forza di copiare le espressioni sorgive dell'infanzia i maghi dell'animazione hanno creato una realtà parallela e più vera del vero". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 15 giugno 2001) "Cartone animato per bambini divertente e carino, prodotto dalla Dreamworks di Spielberg e soci con la Pacifici Data Images, il film capovolge le regole delle favole, prende in giro gli eroi fiabeschi, ha un protagonista sudicione, ha personaggi realistico-tridimensionali". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 15 giugno 2001)
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Titolo Shrek 2
Titolo originale Shrek 2
Anno 2004
Regista Andrew Adamson, Kelly Asbury, Conrad Vernon
Durata 98
Paese USA
Genere animazione, avventura, commedia, family, fantasy, musicale
Trama Al ritorno dalla loro luna di miele, Shrek e Fiona sono invitati a casa dei genitori di lei, re Harold e la regina Lilian del regno di 'Molto Molto Lontano'. Tutti i cittadini si radunano per festeggiare il ritorno della principessa e i sovrani, ignari della vera identità degli sposi, non vedono l'ora di riabbracciare l'amata figlioletta e il 'nuovo' principe. Ma la scoperta della verità manda all'aria i piani che il re aveva fatto sul futuro di sua figlia e del suo regno, quindi, per correre ai ripari chiede l'aiuto della Fatina Buona, del Gatto con gli stivali e del bellissimo Principe Azzurro...Note - PRESENTATO IN CONCORSO AL 57MO FESTIVAL DI CANNES (2004).- NELLA VERSIONE ORIGINALE LE VOCI SONO: MIKE MYERS (SHREK), EDDIE MURPHY (CIUCHINO), CAMERON DIAZ (FIONA), JULIE ANDREWS (REGINA LILIAN), JOHN CLEESE (RE HAROLD), ANTONIO BANDERAS (GATTO CON GLI STIVALI), RUPERT EVERETT (PRINCIPE AZZURRO), LARRY KING (LA BRUTTA SORELLASTRA) E JENNIFER SAUNDERS (FATINA BUONA).- DUE CANDIDATURE AGLI OSCAR 2005: MIGLIOR CANZONE ORIGINALE ('ACCIDENTALLY IN LOVE' DI DAVID BRYSON, ADAM DURITZ, DAVID IMMERGLUCK, MATTHEW MALLEY, DAN VICKREY, CHARLES GILLINGHAM, JIM BOGIOS), MIGLIOR LUNGOMETRAGGIO ANIMATO.Critica "Il solito sequel costruito per sfruttare il successo del primo e più consistente episodio. Magari stava meglio fuori concorso. I personaggi li conosciamo, e quelli nuovi non sono certo all'altezza dell'originale (anche se il gatto con gli stivali doppiato da Banderas è uno spasso); mentre il politicamente scorretto dell'originale è ampiamente annacquato a favore della solita satira di Hollywood e degli hollywooditi. Eppure la platea stampa, in palese debito di risate, lo ha accolto festosamente come si fa con i vecchi amici." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 16 maggio 2004)"È molto spiritoso e divertente il sequel in animazione digitale di 'Shrek', cartone quasi sovversivo, elogio della bruttezza e della diversità della Dreamworks che annuncia, visti gli incassi (878 milioni di dollari a tutt'oggi), altre due puntate, più una valanga di gadget, i videogiochi e l'home video anche in 3D. (?) Il film, in originale doppiato da divi e divine e diretto a sei mani dall'antidisneyano Andrew Adamson, Kelly Asbury e Conrad Vernon, vince soprattutto per il ritmo senza soste, la simpatia dei caratteristi (l'asino impiccione, quasi un ménage a tre), il gusto delle citazioni. E soprattutto l'ironia con cui rilegge non solo le fiabe celebri - fanno parte del cast un adorabile, ispanico ed ipocrita Gatto con gli stivali, Pinocchio, i porcellini, l'omino di marzapane - ma anche lo stile soap, un certo cinema sofisticato dei padri della sposa e l'ottimismo alla Frank Capra. Perché 'Shrek 2' si svolge in un paese lontano lontano che sembra proprio Hollywood e ogni riferimento non è mai casuale. Un'esplosione di furberia, di tecnica e di pazienza (una settimana per girare dai 3 ai 5 secondi di film) in cui l'uso della computer graphic permette miracoli incredibili (i peli del gatto, i 218 muscoli del viso dell' orco e altre maraviglie), aiuta la psicologia e dà vita a uno stile che non diventa ibrido né macabro. Come Gli incredibili anche 'Shrek' si rivolge a più generazioni con più livelli di lettura: ha fatto ballare e cantare anche il pubblico cinefilo di Cannes." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 18 dicembre 2004)"A Cannes eravamo in pochi a trovare il numero 2 meno geniale del primo, vediamo di spiegare perché. Intanto latita la sorpresa. Un seguito è un seguito, d'accordo. Ma con la scusa di andare sul sicuro, anziché sovvertire l'universo delle fiabe qui si prendono per i fondelli Hollywood e dintorni, esercizio un tantino meno originale. Secondo: i personaggi. 'Shrek' reinventava mostri e creature bizzarre; 'Shrek 2' allarga lo spazio riservato ai cosiddetti umani (sempre una perdita, in un film d'animazione) e gioca di parodia. Così, in versione principe azzurro l'orco verde diventa uno pseudo-Clooney; il regno di Lontano Lontano somiglia a Beverly Hills; l'arresto di Shrek apre il Tg. E ovviamente fioccano le citazioni, esilaranti ma sempre citazioni. Detto questo, per carità, il film resta piacevolissimo e divertente, specie quando è in scena il Gatto con gli Stivali (unica vera novità), sicario che sa essere feroce e tenerissimo, proprio come i gatti veri (irresistibile 'La vida loca cantata' con la voce ribalda e l'accento latino di Banderas!). Insomma un ottimo numero 2, niente di più. Che magari, come spesso accade, incasserà più del primo." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 17 dicembre 2004)"Scritto con un copione di Frank Capra, il film tiene più della classica commedia di carattere che del cartone animato, ma è simpatico, accattivante e tonificato da voci famose (Eddie Murphy, Julie Andrews, Antonio Banderas) che lanciano una bella sfida ai doppiatori." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 16 maggio 2004) "Il primo 'Shrek' è piaciuto moltissimo; 'Shrek 2' di Andrew Adamson, Kelly Asbury e Conrad Vernon, seconda avventura, è carino, spiritoso, divertente, ricco di idee, trovate, allusioni, un sequel riuscito persino meglio dell'originale per grazia ed umorismo. Il Reame Lontano Lontano somiglia a Hollywood (palme, negozi di Versace, il nome scritto a grandi caratteri sulla collina) e il ballo a Corte somiglia alla passerella dell'Oscar. Tecniche 3D di altissimo livello. Scelta elevata di voci per il doppiaggio inglese (Eddie Murphy, Antonio Banderas, Cameron Diaz, Rupert Everett, Julie Andrews). Morale della favola? Facile e falsa, nel tempo dell'apparire: l'aspetto non conta nulla, l'importante è la felicità." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 15 dicembre 2004)"È il film vittorioso per le feste di Natale. Il cartoon digitale Dreamworks sull'orco verde e la sua signora che capitano nel regno dei sogni ha conquistato minorenni e maggiorenni. Non solo per i miracoli della tecnica e del computer, non solo per il suo essere politically correct nell' accettare i mostri perché le virtù a volte non si vedono, ma anche per gli ottimi e abbondanti riferimenti al cinema che canta, conta e che piace." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 22 gennaio 2005)
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Titolo Shrek 3
Titolo originale Shrek The Third
Anno 2007
Regista Raman Hui, Chris Miller
Durata 92
Paese USA
Genere animazione
Trama Alla morte di Re Harold, Shrek viene designato come erede della corona ma l'orco non ha nessuna intenzione di mettersi a capo del 'Regno Molto Molto Lontano'. Insieme ai fedelissimi Ciuchino e Gatto con gli stivali, Shrek va alla ricerca del principe ereditario e il più accreditato sembra essere Re Artù, un ragazzo piuttosto problematico che frequenta il liceo medievale. Nel frattempo, Fiona deve cercare di sventare un colpo di stato messo in atto dal Principe Azzurro.Note - VOCI DELLA VERSIONE ORIGINALE: MIKE MYERS (SHREK), EDDIE MURPHY (CIUCHINO), CAMERON DIAZ (PRINCIPESSA FIONA), JOHN CLEESE (RE HAROLD), ANTONIO BANDERAS (IL GATTO CON GLI STIVALI), JUSTIN TIMBERLAKE (RE ARTU'), REGIS PHILBIN (MABEL), JULIE ANDREWS (REGINA LILLIAN), RUPERT EVERETT (PRINCIPE AZZURRO), ERIC IDLE (MERLINO), LARRY KING (DORIS).Critica "Shrek, il personaggio politicamente più scorretto del cinema d'animazione ma anche icona del diverso felice di esserlo, è tornato sul grande schermo con l'atteso terzo episodio senza deludere troppo le aspettative. Il film è abbastanza divertente, sebbene meno originale dei precedenti. Il cambio di regia porta più azione a scapito dello humour, ma nel complesso la miscela funziona, strappando risate a bambini e adulti. Del resto, come nei primi due capitoli della saga dell'orco verde, la visione di Shrek Terzo è a più livelli, con parodie di note favole destinate ai piccini, e citazioni di film comprensibili solo dai grandi. (...) Ai già noti personaggi se ne aggiungono altri che non sfigurano, anche se Ciuchino e Gatto con gli stivali restano i migliori, seppure meno sfruttati (e si sente). Particolarmente esilarante la figura di Mago Merlino, stralunato e un po' "figlio dei fiori". Ambientata in un regno metafora di un mondo cinico e privo di speranza - reso in un'atmosfera comica e fiabesca esaltata da brillanti effetti speciali e da un'azzeccata colonna sonora - la storia si áncora ai valori dell'amore e dell'amicizia, rilanciando il messaggio delle precedenti - essere sempre se stessi, accettandosi con i propri limiti per essere accettati dagli altri e vivere felici - con una aggiunta: mai sfuggire alle proprie responsabilità." (Gaetano Vallini, 'L'Osservatore Romano', 8 settembre 2007)"Riferimenti come sempre ottimi e abbondanti (perfino 'Chorus Line') con una scena di maniera scespiriana, fino all'happy end popolato di tanti shrekini per cui siamo prenotati per i prossimi 20 anni." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 14 settembre 2007)
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Titolo Shrooms - Trip senza ritorno
Titolo originale Shrooms
Anno 2006
Regista Paddy Breathnach
Durata 86
Paese IRLANDA
Genere horror
Trama Irlanda del nord. Un gruppo di studenti americani in vacanza organizza una spedizione per andare alla ricerca dei migliori funghi allucinogeni che, secondo quanto sostenuto da uno di loro, si troverebbero nei boschi irlandesi. La loro ricerca si rivela fruttuosa, ma ben presto, dopo aver ingerito i funghi, una serie di sanguinosi e terrificanti avvenimenti si succedono. Per gli sventati e sventurati ragazzi si tratta ora di capire se l'orrore di cui sono testimoni sia realtà o frutto di allucinazioni.
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Titolo Ombre dal passato
Titolo originale Shutter
Anno 2008
Regista Masayuki Ochiai
Durata 85
Paese USA
Genere horror
Trama Durante un soggiorno in Giappone, due sposini americani, Ben e Jane, restano coinvolti in un incidente d'auto in cui investono una giovane donna. Ben presto, il fantasma della ragazza inizia ad apparire sullo sfondo delle foto scattate dalla coppia e poco dopo anche a manifestarsi in varie forme. Per sfuggire alla persecuzione del fantasma, Jane e Ben decidono di scoprire il suo segreto, ma la loro missione si rivelerà altamente pericolosa.
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Titolo Silent Hill
Titolo originale Silent Hill
Anno 2006
Regista Christophe Gans
Durata 120
Paese USA, FRANCIA, GIAPPONE
Genere horror, thriller
Trama A causa della malattia, apparentemente incurabile, che affligge sua figlia Sharon, Rose Da Silva decide di portare la bambina a Silent Hill, una sperduta cittadina che la piccola evoca durante il sonno. Nonostante il dissenso del marito Christopher, madre e figlia si mettono in viaggio e giunte nei pressi della città si imbattono in una figura misteriosa. Per evitare uno scontro, l'auto sbanda e la donna sviene. Al suo risveglio la figlia è scomparsa e così Rose, con l'aiuto di Cybil Bennett, una risoluta poliziotta, inizia ad esplorare la città nel tentativo di ritrovarla. Nel corso delle ricerche, Rose viene a scoprire gli inquietanti avvenimenti che hanno trasformato Silent Hill in una città maledetta cui sua figlia Sharon sembra misteriosamente legata...Critica "'Silent Hill' è un ennesimo prodotto costruito sulla contaminazione dell'horror con il fantasy e Christopher Gans ('Crying Freeman', 'Il patto dei lupi') si spinge oltre, legittimato dall'omonimo famoso videogioco di sopravvivenza al quale ha attinto. Girato in un villaggio abbandonato di una zona desertica del Canada, il film trasforma con efficaci effetti la ricerca della giovane madre in una terrificante avventura spazio-temporale con una dimensione dove la morte torna dal passato per sconvolgere il presente. Il cinema in questo caso non si limita a ricreare le atmosfere malate del videogame, ma prolunga un'esperienza sensoriale già tra le più spaventose e amplifica la percezione della paura, già molto cinematografica, dei frequentatori delle playstation." (Alberto Castellano, 'Il Mattino', 8 luglio 2006)"Inconscio al potere, svendita degli incubi di Matrigna Natura con abissi, vento, scarafaggi, nevischio teatral-strehleriano e due coppie che si cercano per sempre. Adorazione del Male nella città fantasmatica e marcia con il continuo urlo della madre e il diavolo in attesa nella room 151. Strattoni di subconscio tanto al kg, ma con momenti contagiosi e visionari in un film nato per i teen agers, ma non fatto sulla loro velocità. L'autore Gans, con Avary, sceneggiatore di Tarantino, allestisce uno show fastosamente macabro che, pur non scavando in profondità, ha un'inquietante tenuta visiva." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 7 luglio 2006)LE RECENSIONI InviaStampaIl film tratto dal gioco della giapponese Konami"Silent hill", il videogameche fa bene al cinema"Resi diffidenti dall'esperienza, quando sentiamo che un film deriva da un videogame mettiamo mano alla pistola. Ecco perché Silent hill, cinegame ispirato a una serie della giapponese Konami ormai arrivata alla quarta versione, è una piacevole sorpresa. Lo percepisci fino dai primi minuti, mentre l'obiettivo del francese Christophe Gans esplora le vie deserte della città fantasma del titolo, dove Rose (Radha Mitchell, la "doppia Melinda" di Woody Allen) si aggira alla ricerca della figlia adottiva Sharon. Cineasta ultrapop coadiuvato alla sceneggiatura da Roger Avary, l'antico complice di Tarantino, Gans non cade nella trappola degli altri film mutuati dalla console, cioè scambiare lo spettatore con il giocatore. Mette invece in scena un horror di sopravvivenza raccontato come si deve e impostato, più che sugli spari o gli avversari abbattuti, sulle atmosfere." (Roberto Nepoti, "la Repubblica", 14 luglio 2006)
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Titolo I Simpson - Il Film
Titolo originale Simpsons Movie, The
Anno 2007
Regista David Silverman
Durata 87
Paese USA
Genere animazione
Trama Durante una vacanza con la famiglia sul fiume vicino alla città di Springfield, Homer Simpson causa un terribile disastro ecologico. Per il suo incauto gesto, lui e la sua famiglia rischieranno un'esemplare punizione...Note - VOCI DELLA VERSIONE ORIGINALE: DAN CASTELLANETA (HOMER SIMPSON), JULIE KAVNER (MARGE SIMPSON), NANCY CARTWRIGHT (BART SIMPSON), YEARDLEY SMITH (LISA SIMPSON).- CANDIDATO AL GOLDEN GLOBE 2008 COME MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE.- CANDIDATO AL NASTRO D'ARGENTO 2008 COME MIGLIOR FILM EXTRAEUROPEO.Critica "Sottrarre alla serialità e racchiudere nell''unicità del film la vita di Homer, Marge, Bart, Lisa e Maggie Simpson poteva essere deludente. Era forse il rischio di 'nobilitare' e rammollire il mordi e fuggi degli episodi, dovendo amplificare in un'unica storia lunga miserie (infinite) e grandezze (poche), innumerevoli bassezze e rare moralità dell'antieroico capofamiglia. Invece ci si diverte parecchio e il succo viene preservato. L'uomo-massa Homer, sua moglie Marge che tiene dritta la barra dei valori irrinunciabili, il primogenito Bart cresciuto alla scuola delle furbizie paterne da quattro soldi. la sorella Lisa intellettualmente superdotata e politicamente corretta, e la saggia Maggie muta dietro l'eterno ciuccio, si confermano la più geniale invenzione cartoonisticadell'ultimo ventennio, e come la più diretta eredità, per pari forza inventiva e capacità di rappresentare la contemporaneità americana, dei Peanuts." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 14 settembre 2007)"Come nelle serie destinate alla televisione, la descrizione dei caratteri, il piacere della gag, la voglia di dissacrare, il gusto della citazione e dello sberleffo vincono sulle leggi della narrazione. In questo modo la storia vera e propria rischia di sembrare, almeno a un non-fan della serie, un po' sfrangiata e pretestuosa, mentre il ritmo super-incalzante delle trovate trasforma il film in una specie di interminabile fuoco d'artificio. Secondo una logica che ribalta la tradizionale unitarietà dell'opera per far diventare la frammentazione narrativa una frammentazione estetica, dove il piacere dello spettatore non sta più nel collegare e incastrare i vari elementi del film per trovare un senso unificante ma piuttosto nel cercare ognuno il proprio personalissimo oggetto. C'è la polemica ecologista: il concerto iniziale dei Green Day, le frecciate alla politica del governo, l'ironia su Al Gore e il suo 'Una scomoda verità' ... C'e il piacere di ritrovare i personaggi resi popolari dalla serie: il nonno Abraham, il proprietario della centrale nucleare Montgomery Burns, il religiosissimo vicino di casa Ned Flanders ... C'è la tradizione di ospitare una star all'interno di ogni storia. E alla fine c'è anche la scommessa di fare un film pensato soprattutto per il cinema (il formato panoramico, le battute di Homer sui film troppo appiattiti sui contenuti televisivi la gag sull'intervallo) sfidando le possibili reazioni del pubblico quando il film circolerà in dvd. Ma c'è soprattutto il divertimento un po' autocelebrativo di chi ha creato una serie di successo (sono undici gli sceneggiatori degli episodi tv coinvolti nel film, accanto al regista David Silverman) per vedersi consacrati su uno schermo talmente gigante." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 14 settembre 2007)"Meno divertente degli episodi tv, meno cinico e sarcastico, il film carino dalla animazione perfetta è da vedere senz'altro. Nelle storie dei Simpson non c'è mai lieto fine ma neppure disperazione: Homer viene sempre maltrattato e neppure se ne accorge; sua moglie Marge è gravata da una pettinatura blu alta quanto lei; la satira paradossale colpisce con la stessa crudeltà i ricchi e i poveri, i potenti e gli impotenti, tutti pareggiando nel disprezzo." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 14 settembre 2007)"Adesso possiamo dirlo: avevamo una gran paura. Paura che dopo 18 anni e 396 puntate tv il film dei 'Simpson' risultasse fiacco o già visto. Timore giustificato forse, ma fortunatamente infondato. Al debutto su grande schermo la famiglia più schifosa d'America - più schifosa e più vera, ergo amabile con tutti i suoi difetti, anzi amabile proprio perché è un concentrato di limiti e bassezze - fa scintille. Come e più che in tv. Non c'è un'idea che sappia di vecchio. Non c'è una scena che non sia trasportata dalle immagini, e non dai dialoghi (è grande cinema comico, non tv fatta in serie). Non c'è situazione, gag o semplice battuta che non sia una miniera di sottotesti. Non sappiamo cosa pensino gli psicoterapeuti Usa di questa famiglia così 'disfunzionale' e insieme così unita (a suo modo, ovvio). Certo è che le nevrosi, le fissazioni, le incorreggibili inciviltà dei Simpson sono una gigantesca cartina di tornasole. Anzi uno specchio in cui ognuno ritrova qualcosa di sé o dei propri cari." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 14 settembre 2007)
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Titolo Sin City
Titolo originale Sin City
Anno 2005
Regista Frank Miller Robert Rodriguez
Durata 126
Paese USA
Genere azione, fantasy, poliziesco, thriller
Trama Sullo sfondo della violenta e oscura Sin City si intrecciano diverse storie: Marv, un killer indistruttibile, è pronto a tutto pur di vendicare la morte di Goldie, l'unica donna che nella sua vita è riuscita a fargli provare un po' d'amore e che è stata uccisa mentre dormiva accanto a lui; John Hartigan, un poliziotto in procinto di andare in pensione accusato di un omicidio che non ha commesso e che ha promesso di proteggere la giovane Nancy dalle grinfie di un criminale pedofilo; Dwight, un ex-fotografo alle prese con Jackie Boy, un poliziotto violento che minaccia Shellei, la cameriera di cui Dwight è innamorato, la bella prostituta Gail e le altre ragazze della Città Vecchia...Note - PRESENTATO IN CONCORSO AL 58MO FESTIVAL DI CANNES (2005)- CONTRIBUTO STRAORDINARIO ALLA REGIA: QUENTIN TARANTINO HA DIRETTO UNA SEQUENZA TRATTA DA "L'UCCISIONE DEL GRASSONE".Critica "Diciamolo subito perché sia chiaro: il fumetto 'Sin City' pardon, la graphic novel del riverito maestro Frank Miller è molto divertente, un capolavoro di grafica e di ironia che vira in chiave pulp mezzo secolo di letteratura hard boiled . Il film 'Sin City' è di una noia lancinante, un concentrato di cattivo gusto e di prosopopea appena rischiarato da qualche guizzo di humour macabro. Eppure il film, tecnicamente prodigioso peraltro, oltre che dal regista Robert Rodriguez è firmato anche da Frank Miller. Di più: non c'è scena, immagine, parola, che non riproduca fedelmente la pagina di Miller, i contrasti cromatici esasperati, i colori vividi e rari dipinti come a mano (labbra scarlatte, abiti vermigli, occhi azzurro cielo, e tutt'intorno la giungla in bianco e nero della metropoli). Ma il problema è proprio questo: ciò che sulla pagina è geniale, sullo schermo è stucchevole o addirittura insopportabile, per ragioni elementari. Il più aggressivo dei fumetti è fatto anche di vuoti, di pause, di cesure, di silenzi. Il cinema invece, specie quello di Rodriguez, da Desperado in poi, accellera, esaspera, riempie tutto di rumore, movimento, parole. Il fumetto si legge, si sfoglia, si contempla. Il film ci salta addosso e non ci molla più." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 21 maggio 2005)"A parte il declinante Bruce Willis, Rodridguez ha evitato i divi, limitandosi agli ex, come Mickey Rourke, e ai quasi divi come Benicio Del Toro e Elijah Wood. Gente nota più che famosa, ma anche chi li conosce stenterà a riconoscerli. Willis e del Del Toro a parte, gli altri sono irriconoscibili: sono fattezze e voci nell'originale; pure fattezze dove il film esce doppiato, come da noi. Restate a casa." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 3 giugno 2005)"Un pulp a dir poco truculento. Alla base una serie di fumetti creati nel 1991 da Frank Miller e ambientati tutti nella 'Sin City' del titolo, e cioè nella 'città del peccato'. Altro che peccato, però! Un orrore difficilmente sostenibile che, passando dalle pagine disegnate con dialoghi affidati ai soliti fumetti, non appena finisce sullo schermo, realistico, palpabile, mette subito a dura prova stomaco e nervi. (...) La regia è di Robert Rodriguez, però affiancato dallo stesso Miller e a un certo momento, anche da Quentin Tarantino. L'impero del Pulp. Che colpisce ancora!" (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 3 giugno 2005)"Ripetitivo, lunghissimo (2 ore e 3 minuti), il film è forse il massimo tentativo di promuovere il fumetto dopo i tanti esperimenti del genere. Né cartone animato, né live-cartoon, né digitale puro, 'Sin City' è una forma impropria, una poltiglia di carta, pixel e analogico. Un orrore." (Mariuccia Ciotta, 'Il Manifesto', 3 giugno 2005)"Che divertimento. Non tanto (non solo) per il film, ma per l'aspra guerriglia tra gli opposti schieramenti: a Cannes è andata così, adesso tocca al pubblico pagante. Geniale fumetto noir ritagliato sulle avventure grafiche di Frank Miller con la massima fedeltà ovvero noioso e fragoroso show di cinica macelleria? Anche senza aderire al partito di Ponzio Pilato, sarebbe il caso di rispondere sì ad entrambi i quesiti: 'Sin City', dal 1991 serie-culto di fumetti, è diventato infatti un film firmato dallo stesso Miller in coppia con Robert Rodriguez che riprende ogni possibile archetipo del genere e lo stilizza in una miscela putrida e provocatoria, horror e ultraviolenta, ma soprattutto imparagonabile e forse addirittura ingiudicabile (con i consueti parametri del buon gusto medio). (?) Ma all'inesausto tourbillon di criminali e marginali, cannibali e stupratori tocca un valore di puro pretesto nel dedalo estremo, cupo e grottesco della megalopoli che tenta di sopravvivere in una notte perenne e alterna tocchi di colore surreale (sangue giallo, luna blu) secondo le tecniche mentali ereditate da inchiostro e fumetto. Pienamente legittime, quindi, le ripulse di chi si ritrovi a fare un monotono conto delle botte da orbi, dei corpi fatti a pezzi, dei testicoli strappati e dati ai cani che si susseguono nelle "strisce" riprodotte in digitale sullo schermo. Ma ancora più legittimi gli applausi di quanti - fans dell'originale in testa - non aspettandosi cuore, sentimento o positività d'eroi, si lascino trasportare dalle atmosfere visionarie e dalla feroce ironia alla Tarantino di un iperbolico esperimento filmico che non viene per unire, ma per dividere la gente." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 4 giugno 2005)
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Titolo Sky High - Scuola di superpoteri
Titolo originale Sky High
Anno 2005
Regista Mike Mitchell
Durata 99
Paese USA
Genere avventura, azione, commedia, fantasy
Trama Sky High non è una scuola come tutte le altre. Situata in mezzo alle nuvole, ospita allievi che impiegano il tempo esercitandosi all'uso dei loro superpoteri, divisi in classi di 'eroi' e 'assistenti'. Tuttavia, nonostante le caratteristiche speciali, i ragazzi devono affrontare i normali problemi dei loro coetanei terrestri: conflitti con i genitori, beghe con i compagni e problemi di cuore. Quest'anno a Sky High sono riuniti alcuni dei più dotati giovani aspiranti supereroi tra cui Will Stronghold, figlio di Commander e Jetstream, i leggendari difensori del bene. Ovviamente tutti gli occhi sono puntati su Will, che purtroppo disattende le aspettative dei genitori non avendo poteri propri e finendo così nella classe degli 'assistenti'. A complicare la vita della giovane matricola si aggiungono un allenatore di educazione fisica troppo severo, un bulletto superveloce e un ribelle invidioso, ma tutto il coraggio e la forza di Will si manifesteranno all'improvviso per difendere la sua famiglia, gli amici e la scuola da un malvagio nemico...
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Titolo La Bella addormentata nel bosco
Titolo originale Sleeping Beauty
Anno 1959
Regista Clyde Geronimi
Durata 75
Paese USA
Genere animazione
Trama In una terra lontana vivevano tanti anni fa Re Stefano e la sua bella Regina. Per molti anni avevano desiderato una figlia: quando finalmente nacque le imposero il nome di Aurora. Al battesimo fu invitato tutto il popolo ed inoltre il buon Re Uberto, suo figlio Filippo, e le tre Fate del bene: Flora, Fauna e Serenella. Mentre una delle tre fatine sta per annunciare il suo dono, appare Malefica, la Fata del male, che, indignata per non essere stata invitata, scaglia una maledizione contro Aurora: prima di compiere il sedicesimo anno di età, la fanciulla si pungerà la mano toccando un arcolaio e morrà. Interviene Serenella, la quale attenua il maleficio, sostituendo alla morte un sonno profondo, dal quale Aurora si sveglierà al primo bacio d'amore. Le tre buone Fate vigilano con affettuosa solerzia per evitare che la fanciulla sia vittima del fatale accidente, che le è stato predetto, ma tutte le loro cure risultano vane: prima di compiere il sedicesimo anno, Aurora, spinta da Malefica, tocca un arcolaio e s'addormenta. Ma il Principe Filippo, che è divenuto un baldo giovanotto, essendo innamorato di Aurora, la bacia ed ella si sveglia dal lungo sonno. Potranno cosi' sposarsi e vivranno felici per molti anni. Lo spettacolo comprende inoltre la proiezione del documentario "Grand Canyon", (m. 827), che si puo' considerare una pittoresca interpretazione della famosa suite musicale di Ferde Grofè, e presenta vedute della celebre gola montana del Colorado, riprese nelle varie ore del giorno e nelle diverse stagioni.Note SUP. PROD.: KEN PETERSONSUPER. REGIA: CLYDE GERONIMIREGIA SEQUENZE: ERIC LARSON, WOLFGANG REITHERMAN, LES CLARKANIMAZIONE: WILT KAHL, FRANKLIN THOMAS, MARC DAVIS, O. JOHNNSTON JR., J.LOUNSBERY
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Titolo Il mistero di Sleepy Hollow
Titolo originale Sleepy Hollow
Anno 1999
Regista Tim Burton
Durata 105
Paese USA
Genere horror
Trama New York, 1799. Il tribunale spedisce Ichabod Crane, giovane poliziotto, nel nebbioso paesino di Sleepy Hollow con il compito di indagare su una serie di efferati omicidi che ne stanno sconvolgendo la vita quotidiana. Le teste dei più facoltosi abitanti rotolano una dopo l'altra nella terra umida del bosco limitrofo. Alcune testimonianze affermano che a tagliarle è un misterioso cavaliere senza testa armato di una spada affilata. Crane dice di non credere a queste leggende e comincia ad interrogare alcuni notabili del villaggio, ma ben presto gli omicidi riprendono: prima un padre poi il figlio e una vedova. Cedendo alle insistenze, Crane va nel bosco a vedere l'albero dove si dice che vengano deposti i morti senza testa. Rimane ferito, vede arrivare e subito scomparire nella nebbia il cavaliere imprendibile, si convince che qualcosa di più profondo unisce le disavventure che capitano alle persone più in vista: il dottore, il reverendo, il notaio, il magistrato. Aiutato da Katrina Van Tassel, la figlia dell'uomo più ricco di Sleepy Hollow, di cui si è innamorato, Crane riesce, tra mille difficoltà, a dipanare l'intricatissima matassa: la matrigna di Katrina era una strega, che per vendicarsi dei soprusi ricevuti aveva ridotto il cavaliere in proprio potere, governandone la volontà. Crane recupera la testa, la restituisce al cavaliere, che torna in vita e si porta via la matrigna. Crane e Katrina arrivano a New York come marito e moglie.Note - PREMIO OSCAR 2000 PER LA MIGLIORE SCENOGRAFIA. ALTRE NOMINATIONS: FOTOGRAFIA E COSTUMI.- PRODUTTORI ESECUTIVI: LARRY FRANCO E FRANCIS FORD COPPOLA.Critica "Tanto spessore, tanta ricchezza, possono provocare la sensazione di qualcosa di troppo lambiccato e stucchevole, il sospetto di un eccesso di autoindulgenza e di autocompiacimento: più che un film di Tim Burton, 'Il mistero di Sleepy Hollow', sembra a volte un film alla maniera di Tim Burton, quasi un'autoimitazione o una parodia". (Lietta Tornabuoni, 'L'Espresso')
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Titolo Sleuth - Gli insospettabili
Titolo originale Sleuth
Anno 2007
Regista Kenneth Branagh
Durata 86
Paese USA, GRAN BRETAGNA
Genere thriller
Trama Lo scrittore Andrew Wyke e l'attore Milo Tindle sono innamorati della stessa donna e ognuno dei due è pronto a commettere le peggiori nefandezze pur di avere la meglio sul rivale.Note - PRESENTATO IN CONCORSO ALLA 64. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA (2007).- REMAKE DEL FILM "GLI INSOSPETTABILI" (1972) DIRETTO DA JOSEPH L. MANKIEWICZ CON MICHAEL CAINE NEL RUOLO DI MILO TINDLE E LAURENCE OLIVIER IN QUELLO DI ANDREW WYKE.Critica "Il remake firmato da Kenneth Branagh conserva anche in italiano il titolo originale, 'Sleuth' (che è un termine popolare inglese per investigatore), e attribuisce a Michael Caine il ruolo che fu di Olivier, affidando a Jude Law il ruolo del plebeo Milo. Niente da dire: i due attori sono bravissimi e non fanno rimpiangere gli originali. Dove invece il meccanismo si inceppa è nella nuova riduzione firmata Harold Pinter, che dilata il finale rendendo troppo esplicita la sotterranea tensione omoerotica che si instaura tra i due. Oltre a sottolineare lo sprezzante maschilismo di entrambi nei confronti della donna contesa. Così, asciugato (il film dura solo 86' ) e come raffreddato (anche per via di una scenografia ultra moderna, di cui sfugge la necessità), il film finisce per perdere il fascino insinuante dell'originale e fa rimpiangere il sottile scontro di intelligenze alla base della riduzione di Mankiewicz." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 31 agosto 2007)"Branagh lavora di sottrazione, anche perché il testo del giallo da camera firmato da Anthony Shaffer risulta reinventato dalla penna acuminata di Harold Pinter. Il remake appare subito differente, del resto, per la costruzione drammaturgica che, dall'originale gioco un po' snob, si è trasformata nel corpo a corpo tra due presenze diaboliche: un formidabile Jude Law nel ruolo che era stato di Caine e quest'ultimo, istrionico e sornione al punto giusto, in quello tramandato da Sir Laurence Olivier. La vecchia magione campestre viene non a caso sostituita da un avveniristico e claustrofobico labirinto di tecnologia, vetro e cemento, dove il gioco a rimpiattino fra il maturo scrittore e lo spiantato gigolò che gli ha rubato la moglie può assumere aggiornate tonalità brutali e nichiliste." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 31 agosto 2007)"Senza svelare il finale, diremo che la sublime prova dei due attori capaci di specchiarsi l'uno nelle paure dell'altro, e la scrittura coesa e sempre ironica di Pinter fanno di 'Sleuth' una commedia nera unica nel suo genere."(Oscar Jarussi, 'La Gazzetta del Mezzogiorno', 31 agosto 2007)"In questo thriller serratissimo (novanta minuti che volano in un soffio) la parola, con i suoi dialoghi fulminanti, è protagonista. Ma è la regia non convenzionale di Branagh, insieme con la scenografia ipermoderna, a conferire spessore cinematografico all'operazione." (Gloria Satta, 'Il Messaggero', 31 agosto 2007)"Qualità che al Lido scarseggiano in modo vergognoso, in un'apoteosi autocelebrativa che farebbe arrossire anche un pavone. E' il caso del sopravvalutatissimo, ma inconsapevole, Kenneth Branagh, che dopo i vari deliri mozartiani arriva alla Mostra di Venezia con quello che i più fini di palato hanno ribattezzato 'un gioiellino', ovvero 'Sleuth', cosiddetto remake del lontano 'Gli insospettabili' di Joseph Mankiewicz, adattamenti entrambi della piéce di Anthony Shaffer e una sceneggiatura, per Branagh, firmata nientedimeno che dal premio Nobel Harold Pinter. Ce n'è a sufficienza per aspettarsi un piccolo capolavoro. E invece Branagh, come ormai da tempo, non fa altro che un attento esercizio di stile, un esamino per regista di classe con al centro il lavoro di due attori come Michael Caine e Jude Law che si sfidano per amore della comune pulzella in una casa ipertecnologica piena di telecamere e circuiti di sicurezza (ancora?!). Un giochetto a tre (Branagh, Caine, Law) che in conferenza stampa si ricoprono di complimenti vicendevolmente come tre damerini. Un compitino, nemmeno nuovo né ben riuscito. E ad applaudirli non facciamo altro che la figura dei polli che hanno abboccato di fronte ai nomi altisonanti." (Roberta Ronconi, 'Liberazione', 31 agosto 2007)"Tutto sembra risolversi, all'inizio, in una partita di squisite eleganze. I dialoghi, spiritosissimi sono di Harold Pinter e i due bravissimi interpreti, Jude Law e il veterano Michael Caine, li recitano con tale naturalezza da meritarsi la Coppa Volpi destinata ai migliori interpreti del festival. Il ritmo è intenso, efficace, ricco di sorprese che conducono a un certo punto a uno scambio."(Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 31 agosto 2007)"La struttura narrativa, tutta a incastri e prodiga, ad ogni svolta, di capovolgimenti e di sorprese. La regia che, lavorando spesso sui primi piani, costruisce, in un ambiente unico, una dinamica quasi travolgente, con ritmi, però, non di rado solo interiori. Le scenografie che, quasi avveniristiche con immagini di puro fascino evocano, degli interni e tra la fantasia e il surreale. E finalmente una recitazione che, scandendo alla perfezione finissimi dialoghi inglese inclini ad un umorismo prossimo al sarcasmo, permette, soprattutto a Caine ma anche a Law di giganteggiare sullo schermo. Alternando gli strappi, le sfumature, gli sberleffi. Inarrivabili." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 31 agosto 2007)Dalle note di regia: "E' stato Jude Law a contattarmi chiedendomi se volevo dirigere un film a cui stava lavorando, una sceneggiatura di Harold Pinter, con protagonisti Michael Caine e se stesso. Penso di aver accettato ancor prima che avesse terminato la domanda."
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Titolo Millionaire, The
Titolo originale Slumdog Millionaire
Anno 2008
Regista Danny Boyle
Durata 120
Paese GRAN BRETAGNA, USA
Genere commedia, drammatico, romantico
Trama India. Jamal Malik è nato nella parte più povera della città di Mumbai e dopo la morte della madre è cresciuto vivendo di espedienti insieme al fratello Salim e alla compagna di sventure Latika, anche lei orfana. Il corso degli eventi porterà Jamal, Selim e Latika a dolorosi allontanamenti e fortuita riavvicinamenti finché Jamal, deciderà di partecipare all'edizione Hindi del gioco televisivo a premi "Chi vuol esser milionario" per riscattare la sua esistenza e quella di Latika.Note - GOLDEN GLOBE 2009 PER: MIGLIOR FILM DRAMMATICO, REGIA, SCENEGGIATURA E COLONNA SONORA.- VINCITORE DELL'OSCAR 2009 PER: MIGLIOR FILM, REGIA, SCENEGGIATURA NON ORIGINALE, FOTOGRAFIA, MONTAGGIO, COLONNA SONORA, CANZONE ORIGINALE, MONTAGGIO E SUONO. ERA CANDIDATO ANCHE PER IL MIGLIOR MISSAGGIO SONORO.- DAVID DI DONATELLO 2009 COME MIGLIOR FILM DELL'UNIONE EUROPEA.- NASTRO D'ARGENTO 2009 COME MIGLIOR FILM EUROPEO.Critica "Ben ritmato e appassionante, 'The Millionaire' è anche un film astuto, smaliziato per come usa ingredienti di sicura presa, ma niente affatto banale. A noi occidentali restituisce un'immagine del 'miracolo' indiano più articolata e convincente delle versioni correnti nei media: una dimensione dove improvvise fortune abitano con la più tetra povertà e l'euforia del mercato senza regole va producendo danni irreversibili. Quanto all'accogliente metafora di 'Chi vuol essere milionario?' conosciamo da tempo il fenomeno dell'identificazione di tante persone nei quiz che dispensano denaro, rito di speranza e di riscatto per chi dalla vita ha ricevuto molto poco. Non l'abbiamo mai percepita con tanta evidenza, però, come qui, dove i telespettatori adoranti sono i veri dannati della Terra, prigionieri di un'esistenza di miseria e di disperazione." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 5 dicembre 2008)"Il film è una fluviale trasposizione indù dei feuilleton alla Dickens, ma è molto 'indiano' nello stile e nella quantità narrativa che Boyle fa tracimare sullo schermo. Inizia con una corsa alla 'Trainspotting' e finisce con un balletto ferroviario che fa molto Bollywood. Attori strepitosi, e famosissimi in India ad eccezione del protagonista Dev Patel, che viene dalla serie tv inglese 'Skins'". (Alberto Crespi, 'L'Unità', 5 dicembre 2008)"Bambino e povertà? Certo è un cinebinomio famigerato. Quando la strumentalizzazione dell'infanzia, dalle devastanti potenzialità emotive, diventa il fine e non un mezzo per raccontare una storia. Per fortuna Boyle affida la parte meno sorprendente del film alle avventure dei disperati 'senza famiglia'. Dopo si affida alla 'scala diatonica' ascendente occidentale per tenere in struttura il dramma. Certo, la musica indiana è più libera. Ma siamo nella globalizzazione, bellezza". (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 5 dicembre 2008)"Dall'infanzia, libera se non spensierata, nei vicoli di Bombay alla morte della madre, uccisa in un'incursione di fanatici islamici. Dai giochi nelle discariche al reclutamento forzato in un'organizzazione che manda i ragazzini a cantare ed elemosinare (storpiando e accecando i meno intonati). Dalla fuga avventurosa sui treni che attraversano il paese, all'adolescenza paracriminale (il fratello, un duro, fa carriera). Tutto inseguendo la piccola Latjqa, salvata e perduta da bambina, e ritrovata adulta amante del boss. Con un gusto del mitico e del favoloso che rende davvero irresistibile questo concentrato di mille vite, virandolo in chiave quasi di commedia. E genera diverse scene indimenticabili: su tutte l'impossibile incontro del piccolo Jamal, appena caduto in un pozzo nero, col divo più famoso di Bollywood, il leggendario Amithab Bachchan (l'oro e la merda' altri simboli universali). L'India è il nostro passato, si dice di solito. Chissà che non sia anche il nostro futuro." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 5 dicembre 2008) "Danny Boyle, il regista di Manchester di 'Trainspotting' e 'Sunshine' fa una mossa d'autore fantascientifica e gira il suo primo film in India, a cavalcioni tra l'estrema povertà e l'esibita ricchezza, e fa centro per la genialità della struttura. 'The millionaire' è un film originale, bifronte, speculare, in cui un ragazzo, umiliato e offeso dalla vita nei peggiori bassifondi di Mumbay, rischia di vincere milioni di rupie a 'Chi vuol esser milionario', quiz tv. (...). A tutto questo ora si aggiunge, per destino la concomitanza della tragedia terrorista a Mumbay e proprio dalla stazione VictoriaTerminus, dove è partito l'attentato, è ambientato il balletto in stile Bollywood per dire che la vita è tutto un quiz ma merita fiducia Happy end a suo modo finto, virgolettato che chiude a cerchio una storia che Boyle racconta prima con la rabbia e l'impeto neorealista di chi scopre l'inferno a portata di mano e sguardo, gli slum Dharavi e Juhu, poi s'accomoda negli studi dove la vita è ovattata, virtuale: il denaro corruttore a portata di sogno. Infine si butta, dal trampolino sociale, su Frank Capra dopo aver mostrato un'infanzia da Oliver Twist. I significati stanno dentro gli stili, tutto diventa attuale pure per noi e il cast è di naturale sintonia anche se l'ottimo protagonista Dev Patel è l'unico immigrato preso dal serial 'Skins' mentre gli altri vengono dalla strada, dai set indiani." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 5 dicembre 2008)"Il film di Danny Boyle, tanto apprezzato in Usa da farlo considerare in gara per l'Oscar, è davvero notevole nel ripercorrere le tappe di un'infanzia peggio che dickensiania, immergendo i piccoli, stupendi attori presi dalla vita dentro il caos di un mondo di orrori e miserie. Ma poco convincente appare la cornice dello show in tv: nel romanzo originario di Vikas Swarup, 'Le dodici domande', l'inghippo avviene con più credibilità fra veri lestofanti in una sgangherata imitazione del quiz famoso. Qui le scene di sequestro e tortura fanno pensare o che è tutto fasullo; o che l'India è molto diversa da come la immaginiamo." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 5 dicembre 2008)"Meccanismo convenzionale, riscattato dall'untuoso conduttore del gioco, magistralmente interpretato da Anil Kapoor: salito anche lui dal fango delle baracche alle luci della tv, non vuol spartire la gloria con nessuno, anche se la clamorosa vincita del giovane diseredato gioverebbe anche a lui, con tutta l'India incollata al piccolo schermo... Ma così è la vita, ovunque." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 5 dicembre 2008)
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Titolo Space Chimps - Missione spaziale
Titolo originale Space Chimps
Anno 2008
Regista Kirk De Micco
Durata 81
Paese USA
Genere animazione, fantascienza
Trama Nonostante sia il nipote del primo scimpanzé andato nello spazio, Ham III è pigro e per sopravvivere fa la scimmia cannone in un circo di scarsa fama. Ma la sua vita cambierà quando l' Agenzia Spaziale lo sceglie per recuperare una sonda, che vale 5 miliardi, risucchiata da un buco nero. Il suo modo di fare ironico e sopra le righe non piace né al comandante Titan né all'equipaggio dalle rigide abitudini ma ... loro hanno bisogno di lui.Note - TRA LE VOCI DELLA VERSIONE ORIGINALE: JEFF DANIELS (ZARTOG) E STANLEY TUCCI (SENATORE).Critica "Ormai un classico d'animazione moderna: da '2001' a 'Uomini veri' passando per 'Guerre Stellari' e 'The Black Hole'. Tutti scimmiottati con gusto." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 6 febbraio 2009)"Se i grandi sbadigliano, i piccoli non ridono mai. O viceversa." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 6 febbraio 2009)
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Titolo Speed Racer
Titolo originale Speed Racer
Anno 2008
Regista Larry Wachowski Andy Wachowski
Durata 135
Paese USA
Genere azione, sportivo
Trama In una società futuristica dominata da imprenditori senza scrupoli, il giovane pilota Speed Racer, con la sua favolosa macchina da corsa Mach 5, si batte per salvare la piccola azienda della sua famiglia.Critica "Resta da scoprire solo se questo prodotto si possa ancora chiamare cinema o non sia necessario trovare un'altra espressione per non confonderlo con certi vecchi prodotti in pellicola dove le storie si sforzavano ancora di appassionare, e gli attori di recitare. Ma soprattutto varrebbe la pena di interrogarsi sul rapporto che questo tipo di immagini dovrebbero avere con lo spettatore in sala: se chiedono l'immedesimazione? Se invece cercano solo l'ammirazione? O piuttosto lo stordimento sensoriale in nome dell'annullamento della propria coscienza critica... La sensazione è che la ricerca a tutti i costi di immagini sorprendenti e inedite rischi di cancellare il legame (necessario) che dovrebbe esistere tra chi guarda e quello che si vede sullo schermo. E che la credibilità sia diventata un optional, lungo un percorso che si sta avvitando su se stesso. Ma se Joel Silver, che non è certo uno sprovveduto, ha investito tanti milioni di dollari in un film così forse a sbagliarmi sono io." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 9 maggio 2008)"Costato 120 milioni di dollari trovati chissà dove dal fortunato produttore Joel Silver, dotato di 2.300 effetti speciali, sospeso tra video-gioco e pop-art, 'Speed racer' dei fratelli Andy e Larry Wachowski, tornati al cinema a cinque anni di distanza dalla serie miliardaria 'Matrix', si potrebbe definire un film under undici, proprio un film per bambini."(Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 9 maggio 2008)"'Speed racer' è un film di straordinaria padronanza e intelligenza cinematografica: peccato il gran rumore che alla lunga (2 ore e un quarto) può far star male." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 9 maggio 2008)"Siamo davvero in una dimensione che va oltre il film, in un territorio in cui il cinema è sparito, disintegrato per diventare altro da sé, dove conta solo l'esasperazione, rumori roboanti, colori saturati e le storie prosciugate. Forse il fumetto di Tatuo Yoshida, da cui è tratto, poteva avere i suoi motivi di interesse, ma adattato e enfatizzato per il grande schermo tutto si smarrisce. I Wachowski sono stati risucchiati nel grande nulla, il mondo fittizio in cui tutto è preordinato e contro il quale aveva combattuto Neo-Reeves nei vari Matrix." (Antonello Catacchio, 'Liberazione', 9 maggio 2008)"Tratto da un fumetto, 'Iron Man' era primo negli incassi lo scorso fine settimana; tratto da un videogioco, 'Speed Racer' dei fratelli Wachowski lo spodesterà. Ma Iron Man è un film per ragazzi che un adulto può vedere; 'Speed Racer' deluderà - nel suo voluto infantilismo - anche i quindicenni: colori sgargianti e trama schematica rendono penoso arrivare alla fine. I fratelli Wachowski non sanno più fare il loro lavoro? Improbabile: almeno i tre Matrix erano folli, ma coinvolgenti e innovativi. È quindi probabile che essi abbiano subito la regola che a un film a grosso costo impone piccola qualità, onde esser (quasi) certi di riportare i soldi a casa." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 9 maggio 2008)"Per andare ancor più sul sicuro, Silver non affida il compito ai soli effetti speciali; si procura anche un supercast; Emilie Hirsch; la rediviva Christina Ricci, Susan Sarandon e John Goodman, Matthew Fox, divo della serie 'Lost'. Ma qual è, insomma, l'effetto di tanta abbondanza di materia prima? Anche sorvolando sull'ideologia implicita e sulla retorica della famiglia, dai cineasti di 'Matrix' era lecito aspettarsi di più. Dopo un po' domina l'effetto - ripetizione e, se hai più di dodici anni, cominci a spiare il telefonino per vedere quanto manca alla fine." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 9 maggio 2008)
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Titolo Spider-Man 3
Titolo originale Spider-Man 3
Anno 2007
Regista Sam Raimi
Durata 156
Paese USA
Genere azione, fantascienza, fantasy
Trama Peter Parker finalmente è riuscito a far conciliare il suo amore per Mary Jane e le sue responsabilità nei panni di Spider-Man. Anche la città di New York sembra ormai essergli grata per la sua lotta contro i malvagi di turno. Tuttavia, una sostanza misteriosa viene a contatto con il suo costume trasformandolo in una tuta completamente nera che fa emergere un oscuro e sconosciuto lato del carattere del supereroe. Spider-Man si trova così costretto non solo a fronteggiare i continui attacchi di Venom e dell'Uomo Sabbia che stanno portando il panico nella città, ma anche a fare i conti con nuovi poteri e violenti sentimenti di vendetta che potrebbero allontanarlo dalla retta via...Critica "Il segreto della doppia personalità dell'Uomo Ragno è ormai noto a tutti, ne sparisce la suspense. Tobey Maguire non è simpatico, due ore e venti minuti di film non sono brevi. Soltanto il sogno di volare e gli effetti speciali restano affascinanti." (Lietta Tornabuoni, 'L'Espresso', 7 maggio 2007)"Le tante storie galleggiano nel vuoto, le evoluzioni psicologiche non solo all'altezza di quelle ginniche - d'azione, i dialoghi annoiano. (...) La sola nota strabiliante è la prima, possente trasformazione di Thomas Haden Church in uomo-sabbia: qui la regia di Sam Raimi coniuga 'sensazione' e compassione, con rinnovata simpatia verso i supereroi lacerati nell'anima inventati da Stan Lee." (Piera Detassis, 'Panorama', 10 maggio 2007)"Tutto è così prevedibile e scontato che pure i ragazzini sbadigliano: gli effetti, pur se speciali, sono un espediente e non un genere, un'ottica e non un'etica, specie con la psicologia d'accatto. Tobey Maguire, bolso anche di sguardo, è imbarazzante, le girl si fan salvare, i perfidi tramano, la gente si annoia, effetto specialissimo per un film di genere." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 4 maggio 2007)
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Titolo Spirit, The
Titolo originale Spirit, The
Anno 2008
Regista Frank Miller
Durata 108
Paese USA
Genere azione, drammatico
Trama Per le strade di Central City c'è un uomo che simula la propria morte per trasformarsi in ombra e combattere il crimine...
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Titolo Star Wars: Episodio IV - Una Nuova Speranza
Titolo originale Star Wars
Anno 1977
Regista George Lucas
Durata 121
Paese USA
Genere avventura, azione, fantascienza, fantasy
Trama In un lontano Impero Galattico è in atto una rivolta contro i suoi dispotici capi, tra i quali il più cattivo è Dart Fener. Prima di cadere nelle sue mani, la principessa Leila Organa, rappresentante dei ribelli, riesce ad affidare a due robot i piani della "Morte Nera" - la potentissima base spaziale di Dart Fener, capace di disintegrare un intero pianeta - e un appello al vecchio generale Obi Wan Kenobi, che abita sul pianeta Tatooine, perché accorra in aiuto dei rivoltosi. Il messaggio viene raccolto dal giovane Luke Skywalker che, rintracciato Obi Wan Kenobi, parte con lui in soccorso della principessa a bordo di un'astronave guidata dal mercenario Jan Solo e dal suo scimmiesco secondo Ciubecca. Liberata Leila, Luke raggiunge la base segreta degli insorti che, grazie ai piani trafugati dalla ragazza, possono ora sferrare l'attacco decisivo contro la "Morte Nera". Il merito della sua distruzione sarà proprio di Luke, ma Dart Fener, benché sconfitto, riuscirà a sottrarsi alla sorte della sua Base.Note - NELLA VERSIONE ORIGINALE LA VOCE DEL MAESTRO YODA E' DEL REGISTA FRANK OZ.- 7 PREMI OSCAR 1977: MIGLIOR SCENOGRAFIA, MIGLIOR SONORO, MIGLIOR COLONNA SONORA, MIGLIORI COSTUMI, MIGLIOR MONTAGGIO, MIGLIORI EFFETTI SPECIALI VISIVI E SONORI.- NEL 1997 E' USCITA L'EDIZIONE SPECIALE DELLA TRILOGIA DI GUERRE STELLARI CHE COMPRENDE "IL RITORNO DELLO JEDI" E "L'IMPERO COLPISCE ANCORA" DOPO UN'ACCURATA OPERA DI RESTAURO CHE HA ARRICCHITO E MIGLIORATO GLI EFFETTI VISIVI E CON UN NUOVO MIXAGGIO DELLA COLONNA SONORA."A DISTANZA DI VENT'ANNI - SPIEGA LUCAS - TORNA SUL GRANDE SCHERMO IN VERSIONE COMPLETAMENTE RESTAURATA LA CELEBRE SAGA SPAZIALE. EFFETTI SPECIALI NUOVI, SEQUENZE INEDITE E COLONNE SONORE RIMASTERIZZATE SONO IL RISULTATO DI UN'OPERAZIONE DURATA TRE ANNI. HO VOLUTO PRESERVARE LA TRILOGIA PERCHÉ POSSA CONTINUARE A INTERESSARE E DIVERTIRE LE PLATEE DEL XXI SECOLO".- REVISIONE MINISTERO MARZO 1997.- IL FILM E' STATO CAMPIONE D'INCASSI NEGLI STATI UNITI NEL 1977.Critica "Favola extraterrestre in cui il geniale, ma forse sopravvalutato George Lucas miscela con grande senso dello spettacolo western e poema cavalleresco, fantascienza e fumetto. Un megafilm straripante di talento visionario e di Oscar. Per il semisconosciuto Harrison Ford, timido non protagonista, parte proprio da qui una mirabolante carriera cosmica". (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 4 settembre 2003)
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Titolo Star wars: Episodio II - L'attacco dei cloni
Titolo originale Star Wars: Episode Ii - Attack Of The Clones
Anno 2002
Regista George Lucas
Durata 135
Paese USA
Genere azione, fantascienza
Trama Un movimento separatista composto da decine di pianeti, appoggiato da potenti corporazioni, sta mettendo in serio pericolo il futuro della Repubblica. Pericolo che questa volta neanche i potenti cavalieri Jedi sembrano poter controllare. Per questo motivo il Supremo Cancelliere Palpatine autorizza la creazione di un esercito che affianchi nella imminente battaglia gli Jedi. In questa situazione, Obi-Wan Kenobi, Padmé Amidala e Anakin Skywalker si ritrovano per la prima volta a distanza di anni dal loro primo incontro. Anakin, cresciuto, è ora apprendista Jedi di Obi-Wan. Entrambi hanno avuto l'incarico di vegliare su Padmé, l'ex regina di Naboo che ora è un influente membro del Senato della Repubblica. Indagando sugli attentanti alla vita della senatrice, Obi-Wan si spinge fino ai limiti estremi della galassia dove conosce prima un oscuro cacciatore di taglie, poi un ex maestro Jedi ora fra i capi della rivolta. Con Obi-Wan lontano Anakin e Padmé si avvicinano sempre di più l'uno al'altra. Ma il conflitto è in agguato.Note - PRESENTATO FUORI CONCORSO AL FESTIVAL DI CANNES 2002.- NELLA VERSIONE ORIGINALE LA VOCE DEL MAESTRO YODA E' DEL REGISTA FRANK OZ.Critica "Il fascino del film sta nelle straordinarie scene di massa; nelle vaste scenografie di cieli, grattacieli e alte montagne, di fabbriche e rocce; nella coreografia della massima battaglia finale; nella ideazione appunto dei cloni, esercito meccanico di prestatori d'opera o di schiavi simili ai lavoratori di 'Metropolis' o ai battaglioni dell'esercito nazista. Tramonti sanguigni, orizzonti rosati, luci e prati nitidi, ambienti dorati. Oltre gli effetti speciali, la lavorazione in digitale riporta il cinema vicino alla pittura, meno lontano dal sogno; e la proiezione in digitale presume di essere un requiem per i film proiettati su pellicola". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 17 maggio 2002)"Nell'ideazione di Lucas trovano posto suggestioni che vanno dai prenazisti metallici di 'Metropolis' di Fritz Lang al torneo di Mongo dell'indimenticabile 'Gordon' di Alex Raymond, ma bisogna riconoscere che l'ultima mezz'ora del film, proprio quella che vede i tre protagonisti trascinati all' arena a combattere contro mostri di ogni tipo, è un vero spasso. (...) Suggerirei perciò di non affannarsi a cercare sottotesti o significati reconditi; e anche di accettare senza proteste quel po' di noia che si insinua nel racconto dell'amore sul lago di Como. Forse in due ore e un quarto di convulso spettacolo funzionano bene anche 10' di respiro per uscire dalla sala a rifornirsi di bibite e pop-corn". (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 18 maggio 2002)"Da venticinque anni Lucas compone e ritocca, affabula e integra una saga che continua a trasformare il cinema e l'immaginario degli spettatori. Trasforma il cinema con la ricerca avanzatissima sui modi di produzione e sulla tecnica e trasforma l'immaginario, ricapitolando un comune patrimonio morfologico delle fiabe e degli antichi racconti, con la serialità del cinema delle origini e con l'espansione temporale delle soap televisive e combinandoli con i videogame e i giochi di ruolo che ha contribuito a generare. (....) La macchina degli effetti affianca la macchina degli affetti. Il dispositivo visivo non schiaccia le psicologie. In una saga - è appurato - la psicologia è comportamentista e non cognitiva, e gli spettatori più affezionati badano allo sviluppo sinfonico della storia e alle suture romanzesche". (Enrico Magrelli, 'Film tv', 26 maggio 2002) "In un film che dichiaratamente sceglie il noir, spiccano lo spericolato inseguimento nelle caverne di Geonosis, dove si fabbricano i robot-droni e, soprattutto, la battaglia nel circo Massimo intergalattico con i nostri eroi costretti a battersi contro terribili mostri. Qui Lucas, in digitale globale (non è stato girato un solo metro di pellicola), mischia 'Il gladiatore' con le comiche finali, i Manga con 'Il segno della croce', i film mitologici, tutto il ciarpame e tutta la grandezza del cinema del Novecento. Irresistibile. E un po' sgomenta e un po' stordisce pensare che, di tutto ciò che vediamo sullo schermo, solo un pugno di attori è esistito davvero. Il resto è sintetico, illusione. Sarà per questo che ci inteneriscono i bentornati robottini C-3PO e R2-D", non virtuali, arrugginiti e lenti. Da amare e rottamare". (Piera Detassis, 'Panorama', 23 maggio 2002)
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Titolo Star Wars: Episodio III - La vendetta dei Sith
Titolo originale Star Wars: Episode Iii - Revenge Of The Sith
Anno 2005
Regista George Lucas
Durata 140
Paese USA
Genere avventura, azione, fantasy
Trama Sono passati tre anni dall'inizio della Guerra dei Cloni. Buona parte dei capi Separatisti sono stati uccisi e catturati. All'appello mancano però il generale Grievous e il Conte Dooku. Obi-Wan Kenobi viene così incaricato di andare alla ricerca dei due per catturarli. Nel frattempo, il cancelliere Palpatine acquisisce sempre maggior potere fino a prendere in mano il comando di quello che diventerà l'Impero Galattico. Questo grazie anche all'aiuto di Anakin Skywalker, che decide di passare completamente al lato oscuro della forza, rinnegando anche l'amore per Padme che è, segretamente, in dolce attesa...Note - PROIEZIONE SPECIALE AL 58MO FESTIVAL DI CANNES (2005).- NELLA VERSIONE ORIGINALE LA VOCE DEL MAESTRO YODA E' DEL REGISTA FRANK OZ.- IL RUOLO DI CAPTAIN ANTILLES ERA STATO INIZIALMENTE OFFERTO A DENIS LAWSON CHE NEL PRIMO EPISODIO INTERPRETAVA IL RUOLO DI WEDGE ANTILLES.- NOMINATION OSCAR 2006: MIGLIOR TRUCCO (DAVE ELSEY, ANNETTE MILES).Critica "La coerenza del nuovo episodio col progetto complessivo (narrativo, formale, simbolico) della saga salta agli occhi: anche se in parecchi hanno sottolineato l'aspetto più dark di questo a fronte dei precedenti, con relative ricadute censorie. Bisogna dire, tuttavia, che la sfumatina di nero riguarda l'aspetto 'diegetico' del film: i fatti narrati, insomma, non il modo di narrarli. Quando Anakin Skywalker va a sterminare gli apprendisti Jedi, per intenderci, fa gli occhi del cattivo e impugna la spada-laser; però - pietosa reticenza - un taglio di montaggio interviene prontamente a risparmiarci la visione della strage degli innocenti. Al contrario, è lunghissimo il duello finale tra Obi-Wan e il Cavaliere Jedi ormai adepto del Male. Il popolo degli appassionati sarà contento dell'ultimo atto. Come nelle degustazioni più ricercate, Lucas ha riservato il meglio per la fine." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 20 maggio 2005)"E' il sesto e ultimo film della saga di George Lucas iniziata nel 1977 e non ancora finita: stanno lavorando a versioni in 3D di ciascun film e a una versione televisiva composta da 30 episodi di 30 minuti ciascuno, in parte dedicati a personaggi minori. Ne 'La vendetta dei Sith' massime novità: il Male sconfigge il Bene e vince, la repubblica si trasforma in un impero guidato da un capo autoritario, il film è interamente d'azione, composta da duelli alla spada-laser su mari di fuoco, di scontri umani e non umani. Di draghi, lucertoloni e piccoli animali con proboscide, di mezzi corazzati e aspre montagne. Divertente." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 20 maggio 2005)"Alla luce delle dichiarazioni anti-Bush del regista, liberi tutti di dare alla sua mitografia un segno militante. Ma 'Star Wars' non sarebbe un film made in Usa se non lanciasse il suo messaggio accattivante, vivido e fragoroso. (...) Ma ciò che colpisce in prima battuta, è che un successo planetario di tali dimensioni sia impregnato di un pessimismo apocalittico. Sui personaggi che stanno sulla scena della politica e delle istituzioni, ma anche sui tanti fra noi pronti per denaro o sete di potere a partecipare alla svendita delle libertà. E se pensiamo che George Lucas ha ambientato le sue guerre stellari in una civiltà avanzatissima e scomparsa autodistruggendosi ('Star Wars' non lo dice, lo suggerisce), il mito suona come un campanello d'allarme. Come non provare un brivido di fronte alla didascalia iniziale che recita: 'Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana'?" (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 20 maggio 2005)
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Titolo Star Wars: The Clone Wars
Titolo originale Star Wars: The Clone Wars
Anno 2008
Regista Dave Filoni
Durata 90
Paese USA
Genere animazione
Trama Nell'estremo sforzo di resistere alle forze del lato oscuro, gli eroici Cavalieri Jedi, guidati da Obi-Wan Kenobi e dal Maestro Yoda, si battono per mantenere l'ordine e riportare la pace nella Galassia. Intanto, Anakin Skywalker e il suo allievo Padawan Ahsoka Tano, si trovano ad affrontare una missione dall'esito cruciale che li porterà a combattere contro il temutissimo re del crimine, Jabba the Hutt. Contro di loro si schierano il Conte Dooku e i suoi agenti malvagi, che faranno di tutto per impedire ad Anakin e a Padawan di compiere la loro missione.Note - VOCI DELLA VERSIONE ORIGINALE: SAMUEL L. JACKSON (MACE WINDU), CHRISTOPHER LEE (CONTE DOOKU), MATT LANTER (ANAKIN SKYWALKER), IAN ABERCROMBIE (PALPATINE), MATTHEW WOOD (GENERALE GRIEVOUS).Critica "George Lucas l'ha rifatto. Non contento di aver rovinato una delle saghe più belle e amate con i tre ultimi episodi di 'Guerre stellari', torna a martoriare la sua meravigliosa epica con 'Star Wars: The Clone Wars', animazione al computer che, nella cosmologia lucasiana, racconta ciò che accade tra i film già visti 'L'attacco dei cloni' e 'La vendetta dei Sith'. (...) I fan non prenderanno bene questi spigolosi personaggi computerizzati senz'anima né simpatia. Va bene che Hayden Christensen (il pessimo Anakin dei film) sembrava un pupazzo. Ma questi pupazzi digitali sono così brutti e sgraziati che lo fanno rimpiangere. Film voluto solo per fare da apripista a una nuova serie tv basata sulla saga. Lucas rimane uno scaltro produttore. Tanto tempo fa, in una galassia lontana, lontana, era anche un grande artista." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 19 settembre 2008)"Dopo trent'anni, cinque ulteriori capitoli e una serie tv, il fondo del barile è stato raschiato e c'è poco da stupirsi che l'ultimo arrivato 'Star Wars: The Clone Wars' abbia suscitato disappunto fra i fan di un'epoca. Struttura schematica, dialoghetti insipidi, scarsa suggestione visiva, stinta introduzione di un personaggio di alleva di Skywalker dai tratti orientaleggianti: tutto sottolinea la chiara destinazione televisiva per cui il prodotto è nato: a uso del pubblico dei più piccini che certamente, loro sì, gradiranno." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 19 luglio 2008)"Molta musica e molto rumore, per quasi nulla, monotonia feroce da teenager." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 19 settembre 2008)"In questo stanco film di animazione di David Filoni, il nemico è l'originalità, non le forze del lato oscuro. Il principio di Gorge (Lucas), artefice delle guerre stellari, è perfezionare, facendo virtù della carenza d'idee." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 19 settembre 2008)
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Titolo Stardust
Titolo originale Stardust
Anno 2007
Regista Matthew Vaughn
Durata 128
Paese USA, GRAN BRETAGNA
Genere avventura, fantasy
Trama In una gelida serata autunnale, una stella cadente solca il cielo sopra un piccolo villaggio inglese e il giovane Tristran promette alla ragazza, che vorrebbe in ogni modo conquistare, di partire per trovare dove è caduta e potere, così, regalargliela. Il ragazzo quindi parte e si avventura nel bosco ad est del villaggio dove, eccezionalmente, una volta ogni nove anni, gli umani possono entrare nell'universo magico di Faerie, popolato di misteriose creature, gnomi e animali parlanti. Per il giovane Tristran è arrivato il momento di conoscere la propria origine e di partire per mille avventure, scendere a patti con una terribile strega e un pirata, vedersela con il Signore degli Alti Dirupi, prima di poter tornare a casa, finalmente uomo.Critica "Il film non lascia allo spettatore il tempo di riflettere sulle possibili 'mancanze' perché sullo schermo si apre immediatamente una nuova avventura, dall'esilarante trasformazione di una capra in uomo al coro dei fratelli di Septimus condannati a una condizione di fantasmi senza libertà, fino alla geniale invenzione - che nel libro di Gaiman non esiste - di Capitan Shakespeare, cacciatore di fulmini su un vascello volante. E affidando all'istrionismo di Robert De Niro questo ruolo, diviso tra la necessità di superare in cattiveria e brutalità la ciurma e la voglia di dar libero sfogo alla propria componente femminile, il personaggio si staglia nella fantasia dello spettatore che non dimenticherà facilmente la scena in cui, convinto di essere solo, si mette a ballare in guêpière e ventaglio. Resta da rispondere alla domanda: c'è ancora un pubblico disposto a dar credito a un film di questo tipo? Istintivamente direi di no: per troppo tempo l'industria cinematografica, con Hollywood in testa, ha appiattito l'immaginario giovanile dentro a schemi previsti e prevedibili, dove la fantasia era una specie di optional da dimenticare. Meglio investire in costosissimi effetti speciali o moltiplicare all'infinito la velocità del montaggio piuttosto che sforzarsi di coltivare l'immaginazione e la libertà creativa. Col risultato che oggi buona parte del pubblico è più reattiva a certi cast altisonanti e a certi effetti destabilizzanti (violenza, adrenalina e sangue su tutto) che alle sollecitazioni della creatività, come è invece la strada che cerca di percorre 'Stardust'. Resta solo la speranza che, tra film popcorn e fiction televisive, il fanciullino che ognuno si porta dentro non sia ancora del tutto anestetizzato." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 12 ottobre 2007)"Incantesimi, magie, unicorni, streghe sono gli ingredienti di 'Stardust' diretto dall'esordiente Matthew Vaughn.Si tratta dell'ennesima fiaba ad alto potenziale tecnologico: i tycoon di Hollywood hanno capito che per competere con le saghe vincenti de 'Il signore degli anelli' e 'Harry Potter' è necessario contaminare la fiaba classica con il kolossal fantasy ricco di effetti digitali. E Vaughn ha trovato nell'omonimo romanzo di Neil Gaiman la miscela di elementi horror, grotteschi, drammatici, comici e romantici necessari. (...) Il fantasy scorre piacevolmente tra trucchi plateali ed effetti magniloquenti, stelle che brillano e corpi che si disintegrano in pochi secondi, incantesimi consumati con stile da videoclip e pratiche di stregoneria costruite su shock visivi, trasformazioni corporee repentine e trasfigurazioni di paesaggi e la bella idea di utilizzare come un coro un gruppo di fantasmi di uomini uccisi in bianco e nero. Ma ciò che fa di 'Stardust' un prodotto di serie A sono le performance di Michelle Pfeiffer che nel ruolo di Lamia si trasforma da decrepita e mostruosa strega nella bellezza reale, di Robert De Niro che mette il suo carisma recitativo al servizio di un pirata gay che ama vestirsi da donna all'insaputa della sua ciurma e Peter O'Toole che impersona uno spietato re con la sua proverbiale classe." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 13 ottobre 2007)"Dopo due ore di incantesimi è legittimo averne abbastanza del guazzabuglio fantastico-favolistico 'Stardust'. Troppo facile mettere nel calderone perfide streghe, principesse nevrotiche, stelle cadenti (in sembianze umane), pirati volanti, giovani romantici ansiosi d'amore e avventure. Con l'aggiunta di un muro invalicabile, che separa il mondo normale da un universo parallelo, dove tutti vorrebbero entrare. (...) Certo, i famigerati effetti speciali sono degni della recente tradizione hollywoodiana, ma la fiaba è scandalosamente scema e ci si domanda a quale pubblico si rivolga: la fantasia non è sui banchi di un supermarket. Si può al massimo apprezzare la verve comica di un inedito Robert De Niro nei panni di un pirata gay, sai che novità, e le trasformazioni della ritrovata Michelle Pfeiffer, una fattucchiera che a ogni magia perde i pezzi di una bellezza faticosamente costruita. Insomma, un inutile spettacolo prodotto tra gli altri dallo stesso De Niro." (Adriano De Carlo, 'Il Giornale', 12 ottobre 2007)"Fantasy, che passione. Se un adolescente è sfigato, può sollevare il mondo. Tra signori degli anelli, guerre stellari e storie infinite, le moderne epopee sono nate dal coraggio di giovani ambizioni frustrate. 'Stardust', tratto dal bestseller di Neil Gaiman e diretto dal regista Matthew Vaughn, semiesordiente che nel 2009 porterà al cinema 'Thor', non tradisce questo schema. (...) Se la stella cadente Claire Danes brilla di luce propria, di bellezza e talento tutti nervi e carattere, le altre star, chi più chi meno cadute (in disgrazia), si dilettano a giocare con e nel film. Ne esce fuori un prodotto godibilissimo, un fantasy vecchio stile. Nessuna sorpresa, tutto è al suo posto, c'è un solo rischio: troppo adulto per i bambini, troppo infantile per gli adulti. Come le due età, nel film (e non solo?), dell'irresistibile Michelle Pfeiffer." (Boris Sollazzo, 'Liberazione', 12 ottobre 2007)
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Titolo Starship Troopers 3, l'arma segreta
Titolo originale Starship Troopers
Anno 2008
Regista Edward Neumeier
Durata 128
Paese USA
Genere fantasy
Trama La guerra fra insetti e umani continua: nuove specie di insetti compaiono sul campo di battaglia, tanto che ci si domanda se la guerra verrà vinta.

Sul pianeta agricolo di Roku San giunge lo Sky Marshall, la massima autorità militare, per un'ispezione a sorpresa. Pochi minuti dopo il suo arrivo le cancellate elettriche cedono e gli insetti nemici invadono il forte, prendendo il sopravvento.

La colpa viene data interamente al colonello Johnny Rico, che viene condannato all'impiccagione. Nel frattempo il capitano Beck porta in salvo lo Sky Marshall, ma dovrà abbandonare la nave spaziale su cui erano imbarcati per un misterioso incidente. Precipiteranno su un pianeta controllato dagli insetti, scoprendo poi che lo Sky Marshall era stato convertito dai nemici. Verranno poi salvati da Rico, che nel frattempo è entrato a far parte di un corpo speciale.

La fine del film vedrà il ritorno della religione e l'invenzione di nuove armi capaci di distruggere un intero pianeta.

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Titolo Starsky & Hutch
Titolo originale Starsky & Hutch
Anno 2004
Regista Todd Phillips
Durata 101
Paese USA
Genere azione, commedia, poliziesco
Trama Al solerte e zelante poliziotto David Starsky di Bay City viene affiancato, nelle indagini sul ritrovamento di un cadavere, il poliziotto Ken "Hutch" Hutchinson, di grande istinto e pronto all'azione, ma troppo spesso incline al "lavoro facile". L'informatore di Hutch, Huggy Bear, dà loro una pista: si tratta probabilmente di omicidio e gli indizi conducono al nome di un ricco uomo d'affari di nome Reese Feldman, trafficante di droga. La strana coppia, coadiuvata da due ragazze pon-pon loro ammiratrici, dovrà tentare di risolvere il caso, con metodi più o meno ortodossi...Critica "La trama è solo un pretesto per una salutare escursione tra i miti dell'epoca, come le fulminee sequenze che rimandano a 'Easy Rider', 'La febbre del sabato sera', 'Tutti gli uomini del presidente'. Stiller incarna uno Starsky maniaco dell'efficienza, Wilson disegna un Hutch menefreghista. La chimica fra i due funziona, ma Owen Wilson se la gioca meglio, mettendo quintali di ironia, mentre Stiller insegue lo spirito di Jerry Lewis. Ed alla fine, non proprio a sorpresa, appaio i due veri S&H, David Soul e Paul Michael Glaser, ormai sessantenni e segnati da una carriera deprimente, dopo il primo, travolgente successo. C'est la vie." (Adriano De Carlo, 'Il Giornale', 27 agosto 2004)"La storia della coppia di sbirri che si batte contro i narcotrafficanti sulla Ford Gran Torino bianca e rossa, grazie alla presenza del buffo talento del comico demenziale Ben Stiller, vira verso una contaminazione di generi che produce alcuni inaspettati effetti. Funziona la coppia: accanto al legalitario Stiller, c'è un altro giovane divo fuori dal mucchio hollywoodiano, Owen Wilson, uno dei 'Tannenbaum', nel ruolo di quello fuori dalle regole. Se il serial si basa sulla ripetitività, il film è unico, ma Stiller dice che si tratta di una reincarnazione, che è stato come evocare i personaggi originali." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 25 agosto 2004)"Incredibile ma vero: dal cilindro dei saccheggiatissimi anni 70 stavolta esce un film tutto da godere. Sulla carta era solo l'ennesimo remake di una serie televisiva di culto, e francamente non ci avremmo scommesso un soldo. Invece questo 'Starsky & Hutch', così datato che sembra nuovo, è un piccolo miracolo. Un guizzante concentrato di intelligenza e ironia. Un amoroso esercizio di filologia, parolone solitamente usato per la cultura alta, compiuto sui materiali più popolari che ci siano. Ma senza far finta che il tempo si sia fermato, anzi. (...) Alla regia, Todd Phillips chiarisce fin dal principio l'intenzione comica del remake, con il brio e la leggerezza che oggi latita crudelmente in tante sedicenti commedie. Ma anziché scadere nella facile parodia, esaspera in chiave rétro elementi già presenti nell'originale: il gusto del travestimento, il gioco delle identità, il sottotesto ambiguo di questa amicizia virile, un certo libertinismo di stampo molto californiano." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero' 27 agosto 2004) "Se gli episodi tv erano in bilico fra poliziesco e commedia, 'Starsky & Hutch - The Next Generation' sceglie la commedia con venature di parodia, mettendosi totalmente al servizio di Stiller e Wilson (al sesto film in coppia). Li concia in travestimenti ridicoli - dai mimi stile Marceau agli eroi di 'Easy Rider' - e li caccia nelle situazioni più masochistiche, mentre il filo della storia si riduce a puro pretesto." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 17 settembre 2004)
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Titolo State of Play
Titolo originale State of Play
Anno 2009
Regista Kevin Macdonald
Durata 125
Paese USA
Genere drammatico, thriller
Trama Stephen Collins, membro del congresso statunitense, vede compromessa la sua carriera politica a causa dell'omicidio della sua amante. Un gruppo di giornalisti decide di avviare un'inchiesta sul triste avvenimento e tra loro figura anche Cal McCaffrey, un ex collaboratore di Collins.Note - BRAD PITT, SCELTO PER INTERPRETARE IL RUOLO DI CAL MCAFFREY, A UNA SETTIMANA DALL'INIZIO DELLE RIPRESE HA ABBANDONATO LA PRODUZIONE PER DIVERGENZE ARTISTICHE CON IL REGISTA. LA STESSA COSA HA FATTO PIU' TARDI EDWARD NORTON, CHE DOVEVA INTERPRETARE IL RUOLO DI STEPHEN COLLINS. SONO STATI SOSTITUITI RISPETTIVAMENTE DA RUSSELL CROWE E BEN AFFLECK.Critica "Adattata dall'omonima fiction della Bbc e diretta da Kevin Macdonald ('L'ultimo re di Scozia') è un thriller giornalistico che aggiorna 'Tutti gli uomini del Presidente', il film di Alan Pakula d'inchiesta di Paul Woodward e Carl Bernstein per riflettere fra le righe e la natura del giornalismo. La vicenda Watergate viene insegnata nelle facoltà di mezza America come il momento più fulgido del giornalismo investigativo, esempio della funzione vera della stampa nell'accezione anglosassone di 'quarto potere' che limita il potere politico esponendone gli ingranaggi al pubblico". (Luca Celada, 'Il Riformista', 30 aprile 2009)"Giocato su molte e amare sorprese incastrate nell'armonia del cinema che alla fine risolve i casi della vita, il film è ottimo esempio di thriller politico attuale e fila via veloce come un treno nel gioco psicosomatico di Russell Crowe e Ben Affleck, cui s'aggiunge la giovane blogger e la moglie per due." ('maurizio Porro, 'Corriere della Sera',
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Titolo Stealth - Arma suprema
Titolo originale Stealth
Anno 2005
Regista Rob Cohen
Durata 120
Paese USA
Genere avventura, azione, fantascienza, thriller
Trama Ben Gannon, Kara Wade e Henry Purcell, tre piloti scelti dell'aviazione della marina americana, vengono coinvolti in un progetto top secret riguardante un velivolo guidato da un'intelligenza artificiale denominata 'EDI'. I tre militari, insieme al loro nuovo compagno di volo, partecipano con successo alla prima missione ma, durante il ritorno alla base, qualcosa va storto. Nonostante le riserve dei piloti, viene loro ordinato ugualmente di partire per altre rischiose missioni a bordo dello speciale velivolo che, con una sua autonoma decisione, rischia di far scoppiare un terribile conflitto nucleare...Critica "Stupisce che un film inutile, guidato solo dal moralismo facile dei blockbuster, come 'Stealth - Arma Suprema' sia diretto da Rob Cohen e interpretato (anche se in un ruolo secondario) dal premio Oscar Jamie Foxx. Stupisce meno che i nemici individuati dal film Usa siano, anche in futuro, esattamente gli stessi di oggi: arabi, altri asiatici e chiunque non si allinei con una superpotenza a caso. Ma, si sa, non tutte le ciambelle riescono con il buco. I rimandi a '2001 Odissea nello spazio' (la voce del computer) sono però inaccettabili. Per non parlare degli effetti digitali, il cui abuso produce il risultato opposto, diventando quasi meno realistici della storia." (Roberta Bottari, 'Il Messaggero', 16 settembre 2005)
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Titolo Fratellastri a 40 anni
Titolo originale Step Brothers
Anno 2008
Regista Adam McKay
Durata 95
Paese USA
Genere commedia
Trama Quando i rispettivi genitori decidono di sposarsi e di andare a convivere, Brennan e Dale che vivono ancora uno con il padre e l'altro con la madre nonostante siano sulla quarantina, si ritrovano a vivere insieme. Brennan è un trentanovenne che lavora solo saltuariamente, mentre Dale è un disoccupato cronico. I due, immaturi e capricciosi, entreranno in conflitto tra loro come fanno gli adolescenti, mettendo in crisi il nuovo nucleo familiare e combinandone di tutti i colori.
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Titolo Vero come la finzione
Titolo originale Stranger Than Fiction
Anno 2006
Regista Marc Forster
Durata 113
Paese USA
Genere commedia, drammatico, fantasy, sentimentale
Trama L'universo di Harold Crick, agente del fisco, viene sconvolto quando inizia a sentire una misteriosa voce narrante che fa la cronaca in diretta della sua vita e che solo lui è in grado di sentire. La misteriosa narratrice è Kay Eiffel, una scrittrice in declino che sta scrivendo il suo ultimo libro che, per puro paradosso, è proprio la fedele descrizione della vita di Harold, ormai completamente guidata dalle parole dell'autrice. Ad aggiungere disagio al povero Harold è anche il tragico destino che Kay ha in mente per l'eroe del suo libro. Il 'protagonista' a questo punto cerca conforto nell'aiuto dell'eccentrico dottor Jules Hilbert e tra le braccia di Ana Pascalo, una delle 'vittime' dei suoi controlli fiscali. Le cose si mettono ancora peggio quando Harold, ribellandosi al testo del romanzo, cerca in tutti i modi di sopravvivere...Critica "Dustin Hoffman ha fatto una tale quantità di brutte partecipazioni in brutti film, che è sorprendente vederlo in un piccolo bel personaggio di critico ed esperto letterario in 'Vero come la finzione' di Marc Forster. Emma Thompson è così carina, vestita da scrittrice, che pare impossibile abbia già 47 anni. Tutti meriti del film. E' possibile che un impiegato delle tasse solo, squallido, pignolo, apprenda improvvisamente da una voce femmine che gli risuona nella testa di essere personaggio d'un romanzo velocemente avviato alla morte, e tenti in ogni modo di sottrarsi al suo destino?, No, naturalmente. Non è possibile. Ma il film che lo rende possibile non mescola verità e finzione: piuttosto, rende la finzione del tutto realistica. (...) Ricco di citazioni e battute il film ha un bel ritmo, è ben diretto, ed è molto divertente." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 2 febbraio 2007)"Senza anticipare soluzioni (sospese, del resto, fino agli ultimi minuti del film), sarà lecito dire che 'Vero come la finzione' appartiene al genere tragicommedia fantastica: una riflessione sulla vita, l'amore, la morte sottile e intelligente, scritta da Zach Helm un po' nello stile di Charlie Kaufman, lo sceneggiatore di Michel Gondry. Will Ferrell interpreta il 'personaggio della propria vita' con perfetto senso dell'assurdo." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 2 febbraio 2007)"'Vero come la finzione' prende la strada insolita della letteratura (dei mondi possibili). (...) Con uno spunto simile il peggio è calcare la mano ma Forster (e Helm, sceneggiatore) sono bravissimi e, pur esagerando in zuccheri, restano sul registro dimesso richiesto da questa storia di solitudine. Morale ovvia, cast eccellente, trovate continue, sentimenti credibili. Un giochino. Ma spassoso e intelligente." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 2 febbraio 2007)"Che disgrazia le commedie intelligenti. Quelle dove l'autore si crede Woody Allen e il pubblico si sente in dovere di sghignazzare in continuazione. Anche alle battute che non fanno ridere. In 'Vero come la finzione', titolo che già in febbraio si candida a peggiore dell'anno, siamo tra 'Forrest Gump' e 'The Truman Show', anche se il film è molto meno spassoso (e commovente) del primo e molto più noioso dell'altro. (...) Insomma, un gran pastrocchio, pretenzioso e barbosetto, in cui ilclown Will Ferrell non va oltre le smorfie, la maliziosa Maggie Gyllenhaal resta defilata e la stagionata Emma Thompson è più insopportabile che mai." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 2 febbraio 2007)"Pirandello se ci sei, batti un colpo. Toc, toc, toc. Tre colpi per un personaggio in cerca d' autore che vive in una dimensione letteraria virtuale come Jim Carrey in Truman Show ma sopporta il peso di una attempata diatriba letteraria tra realtà e finzione. Il regista Marc Forster appesantisce poi raddoppiando gli intellettualismi con un maxi cameo di Dustin Hoffman letterato mediatore, mentre Emma Thompson comunica verace depressione. Will Ferrell cerca invano il punto di sutura tra commedia e dramma che permetterebbe di scavalcare il film alla Woody Allen e quel gioco di specchi da vecchia Europa che sembra inedito solo agli yankees." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 2 febbraio 2007)
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Titolo La notte non aspetta
Titolo originale Street Kings
Anno 2008
Regista David Ayer
Durata 109
Paese USA
Genere drammatico, thriller
Trama Dalla morte di sua moglie, la vita di Tom Ludlow, agente della polizia di Los Angeles, non è stata più la stessa. Le cose prendono per lui una piega ancor più disperata dal momento in cui viene accusato dell'omicidio di un suo collega. Impegnato nelle ricerche di indizi che possano scagionarlo dalle ingiuste accuse, Tom si imbatte in un caso di corruzione all'interno del suo dipartimento.Critica "Calato nello scenario autentico della periferia di L.A. di cui il regista David Ayer è un buon conoscitore, il film si sviluppa con una buona tensione narrativa e un cast di prim'ordine: accanto a Reeves, menzioniamo Forest Witaker mentore luciferino e un Hugh Laurie troppo realista per non essere cinico." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 27 giugno 2008)"La ricerca del proprio io da parte di Reevs non ci scalfisce, tanto è fasulla e banale nella forma, nella sostanza e nell'etica: l'annuncio è che ci sarà sempre qualcosa di marcio nella polizia losangelina con variopinte esemplificazione di peccati, sesso e droga. E' proprio l'anestesia che il film produce con immagini straviste e dialoghi sporchi già sentiti che non turba né indigna: lo si vede ma non lo si guarda, lo si sente ma lo si ascolta e subito subito si dimentica." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 27 giugno 2008)"Un film convulso e violentissimo, gonfio di luoghi comuni con dialoghi così rozzi da mettere i brividi. Keanu Reeves se lo fa tutto in trance, ammazzando mezzo cast e facendosi medicare ogni cinque minuti da una dolce infermiera. Se l'insopportabile Forest Whitaker crede di recitare Shakespeare, il superfluo Hugh Grant fa rimpiangere il sopravvalutato Dr. House." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 27 giugno 2008)"Dramma poliziesco violento, sudato e senza fiato in cui la stolidità espressiva di Reeves ben si accosta alla furia espressiva di un Forest Whitaker ormai a suo agio con i cattivi. Il suo capitano di polizia è da incubi notturni. Chi sceglie per la moralità, nel film, è un folle destinato alla solitudine. Se gli va bene. Pellicola disperata e senza compromessi. A Hollywood si sono spaventati facendolo uscire in sala in sordina. Ellroy, invece, ha apprezzato." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 27 giugno 2008)"David Ayer, alla seconda prova di regia dopo 'I giorni dell'odio', costruisce un poliziottesco tutto sangue e proiettili, robusto nelle architetture urbane e guizzante in molte sequenze d'azione e lotta tra protagonisti. C'è tutto il repertorio di genere (gangsta rap, boyz n the hood, sbirraglia che mastica chewing-gum, scontri all'ok corral fronte contro fronte) offerto con un certo compiacimento dell'esubero (gli effetti delle pallottole sugli esseri umani), ma senza una vera e propria densità di scrittura. Tanto che oramai dover girare un film sugli script magmatici ed eterogenei di James Ellroy sembra essere un'impresa davvero improba. Da ricordare che il film è passato di mano in mano: da David Fincher a Oliver Stone, fino a Spike Lee." (Davide Turrini, 'Liberazione', 27 giugno 2008)
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Titolo Sunshine
Titolo originale Sunshine
Anno 2007
Regista Danny Boyle
Durata 117
Paese GRAN BRETAGNA
Genere fantascienza, thriller
Trama Anno 2057. Il Sole, la stella che ha reso possibile la vita sulla Terra, sta morendo e gli esseri umani rischiano l'estinzione. Otto astronauti vengono inviati nello spazio per andare incontro all'astro con uno strumento che dovrebbe prevenirne la morte, ma lungo il viaggio l'equipaggio perde il collegamento radio con la Terra, ed una serie di avvenimenti rischia di minare l'unica speranza di salvezza per il genere umano...Critica "Piacerà a chi alla fantascienza bamboccia di 'Star Trek' e 'Guerre Stellari' preferisce quella pensante di 'Solaris' e 'Odissea nello spazio'. Danny Boyle, il regista di 'Trainspotting', torna ad essere autore degno d'interesse. Peccato che abbia dovuto barcamenarsi con un budget sotto la media dei fanta-genere." (Giorgio Carbone, 'Libero,' 20 aprile 2007)"Uscita europea prima che Usa per il nuovo film d'astronave stile ecologico di Danny Boyle: non è più lo stesso di 'Trainspotting'. Va alla ricerca di una sua Odissea nello spazio, ma sente sul collo il fiato horror di Alien, quello mistico di Solaris, perfino Vite vendute. Risparmia su effetti speciali per un fantasy messaggio anti hegeliano: tutto ciò che non è reale è razionale. Ma si può discutere di tutto, di scienza e religione, di filosofia e cinema: film onnivoro e senza scosse, ma con uno suo stile, un suo perché, un suo colore interiore, ben recitato e un poco teatrale." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 20 aprile 2007)'Sunshine' di Danny Boyle è un viaggio fisico e spirituale, che fa perno solo sulla forza delle immagini visionarie del regista. (...) è un thriller apocalittico, certo, che però vira verso una dimensione più spirituale e interiore. Boyle ha girato con stile asciutto, pensando a Tarkovskij e Kubrick, ma ha perso l'equilibrio sulle scene d'azione. Peccato, perché il film vibra proprio quando l'astronave è immersa nel silenzio, in un'atmosfera terrificante e claustrofobica. Che tanto bene ci ricorda che il Cosmo forse non ci è ostile ma, di sicuro, noi umani gli siamo per lo meno indifferenti." (Roberta Bottari, 'Il Messaggero', 20 aprile 2007)"Opera fra le meno personali del notevole Danny Boyle, 'Sunshine' ('Luce del sole') è pursempre interessante. (...) Tragico e ottimista (il sacrificio generale sarà fecondo, come in 'Armageddon') a un tempo, l'epilogo è 'inglese' per il primo lato e commerciale per il secondo, visto che il film è distribuito dagli americani. L'esito vero è il primo: lo spettatore adulto lo capirà; ma 'Sunshine' sarà visto quasi solo da chi, di Boyle, ha amato tutt'al più il modesto ma fortunato 28 giorni. Comunque si rammenti che Boyle è l'unico giovane regista 'da pubblico' ad aver demolito i miti sessantottardi con 'The Beach'". (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 20 aprile 2007)
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Titolo Superman Returns
Titolo originale Superman Returns
Anno 2006
Regista Bryan Singer
Durata 140
Paese USA
Genere azione, fantascienza, fantasy
Trama Dopo essere andato alla ricerca di altri superstiti del pianeta Krypton, Superman torna sulla Terra ma ha un'amara sorpresa: la sua amata Lois Lane si è rifatta una vita senza di lui e gli abitanti di Metropolis non hanno più bisogno del loro supereroe. A riportare l'Uomo d'acciaio in azione interviene la scarcerazione di Lex Luthor, suo acerrimo nemico alla ricerca di un sistema per distruggere per sempre l'ostacolo Superman. Ma c'è anche un'altra missione ad attendere il supereroe: riconquistare il cuore dell'amata Lois...Note - MARLON BRANDO APPARE NEI PANNI DI JOR-EL IN IMMAGINI DI REPERTORIO DEL FILM "SUPERMAN" DEL 1978 DIRETTO DA RICHARD DONNER.- CANDIDATO ALL'OSCAR 2007 PER I MIGLIORI EFFETTI VISIVI.Critica "Felice il cinema che ha ancora bisogno di supereroi, per dirla con Brecht. Riecco Superman, classe '33, che torna con sfumatura cristologica, ciuffo sbarazzino, conchiglione all'inguine e gel salvando la Terra dal perfido Luthor (Kevin Spacey, un divertimento assoluto) che progetta cataclismi ecologici. (...) Il regista Singer la prende larga, l'avventura è divertente ma langue e cresce nel secondo tempo, somigliando a 007. Vero che il new Routh è una fotocopia di Reeve, ma con un alone di malinconia vera che i più sensibili rimandano al solito 11.9.01, del resto citato. Viene il dubbio che ormai fare i cinegiocattoli sia impossibile." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 22 settembre 2006)
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Titolo Suspiria
Titolo originale Suspiria
Anno 1976
Regista Dario Argento
Durata 98
Paese ITALIA
Genere horror
Trama La giovane americana Susy Banner si reca a Friburgo, in Germania, per iscriversi ad una accademia di danza. La notte del suo arrivo assiste alla fuga di una allieva, Patty Newman, che il giorno seguente verrà ritrovata barbaramente uccisa in casa di una amica. In seguito muore, dilaniato dal proprio cane, Daniel, il pianista cieco dell'accademia. Una strana sonnolenza ed inspiegabili malori colpiscono la stessa Susy. Schifosissimi vermi invadono, a migliaia, il collegio. Susy può confidarsi solo con Sara, già amica di Patty, ma anch'ella è vittima di una morte atroce proprio quando stanno cercando insieme la spiegazione a questi fenomeni. Susy apprende poi da un esperto in magia che l'accademia è stata fondata agli inizi del secolo da Elena Marcos, una strega dotata di formidabili poteri e capace di creare attorno a sé una setta di adepti.Note - PRIMO CAPITOLO DELLA 'TRILOGIA DELLE TRE MADRI: MATER SUSPIRIORUM, MATER LACHRIMARUM E MATER TENEBRARUM'. GLI ALTRI FILM DELLA SERIE SONO "INFERNO" (1979) E "LA TERZA MADRE" (2007).- LA VERSIONE RESTAURATA E' PRESENTATA COME EVENTO SPECIALE ALLA II^ EDIZIONE DI 'CINEMA. FESTA INTERNAZIONALE DI ROMA' (2007) NELLA SEZIONE 'PREMIÈRE/LA NOTTE D'ARGENTO'.Critica "Nel recente 'Suspiria' gli insegnamenti dei maestri del brivido (...) vengono sfruttati solamente ai fini di una più che banale ricerca di effetti, tesi ad impedire un qualsiasi atteggiamento critico del pubblico." (S.B. 'Cinema di tutto il Mondo', 1978)"Lasciata la strada del giallo, percorsa nei suoi film precedenti, Dario Argento si abbandona completamente, in quest'opera, al gusto dell'orroer e lo porta a livelli di esasperazione. Le persone umane sono vivisezionate nelle loro paure, squartate e sbranate nelle loro copmponenti fisiche. L'uomo in altre parole è fatto oggetto centrale di questo di questo spettacolo povero e morboso. (...) Effetti cromatici e sonori imperversano dall'inizio alla fine ma concorrono a dare ancora di più la netta sensazione della inesistenza di un qualsiasi sviluppo narrativo e psicologico. (...) Ma questa vicenda che non procede, ci sollecita, al massimo, ad applaudire al mago che ha saputo presentare dei congegni da far paura." ('Segnalazioni cinematografiche', vol. 82, 1977)
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Titolo Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street
Titolo originale Sweeney Todd: The Demon Barber Of Fleet Street
Anno 2007
Regista Tim Burton
Durata 117
Paese USA
Genere musicale, thriller
Trama Il barbiere Sweeney Todd, ingiustamente accusato di crimini che non ha commesso, viene arrestato. Uscito di prigione, però, si trasforma in un uomo diverso. Sua moglie e sua figlia hanno sofferto molto della situazione e anche lui ha dovuto subire violenze ingiustificate. Per le strade di Londra, ora c'è un nuovo serial killer armato di rasoio...Note - CHRISTOPHER LEE ERA STATO ANNUNCIATO PER IL RUOLO DEL GENTILUOMO FANTASMA, POI ELIMINATO DALLA SCENEGGIATURA DEFINITIVA.- GOLDEN GLOBE 2008 PER MIGLIOR FILM COMMEDIA/MUSICALE E MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA. ERA STATO CANDIDATO ANCHE PER MIGLIOR REGIA E ATTRICE PROTAGONISTA.- OSCAR 2008 PER LA MIGLIOR SCENOGRAFIA. ERA CANDIDATO ANCHE PER MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA E COSTUMI.- CANDIDATO AL NASTRO D'ARGENTO 2008 COME MIGLIOR FILM EXTRAEUROPEO E PER LA MIGLIOR SCENOGRAFIA.Critica "Se dopo la visione di 'Sweeney Todd', la vostra notte sarà popolata d'incubi, non rimproverateci di non avervi avvisati. Basato su un fatto di cronaca del primo Ottocento il film è un'opera in nero e rosso; un delirio gotico popolato di fantasmi, una fiaba atroce più di 'Hansel e Gretel', incubo della nostra infanzia; un teatro della crudeltà claustrofobico che lascia tracce sanguinanti nella memoria a medio termine dello spettatore. Burton accentua il senso di chiuso moltiplicando i primi piani, con l'effetto di rendere più incombente l'atmosfera scena dopo scena. Decolora l'immagine come se osservarla fosse il cupo occhio di Todd, con l'effetto di esaltare il rosso-emoglobina, che invade gradualmente lo schermo. Merito anche delle straordinarie scenografie di Dante Ferretti, della fotografia funerea di Dariusz Wolski, delle canzoni di Stephen Sondheim, Tim dilata a proporzioni mai toccate il suo personalissimo senso del 'creepy', quella capacità di instillare nelle immagini qualcosa che fa accapponare la pelle."(Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 22 febbraio 2008)"Burton rispecchia l'origine teatrale e chiude i numeri canori, non doppiati, come sul palco. Dove il furioso Depp con ciuffo bianco, la Bonham Carter che sembra la 'Sposa cadavere', Alan Rickman, Spall e Sacha Baron Cohen ci offrono compiaciuti disgusti con stile. Burton esalta gli amanti diabolici nella loro piccola bottega degli orrori, la filiera gola-salsiccia, e regala un magnifico presagio di vita di coppia da sit com in un fluire visionario stilizzato con fondali e figure quasi disegnati, sentimenti da fiabe crudeli. Un inno efferato in cui Burton ha sostituito il cioccolato col sangue. E nessuno sogna, solo incubi." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 22 febbraio 2008)"Man mano che il film si addentra nella sua dimensione più folle e grandguignolesca, è chiaro che quello che interessa a Burton sono proprio questi (pseudo) amanti diabolici. Lui accecato dalla vendetta, lei dalla passione. Sono di Bonham Carter i due dei numeri più irresistibili del film, il valzer cannibalistico 'A Little Priest' e 'By the Sea', in cui sogna per sé e il demoniaco barbiere l'esistenza di una 'coppietta qualsiasi'." (Giulia D'Agnolo Vallan, 'Il Manifesto', 22 febbraio 2008)"I contorni della poetica di Tim Burton sono delimitati dall'horror, dall'umorismo e da una leggera patina di tenerezza che investe, oltre ai due innamorati, perfino il barbiere maledetto, il quale nella sua bottega taglia la testa ai clienti, e la perfida Nellie ne tritura i corpi preparando focacce che fanno impazzire mezza Londra. Quello che viene raccontato nel film non è riassumibile, non è adatto ad anime candite o a spettatori che da tempo non vanno al cinema. Nel finale, per fortuna, un trovatello fa pagare il fio al diabolico barbiere. Ma, bisogna riconoscerlo, tutto è reso da una scrittura di incredibile creatività. Tutto vi è amalgamato: le parole e i versi delle canzoni, una Londra ottocentesca e una nevrosi assoluta, i continui colpi di scena. E tutto tende a un 'segno' moderno, come inatteso, sempre sorprendente. Tim Burton dice che il cinema è una forma dispendiosa di psicoterapia. Analizza sogni che, talvolta, assomigliano a incubi. Saprà mai liberarsene il geniale regista?" (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 22 febbraio 2008)"Nonostante la forma-musical, il film è una tetra metafora del capitalismo come cannibalismo, una versione cantata della 'Modesta proposta' di Jonathan Swift. Le musiche non sono memorabili, non uscirete canticchiando una canzone ma sarete sommersi da un flusso sinfonico qua e là ripetitivo. Depp è bravo ma Helena Bonham-Carter e Alan Rickman gli rubano la scena, mentre Sacha Baron Cohen si esibisce in un cameo grottesco ed efficace." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 22 febbraio 2008)"E adesso? Credevamo di sapere tutto di Tim Burton, e lui ci serve un film fastoso e indigeribile, geniale e stucchevole, disperato e feroce. Altro che scheletri buffi e fabbriche di cioccolata. Questo è un prodigio di virtuosismo e cattivo gusto che ribalta l'Edward mani-di-forbice di Johnny Depp nel suo opposto. Non un malinconico mutante impossibilitato ad amare, ma un barbiere assetato di vendetta che taglia gole, non barbe. E ne taglia un sacco, mentre il sangue sgorga, zampilla, si spande a fontana. Non è nemmeno farina del suo sacco, perché stavolta Burton porta sullo schermo il musical macabro scritto da Stephen Sondheim nel 1979. Ma Sweeney Todd non è un lavoro su commissione o un esercizio di stile. È un film-cannibale che frantuma e trangugia tutto ciò di cui ha bisogno per farne qualcosa di nuovo. Come certa arte macabra oggi di moda (vedi la collezione Saatchi), anche se Burton ci mette l'impudenza del bambino che ha trovato un compagno di giochi più scatenato di lui. (...) Ma il bello, per così dire, è che anche donne e bambini, solitamente portatori di speranza, affondano nei liquami di questa Londra miserabile dove i ricchi spadroneggiano e i poveri sfornano pasticci di carne umana. Impossibile non ammirare l'irrecuperabile 'Sweeney Todd'. Ma anche amarlo davvero non è facile." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 22 febbraio 2008)"L'incipit dell'ultimo film di Tim Burton è un perfetto compendio dell'intero film-musical 'Sweeney Todd'. E subito il tocco del maestro del lato oscuro delle favole è deciso e netto come e più che nei favori precedenti. Tim Burton si impossessa di una leggenda anglosassone forse ispirata ad una lontanissima realtà che racconta di un barbiere che assassinò 160 clienti nella Londra del 18mo secolo. Nessuno oggi sa se quel barbiere sia mai esistito veramente. Certo è che la sua storia è sulle scene inglesi già da fine Ottocento, diventata poi musical nel 1979 per mano del compositore Stephen Sondheim e dello scrittore Hugh Wheleer. Sulla scena di Broadway, nei panni del barbiere e della sua amica pasticcera, Len Cariou e Angela Landsbury. Ma nelle mani di Burton, lo strano musical dalle tinte horror che aveva avvinto un costante pubblico di assetati di sangue si trasforma nella tragedia d'amore di un serial killer dall'anima sofferente. (...) Il sangue gronda come pianto dalle gole dei clienti, le lame vibrano come dita nelle mani del barbiere. Tim Burton non perde mai la concentrazione, il lato oscuro e violento della vita nel suo musical diventa frutto di una inconsolabile sofferenza. Nonostante la zeppola, Depp canta roco e digrignante con tutta la forza che ha. E ancora più sorprendente Helena Bonham Carter che di 'Mrs Lovett' fa un profilo ricchissimo di sfumature. I duetti cantati tra i due sono da storia del musical. Le scenografie sono di Dante Ferretti. Il risultato è sorprendente e, tra una gola tagliata e un'altra, persino ci si commuove." (Roberta Ronconi, 'Liberazione', 22 febbraio 2008)"Composizione da virtuoso, almeno una canzone da ricordare, velocità e finale con crescendo di horror estremo, stilizzato nel sangue denso, rosso che sporca le inquadrature. Un mondo senza sbocco e, bizzarramente bello quanto ripetitivo, un po' noioso. Nella grandiosità del cinema di Burton, per la prima volta, un dubbio." (Piera Detassis, 'Panorama', 28 febbraio 2008)"Grande film recitato magnificamente, vibrante di tragicità, passione, dolore, con un'autenticità da maledizione esistenziale: maturo, sincero, bellissimo." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 28 febbraio 2008)
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Titolo CODICE: SWORDFISH
Titolo originale Swordfish
Anno 2001
Regista Dominic Sena
Durata 99
Paese USA
Genere azione, poliziesco, thriller
Trama TRAMA CORTAGabriel Shear, una spia carismatica e assai pericolosa, vuole finanziare una sua personale forza patriottica. Per entrare nel mondo del cyberspazio, protetto dai più sofisticati sistemi di sicurezza, pensa di sfruttare il senso paterno di Stanley Jobson, un hacker appena uscito di prigione per aver violato il sistema di controllo dell'FBI. Nonostante il divieto di avvicinarsi a più di 150 metri da ogni negozio di apparecchiature elettroniche, Stanley cercherà di aiutare Gabriel - e la sua partner Ginger - a rubare qualche miliardo di dollari da un fondo governativo illegale per riavere sua figlia Holly che dopo il divorzio è stata affidata alla moglie.TRAMA LUNGAGabriel Shear, pericolosa spia che vuole finanziare un gruppo patriottico da lui costituito per difendere le libertà americane, mette gli occhi su un fondo segreto creato durante un'operazione di riciclaggio di denaro sporco dell'antidroga e poi rimasto fermo sui conti bancari per far crescere gli interessi. Gabriel, da buon patriota, ha le idee chiare su come risolvere il problema del terrorismo internazionale, ma ha bisogno di molti soldi e l'operazione detta in codice 'Swordfish' è quello che ci vuole. Il piano di Gabriel prevede l'assalto alla banca della DEA in pieno giorno, con una decina di mercenari, armi pesanti e ostaggi. Ma portare a termine una rapina di questo tipo impone di entrare nei sistemi informatici ed allora ci vuole l'aiuto di un hacker. Stanley è il migliore sulla piazza: è in libertà vigilata per aver violato tempo prima un programma dell'FBI. Gabriel invia la propria partner Ginger, che convince Stanley a fare il lavoro. Quest'ultimo però è tenuto d'occhio dall'agente informatico Roberts, che lo vede arrivare a Los Angeles e poi lo pedina. Più tardi Stanley scopre Ginger con un microfono addosso, lei si difende dicendo di essere un'agente della DEA sotto copertura per scoprire per chi lavora Gabriel. Dopo altri inseguimenti, scambi di ruoli, inganni, quando Gabriel, Ginger e Stanley convergono sulla World Banc per la rapina, Stanley ha finalmente chiara la situazione. Gabriel, intelligente quanto fanatico difensore del 'sogno' americano contro i terroristi di tutto il mondo, uccide Ginger. Stanley, che aveva provato a depistare i soldi su vari conti, è costretto a seguire Gabriel su un pullman con gli ostaggi che poi viene alzato in volo da un elicottero. Gabriel quindi fugge. Stanley spara un razzo e il velivolo esplode. Ora Stanley ha riavuto la figlioletta a lungo desiderata e insieme sono in viaggio. Tutto sembra finito, e invece a Montecarlo una donna che somiglia a Ginger ritira i soldi e li porta su uno yacht ad un Gabriel diverso ma riconoscibile. In alto mare esplode un'imbarcazione con un terrorista israeliano. Critica "Il fascino di 'Codice: Swordfish', diretto a passo di corsa da Dominic Sena, è tutto nelle scariche nervose che elettrizzano il racconto. Certo, l'intreccio da rapina e computer è parecchio pasticciato ma le citazioni colte o autoironiche sono divertenti. E in certi momenti il sorriso criminale del perfido Travolta si illumina d'immenso". (Claudio Carabba, 'Sette', 20 settembre 2001) "Prodotto da Joe Silver, festeggiato a Deauville insieme con l'attore australiano, 'Codice: Swordfish' è un film d'azione e di spionaggio popolato di personaggi eccessivi che sembrano misurarsi con situazioni impossibili. Tutto avviene all'insegna dell'iperbole, ma con un sapore di videogioco che ne attenua la violenza". (Renzo Fegatelli, 'Trovaroma', 27 settembre 2001) "Film di spionaggio + action movie + John Travolta (...) Momenti eccitanti: un ostaggio carico di esplosivo, un autobus trasportato da un elicottero nei cieli di Los Angeles, un inseguimento velocissimo e furioso con inclusa terribile sparatoria. Presenza cruciale: John Travolta, infinitamente simpatico". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 28 settembre 2001) "Il fragoroso 'Codice: Swordfish', di Dominic Sena, visto oggi suona sinistramente ammonitore. Pizzetto mefistofelico, modi da play boy, mezzi illimitati, John Travolta è il misterioso angelo nero che sequestra, rapisce, distrugge, uccide. Perché? Attenti al cast, c'è anche l'ambigua e bellissima Halle Berry". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 28 settembre 2001) "Se l'idea all'origine di 'Codice: Swordfish' - la sceneggiatura è di Skip Woods - sembra interessante, la realizzazione è desolante, almeno per un pubblico adulto, quello in grado non solo di contare, giulivo, i morti ammazzati. Il ritmo frenetico, da videoclip (da lì viene Sena, autore per il cinema dell'ottimo e sfortunato 'Kalifornia' e del mediocre e fortunato 'Fuori in 8 secondi'), porta a trascurare incongruenze e inverosimiglianze, genere 'Mission: Impossible' e 'Mission: Impossible 2'. I due punti nel titolo favoriscono evidentemente gli incassi, la qualità no...". (Maurizio Cabona, 'Il giornale', 28 settembre 2001) "Una storia stravagante, che aspirerebbe all'amoralità ma si risolve in un catalogo di scene ad effetto, dirette da un regista di clip e spot periodicamente prestato al cinema. Col pizzetto da Mefistofele, Travolta gigioneggia come richiede la parte ma non ha, forse, tutto il carisma che questa gli attribuisce. Lo contrasta Hugh Jackman ('X-Men'), attore in ascesa che ricorda il Clint Eastwood di parecchi anni fa". (Roberto Nepoti,'la Repubblica, 29 settembre 2001) "Mentre il mondo aspetta la risposta ecumenica al terrorismo talebano esce la faccia da schiaffi di John Travolta con computer galattici, banda armata, bombe e razzi (...) Di per sé sono trovate plateali per fare baccano. Nell'attualità, ora, danno anche un po' di nausea. La regia di Sena ('Kalifornia') è secondo copione. Brutale e inessenziale". (Silvio Danese, 'Il giorno', 5 ottobre 2001)
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Titolo Syriana
Titolo originale Syriana
Anno 2005
Regista Stephen Gaghan
Durata 128
Paese USA
Genere politico, thriller
Trama Il giovane e carismatico principe Nasir, erede al trono di un Paese del Golfo produttore di petrolio, sta cercando di modificare le relazioni commerciali che da lungo tempo sono state favorevoli agli uomini d'affari degli Stati Uniti. Nasir, infatti, ha appena vantaggiosamente ceduto ai cinesi i diritti di sfruttamento del gas, in precedenza detenuti dal gigante texano Connex, danneggiando così gli interessi americani nella regione. Jimmy Pope, proprietario della Killen, una piccola compagnia petrolifera, ha da poco ottenuto i diritti di trivellazione nei giacimenti del Kazakhstan destando l'interesse della Connex. Quando le due compagnie decidono di fondersi, il Dipartimento della Giustizia e lo Sloan Whiting, potente studio legale di Washington, devono verificare la stipula dell'accordo tra loro. A Bob Barnes, veterano agente della CIA, che potrebbe passare gli ultimi anni della carriera svolgendo un comodo lavoro d'ufficio, viene promessa una promozione dopo un'ultima missione il cui scopo è l'assassinio del principe Nasir. L'esito imprevisto di questa missione lo metterà nelle condizioni di riesaminare il ruolo che ricchi e poveri, sceicchi e lavoratori, ispettori governativi e spie internazionali svolgono inconsapevolmente all'interno del complesso sistema mondiale.Note - GOLDEN GLOBE 2006 A GEORGE CLOONEY COME MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA.- OSCAR 2006: MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA (GEORGE CLOONEY). ALTRE NOMINATIONS: MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE.- FUORI CONCORSO AL 56MO FESTIVAL DI BERLINO (2006).Critica "'Syriana' rischia di passare per il nuovo film di George Clooney. Bello, bravo e simpatico (soprattutto a chi vuole murarlo nel ruolo di ennesimo hollywoodita anti-Bush), l'attore non ha, però, deciso di dirigere a tutti i costi e, nel caso del thriller fuori concorso, si è limitato a eseguire le direttive di Stephen Gaghan, già sceneggiatore di 'Traffic' e 'Le regole dell'attrazione'. Basato sulle memorie dell'ex agente Cia Robert Bear, il plot del film appare innanzitutto troppo complesso e tortuoso ed è un peccato perché di solito la bravura dei cineasti americani sta proprio nella capacità di sciogliere gli intrecci impossibili e renderli comprensibili agli occhi del pubblico dei non specialisti. (...) L'impressione finale, purtroppo, è quella di un film che non sa scegliere tra il ritmo incalzante, le recitazioni a effetto (di Clooney, ma anche di Matt Damon, Jeffrey Wright, Chris Cooper, William Hurt ecc.) e l'ambizione di puntare il dito contro le cancrene che minerebbero la democrazia d'oltreoceano; tra la tradizionale spettacolarità ad alto budget e le farraginose allusioni che meriterebbero un altro approfondimento, se non un altro contesto." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 11 febbraio 2006)"La struttura a mosaico è la stessa usata per dipingere la rete internazionale del narcotraffico nel film di Soderbergh, la posta però è ancora più pesante e le connessioni così intricate che bisogna arrivare quasi a fine film per orientarsi fra avvocati, petrolieri, agenti della Cia, emiri, terroristi, per lo più impegnati in doppi e tripli giochi. (...) Così semplificata la faccenda può suonare schematica, ma sullo schermo palpita di verità, di dettagli inediti, di personaggi sempre solidi e motivati. Dai protagonisti, all'imam che striglia i ragazzini delle madrasse spiegando perché 'liberalismo e cristianesimo non possono guarire il dolore di vivere nel mondo moderno'. Dai libanesi che prima accolgono e poi torturano Clooney, a quella massa grigia di funzionari, agenti, mestatori, burocrati che decide gli intricati destini del mondo. Mette malinconia pensare che un tempo film così li facevamo in Italia (dice niente 'Il caso Mattei'?). Ma è quasi incredibile che una pellicola così documentata e dura con gli Usa abbia strappato due candidature agli Oscar, per lo script e per Clooney." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 11 febbraio 2006)"Che bel film si poteva fare da 'La disfatta della Cia', ma purtroppo 'Syriana' non corrisponde alle aspettative. Sugli sfondi e intrighi minuziosamente investigati dall'autore, il regista Stephen Gaghan ha preferito sovrapporre una trama romanzesca articolata su troppi personaggi: Clooney che in qualche modo rispecchia Baer eroe frustrato e deluso; Matt Damon in veste di sfortunato consigliere di Alexander Siddigm figlio progressista di uno sceicco del petrolio; Jeffrey Wright piccolo avvocato complice di grandi mascalzoni, Mazhar Munir immigrato povero che finisce martire. Il chiaro messaggio del libro arriva confuso da un film che per capirlo bene bisognerebbe vederlo due volte. Sullo schermo le trame nere intorno all'oro nero sono troppo nere e quanto all'esordiente regista Gaghan gli consiglierei di studiarsi i dvd di Francesco Rosi." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 11 febbraio 2006)"A tratti è difficile capire ciò che succede in 'Syriana'; però - non sembri un paradosso - anziché di un difetto si tratta di un pregio. Perché il film riproduce, anche nella struttura narrativa, l'estrema complessità degli intrighi della globalizzazione, in quel teatro critico del nostro tempo che è il Medio Oriente. Un po' come accade in 'Traffic', che fruttò l'Oscar per la sceneggiatura a Stephen Gaghan, le azioni procedono parallelamente, spostandosi di continuo tra luoghi geograficamente lontani e moltiplicando i personaggi. (?) Il montaggio alternato di tanti eventi in gioco mira, con ambizione pari al talento, a sintetizzare e a mettere in relazione, in un sol colpo, gli sporchi giochi di potere che coinvolgono multinazionali, servizi segreti, vittime e carnefici, interi popoli. La prova del nove della complessità risiede nel fatto che gli stessi protagonisti stentano a comprendere gli intrighi cui prendono parte: a cominciare da Bob Barnes, l'agente che, dopo un'intera vita spesa per la bandiera a stelle e strisce, si rende conto di essere stato sempre sfruttato e ingannato dai suoi capi. E Clooney gli conferisce una nota di amara disillusione da attore di classe che ne fa la vera star del film." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 11 febbraio 2006)