Elenco dei film di Griffith

Immagine
Titolo La promessa dell'assassino
Titolo originale Eastern Promises
Anno 2007
Regista David Cronenberg
Durata 100
Paese USA, GRAN BRETAGNA, CANADA
Genere drammatico, thriller
Trama Londra. Nikolai Luzhin è uno degli uomini di fiducia del clan russo capeggiato da Semyon, proprietario di un elegante ristorante transiberiano che, dietro la sua impeccabile facciata, nasconde una natura fredda e brutale. Un giorno, Nikolai si imbatte in Anna Khitrova, una giovane ostetrica, anche lei di origine russa, sconvolta per la morte di una ragazza da lei assistita durante il parto. Nonostante venga fortemente scoraggiata dai suoi parenti, Anna vorrebbe rintracciare la famiglia di origine della defunta per affidare loro il neonato. Nikolai si offre di aiutarla, ma la sua iniziativa provocherà drammatici avvenimenti e creerà in lui sentimenti contrastanti.Note - CANDIDATO AI GOLDEN GLOBE 2008 PER: MIGLIOR FILM DRAMMATICO, ATTORE PROTAGONISTA E COLONNA SONORA.- VIGGO MORTENSEN CANDIDATO ALL'OSCAR 2008 COME MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA.Critica "Il grande regista canadese è cambiato. Se finora il suo cinema aveva raccontato anomalie (la mosca incorporata, i gemelli inseparabili, la cantante uomo di 'M. Butterfly', i giochi di realtà virtuale), è come se adesso si fosse reso conto che tutto è anomalo, che la normalità o la norma non esistono più. Dal 2005 di 'A History of Violence', il suo cinema s'è fatto più convenzionale e insieme più profondamente caotico nel tentativo di rappresentare un mondo anarchico privo di punti di riferimento, nei quale la generosità, l'altruismo, la bontà sono capricci paranoici come tutto il resto." (Piera Detassis, 'Panorama', 20 dicembre 2007)"Nel rispetto della struttura del noir, Cronenberg si sofferma a indagare sul quartetto di anime in pena al centro della storia, come fossero personaggi di Dostoevskji. Gli interpreti sono tutti ottimi: ma è Mortensen, intenso e ambiguo, davvero straordinario, a dominare la scena." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 14 dicembre 2007)"In fondo, 'La promessa dell'assassino' può essere guardato anche come una storia d'amore tra angeli decaduti, il killer tatuato e la giovane ostetrica contaminata dalle brutture del mondo; però senza la pretesa di distribuire condanne o assoluzioni, né di impartici lezioncine di morale, ma traducendo tutto in immagini potenti, articolate senza mai una caduta di tensione. Assassini a parte, insomma, quello di Cronenberg è un film che mantiene (di quanti si può dire altrettanto?) interamente la sua promessa." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 14 dicembre 2007)"Veggente esploratore di orrori biomolecolari, instancabile detective delle fluttuazioni e degli spettri dell'identità, dopo il western 'A History of Violence', David Cronenberg sceglie un gangster movie russo, ancor più compatto e essenziale del film precedente. Il regista nega ogni continuità, ma 'Eastern Promises' (scritto da Steve 'Thing' Knight) è un doppio programma ideale con 'A History of Violence' - stessa vena stringata, stessa geometria perfetta, stessa fascinazione per la violenza, nelle sue forme più fisiche e esplosive, come in quelle di assoluta immobilità. Ed è una violenza a base di lame, non di pistole, ancora più paurosa perché incredibilmente intima. Non a caso, il regista canadese ha detto di essersi ispirato alle decapitazioni arrivate persino su Internet.". (Giulia D'Agnolo Vaillan, 'Il Manifesto', 14 dicembre 2007) "Nonostante il mainstream di facciata 'La promessa dell'assassino' è un film prodotto e soprattutto distribuito da un'etichetta indipendente (la Focus Features), imbottito di star e girato da un signore che si pregia di imporre un proprio stile cinematografico malgrado le convenzioni visive ed espressive dominanti. Per seguire l'evolversi dello script di Steve Knight, Cronenberg marchia la messa in scena adottando la sua tipica distanza e la singolare angolatura verso il soggetto inquadrato (spassoso il momento in cui si scongela un cadavere con il phon), da cui sortisce una dialettica filosofica morbosa sugli aspetti più reconditi dell'animo umano, questa volta rintracciabili tra i pericolosi e cupi gangster della mafia russa londinese dei VoryVZakone. (...) Volano botte, scricchiolano ossa, scorre sangue senza demoni splatter, per un armonico balletto che si conclude con un eroticissimo scontro al coltello. In un film in cui fa persino capolino una presunta ambiguità sessuale del protagonista: dopo aver dato segni di impotenza, bacia Anna/Watts sfiorandole le labbra quasi con schifo e fugge via con Kirill, il violento e stupidone figlio di Seyrnon. Davvero queer." (Davide Turrini, 'Liberazione', 14 dicembre 2007)"Il nuovo film di Cronenberg si apre con un uomo sgozzato a tutto schermo; prosegue con un'adolescente che si accascia in un lago di sangue; e chiude questo incipit da antologia col primo piano inquietante di un neonato ancora coperto di liquido amniotico attaccato a un respiratore - immagine che è quasi la firma del regista di 'Inseparabili' e 'La mosca', sempre attento agli incroci fra l'uomo e la macchina, la carne e il metallo. Eppure 'La promessa dell'assassino', action-thriller fisico e teso come e più di 'History of Violence', è anche una specie di documentario fantastico' sulla mafia russa a Londra. (...) Ma quello che in altre mani sarebbe stato solo un film d'azione in più, diventa grazie a Cronenberg l'allucinante referto della crisi di un intero continente. Reso con una furia coreografica e insieme un'aderenza sentimentale che stringe il cuore." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 14 dicembre 2007)"David Cronenberg è altamente ineguale, ma i suoi devoti troveranno interessante anche 'La promessa dell'assassino', il cui protagonista è Viggo Mortensen, come in 'History of Violence'. (...) Oltre al forse voluto marasma linguistico, c'è un difetto più grave: la dabbenaggine del personaggio della Watts, che investiga sulla morte d'una puerpera andando a farsene tradurre il compromettente diario da chi l'aveva resa schiava, pur convivendo con un patrigno russo." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 14 dicembre 2007)
Immagine
Titolo Un matrimonio all'inglese - Easy Virtue
Titolo originale Easy Virtue
Anno 2008
Regista Stephan Elliott
Durata 95
Paese GRAN BRETAGNA
Genere commedia, romantico
Trama Anni '20. Durante un viaggio in Francia, John Whittaker, rampollo di una famiglia dell'alta società inglese, si innamora perdutamente di Larita, una ragazza americana divorziata, emancipata, sexy ed affascinante. I due si sposano in fretta e furia e si trasferiscono in Inghilterra, dove vivono i genitori del ragazzo. Tuttavia, sin dal primo incontro con la madre e le sorelle di John, la neo-sposa avverte sentimenti ostili nei suoi confronti, e mentre Larita cerca di fare del suo meglio per tentare di adattarsi, la signora Whittaker mette in atto una serie di tranelli per mettere in cattiva luce la nuora. Le uniche persone in casa solidali con Larita sembrano essere il padre di John e il maggiordomo di casa Whittaker. Una serie di rocambolesche situazioni e un segreto svelato porteranno John e Larita a rendersi conto che il loro amore è stato messo a dura prova.Note - ANTEPRIMA, IN CONCORSO, AL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA (III EDIZIONE, 2008).Critica "Ci spostiamo in Inghilterra per scoprire la diva hollywoodiana di domani: Jessica Biel. Che bomba. E che brava. Non deve essere stato facile per lei precipitare in mezzo a un gruppo di grandi attori inglesi (Colin Firth e Kristin Scott Thomas tra i leader) e vincere la caccia alla volpe. Jessica splende come yankee sciupamaschi che sposa giovane rampollo inglese. Ma il suo soggiorno anglosassone sarà un incubo per via della suocera. E' 'Easy Virtue' da Noel Coward ma riletto in chiave rock da una regia vivace di Stephen Elliot. Battute a raffica, humour anglosassone di prima qualità e la Biel che sembra una nuova Katharine Hepburn. Solo più sexy. Scarlett Johansson? Jessica se la mangia a colazione." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 28 ottobre 2008)"Il delizioso 'Easy Virtue' è diretto da Stephan Elliott sulla base della commedia di Noel Coward già messa in scena dal giovane Hitchcock nel '28. Impagabile scorcio d'inglesità anni Venti, sottoposto al vaglio sardonico delle battute e del ritmo perfetti, il film mette a duro confronto la spumeggiante americana Larita con il microcosmo familiare del fresco maritino John: tra equivoci e contrattempi davvero esilaranti, l'iniziale disagio sottopelle finisce per esplodere nella lussuosa (ma indebitata) magione di campagna, non prima di avere demolito l'intera impalcatura delle differenze di classe, umori, tabù, abitudini, repressioni e complessi. Gli 80 anni di vita del testo sono, insomma, scavalcati in raffinata scioltezza grazie anche agli interpreti, tra cui spiccano la meravigliosa non-oca bionda Jessica Biel, il giovane & innocente Ben Barnes ex principe Caspian di 'Le cronache di Narnia' e Kristin Scott Thomas nel ruolo della suocera più ridicola e isterica della storia del cinema." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 28 ottobre 2008)"Spira l'aria della commedia - e che commedia! - in 'Easy Virtue'. Il gancio è di quelli irresistibili, scovato in un lavoro di Noel Coward per il quale passò Hitchcock quando il cinema era ancora muto. (...) Un duello a base di battute velenose, trappole e dispetti, che via via fa affiorare tutto quello che il coperchio delle buone apparenze nasconde." (Guido Barlozzetti, 'E Polis Roma', 28 ottobre 2008)"'Easy Virtue' non è solo una prova di abilità registica. Elliott scommette su raffinatezza, gusto e spettacolarità, dissemina note eccentriche, e molto contemporanee, e usa il cinema con un bel senso di libertà. Cosa oggi assai rara." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 30 ottobre 2008)"Brillante e ottimamente interpretata invece la commedia 'Matrimonio all'inglese' di Stephen Eiliot in cui una giovane americana appena divorziata, sposa un ragazzo inglese e incontra la famiglia super snob del marito. Tratto dalla pièce teatrale di Noel Coward, che nel 1927 aveva ispirato anche 'Fragile virtù' di Alfred Hitchcock, il film ironizza su tabù e desideri repressi della middle class inglese, ma il tema dell'eutanasia che si insinua attraverso l'oscuro passato della bella americana viene affrontato con superficialità." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 9 gennaio 2009)"Grazie a Stephen Elliot, è nata una stella. Il suo 'Matrimonio all'inglese' (in originale 'Easy Virtue') impone infatti Jessica Biel, che esce alla pari dal temibile confronto con la cinquantenne Kristin ScottThomas. Eppure la Biel parte con lo svantaggio del personaggio positivo, quindi meno interessante: è la buona, americana e spregiudicata, contro la suocera, inglese e arcigna, che ha però le battute migliori. (...) 'Un matrimonio all'inglese' invece regge: perfino un ventenne si diverte con questa vicenda ideata per adulti. E i risvolti gay, a cominciare dalla misoginia, saranno colti solo da chi li sa cogliere; gli altri arriveranno comunque alla fine senza guardare l'orologio. Quanto allo scivolamento in avanti della storia dal 1923 aI 1929, se non ci sono motivi dichiarati, ce n'è uno non dichiarato: esibire da ogni angolazione possibile la spider di un'industria tedesca che comincia costruire auto solo nel 1929!" (Maurizio Cabona, "Il Giornale', 9 gennaio 2009)
Immagine
Titolo Edward mani di forbice
Titolo originale Edward Scissorhands
Anno 1990
Regista Tim Burton
Durata 103
Paese USA
Genere fantasy
Trama Peggy Boggs, rappresentante di cosmetici in cerca di clienti, si reca nel sinistro castello in stile gotico situato ai margini del centro residenziale in cui vive, e vi trova uno strano giovane, pallido e spaurito, che al posto delle mani ha delle cesoie. Questi vive solo, dopo la morte improvvisa del suo inventore-padre, avvenuta prima che potesse applicargli le mani e la sua imperfezione gli causa gravi difficoltà. Peggy, impietosita, lo porta nella sua casa, per farlo vivere con la sua famiglia, composta dal marito Bill, dal figlio adolescente Kevin, e dalla figlia Kim. Lo strano ospite desta subito la curlosità delle pettegole amiche di Peggy, che se lo disputano, attratte morbosamente dalla sua "diversità", e entusiaste dei mirabili lavori che Edward è capace di fare con le sue forbici: tagliare gli alberi e i cespugli in originali forme di creature umane o di animali, tosare i cani e realizzare per le signore eleganti pettinature. Una vicina, la sensuale Joyce Monroe, tenta invano di sedurre Edward, che invece si innamora segretamente di Kim, fidanzata con Jim, un cinico figlio di ricchi, ma avari genitori, il quale subito odia Edward, perché vede in lui un potenziale rivale. Poiché le forbici di Edward aprono anche le porte, Jim decide di servirsi di lui per rubare in una stanza segreta i soldi necessari a comprarsi un camper, dove intrattenersi con la fidanzata. Kim è contraria al progetto, ma alla fine cede; però scatta l'allarme ed Edward rimane solo e prigioniero dentro l'appartamento. Ritenuto un ladro, e arrestato, viene liberato soltanto perché portatore di handicap, ma ormai le sue ammiratrici si sono trasformate in nemiche, ed Edward, perseguitato, è costretto a rifugiarsi nel suo castello, dove lo raggiungono Kim e Jim, la prima per dichiarargli il suo amore, il secondo per ucciderlo. Nello scontro finale, è il crudele Jim a morire, trafitto incidentalmente dalle cesoie di Edward, che poi la ragazza fa credere morto. Da quel giorno Kim non rivedrà mai più il suo innamorato...Critica "La favoletta maliziosa non convince. La parodia sfugge, stavolta, al regista. E neppure i risvolti drammatici e sentimentali soddisfano. Il duttile Tim Burton intendeva aggiornare la storia del mostro e la bella affiancando al motivo patetico il satirico. Le sue sono rimaste intenzioni." (Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 26 aprile 1991)."In sé la storia è quasi una storiella con tutti gli ingredienti della favola facile. Bisogna dare atto a Tim Burton che, senza molti voli sia dal punto di vista del costume, sia dal punto di vista figurativo, se n'è servito qua e la con qualche estro. Poteva essere più gradevole." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 26 aprile 1991)."Il film è protetto da una grazia scenografica che lo rende curioso alla vista e al cervello. Nello sguardo assente del bravissimo e truccatissimo Johnny Deep, il nuovo idolo di 'Cry Baby', c'è un piccolo vero dolore, di cui Burton fa soprattutto spettacolo, ma con una sua grafia assurda e gentile". (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 27 aprile 1991)."Benché, sembri di essere in un 'cartoon', non diremmo infatti che la sceneggiatrice Caroline Thompson e il regista Tim Burton, anche coproduttore, abbiano ricavato tutto quello che c'era di comico e patetico nell'idea iniziale". (Giovanni Grazzini, 'Il Messaggero', 26 aprile 1991)."Questa favola comica e surreale è il film di Tim Burton più autentico e riuscito." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 26aprile 1991).
Immagine
Titolo Orphanage, The
Titolo originale El Orfanato
Anno 2007
Regista Juan Antonio Bayona
Durata 100
Paese MESSICO, SPAGNA
Genere horror
Trama Laura, insieme al marito e al figlio adottivo Simón di sette anni, decide di ristrutturare il vecchio orfanotrofio, dove era cresciuta, per convertirlo in un centro per bambini disabili. La nuova casa e i suoi dintorni misteriosi, stimolano l'immaginazione di Simón che dice di giocare con amici invisibili. All'inizio Laura, pensando che sia tutto frutto della fantasia del bambino, non fa molto caso a queste parole. Ma quando iniziano a verificarsi alcuni strani episodi, Laura ha i primi dubbi, chiedendo aiuto a dei parapsicologi per capire cosa sta succedendo...Critica "Si vede poco in 'The Orphanange' ma quel poco basta a trasmettere brividi di ignoti al più truculento degli splatter. Siamo piuttosto dalle parti di 'The Others' e del 'Sesto Senso'; in una versione più evoluta. La bella sceneggiatura gioca con la figura di Peter Pan, alternando soprannaturale e situazioni quotidiane, in un'atmosfera di mito. Geraldine Chaplin interpreta una medium." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 14 novembre 2008)"Un film di fantasia nera che guarda al romanzo 'Giro di vite' di Henry James. Al di là del genere, appunto, quel che conta qui è lo stile e la capacità di evocare insegnamenti lontani e vicini di classici e maestri. Il regista, il trentenne Juan Antonio Bayona, è alla sua opera prima (insieme al direttore della fotografia, al montatore e allo sceneggiatore), eppure dimostra grande capacità e tecnica. Ha avuto dei maestri che lo hanno aiutato, da Guillermo Del Toro ad Alejandro Amenabar, il cui 'The Others' è stato seminale e fondativo per questa nuova generazione. 'The Orphanage' discende in linea diretta da questa famiglia di registi, e interpreta bene l'insegnamento dei maestri, dal Clayton di 'Suspense' al Serrador di la 'Residencia' (alias, 'Gli orrori del liceo femminile') o del 'Ma come si può uccidere un bambino?', quest'ultimo film aderente in modo particolare al tema di questa pellicola spagnola. Sono i bambini e le donne i protagonisti di questo film, l'infanzia e la maternità, il come lasciamo morire i bambini e come le donne possano nutrire, anche inconsciamente, sentimenti di ambivalenza materna, amore e violenza, anche inconscia." (Dario Zonta, 'L'Unità', 14 novembre 2008)"Infarcito di molti ricordi, il film ha una pulizia visiva e un rigore nella paura, senza mai ricorrere al ghigno, allo splatter, al sangue ma tenendo presente il mistero senza fondo delle coscienze infelici da cui forse dipende tutto, pure gli spiriti delle caverne marine. Bisogna scegliere di cosa avere paura, e il passato è sempre la cosa che terrorizza di più, come si vede fin dai titoli di testa magnifici, alla Saul Bass, su carta a fiori strappata dalle pareti. Se ne fa garante Guillermo del Toro, produttore, ma dall'alto delle crudeli favole mezze dark benedice Peter Pan." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 14 novembre 2008)"Il giovane Bayona (classe '75), che ha studiato i classici, sa che maggiore è l'ambiguità migliore sarà l'effetto, e dimostra una mano già notevole benché non originalissima in un paio di lunghe scene madri abbastanza memorabili (la festa mascherata, l'esperimento con la medium). Fosse altrettanto incisivo nelle parti "adulte" di raccordo, 'E1 orfanato' sarebbe un gran bel film. Così resta un ottimo film di genere, con un paio di non indispensabili punte horror che sanno quasi di omaggio al produttore Guillermo Del Toro. Non è affatto poco." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 14 novembre 2008)"Senza nulla togliere al bravo Bayona e all'intensa interprete Belén Rueda, 'The Orphanage', accolto benissimo in Spagna da pubblico e critica, ha l'impronta stilistica del produttore Guillermo del Toro, talentuoso autore ('Il labirinto di Pan') ben consapevole che l'horror si alimenta delle atmosfere giocate sul segreto confine fra visibile e invisibile." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 14 novembre 2008)"I modelli di riferimento sono giusti -'Suspence' di Jack Clayton e 'Gli invasati' di Robert Wise - ma gli esiti non sono all'altezza." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 14 novembre 2008)
Immagine
Titolo Nemico Pubblico
Titolo originale Enemy Of The State
Anno 1998
Regista Tony Scott
Durata 126
Paese USA
Genere Thriller
Trama A Baltimora, Thomas Brian Reynolds, capo di una sezione della National Security Agency (che dipende dal Dipartimento di Stato) non riesce a convincere un rappresentante del congresso statunitense a votare a favore della legge sulla privacy. Di fronte al rifiuto, i sicari hanno via libera per ucciderlo. Nella stessa città, Robert Clayton Dean è un procuratore legale, impegnato soprattutto nella difesa dei diritti dei lavoratori. Felicemente sposato e con un bambino, un giorno Robert entra in un negozio di biancheria intima per fare un regalo di compleanno alla moglie. Qui, precipitosamente, entra un uomo, che lui riconosce come un vecchio amico e che subito scappa. Robert gli va dietro ma può solo vederlo morire sulla strada mentre è inseguito. Poco dopo agenti federali si presentano a casa sua per indagare e fargli domande. Dean è ormai oggetto di una sorveglianza speciale ma lui non può saperlo perché non si è accorto che l'amico, prima di scappare, gli ha nascosto nella busta dei regali un registratore- spia. Dean è incalzato senza tregua dagli uomini di Reynolds e, quando cerca di avere informazioni dalla sua abituale confidente Rachel, ex fidanzata, la ragazza viene trovata morta. Per venire a capo della situazione, Dean deve contattare Brill, ex agente NSA poi al servizio degli afgani ed ora libero battitore verso il miglior offerente. Dean e Brill, unendo gli sforzi, riescono a chiarire gli equivoci. L'approvazione della legge sulla privacy viene rinviata. Dean, riabilitato, torna a casa, guarda la tv e capisce che Brill gli ha messo una spia nella stanza. Dice allora, rivolto alla televisione: " Voi non avete il diritto di entrare a casa mia".

Critica "Ottimo poliziesco tutto azione, anche se un po' macchinoso nell'intreccio, ricchissimo di colpi di scena, diretto a tamburo battente da Tony Scott, che riese spesso a sbalordire lo spettaotre, come nell'emozionante sequenza dell'inseguimento alla bici contromano. Il simpatico farfallone Will Smith e l'eterno fuoriclasse Gene Hackman sono una garanzia". (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 4 ottobre 2001)
Immagine
Titolo Fuga dal pianeta delle scimmie
Titolo originale Escape From The Planet Of The Apes
Anno 1971
Regista Don Taylor
Durata 100
Paese USA
Genere azione, drammatico, fantascienza
Trama Nel 3955, tre scimpanzè - Milo, Zira e Cornelius - appartenenti all'evoluta specie scimmiesca subentrata all'umanità allorchè questa si autodistrusse con le armi atomiche, saliti a bordo di un'astronave per sfuggire alla disintegrazione della Terra (causata anch'essa, sia pure involontariamente, da un uomo: l'astronauta americano Taylor) per un guasto agli strumenti di bordo regrediscono nel tempo, per ritrovarsi sul nostro pianeta nell'anno 1973. Ripescati in mare e condotti davanti a una commissione d'inchiesta, Zira e Cornelius (Milo morirà, strangolato da un gorilla, prima di poter essere interrogato) riusciranno a convincere gli inquirenti di essere creature evolute, intelligenti e pacifiche, e come tali verranno trattate. Lo spaventoso futuro che attende l'umanità, e che Zira e Cornelius conoscono per averlo già vissuto, turba pero' profondamente uno scienziato, Otto Haschlein, il quale decide che l'unico modo per impedirlo è di uccidere il figlio che Zira è in procinto di dare alla luce, e di sterilizzare i suoi genitori. Protetti da due medici loro amici, il dottor Louis Dixon e la sua collega Stephanie Branton, gli scimpanzè si rifugiano dapprima in un circo e poi su una nave in disarmo. Il fanatico Haschlein riuscirà pero' a raggiungerli e a ucciderli, pur perdendo a sua volta la vita. Il suo crimine, tuttavia, non riuscirà a sventare il catastrofico avvenire della Terra: da qualche parte, in un circo, infatti, un piccolo scimpanzè, il figlio di Zira, sta già pronunciando la sua prima parola...Critica "Terzo episodio della serie iniziata col 'Pianeta delle scimmie' e proseguita con 'L'altra faccia del pianeta delle scimmie', il film, pur realizzato con sufficiente mestiere, manca di trovate propriamente fantascientifiche e quindi di efficacia spettacolare in senso stretto. Risulta, per converso, più ricco dei precedenti di contenuto tematico e di accenti polemici nei riguardi del razzismo, della superbia umana e della scienza che pretende di sostituirsi a Dio nel decidere il futuro dell'umanità." ('Segnalazioni cinematografiche', vol.75, 1973)
Immagine
Titolo Punto di non ritorno
Titolo originale Event Horizon
Anno 1997
Regista Paul W.S. Anderson (Paul Anderson)
Durata 92
Paese USA, GRAN BRETAGNA
Genere fantascienza
Trama Nell'anno 2047, viene organizzata una spedizione allo scopo di recuperare la Event Horizon, un prototipo di nave spaziale progettato per raggiungere le stelle più lontane e scomparso sette anni prima. Autore del progetto è il dottor Weir, uno scienziato perseguitato dal ricordo del suicidio della moglie Claire, che sogna come un incubo ricorrente. Della spedizione affidata ad un gruppo di specialisti nel salvataggio spaziale, fanno parte il comandante Miller, il navigatore Stark, i tecnici Peters e Cooper, l'ingegnere Justin, il dottor D.J. e il pilota Smith. Solo dopo essersi inoltrati nello spazio, Weir spiega che la Event Horizon è stata la prima nave spaziale progettata per superare la velocità della luce ed è scomparsa dopo l'attivazione del "sistema di gravità", il rivoluzionario dispositivo tecnologico di cui è dotata. Weir fa ascoltare una registrazione, unico indizio sulla misteriosa scomparsa: si sentono grida e lamenti disumani e terrificanti. L'equipaggio comincia ad avere paura, che aumenta quando appare la sagoma a forma di croce dell'Event Horizon e i biomonitor, in cerca di forme di vita, registrano dati strani e anormali. Saliti a bordo, tutti possono verificare che i membri della nave sono stati eliminati per avere oltrepassato i limiti temporali prefissati. 72 giorni dopo, la Event Horizon esplode, alcuni sopravvivono e tornano sulla nave di origine. Ma il mistero della Event Horizon resta insoluto.Note - REVISIONE MINISTERO GENNAIO 1998.Critica "Pur dotato di ottime scenografie (soprattutto effetti sonori) e di buone idee nel voler raccontare le distorsioni gravitazionali e i precipizi temporali causati da buchi neri artificiali, Punto di non ritorno fallisce nell'intento di mescolare fantascienza e horror, fisica e metafisica, suspense e splatter: un costoso B-movie, un'odissea nello spazio-tempo che, alla lunga, pare confondersi, dissiparsi e scomporsi in un vortice di anti-materia cinematografica." (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 2 febbraio 1998)"Quello però che infastidisce di più e che fa sconfinare del tutto la fantascienza nell'horror giustificato solo di rado è l'eccesso di particolari raccapriccianti spinti intenzionalmente oltre ogni limite: sia quando ci si compiace di intrattenerci quasi in primo piano su occhi enucleati dalle loro orbite, sia quando la regia dell'oriundo inglese Paul Anderson spinge al diapason il tasto della violenza; con accenti compiaciuti sul sangue versato o, peggio, sputato a fiumi. Ottenendo, immediato, l'effetto nausea. Fra gli astronauti, Laurence Fishburne, Joely Richardson, Kathleen Quinlan, Jack Noseworthy. Dimentichiamoli." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 24 gennaio 1998)"Strano mix di fantascienza, horror, parabola etica e Star Trek 'Punto di non ritorno' di Paul Anderson, nella sua modestia, appartiene a quel cinema contemporaneo sul Male affascinato (sul serio o nella speranza di far soldi) dalla malvagità e dall'estrema perversità a cui l'uomo può giungere. (...) Nonostante sventure impegnative il film è qualsiasi, mentre lo stile dei navigatori spaziali e i rapporti tra loro restano quelli irresistibili di Star Trek: linguaggio parascientifico, ciascuno sempre interpellato col suo titolo (dica dottore, ascolti capitano, primo ufficiale provveda), solidarietà contro il Male e calmo coraggio anche quando 'ci sono soltanto quattro ore d'ossigeno, poi non respireremo più'." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 24 gennaio 1998)
Immagine
Titolo Eye, The
Titolo originale Eye, The
Anno 2008
Regista Xavier Palud David Moreau (II)
Durata 98
Paese USA
Genere drammatico, horror, thriller
Trama Los Angeles. Sydney Wells è rimasta cieca da bambina in seguito a un incidente. Vent'anni dopo, la ragazza è diventata una celebre violoncellista e ha deciso di sottoporsi ad un doppio trapianto di cornea. L'intervento ha un esito positivo, ma durante la convalescenza e il successivo adattamento al ritorno della vista, Sydney comincia ad essere perseguitata da strane e spaventose immagini. Eventi inspiegabili si susseguono finché amici e parenti della ragazza cominciano a dubitare della sua sanità mentale. Convinta che i suoi nuovi occhi le abbiano in qualche modo aperto la porta di un terrificante mondo che solo lei può vedere, Sydney decide di scoprire da sola la verità.Note - REMAKE DEL FILM OMONIMO DIRETTO NEL 2002 DAI FRATELLI PANG.Critica "Lontano dai prodotti horrorifici, 'The Eye' è un film di genere, di quelli ribattezzati 'the Ghost Movie', ma educato, professionale e breve. (...) La conclusione, discretamente scontata, riserva comunque una sorpresa e la premonizione di un altro capitolo, come è accaduto al film cinese. Jessica Alba, invischiata finora in prodotti commerciali, si impegna lodevolmente. Per ora è un clone di Angelina Jolie." (Adriano De Carlo, 'Il Giornale', 4 aprile 2008)
Immagine
Titolo FACE/OFF - DUE FACCE DI UN ASSASSINO
Titolo originale Face/off
Anno 1997
Regista John Woo
Durata 137
Paese USA
Genere azione, drammatico
Trama Da otto anni Sean Archer, agente dell'FBI, dà la caccia a Castor Troy, responsabile di efferati omicidi, tra cui quello di Michael, un bambino di cinque anni figlio di Sean. Quando Archer riesce a catturare Troy, sembra la fine di un incubo, ma invece il criminale ha nascosto una bomba capace di radere al suolo il centro di Los Angeles. Per scoprire dov'è nascosta la bomba, Archer si introduce segretamente nel carcere dov'è rinchiuso Pollux, il paranoico fratello di Castor, di cui assume le sembianze grazie ad una sofisticata operazione chirurgica. Mentre Archer, divenuto Castor, sta cercando di avere l'informazione giusta, il vero Castor si sveglia dal coma e costringe il chirurgo a trapiantargli la faccia di Archer, che era stata messa in conservazione. Le parti così si sono rovesciate. Castor, scambiato per Archer, fa il poliziotto e poi, a casa, il marito e il padre. Archer, scambiato per Castor, cerca di organizzare la fuga dal carcere per dimostrare l'errore, mentre incombe la minaccia della bomba. Solo dopo molta tensione, scontri a fuoco, inseguimenti pericolosi, Archer riesce a ristabilire le giuste identità, a sconfiggere finalmente il nemico e a tornare a tranquillizzare la moglie.Note - REVISIONE MINISTERO OTTOBRE 1997.Critica "Assurdo ma geniale e eccitantissimo poliziesco del regista hongkonghese John Woo, un vero maestro nelle scene d'azione, che inventa uno sbalorditivo gioco virtuosistico, eccessivamente diluito e alla lunga ripetitivo, in cui è facile perdere la Trebisonda. Dicendo che John Travolta recita come Nicholas Cage (o viceversa) si rischia la querela per diffamazione". (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 26 settembre 2000)
Immagine
Titolo I Fantastici 4 e Silver Surfer
Titolo originale Fantastic Four: Rise Of The Silver Surfer
Anno 2007
Regista Tim Story
Durata 92
Paese USA
Genere avventura, azione, fantascienza, fantasy
Trama Reed Richards e Sue Storm stanno finalmente coronando il loro sogno d'amore con il matrimonio. Il giorno delle nozze, però, iniziano ad accadere una serie di avvenimenti catastrofici. A provocare danno e distruzione sulla Terra è l'araldo intergalattico Silver Surfer che, per salvare il suo pianeta, si è asservito al potere di Galactus, il Divoratore di Mondi. I Fantastici 4 sono così chiamati ancora una volta a difendere la Terra e i suoi abitanti ma, oltre al pericoloso surfista galattico, devono vedersela anche con un vecchio nemico: il Dottor Destino.Note - CHRIS COLUMBUS E STAN LEE FIGURANO TRA I PRODUTTORI ESECUTIVI.- NELLA VERSIONE ORIGINALE LA VOCE DI SILVER SURFER E' DI LAURENCE FISHBURNE.Critica "C'è chi rubava la tavola da surf a Robert Duvall in 'Apocalypse Now Redux' e c'è chi ruba la tavola da surf a una creatura spaziale pelata dalla pelle argentata ne 'I fantastici 4 e Silver Surfer' di Tim Story, secondo capitolo del cinefumetto più scemetto (in senso buono) del gruppone di casa Marvel. (...) Curiosità: i militari Usa sono esseri repellenti che torturano per avere informazioni. Buone notizie: il film dura solo 92 minuti. Cattive notizie: Silver Surfer, dinamicamente divino, è troppo più bello e interessante del film che lo ospita. Avrà una saga tutta sua come capitò nel fumetto. Silver Surfer, facci sognare." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 15 giugno 2007)"Da qualche tempo a questa parte, raccontare il soggetto di un film di supereroi fa sentire un po' sottosviluppati mentali. (...) L'ingresso della new entry generata al computer ha l'effetto di incasinare una trama che contiene di tutto, di più. Fatti salvi gli effetti spettacolari, il secondo episodio della saga è scontato e ripetitivo, sfoggia uno humour di seconda scelta e ci fa sognare un mondo che non abbia più bisogno di supereroi." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 15 giugno 2007)"Il film di Tim Story è banale e simpatico come il nome del regista, ma soprattutto non se la tira come 'Spiderman' che bussa alla porta del dr. Freud, ma si lancia in spedizioni in giro per il mondo, le capitali glamour, con la spaziale Fantasticar, anche essa un vintage dei fumetti, nata nel n.3, addì 1962. Tutti contro il perfido che apre voragini, ma che forse non è il lucente surfista ma l'antico nemico, il tiranno Von Doom. Scritto con un tocco di ironia (metti che i nostri si scambino le facoltà da vip paranormali) da Don Payne, sceneggiatore dei 'Simpson', il film ottempera i desideri soprattutto minorenni, apre schermate di computer, usa qualche parolona tecnologica, ma poi torna terra terra alla lotta tra Bene e Male, con qualche variazione macha di privacy (anche l'Uomo roccia ha la sua bella ma è proibito sapere come fanno). Il racconto si agita strizzando gli occhi al pubblico e con lo stesso gruppo d' attori che ha portato fortuna al kolossal Fox di cui alla fine si annuncia il terzo round: Venezia sta sprofondando." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 15 giugno 2007)
Immagine
Titolo Fast & Furious - Solo parti originali
Titolo originale Fast & Furious
Anno 2009
Regista Justin Lin
Durata 107
Paese USA
Genere azione
Trama I fuggiaschi Dominique Toretto e Brian O'Conner si ritrovano nell'ultimo capitolo della saga tutta velocità e motori: Fast and Furious. Quando un crimine lo riporta a Los Angeles, nelle strade dove tutto ebbe inizio, Dominique ricostituisce il suo potere insieme all'ex agente O'Conner. Ma i due saranno presto obbligati ad affrontare un nemico comune e dovranno trovare il miglior modo per ottenere la loro vendetta, come sempre spingendosi al volante oltre il limite del possibile in un nuovo action-thriller ad elevato numero di ottani.Critica "Diesel? Troppo poco coatto. Cercare l'introspezione in Toretto è come volersi fare un bagnetto in cima all'Everest. Successone in Usa, comunque, e carriera del buon Vin che rimette il turbo." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 17 aprile 2009)"Un collaboratore della rombante rivista "Cruisin'" ci assicura che nel frenetico film dell'ormai specializzato (recidivo?) Justin Lin tutto è solo pretesto per mettere in mostra profili e autoscontri di squadrati macchinoni yankee, meglio se d'epoca. Ma chi fatica a distinguere un bolide dall'altro, o chi ha 'occhi capaci di guardare oltre le cazzate' (Vin dixit), si accorge di goffi inseguimenti attaccati al tergicristallo e sempre in contromano non solo logico (fa niente), ma anche visivo: gravissimo è piroettare solo col montaggio. Donne&Motori: gnocche, lesbo, gran ferraglia, iguana, neri kattivi, nasi rotti e rap anche nostrano (Enmicasa). Adrenalina decerebrata, forse è giusto cosi." (Alessio Guzzano, 'City', 17 aprile 2009)
Immagine
Titolo Fast and the Furious: Tokyo Drift, The
Titolo originale Fast and the Furious: Tokyo Drift, The
Anno 2006
Regista Justin Lin
Durata 104
Paese USA
Genere avventura, azione, thriller
Trama Shaun Boswell è un adolescente irrequieto dedito alle corse clandestine di auto superveloci. Per questo motivo si mette nei guai con la giustizia e, per evitare la galera, è costretto a trasferirsi da suo padre, militare di stanza a Tokyo. Non passa molto tempo prima che Shaun entri in contatto con la locale comunità di piloti clandestini, ma il suo esordio nel circuito nipponico è segnato dalla sconfitta contro D.K., signore indiscusso delle corse legato alla Yakuza...Critica "Spot per la mania proletaria giovanile: anche se la Universal raccomanda di non imitare i drifters, il film del taiwanese Justin Lin invita all'edonismo violento, cinepresa truccata e molesta sensazione auditiva." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera, 14 luglio 2006)
Immagine
Titolo Paura e delirio a Las Vegas
Titolo originale Fear And Loathing In Las Vegas
Anno 1998
Regista Terry Gilliam
Durata 115
Paese USA
Genere drammatico
Trama Nel 1971 dalla California partono su una decappottabile rosso scuro Raoul Duke, giornalista, e il suo avvocato, dr.Gonzo. La direzione è Las Vegas, dove Duke deve realizzare un servizio su una corsa di moto, e Gonzo deve partecipare ad una convention di avvocati e procuratori. In macchina si portano una scorta illimitata di mescalina, erba, allucinogeni e droghe di varia qualità, di cui fanno abbondante uso. Attraversano il deserto del Nevada e visioni terribili li accompagnano: l'attacco di uno stormo di pipistrelli, gruppi di lucertoloni che organizzano festini in albergo, il pavimento che si squaglia sotto i piedi. Fanno poi strani incontri: un poliziotto tanto severo quanto solo, che insidia Duke; una giornalista televisiva che si serve della follia amorosa di Gonzo; una ragazzina fuggita da casa, una maniaca mistica che si è sistemata nella loro stanza e potrebbe portare a qualche guaio con la giustizia. Tra un incontro e l'altro, Duke e Gonzo continuano ad ingerire droghe, e vomitano e vedono liquami in ogni angolo. Talvolta Duke si mette alla macchina da scrivere e butta giù riflessioni sulla situazione, di loro in particolare e dell'America in generale. Quindi Duke decide di cambiare macchina, e percepisce che un cambiamento è ormai impossibile. I due allora separano i propri destini. Duke accompagna Gonzo fino alla pista dell'aeroporto. Il futuro rimane incerto e nebuloso. Critica "Delirante, nel pieno senso della parola, pasticcio surreale, tratto da uno strampalato romanzo sulla cosidetta beat generation, dove la libertà di droga faceva rima con la guerra alla società. Tra immagini impazzite e una musica da frastornare un sordo, l'esaltato Terry Gilliam divide i critici, molti dei quali ancora pronti a dargli la patente di genio. Invece di ritirargliela per sempre". (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 21 ottobre 2002)
Immagine
Titolo Final Fantasy
Titolo originale Final Fantasy: The Spirits Within
Anno 2001
Regista Hironobu Sakaguchi e Moto Sakakibara
Durata 106
Paese USA, GIAPPONE
Genere Animazione, Fantasy
Trama TRAMA
In un futuro prossimo il pianeta terra è sconvolto da un'invasione di una civiltà aliena. Alla luce accecante del sole del tramonto, che la costringe a socchiudere gli occhi, una giovane combattente osserva l'apocalittica e affascinante visione di Times Square rasa al suolo. Tutto intorno, enormi barriere difensive contengono l'esercito alieno. Sola, circondata da nubi di polvere, la ragazza si appresta a partire alla ricerca di un miracolo, credendo in quei valori come il coraggio, l'amore e la dedizione che potrebbero, forse, salvare il pianeta. TRAMA LUNGA13 dicembre 2065, gli alieni hanno invaso la Terra. Le grandi città si sono trasformate in deserti e i pochi esseri umani rimasti devono trovare il modo per sopravvivere all'invasione e riprendersi il pianeta. Due umani, la dott.ssa Aki Ross e il dott. Sid, stanno lavorando ad una soluzione. Partendo dalla propria teoria, secondo la quale ogni essere vivente ha in sé onde spirituali che possono essere controllate, e avendo notato che gli alieni si nutrono degli spiriti dei morti, Aki e Sid cercano di raccogliere una serie di esemplari organici i cui spiriti, messi insieme, dovrebbero formare un'onda di intensità uguale e contraria a quella degli alieni. Raccolti sei degli otto spiriti necessari per creare l'onda, si stanno cercando gli altri due, prima che sia troppo tardi. Aki può contare sull'aiuto del coraggioso capitano Gray e del suo gruppo chiamato 'deep eyes'. Questo drappello si avventura nei territori devastati dal morbo alieno, fino ad arrivare nel cuore del territorio nemico: la zona in cui si è schiantato il meteorite che ha dato il via libera agli alieni. Nel frattempo il generale Hein propone di usare il 'Cannone Zeus', una potente arma spaziale altamente distruttiva, per bombardare l'energia vitale e tenere a distanza gli alieni. Aki e Sid si oppongono alla proposta, ma Hein, desideroso di vendetta per aver perso moglie e figli durante l'invasione, decide di andare avanti. Aki tuttavia ha finalmente dato una spiegazione ai sogni che fa da tempo: gli alieni non sono un esercito invasore, sono fantasmi che vorrebbero diventare umani. Prima dell'ultimo assalto, Aki e Gray si baciano. Quindi Gray difende la ragazza dall'estremo agguato dei Phantom, e muore. Quando tutto si calma, torna anche il sereno. Aki ha Gray tra le braccia. Sopra di loro vola l'uccello che va verso il libero cielo. Note - NELLA VERSIONE ORIGINALE LE VOCI SONO DI ALEC BALDWIN (GRAY EDWARDS), STEVE BUSCEMI (NEIL), VING RHAMES (RYAN), DONALD SUTHERLAND (DR. SID), JAMES WOODS (GENERALE HEIN), PERI GILPIN (JANE PROUDFOOT), MING-NA (DR. AKI ROSS).Critica "L'unica cosa che manca nel film di Sakaguchi è, ovviamente, l'interattività. Dalla sceneggiatura non si può pretendere - date le premesse - un eccesso di originalità. Basta avere un manipolo di eroi, alcuni dei quali sacrificabili, mostri che si moltiplicano a vista d'occhio e, per sovrappiù, un generale ottuso e guerrafondaio che vuole bombardare gli alieni con un enorme cannone laser, rischiando di mandare alla malora lui il nostro vecchio pianeta. Il tratto grafico degli attori virtuali e degli scenari in cui agiscono evoca le favole classiche della fantascienza a fumetti, Moebius e la rivista 'Métal Hurlant', con una certa cupezza alla Giger cui rimandano, del resto, i mostri dalle morfologie in simil Alien". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 3 agosto 2001)"La novità è totale. Perché 'Final Fantasy', diretto dal mago del videogame Hironobu Sakaguchi, nasce dalla playstation ma è in tutto e per tutto un film. Di più: è il primo film con personaggi 'realistici' interamente generato al computer. E se sulle prime lo sforzo tecnologico sembra sproporzionato al risultato finale, presto ci si accorge che 'Final Fantasy' compie un'operazione decisiva nella storia della fantascienza, realizzando per la prima volta la sua intima natura. Ovvero trasportandola definitivamente nel regno delle idee, mentre finora ci si era dovuti contentare di ibridi più o meno riusciti realizzati integrando attori, modellini, effetti speciali e via rimediando, con passione e bricolage, alle deficienze tecniche". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 3 agosto 2001)
Immagine
Titolo Giovani aquile - Flyboys
Titolo originale Flyboys
Anno 2006
Regista Tony Bill
Durata 139
Paese FRANCIA, USA
Genere azione, drammatico, guerra, romantico
Trama All'inizio della I Guerra Mondiale, quando gli Stati Uniti erano ancora estranei al conflitto, un gruppo di giovani aviatori americani decide di raggiungere l'Europa per dare il proprio contributo alla lotta per la libertà arruolandosi nell'aviazione francese, sotto il comando del capitano Thenault.Critica "Abbiamo visto tanti film in cui giovani americani evitavano il conflitto imboscandosi e ora, grazie a 'Giovani aquile - Flyboys' di Tony Bill, ne vediamo uno in cui dei ragazzi yankee vanno a combattere in una guerra che il loro paese addirittura rifiuta. Roba d'altri tempi. (...) Buoni sentimenti, belle scene d'azione in cielo, un godimento per gli appassionati di modellistica aerea. Sembra di vedere un film degli anni '40 con incredibili effetti speciali per l'epoca. Ma la gradevole patina "old fashion" è stata fatale al box office in Usa. Chi cerca il film di guerra di una volta non rimarrà deluso." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 29 giugno 2007)"Prolisso, recitato male e tradotto peggio, il film inanella di buono vari duelli aerei nelle due ore che sintetizzano due anni (1916-1918) di guerra. Perché dei ventenni non politicizzati vanno a uccidere e a farsi uccidere in una guerra non (ancora) loro? (...) Questi americani in uniforme francese avevano contro i rossi triplani Fokker, che un altro americano, il cane Snoopy dei fumetti, avrebbe reso nuovamente celebri mezzo secolo dopo, inveendo contro il Barone Rosso. Fra James Franco e Martin Henderson, bei ragazzi più che buoni attori, Jean Réno è il burbero benefico che tiene alto il vessillo francese." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 30 giugno 2007)"Un film di guerra confezionato alla vecchia maniera, liberamente ispirato ad una storia vera, che riporta sul grande schermo il fascino del volo degli inizi grazie alle imprese dei temerari aviatori della Grande Guerra. Giovani aquile, diretto da Tony Bill, non entrerà certo nel novero dei capolavori del genere, tuttavia è una pellicola gradevole, che ha come punto di forza gli spettacolari duelli aerei ricostruiti realisticamente grazie all'uso degli effetti speciali. Protagonisti sono alcuni giovani americani che, o perché contrari alla iniziale neutralità degli Usa nel conflitto o perché in fuga da qualcosa o da qualcuno, decidono di attraversare l'oceano alla volta della Francia per combattere come volontari. Con un carico di storie personali e aspettative diverse, nel 1916 si arruolano nell'aviazione, venendo assegnati alla famosa Escadrille Lafayette. Impareranno a volare e a combattere. Alcuni moriranno, altri sopravviveranno, diventando uomini ed eroi.Nel copione, per la verità poco impegnativo ed originale, non manca nulla del collaudato cliché degli "airmovie" stile Usa: una buona dose di retorica sul patriottismo e sul valore delle giovani vite sacrificate sull'altare della libertà; il rispetto per l'avversario che lotta cavallerescamente; il nemico più spietato degli altri che diventa l'obiettivo prioritario da colpire; il giovane cavaliere dell'aria che, a tu per tu con la morte, si scopre fragile e terrorizzato ma che alla fine si riscatta; il "cacciatore" solitario; il burbero eppure umano e comprensivo comandante (con il volto inspiegabilmente sempre stralunato di Jean Reno); nonché l'immancabile, ma stavolta delicata, storia sentimentale tra il valoroso aviatore d'oltre oceano e la bella contadina del luogo. Il tutto serve ad inframmezzare le missioni aeree, con gli adrenalinici duelli tra i biplani francesi "Nieuport 17" e i triplani tedeschi "Fokker Dr.I" resi celebri dal Barone Rosso, anche se qui l'asso è un famigerato Falco Nero. E poco importa se i triplani si vedono fin dalle prime scene di battaglia, mentre in realtà furono utilizzati solo dall'ottobre del 1917. Gli esperti di storia dell'aviazione sicuramente storceranno un po' il naso per questa ed altre incongruenze, ma gli amanti del genere probabilmente perdoneranno questa "licenza". Del resto, ispirandosi al travagliato 'Gli angeli all'inferno' di Hughes (si ricordi la ricostruzione contenuta in 'The Aviator" di Scorsese), al contemporaneo 'Ali' di Wellman, vincitore nel 1929 del primo Oscar della storia come Miglior film, e soprattutto a 'Lafayette Escadrille', con il quale lo stesso Wellman concluse nel 1958 la sua carriera, il lavoro di Bill appare come un onesto tentativo di restare nel solco della tradizione. Ma forse proprio in questo sta il suo limite. Una sceneggiatura con personaggi e passaggi meno scontati avrebbe fatto volare il film ben più in alto." (Gaetano Vallini, 'L'Osservatore Romano', 21 luglio 2007
Immagine
Titolo Fog - Nebbia assassina, The
Titolo originale Fog, The
Anno 2005
Regista Rupert Wainwright
Durata 100
Paese USA
Genere horror
Trama Gli abitanti di Antonio Bay, un piccolo villaggio di pescatori, stanno vivendo un'orribile esperienza a causa di una misteriosa nebbia che sembra contenere una malvagia creatura, seminatrice di morte...Note - RAMAKE DEL FILM "FOG" SCRITTO E DIRETTO NEL 1980 DA JOHN CARPENTER.Critica "Prima o poi tutto torna, avverte la voce fuori campo sulle onde del mare che restituisce spiriti e spazzole legati a un atroce patto non rispettato avvolto nella nebbia non solo morale del passato: la maledizione del vascello pirata. Torna infatti, in forma di remake, la vendetta del bel film del 1980 di Carpenter, qui produttore che rinuncia all'incerato e inflazionato mr. Uncino. (...) Avulso dalle implicazioni sull'avidità Usa, il film si agita inutilmente con divi formato tv, Tom Welling e Maggie Grace, bellini e senz'anima. Il resto è noia-mestiere-computer e la corsa del piccino sulla spiaggia inseguito dallo smog-fog è oggi il quotidiano metropolitano purtroppo non creato in digitale." (Maurizio Porro, "Corriere della Sera", 13 aprile 2006)
Immagine
Titolo Tutti pazzi per l'oro
Titolo originale Fool's Gold
Anno 2008
Regista Andy Tennant
Durata 112
Paese USA
Genere avventura, commedia, romantico
Trama Ben Finnegan, detto 'Finn', è un simpatico cacciatore di tesori ossessionato dalla ricerca della leggendaria 'Dote della Regina', perduta in mare e risalente al XVIII° secolo. La sua fissazione lo ha portato quasi al lastrico e lo ha allontanato anche dalla moglie Tess. Ma proprio quando Tess sta riuscendo finalmente a rifarsi una vita, Finn scopre un indizio essenziale per la scoperta del tesoro...Critica "Per adeguarci al linguaggio usato nel film, scriveremmo così: oh mio Dio, ancora Kate Hudson e Matthew McConaughey insieme per andare a cercare da neo divorziati un tesoro sottomarino: 40 casse della regina di Spagna nel 1715. Ehi, ehi, ehi, c'è anche Sutherland sponsor mecenate. Oh mio Dio, il bisteccone di McConaughey è sempre a torso nudo sorretto da due gambette da fenicottero: avrà firmato così anche il contratto? E lei somiglia sempre più a mamma Goldie Hawn ma con meno talento. Nell'insieme, una commediola molesta che gira a vuoto: risale nell'ultima mezz'ora tutta action coi nostri due inseguiti da crudele banda rivale. Ma Tennant non è il regista di 'Hitch'? Oh mio Dio, si vede che è andato di ricalco su pietre verdi, ma Zemeckis è un'altra cosa. Ehi, ehi, ehi, ci vorrebbero le risate registrate come nelle sit com. Oh mio Dio sono tutti abbronzati, riflettono bene i panorami caraibici." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 25 aprile 2008)"Sceneggiatura di John Claflin & Daniel Zelman, e regia di Tennant imprimono a 'Tutti pazzi per l'oro' un brio più da commedia brillante che da film avventuroso e per questo, rispetto agli altri titoli citati, lo si sopporta. Certo, anche qui la coppia protagonista ha appena divorziato, anche qui il film spiega - a lei (Kate Hudson) soprattutto - che il loro amore è ancora immenso; certo, anche lui è stato vittima delle sue bugie e delle velleità. Ma il pubblico è seriale e si rassicura coi luoghi comuni: se trovasse della vera originalità, si pensa, andrebbe a vedere altri polpettoni, magari peggio cucinati. Perciò anche lo spettatore perbene può accompagnare la bella coppia in crisi fra acque limpide e immersioni pericolose. Il meglio lo troverà nei dialoghi salottieri sulla barca di lusso, con Donald Sutherland nel ruolo del magnate e Alexis Dziena in quello della figlia attraente e indisponente. Anche qui poco di nuovo, ma molto di professionale e poi era ora che Sutherland abbandonasse le maschere sataniche che portava da troppo tempo." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 25 aprile 2008)
Immagine
Titolo Le quattro piume
Titolo originale Four Feathers, The
Anno 2002
Regista Shekhar Kapur
Durata 125
Paese USA
Genere avventura
Trama Alla fine dell'800, Harry Faversham, ufficiale dell'esercito britannico in Sudan, viene accusato di codardia per essersi rifiutato di partecipare alla guerra e per questo gli vengono date simbolicamente le 'quattro piume'. Raggiunta Khartoum, infiltrato nelle file nemiche riuscirà a salvare i suoi compagni, riscattandosi così dall'accusa anche di fronte ai suoi amici più cari e alla sua fidanzata.Note - REMAKE DEL FILM OMONIMO DIRETTO DA ZOLTAN KORDA NEL 1939.Critica "In anni in cui domina il cinema-franchise (intrecci e personaggi messi in serie e in sequel) può incuriosire un film che riprende un testo già esplorato e destrutturato o 'copiato' in bella sullo schermo in tante versioni di qualità eterogenea. Interessa un cinema che ha le sane ambizioni del kolossal vecchia maniera. E attrae se al cuore della storia si possono trovare corrispondenze inquietanti con il cinema di guerra che offusca il mondo in questo momento: Occidente contro il terrore, orgoglio e rabbia". (Enrico Magrelli, 'Film Tv', 5 novembre 2002)"La regia di Kapur ha più primi piani di quanti ne possa sopportare un film così imponente, soffocato da una fotografia monocromatica, che mostra un'Africa polverosa e alcune sequenze spettacolari inaspettatamente sbrigative. Manca del tutto il retrogusto britannico e la sequenza iniziale del rugby mostra chiaramente le intenzioni del regista: realizzare un film senza anima, perché questa corrompe l'estetismo in stile Vogue e consente di affollare la vicenda con elementi diversi e incompatibili e di taroccare i comportamenti di una classe aristocratica rappresentandola con i volti stravolti da una visione periferica. Il protagonista Heath Ledger è peggio che inadeguato, ha i tratti volgari di un modello di Calvin Klein e i modi di un terzino di fascia". (Adriano De Carlo, 'Il Giornale', 2 novembre 2002)
Immagine
Titolo Venrdì 13 parte 2, l'assassino ti siede accanto
Titolo originale Friday The 13 Part 2
Anno 1981
Regista Steve Miner
Durata 84
Paese USA
Genere drammatico
Trama Alice soffre di terrificanti incubi dopo essere sopravvissuta alla strage dei suoi amici al 'Camp Blood'. Cinque anni dopo, altri giovani si dirigono verso quel famigerato campo, dove si ripetono gli stessi fatti. Cinny, la nuova assistente sociale, riesce ad uccidere il mostro che altro non è che Jason, il figlio morto annegato della folle e sanguinaria Voorhees, custode del primo campeggio.
Immagine
Titolo Venerdì 13
Titolo originale Friday The 13th
Anno 2009
Regista Marcus Nispel
Durata 99
Paese USA
Genere horror
Trama Un gruppo di amici decide di mettersi sulle tracce del serial killer psicopatico Jason Vorhees nel leggendario bosco del Lago di Cristallo. Tuttavia, il gruppo ben presto scompare nel nulla e Clay, fratello di una delle ragazze disperse, decide di andare alla sua ricerca e inizia a perlustrare la foresta. Lungo il percorso, Clay si imbatte in un altro gruppo di ragazzi e ragazze che sta passando un weekend nel bosco all'insegna del divertimento. La baldoria però finisce presto, perché il malvagio killer armato di macete non tarda a fare la sua comparsa...Critica "Trattasi di remake del più famoso originale, che nel frattempo ha avuto una decina di rielaborazioni. Qui non c'è più la maschera da hockey." (Dario Zonta, 'L'Unità', 13 febbraio 2009)"Prodotto da Michael Bay col gusto di raddoppiare incassi di vecchie paure, il film è identico agli altri, diretto da un resistente ai remakes, Marcus Nispel, e non produce emozioni anche perché i ragazzini, atroci, non si vede l'ora siano sgozzati, e temiamo che il finale, doppio e triplo come sempre, ci prometta un'altra puntata. I soliti panorami americani post Hopper, tipi strambi, seghe elettriche, splatter per un S. Valentino al sangue. Plastificato, finto: manierismo è parola troppo grossa." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 13 febbraio 2009)"La confezione non è proprio rozza, ma la suspense vola basso, come la recitazione delle tante vittime e dei pochissimi superstiti. Le polpose attricette di contorno avranno certo modo di rifarsi. Magari anche vestite." (Massimo Bertarelli', 'Il Giornale', 13 febbraio 2009)
Immagine
Titolo La vera storia di Jack lo squartatore
Titolo originale From Hell
Anno 2001
Regista Allen Hughes Albert Hughes
Durata 122
Paese USA, GRAN BRETAGNA, CECOSLOVACCHIA
Genere giallo, poliziesco, thriller
Trama TRAMA CORTASiamo nel 1888, Mary Kelly e le sue amiche vivono nella disperazione nel più pericoloso slum londinese, Whitechapel. Quando la loro amica Anna viene rapita, il gruppo è coinvolto in un complotto ad alto livello. In seguito anche Polly viene uccisa e allora si capisce che qualcuno sta dando loro la caccia. L'ispettore Fred Abberline, che per risolvere i casi ricorre anche a poteri psichici, si interessa al caso anche perchè si innamora di Mary. Insieme riusciranno a carpire i segreti del responsabile di questi delitti?TRAMA LUNGALondra 1888. L'ispettore Fred Abberline, che cerca sollievo nell'oppio dopo la perdita di moglie e figlia, ha delle visioni di omicidi. Nel quartiere di Whitechapel un serial killer, che la stampa chiama Jack lo squartatore, estrae organi dai cadaveri appena sgozzati. Incaricato di indagare sul caso, Abberline conosce cinque prostitute e si innamora di una di loro, Mary Kelly, che sogna di tornare in Irlanda per rifarsi una vita. Le donne vengono uccise una dopo l'altra, perché testimoni del matrimonio segreto tra il principe erede al trono e un'ex prostituta loro amica, dalla cui unione è nata una bambina. Ma poiché l'uomo ha contratto la sifilide, la figlia sarebbe scandalosamente la legittima erede. La regina Vittoria affida alla Massoneria il compito di eliminare ogni prova. Lobotomizzata l'inopportuna sposa e affidata la bambina a un orfanotrofio, alcuni confratelli incaricano il medico della famiglia reale, Sir William Gull, di uccidere le cinque prostitute secondo il rito massone. E' lui Jack lo squartatore. A salvarsi è soltanto Mary, grazie ad un fortuito scambio di persona, e Abberline, per non far sospettare che una testimone è sopravvissuta al massacro, rinuncia a raggiungerla in Irlanda, dove la ragazza si rifugia insieme all'ignara bambina. Sir William viene poi processato dalla massoneria e eliminato per porre fine alla vicenda. Note - PRESENTATO FUORI CONCORSO ALLA 58^ MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIACritica "La regia dei fratelli Hughes è convenzionale, Johnny Depp ed Heather Graham patiscono con un certo entusiasmo ma Iam Holm li batte con acida arguzia inglese. Resta da chiedersi quanto e perché Jack lo Squartatore somigli al Mostro di Firenze". (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 8 settembre 2001)"In questo 'La vera storia di Jack lo Squartatore' diretto dai due fratelli di colore Albert e Allen Hughes, il commissario di polizia incaricato di trovare l'autore di squartamenti di prostitute ha il viso dolce e perfetto di Johnny Depp, che avrebbe potuto anche essere, data la sua tenebrosa malinconia, anche lo stesso Jack: (...) Ma accontentiamoci: si sa che comunque Depp ama i personaggi lunati ed è stato, in altri casi, di tutto, spacciatore di droga e transessuale galeotto, aguzzino cubano e zingaro su cavallo bianco, mostro mano di forbice e regista travestito". (Natalia Aspesi, 'D - la Repubblica', 18 dicembre 2001) "Diretto a quattr'occhi da Allen e Albert Hughes, 'La vera storia di Jack lo squartatore' contiene un po' di tutto e lo frulla in una regia che coniuga inopinatamente le tenebrose atmosfere vittoriane con ritmi visivi 'techno'. Malgrado i climi e le iconografie suggestivamente morbose il carisma di Johnny e la presenza di Ian Holm, il film è distante, acchiappa poco. Mentre i dettagli di bassa macelleria suscitano soltanto raccapriccio, senza aggiungere emozione". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 23 dicembre 2001) "Naturalmente il film, molto violento, è più d'effetto che convincente, più torbido e sensazionalistico che solido e argomentato. Ma le visioni da oppiomane dell'ispettore Johnny Depp, i delitti allucinati alla 'Seven', il clima sordido e cupo di una Londra a cavallo fra il 'Dracula' di Coppola ed 'Elephant Man' (esplicitamente citato), sono senz'altro molto suggestivi. E Ian Holm è sempre straordinario". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 21 dicembre 2001) "La cupezza dell'ambientazione borghese inglese, la tetraggine convenzionale, ma veritiera delle strade di Londra, la saccenza del mondo scientifico e il razzismo di quello burocratico, sono efficaci, ma l'avventura è statica, raggelata da passaggi che ormai il pubblico conosce, forse più solleticato dalla società segreta che fa da sfondo che dal mistero di Jack. Nel ruolo del detective Depp ritorna a 'Sleepy Hollow'. Holm come sempre vale la visita". (Silvio Danese, 'Il Giorno', 21 dicembre 2001)
Immagine
Titolo Dal tramonto all'alba
Titolo originale From dusk till dawn: The Hangman's Daughter
Anno 2000
Regista P.J. Pesce
Durata 92
Paese USA
Genere horror
Trama Ambientato agli inizi del '900 in Messico, è il prequel del primo "Dal tramonto all'alba". Johhny Madrid è un pericoloso fuorilegge locale che riesce ad evadere proprio durante la sua impiccagione, grazie all'aiuto di una fuorilegge americana, Reece. Johnny scappa portando con sé la sua fidanzata Esmeralda, figlia del boia, mentre il padre di lei e un gruppo di uomini armati sono sulle loro tracce. Ricongiungendosi con la vecchia gang, Johnny e i suoi fanno una rapina ad una diligenza sulla quale si trova lo scrittore Ambrose Bierce ed una coppia di freschi sposini, John e Mary Newlie e al calar della sera curiosamente i tre gruppi si ritrovano per cercare rifugio in un isolato saloon bordello, gestito da vampiri guidati da Quixtla, la grande sacerdotessa. Quixtla mette gli occhi su Esmeralda, che si rivela essere mezza umana e mezza vampira, la principessa Pandemonio Satanico, che i vampiri vogliono in quanto loro regina, mentre gli umani dovranno essere pronti a combattere una guerra senza limiti per la loro sopravvivenza.
Immagine
Titolo Frontiers - Ai confini dell'Inferno
Titolo originale Frontière(s)
Anno 2007
Regista Xavier Gens
Durata 103
Paese FRANCIA, SVIZZERA
Genere horror
Trama Una gang di giovinastri francesi in fuga dalla polizia decide di abbandonare Parigi per rifugiarsi oltre il confine. I fuggiaschi trovano rifugio in una locanda semi abbandonata vicino al confine col Belgio. I gestori, due sorelle e un ex-colonnello dispotico, sono degli psicopatici neo-nazisti che praticano anche il cannibalismo e trasformeranno in un incubo il soggiorno dei ragazzi.Critica "Il francese Xavier Gens costruisce una macchina spettacolare di claustrofobico sadismo, rielaborando modelli americani come il seminale 'Non aprite quella porta' e la rserie 'Hostel'. E' ormai consuetudine che, dopo l'atroce fine di tutti i membri del gruppo, la rese dei conti avvenga tra mostri e una sola fanciulla, sopravvissuta, restia a farsi ridurre in frattaglie. Qui il compito tocca alla (solo apparentemente) fragile Yasmina, in un tripudio visivo che soddisferà gli estimatori del genere." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 7 novembre 2008)"Signore e signori, compratevi uno scafandro di tela cerata ed entrate a vedere 'Frontiers'. L'apice raggiunto da Xavier Gens nello slasher-movie francese contemporaneo è un trionfo di sangue ed efferatezze grandguignolesche da fare realmente spavento. Sullo sfondo di rivolte sociali modello banlieues, in una città che pare Parigi, tre ragazzi e una ragazza che hanno partecipato violentemente agli scontri fuggono dalla polizia correndo in auto verso il nord-est. (...)Bandita ogni parvenza di horror spruzzato di comicità dissacrante, 'Frontiers' è una discesa agli inferi citazionista e catartica, dove il bisogno fittizio d'ordine sociale viene direttamente proposto come massacro della ribellione. Il film avanza tra grandangoli, carrelli e un montaggio frenetico, parallelamente alla fuga dal macello da parte dei quattro: ogni ostacolo richiede sforzi più meno riusciti tra chi ce la fa e chi ci rimette la pelle. Gens non ci risparmia nulla: teste che scoppiano, corpi segati in due, taglio di tendini e spappolamento di corpi. La conclusione è con qualcuno che sopravvive ma che inevitabilmente alza le mani di fronte al blocco stradale della polizia. Dalla padella alla brace come nel finale de 'La notte dei morti viventi' di Romero. Principio filosofico e politico ispiratore di un piccolo sanguinante capolavoro." (Davide Turrini, 'Liberazione', 7 novembre 2008)"Perché i giovani transalpini sono così truculenti? Dopo aver diretto il mediocre 'Hitman' a Hollywood, Xavier Gens dimostra di essere più a suo agio tra gli orrori di una Francia che attraverso i film di questo brillante gruppetto di visionari sembra un inferno bagnato da fiumi rosso sangue." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 7 novembre 2008)"In un'ora e tre quarti ci sono tali efferatezze da far venire il voltastomaco a Totò Riina. Tendini dilaniati da maxi pinze, gole squarciate da lame affilate, piedi spaccati in due dall'ascia, teste spappolate da una fucilata o frantumate dalla sega elettrica. Un film perfetto per chi ha deciso di mettersi a dieta. Per tre giorni gli passerà la voglia di mangiare." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 7 novembre 2008)
Immagine
Titolo Full Metal Jacket
Titolo originale Full Metal Jacket
Anno 1987
Regista Stanley Kubrick
Durata 116
Paese USA
Genere drammatico, guerra
Trama Un gruppo di marines americani, reclute normali presto trasformate in macchine per uccidere dall'intenso e implacabile addestramento del feroce sergente Hartman, parte per il Vietnam e sperimenta nella cruda offensiva del Tet, che ha per teatro la città vietnamita di Hue, gli orrori di una guerra micidiale per entrambi gli schieramenti, da cui i superstiti non usciranno vincitori, né vinti, ma disumani e cinici professionisti di morte.Note - REVISIONE MINISTERO MARZO 1994.- PREMIO DAVID 1988 PER MIGLIORE PRODUZIONE STRANIERA A STANLEY KUBRICK.Critica "Davvero sconvolgente il penultimo, splendido (soprattutto visivamente) film di Stanley Kubrick. Trent'anni dopo 'Orizzonti di gloria' non ha perduto la voglia di sparare contro la folle ideologia bellica, che annienta i cervelli prima di scavare le fosse. Il quasi insopportabile fragore delle armi vi sembrerà comunque un coro di violini al cospetto di un turpiloquio senza precedenti. Nonostante i numerosi tagli, se siete troppo sensibili, guardatevi qualcos'altro". (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 9 ottobre 2002)
Immagine
Titolo Funny Games
Titolo originale Funny Games
Anno 2007
Regista Michael Haneke
Durata 97
Paese USA, FRANCIA, GRAN BRETAGNA
Genere thriller
Trama Anna si reca insieme al marito George ed al figlio di 10 anni, Georgie, nella loro casa di vacanza sul lago. Tuttavia, quello che si era preannunciato come un felice periodo di vacanza, si trasforma ben presto in un violento incubo quando alla loro porta si presentano due giovani: Paul e Peter.Note - REMAKE DEL FILM OMONIMO DIRETTO NEL 1997 DALLO STESSO HANEKE.- NAOMI WATTS FIGURA ANCHE TRA I PRODUTTORI ESECUTIVI.Critica "Il film è un'assoluta riuscita, affascinante, torbido, capace di indurre a riflettere e a rimproverarsi, benissimo interpretato. Cattivo? Sicuramente, ha risposto il regista: 'Sì, nella misura in cui da soddisfazione a chi prova piacere allo spettacolo del terrore'." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 11 luglio 2008)"C'è solo una differenza sostanziale tra la versione del 1997 e quella del 2008, che finisce per rendere il remake meno controversiale dell'originale. Ed è il mutamento dell'orizzonte mediologico che è avvenuto negli ultimi dieci anni. Programmi come 'Il grande fratello', con tutte le degenerazioni cui ha dato luogo, hanno finito per abituare lo spettatore a immagini e ad azioni decontestualizzate, dove la giustificazione di quello che si vede nasce dal bisogno di mettere (e mettersi) in scena. Dove lo spettatore non cerca più giustificazioni o spiegazioni ma accetta consapevolmente di essere solo 'uno che guarda'. Finendo per togliere alle immagini una parte della forza che potevano avere e riducendo l'effetto disturbante che 'Funny Games' aveva nel 1997 e che nel 2008 rischia di perdere. Almeno in parte." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 11 luglio 2008)"A film uguale giudizio uguale, detratta la mancanza della sorpresa, l'elemento più interessante di questo film del terrore quand'era stato in concorso al Festival di Cannes del 1997. Numericamente preponderante, il pubblico senza villa e senza ragazzino sarà avvinto, quello - esiguo - con un ragazzino doterà, invano, la villa di offendicola e fucile a pompa. Dunque il film è comunque bello." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 11 luglio 2008)"Il risultato è perfino più gelido della priva volta. (...) Morale: rifacendo il film negli Usa, Haneke combatte il cinema violento con le sue stesse armi. Ma non è detto che ne esca vittorioso." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 11 luglio 2008)
Immagine
Titolo GANGS OF NEW YORK
Titolo originale GANGS OF NEW YORK
Anno 2002
Regista Martin Scorsese
Durata 166
Paese USA, GERMANIA, ITALIA, GRAN BRETAGNA, OLANDA
Genere azione, drammatico, poliziesco
Trama A New York, nella seconda metà del 19° secolo, varie bande lottano per spartirsi il territorio e la gestione degli affari illeciti nella zona dei Five Points. In questo contesto si sfidano due bande, i 'Dead Rabbits', guidati dal giovane Amsterdam Vallon, ed i 'Native American', condotti dallo spietato Bill Poole detto 'The Butcher', il macellaio. Amsterdam - innamorato della bella borseggiatrice Jenny Everdeane - vuole a tutti i costi vendicare la morte del padre, assassinato da Poole tempo prima. Il capo dei 'Native American', dopo il padre, intende uccidere anche il giovane Vallon per affermare il suo predominio sulla città. La lotta sarà più aspra durante gli scontri del 1863 per la chiamata obbligatoria alle armi per la Guerra civile americana.Note - PRODUTTORI: MARTIN SCORSESE E ALBERTO GRIMALDI.- ARREDAMENTO: FRANCESCA LO SCHIAVO.- IL FILM E' STATO GIRATO INTERAMENTE NEGLI STUDI DI CINECITTA' DOVE SONO STATI RICOSTRUITI IL PORTO E UN'INTERA STRADA DELLA NEW YORK DELL'800.- GOLDEN GLOBE 2002 A MARTIN SCORSESE COME MIGLIOR REGISTA E PER LA MIGLIORE CANZONE ORIGINALE ("THE HANDS THAT BUILT AMERICA" DEGLI U2).- 10 NOMINATIONS AGLI OSCAR 2003: FILM, ATTORE PROTAGONISTA (DANIEL DAY-LEWIS), REGIA (MARTIN SCORSESE), SCENEGGIATURA ORIGINALE (JAY COCKS, KENNETH LONERGAN, STEVEN ZAILLIAN), SCENOGRAFIA (DANTE FERRETTI, FRANCESCA LO SCHIAVO), MUSICA (BONO, THE EDGE, ADAM CLAYTON, LARRY MULLEN JR.), FOTOGRAFIA (MICHAEL BALLHAUS), COSTUMI (SANDY POWELL), MONTAGGIO (THELMA SCHOONMAKER), SUONO (TOM FLEISCHMAN, EUGENE GEARTY, IVAN SHARROCK).Critica "La definizione più giusta l'ha trovata Tullio Kezich e gliene rendiamo merito: "film imponente, ma non ispirato". Lame, mazze, bande feroci, coltellacci, ratti, cagnacci e battaglie peggio che ne 'Il signore degli Anelli' (...) Scorsese corona il sogno di sempre: girare una pellicola di tremenda efficacia, senza bravi ragazzi e in balia di tori scatenati. Tremende anche le imperfezioni (tagli ottusi e forzati, scarsa introspezione, eccesso di eventi fuori orario). Ma che graffio, che grinta, che disperato bisogno di Assoluto!". (Alessio Guzzano, 'City', 24 gennaio 2003) "Scorsese è un grande scrittore: onore e sfida, coraggio e paura, deferenza e oltraggio escono dalle pagine di Dickens come di Shakespeare diventando carne, azione, passione e cronaca, nonostante qualche inadeguatezza del cast. E' da discutere se la frequente impressione di trovarsi in un set-affresco, anziché nel near-west 'vero' di New York 1850, sia un limite e non invece la metafora stilizzata della catastrofe nostra contemporanea. Da vedere". (Silvio Danese', Il Giorno', 24 gennaio 2003)"La storia comincia con uno scontro di massa sanguinoso e termina con i tumulti contro la legge sulla coscrizione obbligatoria, girati magnificamente, ed ha bravi interpreti. Il film, sempre grandioso e a volte tedioso, testimonia la capacità di Scorsese di pensare in grande". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 24 gennaio 2003) "No, 'Gangs of New York' non è capolavoro annunciato; o meglio, lo è solo in parte. Capolavoro a metà è un concetto che non regge? Sia pure: resta il fatto che il film, dopo aver mescolato per due terzi cose belle (la nervosa sequenza iniziale) con altre meno riuscite, nell'ultima parte decolla vertiginosamente offrendo allo spettatore un'ora di cinema memorabile". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 26 gennaio 2003)
Immagine
Titolo GATTACA - LA PORTA DELL'UNIVERSO
Titolo originale Gattaca
Anno 1997
Regista Andrew Niccol
Durata 103
Paese USA
Genere fantascienza
Trama In un futuro non troppo lontano a Gattaca, grazie ai sorprendenti successi compiuti dalla scienza, c'è la possibilità di scegliere la composizione genetica del bambino che si vuole far nascere. E se capita una gravidanza 'naturale', bisogna fare attenzione. Proprio questo è il destino di Vincent Freeman, concepito non in laboratorio ma per amore, ora etichettato come 'non valido', ragazzo vulnerabile di fronte alle emozioni e ambizioso. Vincent sceglie un sotterfugio per ingannare l'autorità e proporsi nel ruolo di navigatore della Gattaca Corporation. Entra in contatto con Jerome Morrow, uomo di natura superiore rimasto paralizzato in seguito ad un incidente e disposto a vendere il proprio materiale genetico. Così Vincent ha la possibilità di assumere un'identità giusta anche se deve tenere nascoste le proprie imperfezioni, alterare gli occhi miopi e modificare la propria altezza con difficili interventi chirurgici. Con molti sforzi, Vincent entra finalmente a far parte di un gruppo di uomini scelti per esplorare le lontane galassie. Si innamora di Irene, una collega ossessionata da un difetto cardiaco che crede che Vincent sia un uomo perfetto. Una settimana prima dell'inizio della missione, viene ucciso il direttore dell'agenzia spaziale e i sospetti ricadono su coloro che lavorano al progetto. L'ispettore Hugo scopre la presenza sul luogo del delitto di frammenti di ciglia appartenenti ad un 'non valido'. Vincent capisce allora che, per salvarsi, deve fare ricorso alle proprie doti naturali. Ripensa al rapporto col fratello Anton, nato in provetta, lo incontra, lo sfida di nuovo alla gara di nuoto che facevano da bambini. Vincent, con l'aiuto del medico di guardia, supera il controllo decisivo. L'ispettore annuncia che il colpevole è stato trovato. Vincent può partire per Titano. Quando s'imbarca dice: "Forse non sto partendo, sto tornando a casa".Critica "Fantascienza vecchio stile, senza alieni e mostri, che con piglio didascalico e non moralistico ci avverte del pericoloso futuro (come in 'Starship troopers', ma senza formiconi giganti: è un XXI secolo tirato a lucido). Dentro, le polemiche recenti sulla genetica, le clonazioni, la perdita dell'identità: discorsi fanta condivisibili, illustrati con un cast arricchito dal 'direttore' Gore Vidal. Nel titolo le iniziali di 4 componenti del Dna: guanina, adenina, timina, citosina. La domanda è: si può modificare il destino (genetico)? Per fortuna il film, duro e coerente, non risponde: ci fa giocare dentro un incubo forse non lontano". (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 20 marzo 1998)"Astruso e ingarbugliatissimo fumetto fantascientifico con profonde venature gialle, che s'arrampica negli sconosciuti meandri dell'ingegneria genetica per impapocchiare un'assurda storia, che sta in piedi solo dal punto di vista scenografico. L'altezzosa Uma Thurman e l'imbambolato Ethan Hawke fanno i colombi solo per contatto". (Massimo Bertarelli, 'Il giornale', 2 marzo 2001)"Prodotto da Danny De Vito e dotato di un ottimo cast di supporto (Alan Arkin, Ernest Borgnine, Gore Vidal nella parte del direttore Josef), 'Gattaca' è un fantathriller coinvolgente, che prende molto sul serio le proprie implicazioni di biotecnia. Ciò comporta un indotto di moralismo e una certa indulgenza alle tentazioni didascaliche (l'eroe fa di nome 'Uomo libero'; il suo complice 'Eugene'), prima di arrivare a un finale che celebra il trionfo del prodotto umano vecchia maniera sui figli della manipolazione genetica. Se 'Gattaca' trasmette un vero senso di inquietudine, ciò si deve non esclusivamente al suo soggetto, ma anche a un apparato visivo di livello superiore: le scenografie di Jan Roelfs, candidate ai prossimi Oscar. Roelfs ha disegnato una società del futuro levigata fino all'astrazione, pulita e asettica fino alla maniacalità (in confronto Metropolis di Fritz Lang era un parco dei divertimenti), in cui si muovono organismi perfetti e robottizzati in completo nero che paiono usciti da un quadro di manritte". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 21 marzo 2000) " 'Gattaca' è costruito come un thriller metafisico sulle suggestioni della donazione: pur ambientato in un futuro dove si vola nello spazio, è un film chiuso, claustrofobico giocato su fobie quotidiane come l'ossessione per la pulizia la Paura della morte per annegamento. Andrew Niccol neozelandese da anni attivo a Londra nel Campo della pubblicità l'ha scritto e diretto pensando forse a certi classici 'minori' della fantascienza anni '50, da 'Invasione degli Ultracorpi' a 'Nel 2000 guerra o pace'. Il risultato è un film bislacco, lento, intellettuale nei senso più bieco del termine; gli americani hanno fatto il nome di Antonioni e tale citazione nella sua follia, può aiutarvi a capire il tono snob del film e, soprattutto dei suoi lambiccati dialoghi. Slawomir Idziak firma una fotografia perennemente gialla: il futuro é malato di itterizia. Uma Thurman é bellissima, Ethan Hawke un po' meno, Alan Arkin è bravo come sempre ma dà la netta impressione di aver sbagliato film. Forse é lui l'Unico Non Valido. E, sia chiaro; è un complimento". (Alberto Crespi, 'L'Unità', 21 marzo 1998)
Immagine
Titolo Genesis - Turn It On Again
Titolo originale Genesis - Turn It On Again
Anno 2007
Regista Genesis
Durata 159
Paese USA
Genere Musicale
Trama Reunion Tour Live In Duesseldorf

Dopo molte voci sulla reunion della band, Tony Banks, Phil Collins e Mike Rutherford annunciano il ritorno dei Genesis il 7 novembre 2006. Collins nell'occassione definisce il tour una "selezione di concerti"[2]. Inizialmente i tre volevano riunire la band originaria, quella a 5 componenti: Steve Hackett e Peter Gabriel si dicono dapprima disponibili, ma in seguito Gabriel non prende parte. Il progetto di eseguire un tour sulle orme di The Lamb Lies Down on Broadway cade e a questo punto la partecipazione di Hackett è inutile. Saranno ancora Daryl Stuermer e Chester Thompson ad accompagnare il trio.
Il tour viene diviso in due parti: in Europa e in Nord America. Il tour europeo inizia in Finlandia, a Helsinki, l'11 giugno 2007, per finire a Roma, in Italia, il 14 luglio dello stesso anno, dopo avere dato spettacolo in altre 10 nazioni. Il tour americano invece inizia il 7 settembre a Toronto, Canada, per finire il 13 ottobre a Los Angeles, USA. All'inizio di giugno 2007 viene annunciato che la band collaborerà con il team Encore Series di TheMusic.com per registrare ogni concerto del tour europeo (e successivamente anche americano) e farne un album a doppio disco, uscito nel 2008, Live Over Europe. Sono comunque disponibili le registrazioni distinte di ogni concerto.
Il produttore Nick Davis conferma che sia CD che DVD comprenderanno l'intero concerto, ma mentre il video riguarderà il concerto a Roma, il CD non comprenderà le parti parlate da Collins tra una canzone e l'altra.
Il concerto di Dusseldorf, il 27 giugno, viene trasmesso, in alta definizione e in Dolby Surround 5.1, in diretta nei cinema di Regno Unito, Spagna e Svezia.

Immagine
Titolo Agente Smart - Casino totale
Titolo originale Get Smart
Anno 2008
Regista Peter Segal
Durata 110
Paese USA
Genere azione, commedia, poliziesco
Trama Maxwell Smart, ovvero l'Agente 86 della CONTROL, un servizio segreto del governo americano, è chiamato a combattere contro le forze del KAOS, un'organizzazione criminale a livello internazionale. Ad aiutarlo nella difficile impresa sarà la competente e preparata Agente 99...Critica "La vera difficoltà per Peter Segal, regista di 'Agente Smart casino totale', era quella di imbastire un duetto che non facesse rimpiangere la coppia mitica: pericolo scongiurato perché Steve Carrell e Anne Hathaway se la cavano egregiamente." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 11 luglio 2008)"Steve Carrell, nuovo talento comico madeinusa, si presta a compiere le sgraziate imprese con l'obiettivo di far ridere, accanto a lui Hanne Hathaway dopo training, principesco e stage presso il diavolo conferma che il suo personaggio è stato ritoccato dal chirurgo plastico, ma diffonde un sorriso contagioso che potrebbe aiutare il film. Sullo sfondo Dwayne Johnson, ex 'The Rock', Alan Arkin, sempre gustoso e Terence Stamp cattivo. Dirige Peter Segal come se stesse facendo un compito in classe. Eppure riesce a strappare anche qualche risata. Merito suo o della parodia in sé?" (Antonello Catacchio, 'Il Manifesto', 11 luglio 2008)"Sulla felicissima scelta dei protagonisti anche i critici più negativi sembrano attenuare i giudizi: Steve Carrell e Hanne Hathaway funzionano come viola e violino, alternando situazioni drammatiche a virtuosismi verbali da sophisticated comedy. Tutti e due giocano al ribasso affidandosi al sapiente dosaggio di una microrecitazione totalmente immersa e a tratti sommersa da un susseguirsi di effetti speciali." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 11 luglio 2008)"Sotto la guida di Segal i due non tentano la strada della parodia, alla maniera sgangherata ma efficace degli 'Hot Spot' o degli 'Scary Movie'. No, insistono sul tono della commedia, ma gli sceneggiatori Tom J. Astle e Matt Ember sono scarsi quanto gli attori. Morale: 'Agente Smart' è un 'Mr. & Mrs. Smith' di meno pretese. E' il suo solo pregio." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 11 luglio 2008)
Immagine
Titolo Ghost in the Shell
Titolo originale Ghost in the Shell
Anno 1995
Regista Mamoru Oshii
Durata 82
Paese GIAPPONE, GRAN BRETAGNA
Genere Animazione, azione, thriller
Trama Anno 2029. Tutte le comunicazioni ed i contatti sono gestiti dal Network. Per prevenire e combattere la criminalità informatica è stata costituita la Sezione 9, interamente composta da cyborg. Una di essi indaga per scoprire un misterioso ed abilissimo hacker che si fa chiamare 'Puppet Master'...

Ambientato nel XXI secolo Ghost in the Shell è un thriller poliziesco fantascientifico che segue le vicende dell'agente Motoko Kusanagi e della Sezione di Sicurezza Pubblica numero 9, conosciuta più semplicemente come "Sezione 9". L'unità in questione è specializzata nella risoluzione di casi e di crimini in relazione all'informatica e alla tecnologia. Nell'universo di Gits l'ingegneria robotica e le nano macchine (anche dette Micromachine) sono la normalità, e la gran parte degli uomini sono collegati alla rete, a cui possono accedervi non soltanto mediante terminali fisici, ma soprattutto attraverso impianti situati nel loro stesso cervello. I cyber-cervelli per l'appunto permettono non solo di connettersi al Web, ma anche di utilizzare la propria memoria con la stessa elasticità di quella di un computer, cancellando eventi, sovrascrivendoli, o addirittura immagazzinando libri con estrema facilità. Diversi uomini sono diventati cyborg, ovvero esseri in parte organici in parte robotici. Quello che differenzia un cyborg integrale da un robot è la presenza di un cervello umano e di un ghost, ovvero dell'anima, qualcosa di intrinseco e inspiegabile che permette agli uomini di "sentire" sensazioni particolari. Il Ghost è l'istinto non mediato dai calcoli. Lo sviluppo dell'intelligenza artificiale ed un'onnipresente rete computerizzata sono il palcoscenico per la rivoluzione dell'identità umana e della unicità di sé stessi. In particolare il manga affronta direttamente queste problematiche: Kusanagi ed i suoi colleghi devono affrontare minacce esterne così come soffrire conflitti interni dovuti alle loro proprie nature.

Immagine
Titolo Il gladiatore
Titolo originale Gladiatore, The
Anno 2000
Regista Ridley Scott
Durata 155
Paese USA
Genere drammatico
Trama Anno 180 dopo Cristo. In terra di Germania l'esercito romano dopo una poderosa offensiva sconfigge i ribelli tedeschi e ristabilisce l'ordine. Artefice della vittoria è il generale Maximus. A lui, che molto ammira, l'imperatore Marco Aurelio confida che passerà il trono alla propria morte, scavalcando quindi Commodo, figlio inetto e ribelle ancorché legittimo erede. Venuto a sapere la notizia, Commodo attua un rapido e cruento piano: strozza il genitore, si prende il titolo e ordina l'eliminazione immediata di Maximus. Costui sfugge all'agguato e riesce, sebbene ferito, ad arrivare alle porte di Roma. Qui scopre che, per ordine dell'imperatore, i soldati gli hanno orribilmente ucciso la moglie e il figlioletto. Persi i sensi per la stanchezza e il dolore, Maximus si ritrova in Africa, al mercato degli schiavi. Messosi in evidenza per astuzia e coraggio, viene acquistato insieme ad altri da Proximus, un ex-schiavo liberato, che ora organizza gli spettacoli al Colosseo. Maximus riesce in questo modo a tornare a Roma e a preparare la vendetta. Nell'arena, davanti all'imperatore, supera avversari e pericoli a raffica, il popolo lo acclama e lo elegge a proprio idolo. Fattosi riconoscere, rivolge parole e gesti provocatori all'imperatore che non può eliminarlo per non deludere i romani che vogliono vederlo combattere. Con l'appoggio di un senatore e di Lucilla, sorella di Commodo, Maximus cerca di promuovere una congiura. Ma le cose vanno male e Commodo fa eliminare tutti, tranne Lucilla, da cui è fortemente attratto. Ferito, Maximus entra di nuovo nell'arena. E allora anche Commodo scende sul terreno, sicuro di poterlo facilmente eliminare. Maximus trova però nuove energie, e uccide Commodo prima di cadere a sua volta ormai privo di vita. Così può finalmente ricongiungersi nell'aldilà con la moglie e il figlioletto.Note - LE RIPRESE SONO STATE EFFETTUATE IN ITALIA, MAROCCO, MALTA E GRAN BRETAGNA.- VINCITORE DEL GOLDEN GLOBE 2001 COME MIGLIOR FILM DRAMMATICO.- VINCITORE DI 5 OSCAR 2001: PER MIGLIOR FILM, MIGLIORE ATTORE A RUSSELL CROWE, MIGLIORI COSTUMI A JANTY YATES, MIGLIOR SONORO A SCOTT MILLAN, BOB BEEMER E KEN WESTON, MIGLIORI EFFETTI VISIVI A JOHN NELSON, NEIL CORBOULD, TIM BURKE E ROB HARVEY.Critica " Il nuovo capolavoro di Ridley Scott, interpretato da Russell Crowe in forma smagliante, segna il ritorno a un filone storico di successo: il peplum. Il punto di forza del film sta nell'assoluto rispetto della Storia per tutto quanto attiene alla leggendaria e crudele passione di Commodo per i giochi gladiatorii, sfide alle quali l'imperatore amava partecipare in prima persona. L'unica forzatura riguarda la fine di Commodo, che in realtà regnò per ben undici anni e non per poco tempo come sembra dal film". (Antonello Sarno, 'Rivista del Cinematografo', n.5., 2000 ) "Un consiglio: godetevi 'Il gladiatore' senza troppi problemi filologici e ideologici. Soprattutto se siete romani e passate davanti al Colosseo due volte al giorno. Il nuovo film di Ridley Scott vale i soldi del biglietto solo se vissuto come un'avventura fracassona e violenta. E un film da pop-corn, non da storici, che per altro, hanno già levato alti lai, segnalando vergognose inverosimiglianze. Si può sempre rispondere che anche Shakespeare inventava di sana pianta. Scott e i suoi sceneggiatori non sono ovviamente dei Bardi, ma hanno fatto un film, non un libro di storia." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 20 maggio 2000)
Immagine
Titolo Il Padrino parte terza
Titolo originale Godfather: Part Iii, The
Anno 1990
Regista Francis Ford Coppola
Durata 162
Paese USA
Genere drammatico
Trama Nel 1979, a New York, Michael Corleone, sessantenne, ammalato di diabete, tormentato dai rimorsi e stanco di violenza, ha raggiunto la rispettabilità: venduti i casinò di Las Vegas e investito il ricavato, utilizzando i servizi della Banca vaticana, è diventato celebre per le sue opere di beneficenza, cosicché, con l'aiuto di un arcivescovo americano ottiene un'onorificenza della Santa Sede. Alla festa che segue, mentre Mary, la figlia di Michael, si innamora a prima vista del cugino Vincent Mancini che la ricambia, Kay (l'ex-moglie, sempre amata) chiede a Corleone di permettere al loro figlio Tony (che aborre gli affari del padre) di fare il cantante lirico. Pur essendo contrario, Michael cede e poi, per consiglio della devota sorella Connie, accoglie alle proprie dipendenze il nipote Vincent, figlio illegittimo del defunto Sonny, che lo mette in guardia contro il mafioso Joey Zasa. Presto Vincent si dimostra impulsivo e violento, com'era suo padre, cosicché lo zio è scontento, anche perché decisamente contrario all'appassionato amore nato fra lui e Mary, che sono primi cugini. Intanto Michael è entrato in una grossa operazione finanziaria, l'Internazionale Immobiliare, vincendo, sempre con l'aiuto del solito arcivescovo, l'ostilità di alcuni azionisti. Ma i capi delle famiglie mafiose amiche vorrebbero partecipare all'affare, cosa che Michael rifiuta, perché l'operazione è assolutamente pulita. I boss ne parlano in una riunione plenaria ad Atlantic City, nella quale Corleone, dopo essere stato minacciato da Zasa, che poi si allontana, assiste ad una terribile strage dei presenti, compiuta con l'aiuto di un elicottero, e dalla quale lo salva Vincent. Questi in seguito ucciderà Zasa, responsabile della carneficina, però Michael scopre che l'ordine era venuto dal potente boss Lucchesi, al quale obbedisce oramai anche l'anziano capo Don Altobello, che i Corleone credevano loro fidato amico. Superato a stento un grave attacco di diabete, Michael parte per assistere al debutto di Tony al teatro Massimo di Palermo, nella "Cavalleria rusticana", poi, giunto in Sicilia, si confessa al Cardinale Lamberto, di cui conosce la bontà e l'onestà. I suoi peccati sono enormi, ma riceve l'assoluzione. Poco dopo, essendo morto Paolo VI, Lamberto viene eletto papa, col nome di Giovanni Paolo I. Al debutto di Tony assistono parenti ed amici, ma Lucchesi e Altobello hanno inviato un sicario per uccidere in teatro Corleone, che Vincent e i suoi cercano di proteggere. Al termine dello spettacolo, nel quale Tony trionfa, Altobello muore nel suo palco, avvelenato da Connie, mentre, in una sparatoria, Michael è solo ferito, ma viene uccisa incidentalmente Mary, la quale stava supplicando il padre di non ostacolare il suo amore. Contemporaneamente, Lucchesi sarà assassinato in casa, mentre a Roma l'arcivescovo americano viene ammazzato, dopo che il papa, deciso a non tollerare affari disonesti, è stato trovato morto avvelenato. Michael elegge Vincent capo della famiglia Corleone, poi, stanco e avvilito, si ritira in un paesino della Sicilia, dove muore triste e solo.Note - CANDIDATO ALL'OSCAR 1991 PER: MIGLIOR FILM, REGIA, ATTORE NON PROTAGONISTA (ANDY GARCIA), FOTOGRAFIA, MONTAGGIO, SCENOGRAFIA E MIGLIOR CANZONE.Critica "Di qualità molto disuguale, con parti riuscite benissimo e altre francamente ridicole". (Giovanni Grazzini, "Il Messaggero") "Grande film, melodramma popolare, raccontato con forza, passione, divertimento e sincerità sentimentale, un'orgia barocca di morte e di soldi, un oscuro intrigo famigliare e politico di lotta tra poteri violenti, girato con ammirevole inventiva figurativa". (Lietta Tornabuoni, "La Stampa") "Anche stavolta Francis Ford Coppola lascia il segno del grande regista, in grado di coinvolgere tutti i mezzi dello spettacolo al cinema mentre infonde i toni del romanticismo nero e della forte propensione melodrammatica". (Alfio Cantelli, "Il Giornale") "Coppola che vent'anni fa aveva resuscitato il film di gangster, sembra definitivamente appagato". (Bruno De Marchi, "L'Avvenire") "Al Pacino, cui viene richiesto un invecchiamento oltre misura, riesce senza forzature a scavare un personaggio di fascini logorati e dolenti". (Claudio Trionfera, "Il Tempo") "La caduta del film avviene senza scampo nella sua parte siciliana, proposta in cifre del tutto implausibili, con personaggi e stereotipi dispensati a piene mani". (Claudio Trionfera, "La Rivista del Cinematografo")
Immagine
Titolo Elizabeth: The Golden Age
Titolo originale Golden Age, The
Anno 2007
Regista Shekhar Kapur
Durata 106
Paese GRAN BRETAGNA
Genere drammatico
Trama Elisabetta I, già impegnata, con l'aiuto del suo consigliere Sir Francis Walsingham, sul fronte della battaglia per il trono all'interno della famiglia reale, è costretta anche a fronteggiare gli attacchi di Filippo II di Spagna, determinato a riportare il Cattolicesimo in Inghilterra. Nel frattempo, il cuore della regina guerriera palpita per Sir Walter Raleigh, un affascinante navigatore, ma il suo impegno con la nazione le impedisce di portare avanti una relazione sentimentale e lei, pur di tenere l'uomo accanto a sé, ne incoraggia l'amicizia con Bess, la sua dama di compagnia.Note - PRESENTATO ALLA II^ EDIZIONE DI 'CINEMA. FESTA INTERNAZIONALE DI ROMA' (2007) NELLA SEZIONE 'PREMIÈRE'.- CANDIDATO AL GOLDEN GLOBE 2008 PER LA MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA DI FILM DRAMMATICO.- OSCAR 2008 PER MIGLIORI COSTUMI AD ALEXANDRA BYRNE. IL FILM ERA STATO CANDIDATO ANCHE PER MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA.- CANDIDATO AL DAVID DI DONATELLO 2008 COME MIGLIOR FILM DELL'UNIONE EUROPEA.- CANDIDATO AL NASTRO D'ARGENTO 2008 COME MIGLIOR FILM EUROPEO.Critica "Nella scena più divertente di 'Elizabeth - The Golden Age', diretto come il primo dall'indiano Shekhar Kapur, Elisabetta I d'Inghilterra passa in rassegna con malcelata ironia i candidati a liberarla dal suo titolo di regina vergine. Ogni pretendente è preceduto da un suo ritratto e da un colorito gruppetto di dignitari. (...) Questo però è solo il lato intimo, alla resa dei conti il migliore, di un fastoso filmone che fa di tutto per mantenersi in equilibrio fra pubblico e privato, ma non sa mai fino a che punto prendersi sul serio. Come se stavolta Kapur, zavorrato da uno script assai disinvolto ma attento alla grande Storia, faticasse a ritrovare quello stravagante esotismo a rovescia che faceva la bellezza del primo Elizabeth. Contentandosi di colorire il quadro con pennellate più o meno sapienti e di stendere sotto alle immagini, già potenti, un invadente tappeto musicale che anziché esaltarle finisce per annegare ogni cosa in un'appiccicosa salsa sonora. Per fortuna c'è la sempre magnifica Cate Blanchett, che incarna con sorvegliata passione lo strazio della sovrana divisa fra i propri tormenti personali e i doveri della regnante in guerra su due fronti, facendoci perfino dimenticare di essere troppo più giovane e bella dell'originale (52enne nel 1585). Ma la libertà e la follia del primo film, che risale all'ormai remoto 1998 (tre anni prima dell'11 settembre con tutto ciò che è seguito) restano un traguardo irraggiungibile per questo sequel. E in tanto rutilare di scene, costumi, parrucche, ci si sorprende a immaginare cosa avrebbe potuto fare di un copione simile, poniamo, Almodovar. Magari con un cast tutto en travesti..." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 20 ottobre 2007)"Prefigurando il cipiglio del lettore letterato, accademico, impegnato o cinéfilo-ascetico, chiediamo scusa in anticipo. Il fatto è che quando un film come 'Elizabeth: The Golden Age' passa in versione originale e con il conforto di condizioni tecniche eccellenti, ci ritornano in mente le esperienze provate nelle sale semivuote e al cospetto di prodotti velleitari e deprimenti: in questo caso, al contrario, il cinema torna a fare la voce grossa, punta in alto con sprezzo del ridicolo e gioca vecchie carte spalmate d'arcivernice squillante e variopinta. Non è il caso, insomma, di restare vigili e frigidi, magari per scrutare con la lente d'ingrandimento fatti e fatterelli narrati da Shekhar Kapur nel seguito della saga in costume dedicata alla regina d'Inghilterra: nove anni dopo le sette nomination all'Oscar di «Elizabeth», infatti, il regista anglo-indiano privilegia nuovamente il mito alla storia, lo spettacolo alla filologia e le emozioni ai documenti. Cate Blanchett, ottima attrice e donna di spigoloso quanto singolare charme, trionfa quasi in tutte le sequenze, conferendo al personaggio un nerbo in grado di restare indenne dall'enfasi romanzesca, dai preziosismi estetizzanti e dalle forzature didascaliche di pensieri, dialoghi e comportamenti." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 20 ottobre 2007)"'Elizabeth.The Golden Age', ha un pregio: portare sulla passerella romana la protagonista, Cate Blanchett, semi-diva australiana. Continuazione di 'Elizabeth' nella quale la stessa Blanchett ha creduto poco, facendosi pregare, il film conferma che il cinema anglosassone, di qualunque osservanza, ha sempre più paura di investire sulle novità. Anche altri australiani (Geoffrey Rush, Abbey Cornish) sono nel film, diretti da un indiano, Shekhar Kapur: il Commonwealth del cinema s'impegna ancora - nove anni dopo 'Elizabeth' (e basta) dello stesso Kapur - nell'esaltare chi strappò definitivamente l'Inghilterra all'egemonia geopolitica della cattolicità e tagliò la testa alla regina di Scozia, Mary Stuart, cattolica, aprendo la strada ad altre decapitazioni di sovrani, a Londra prima che a Parigi.(...) Emula dunque di Bette Davis, interprete di Elisabetta nel 'Conte di Essex' di Michael Curtiz e nel 'Favorito della grande regina' di Henry Koster, la più prestante Blanchett torna a governare la corte di Londra: sacrifica l'amore per Walter Raleigh (Clive Owen), che ne sposerà la dama di compagnia (Abbie Cornish), e affida sempre gli intrighi politici al fido/infido Walsingham (Geoffrey Rush). Proprio lui l'indurrà a far giustiziare la cugina Mary, prima in linea di successione a lei: averla a lungo imprigionata non bastava." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 20 ottobre 2007)"Sempre che sia un male vedere certi melodrammoni! Se son fatti bene, è invece un gran piacere, ed 'Elizabeth. The golden age' perde colpi qua e là ma nel complesso si vede con ammirazione, per il talento dell'attrice e per il gusto visivo del regista, l'indiano Kapur: uno che non tiene mai ferma la macchina da presa nemmeno sotto tortura, che ha un forte senso dell'inquadratura e che un giorno, a mo' di nemesi, finirà sicuramente investito da un dolly. E comunque il film ha due pregi: mostra come anche i potenti siano pedine della storia e lancia un messaggio anti-Inquisizione sempre apprezzabile. Diciamo che scontenta storici e preti, e divertirà gli spettatori: tre buoni motivi per vederlo." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 20 ottobre 2007)"Polpettone? Un po' sì, ma si dovrà anche riflettere sul fatto che, senza polpettoni anche più brutti, molti neppure saprebbero mai chi era Maria Antonietta regina di Francia." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 20 ottobre 2007)"Poiché siamo nel regno del puro kitch ecco che ogni ritegno storico è spazzato via a favore della emotività del pubblico incolto: la regina che si comporta come un amministratore delegato, che alza la voce, che perde il controllo emotivo, è trattata più come una vergine isterica, vuole ma non può, fa le scenate di gelosia come una cameriera, osa addirittura esprimere i propri sentimenti, pensieri e inquietudini, pone il film lontano da ogni seria presa in considerazione. Per non parlare della velata presa in giro di chi non parla inglese e della stupida messa in scena di Filippo II, dipinto come un folle che si aggira nel palazzo in attesa di spazzare via il libero pensiero dall'Europa. Ma non ci riuscirà perché Elizabeth riprende in mano le sue truppe e saranno le croci e gli ostensori a precipitare in fondo all'Oceano. Divertenti i titoli di coda dove veniamo informati del destino dei protagonisti, come fossero reduci del Vietnam e non personaggi che appartengono alla nostra storia". (Silvana Silvestri, 'Il Manifesto', 20 ottobre 2007)
Immagine
Titolo La bussola d'oro
Titolo originale Golden Compass, The
Anno 2007
Regista Chris Weitz
Durata 114
Paese USA
Genere avventura, azione, fantasy
Trama Lyra Belacqua ha 11 anni e vive presso il Jordan College di Oxford, in Inghilterra. Sveglia e vivace, la ragazzina passa le sue giornate scorazzando per la città insieme al suo 'daimon' Pantalaimon (un alter ego sottoforma di animale) e all'amico Roger. Un giorno, Lyra sente per caso una conversazione tra suo zio Lord Asriel, alcuni professori dell'università ed un esponente del Magistero riguardo ad una 'Polvere' misteriosa che si trova solo nell'Artico e che permette il contatto tra mondi paralleli. Nel frattempo, alcuni bambini di Oxford, tra cui anche Roger, spariscono inspiegabilmente e Lyra fa la conoscenza dell'affascinante signora Coulter, che fa parte dell''Intendenza Generale per l'Oblazione' e che la invita a partire insieme a lei per un'avventurosa missione nell'Artico. Prima di lasciare il College, Lyra riceve in custodia un Aletiometro, un oggetto raro e prezioso in grado di dare risposta ai quesiti più vari ma che solo alcuni eletti sono in grado di interpretare. Tuttavia, la signora Coulter non ha alcuna intenzione di portare Lyra nelle fredde terre del Polo Nord e ben presto desta oscuri sospetti nella bambina che scappa via dalla prigione dorata in cui è stata rinchiusa. Inizia così per Lyra un'incredibile avventura che la porterà in contatto con un mondo fantastico in cui zingari Giziani, orsi armati, streghe e un aeronauta la aiuteranno a sconfiggere i malvagi Ingoiatori e a scoprire finalmente i segreti sulle sue origini e sul suo importantissimo ruolo nel futuro dell'universo.Note - VOCI DELLA VERSIONE ORIGINALE: IAN MCKELLEN (IOREK BYRNISON), KATHY BATES (HESTER), KRISTIN SCOTT THOMAS (STELMARIA), IAN MCSHANE (RAGNAR STURLUSSON), FREDDIE HIGHMORE (PANTALAIMON).- OSCAR 2008 PER MIGLIORI EFFETTI VISIVI (MICHAEL FINK, BILL WESTENHOFER, BEN MORRIS E TREVOR WOOD). ERA STATO CANDIDATO ANCHE PER LA MIGLIOR SCENOGRAFIA.Critica "Dopo tanti fantasy vecchi e nuovi ma sempre per bambini, eccone uno capace di incantare anche gli adulti grazie alla finezza del tratto, alla complessità dei riferimenti e al tratto apertamente anti-oscurantista, assai controcorrente in queste storie di magia che spesso celano "messaggi" più o meno evangelici. (...) Una ridda di riferimenti insieme culturali e spettacolari in cui entrano anche un cowboy-aeronauta con cappello e baffoni, dirigibili da combattimento, cruente lotte fra orsi. E un piccolo, caldo mondo di bambini in lotta contro gli intrighi e le bassezze degli adulti, che fa della 'Bussola d'oro' un film davvero insolito in un mondo sazio di Harry Potter e derivati, e di incantesimi sempre più vuoti e a buon mercato." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 14 dicembre 2007)"Affidata a Chris Weisz la confezione è della migliore qualità britannica e gli interpeti, inclusi quelli che nell'originale si limitano a dar voce agli animali, sono tutte stars, con una Nicole Kidman bella e cattiva e un Daniel Craig carismatico e buono. Ma la novità mi pare che consista proprio nel fatto che gli effetti speciali sono ormai effetti normali; e costituiscono quella chiave in più che il cinema si è faticosamente fabbricato per farci entrare nel regno delle favole." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 14 dicembre 2007)"'La bussola d'oro', fantasioso e inventivo, capace di dare grandi sensazioni di meraviglia, somiglia un po' nello stile e nel gusto fiabesco a 'La storia infinita' di Petersen. I valori produttivi sono impeccabili, il messaggio didattico del tutto condivisibile, non c'è ombra di melensaggine. Peccato che il film riveli come Nicole Kidman invecchi male: i recenti interventi hanno trasformato la sua faccia graziosa e sensibile in quella di un'immobile pupazza. Il corpo resta bellissimo, nei costumi eleganti e streganti di Ruth Myers." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 14 dicembre 2007)"A Natale bisognerebbe star tranquilli, non andarsi a cercare gli incubi affastellati da Chris Weitz, nel polpettone epico, ispirato dall'omonimo libro di Philip Pullman, all'inseguimento del successo di Harry Potter, con corteo di streghe, maghi e religiosi pazzi. E peccato per un cast di stelle, che brillano poco (...). Dietro le quinte, la squadra creativa s'industria a suggestionare i piccoli con orsi corazzati e leopardi delle nevi, mentre un'aurora boreale asfittica scurisce il fantasy, che nasconde una prepotente ambizione: insegnare agli juniores il culto per la Scienza e il disprezzo per la Fede. Pullman è un ateo dichiarato e seguire le sue elucubrazioni, intanto che inermi cuccioli d'uomo vengono fatti fuori in un lager del nord, stucca." (Cinzia Romani, 'Il Giornale', 14 dicembre 2007)
Immagine
Titolo Gomorra
Titolo originale Gomorra
Anno 2008
Regista Matteo Garrone
Durata 135
Paese ITALIA
Genere drammatico
Trama Chi vive in provincia di Caserta, tra Aversa e Casal di Principe, si scontra ogni giorno non solo con i soldi e il potere ma anche con il sangue. La possibilità di scegliere, la libertà di vivere una vita 'normale' è quasi nulla: se non vuoi pagare con la vita, devi sottostare al Sistema. Il mondo criminale e affaristico della Camorra segue la vita delle merci, da quelle 'fresche' che arrivano al porto di Napoli e vanno smistate, a quelle 'morte', le scorie, anche tossiche, che vengono versate nelle discariche o direttamente nascoste nel terreno. Seguendo i percorsi delle merci, dagli abiti griffati alle scorie chimiche, si scopre la vita della camorra e le storie di quelli, dai più potenti ai ragazzini affascinati o sottomessi, che danno vita alla Gomorra dei giorni nostri.Note - FILM REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DEL MIBAC.- GIRATO NEL NAPOLETANO, DA SECONDIGLIANO A SCAMPIA, E A CASERTA. PER EVITARE CURIOSITA' SUL CIAK ERA SCRITTO 'TRE STORIE BREVI'.- SUONO IN PRESA DIRETTA: MARICETTA LOMBARDO.- GRAND PRIX AL 61° FESTIVAL DI CANNES (2008).- CANDIDATO AL GOLDEN GLOBE 2009 COME MIGLIOR FILM STRANIERO.- DAVID DI DONATELLO 2009 PER: MIGLIOR FILM, REGIA, SCENEGGIATURA, PRODUTTORE, MONTAGGIO, CANZONE ORIGINALE, FONICO DI PRESA DIRETTA. ERA STATO CANDIDATO ANCHE PER: MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA (MARIA NAZIONALE), FOTOGRAFIA, COSTUMI.- NASTRO DELL'ANNO 2009 (MATTEO GARRONE, DOMENICO PROCACCI, RAI CINEMA, ROBERTO SAVIANO) E NASTRO D'ARGENTO PER IL MIGLIOR SONORO IN PRESA DIRETTA. IL FILM ERA CANDIDATO ANCHE PER: MIGLIOR SCENEGGIATURA, FOTOGRAFIA E MONTAGGIO (MARCO SPOLETINI E' CANDIDATO ANCHE PER "PRANZO DI FERRAGOSTO").Critica Dalle note di regia: "Ho dovuto lavorare per sottrazione scegliendo solo alcune storie. Il film è in 5 episodi con protagonisti e comprimari che animano un film corale, come per l'America di Altman, l'Italia del Rossellini di Paisà, rendendoci complementari al libro. E' come se lo raddoppiassimo, ogni luogo ha una sua storia e i personaggi assumono una forza inedita. (...) Ma non pensate a un film di denuncia tradizionale con la classica divisione tra bene e male, tra buoni e cattivi, perché in realtà le cose sono più complicate e i confini più confusi. Mi interessa l'aspetto umano di queste persone, le loro contraddizioni.""Narrazione impassibile, osservazione da entomologo, esplosioni di orrore e di follia mischiate alla quotidianità di un 'sistema' di cui vive (e muore) non solo una circoscritta banda di delinquenti ma una vasta comunità, con ramificazioni che arrivano dappertutto. Lecito naturalmente appellarsi o appigliarsi a tutti i riferimenti di rito, dai modelli coppoliano o scorsesiano a quello del nostro grande Rosi. Ma è tanto vero che Garrone esprime un punto di vista e uno sguardo che il suo cinema e il suo film non somigliano a niente." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 16 maggio 2008)"Soprattutto un film d'antropologia sociale. 'Gomorra' si distingue e si distacca dal libro da cui è tratto: non è un'opera di informazione né di rivelazione, né di denuncia né di protesta. Come in un formicaio superattivo, la gente è sempre in movimento alla ricerca di un'occasione. I camorristi sparano come se allontanassero le mosche, con una frequenza e impassibilità da massacro: i colpi sono secchi, senza eco. Nel paese del sole il cielo è grigio, opprimente. La regia di Matteo Garrone e gli interpreti sono ammirevoli." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 16 maggio 2008)"A conti fatti 'Gomorra' è perfino una buona azione. Ti presenta l'orrore, ma senza inventare cattivi di comodo. Orride sono le azioni, non gli uomini che le commettono. Ognuno (o quasi) esce dal cinema con l'idea che anche lui poteva essere Franco, Roberto o Ciro, se infilato, magari dalla nascita, in una situazione analoga. Dai meriti civili a quelli artistici. Perdiana se è bravo Garrone, Quando uscì 'L'Imbalsamatore' ne avevo il sospetto, ora c'è la certezza. Garrone se vuole sa raccontare forte e barocco spingendosi fino al corrusco melodramma come essere netto e quasi asettico nell'episodio di Servillo. Eppoi, tanto di cappello, come riduttore di un testo importante. Pur avendo Saviano tra gli sceneggiatori ha saputo fare opera di enucleazione, sfrondare il libro, rinunciare anche a parti importanti, per arrivare a un film che tocca il cuore, fin troppo." (Giorgio Carbone, 'Libero', 16 maggio 2008)"Come si capisce se un bel film italiano è un grande film in assoluto? C'è un test infallibile. Basta chiedersi se lo consiglieremmo a un amico straniero. 'Gomorra' passa a pieni voti per varie ragioni. Perché mostra un mondo mai visto con tanta forza e coerenza. Perché a forza di cesellare immagini e parole rende incredibilmente vero quel mondo incredibile, cancellando ogni traccia di messa in scena. E perché ci fa capire quanto quel mondo sia vicino, anzi consustanziale al nostro, anche se non lo vogliamo vedere. (...) A differenza di tanti brutti film, 'Gomorra' non spiega nulla ma ci fa capire tutto. È il segno più certo della sua grandezza. Anziché disperdere energie collegando fatti e destini, Garrone va dritto all'essenziale. Rielabora con fantasia e libertà cinque storie tratte dal romanzo-reportage di Saviano, ma non cerca nessi a tutti i costi. Tanto ogni personaggio si porta la sua verità scritta addosso; ogni scena è una resa dei conti, reale o figurata; ogni episodio approda a uno squarcio più eloquente di mille parole. Per questo le immagini di 'Gomorra', belle perché vere, e viceversa, sono così emblematiche e insieme naturali. Come i corpi e i volti scelti da Garrone dopo un lavoro di inchiesta che si indovina lungo e accurato.(...) Un romanzo diventato uno dei pochi grandi film italiani del decennio. Da non perdere." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 16 maggio 2008)"Il pregio di Garrone è di tenersi distante dall'emozione, dall'esibizione, finanche dalla politica e dalla cronaca. E' un osservatore attento, scrupoloso, inappuntabile: documenta, dopo aver scelto i cinque episodi meno legati alla cronaca, più universali e immediati. Documenta avendo scelto i luoghi, gli ambienti, le persone, i volti, le lingue, le luci, i rumori, le musiche, legate anch'esse all'ambiente che le contiene e le proietta all'esterno, confondendosi con gli spari, i pianti, in quella che è una normalità incrinata, spezzata, difficilmente sanabile." (Luca Pellegrini, 'L'Osservatore Romano', 16 maggio 2008)"Garrone non si perde in lacrime, usa come un colpo di rasoio le facce brutali, primitive, e i corpi appena sbozzati in un'adolescenza sgraziata degli straordinari Pivellino e 'O Masto che hanno un'unica voglia: sparare, senza neppure sapere in quale guerra. Una fisionomica della gioventù nutrita dai rifiuti tossici che forse solo Pier Paolo Pasolini, prima di Garrone, ha fotografato con tale implacabile giustezza."(Piera Detassis, 'Panorama', 22 maggio 2008)
Immagine
Titolo I Goonies
Titolo originale Goonies, The
Anno 1985
Regista Richard Donner
Durata 111
Paese USA
Genere avventura
Trama I ragazzini di Goon Docks - tutti li chiamano i "Goonies" - sono in allarme: i maggiorenti del locale club del golf hanno dato lo sfratto ai loro genitori, volendo radere al suolo l'intero quartiere. Durante l'ultimo e un po' malinconico week-end sul posto, uno dei ragazzi scopre nella propria soffitta una antica mappa spagnola, che fu di Willy l'Orbo, un pirata del XVII secolo. Lui e i suoi amici decidono così di trovare ad ogni costo il tesoro che l'Orbo ha seppellito da qualche parte nei dintorni. Così la piccola banda si mette in caccia, penetra in uno châlet che d'estate è adibito a bar e scende nel sottosuolo. Purtroppo, il luogo è anche la base operativa di una losca famiglia composta da Mamma Fratelli e dai due suoi figli, i quali hanno incatenato nella cantina il deforme Sloth, terzo membro della casata. I sette piccoli Goonies dovranno affrontare paure e prove terribili, incontrando pipistrelli e trabocchetti, scivolando in torrenti che sono dei veri "toboga", sempre insidiati e inseguiti dai perfidi Fratelli. Uno dei ragazzi riesce a liberare il gigantesco Sloth e a fare lega con lui. Ma nei sotterranei li attende ancora una mirabolante sorpresa...Critica "Ciascuno di questi elementi è modellato sulla componente favolistica di base, quella di uno spettacolo per famiglie, mirato al pubblico ragazzinesco ma con un occhio ai genitori: non un morto, non un ferimento, non una scena di vera violenza. Soltanto un cadavere in frigo, ma non si sa bene da dove viene. Non è la sola incongruenza di una narrazione troppo affastellata, e poi scorciata qua e là al montaggio in fretta. I segni dei guasti si vedono. E' un peccato che all'ingegnosa sceneggiatura di Chris Columbus (che non vale però, quella di 'Gremlins') corrisponda la messinscena del mediocre Donner, un chiassose faccendiere della regia, discreto direttore di attori ma di scorso talento visivo, privo del senso dell'ironia e delle sfumature." ('Il Giorno') "Inutile - impossibile - dettagliare le molto spielberghiane peripezie che li spellano. Basti dire che il percorso di questa comico-macabra caccia al tesoro inizia proprio sotto il covo dei tre evasi, che in cantina la litigiosa famigliola nasconde un terzo fratello, mostruoso ma buono come il pane. E che fra scheletri e pipistrelli, scivoli d'acqua e autocitazioni (il frullatore tritamostri di Gremlins, qui recuperato come strumento di tortura). 'Goonies' rischia di mancare il bersaglio per un autocompiacimento qua e là fastidioso oltre che per una certa usura della formula. Da una parte le più lambiccate diavolerie a base di carrucole, pulegge e sfere che rotolano. Dall'altra gag e emozioni sempre molto fisiche e primarie. E come cemento una consapevolezza che sconfina nell'ostentazione. Giocare a rimpiattino con lo spettatore (con la sua memoria), o pervenire i simboli del suo sapere (guarda un po' cosa succede al David di Michelangelo...) e divertente, certo. Ma a scoprire troppo le carte, il gioco può anche farsi monotono." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 22 dicembre 1985)"Fedele all'estetica di Spielberg, per cui la massima parte degli elementi che hanno concorso al successo dei libri d'avventura deve ritrovarsi in un film, anche a rischio di farlo sembrare un compendio di scarti (e anche a ciò allude, con simpatica autoironia, il titolo 'Goonies'), Richard Donner combina fantastico e comico, il gaudio della monelleria e l'elogio dell'intrepida gioventù americana, il mito della sweet home e la satira di tanti generi cinematografici in un racconto che come ieri sarebbe piaciuto a Mark Twain oggi manda contento ogni tipo di spettatore. Senza un attimo di sosta, le sorprese infatti danno brividi sorridenti, sia che i nostri temerari abbiano macabri incontri (c'è anche un organo fatto con ossa umane), sia che siano esposti a pericoli immensi, affrontati col coraggio degli uomini della frontiera o con la paura di chi invoca la mamma. E tutto funziona a dovere: dalle scenografie alla fotografia e alle musiche di Dave Grusin in un allegro carosello di colpi di scena, in un luna park con gocce romantiche nel quale i giovanissimi attori, diretto con maestria, sono gli eredi dell'antica famiglia a cui appartengono gli Ulisse e i James Bond." (Giovanni Grazzini, 'Il Corriere della Sera', 24 dicembre 1985)
Immagine
Titolo Il mio sogno più grande
Titolo originale Gracie
Anno 2007
Regista Davis Guggenheim
Durata 93
Paese USA
Genere commedia, drammatico, sportivo
Trama Grace Bowen frequenta il liceo ed è una ragazza molto bella e sicura di sé. Alla morte di suo fratello Johnny, cui era profondamente legata, nonostante il parere contrario dei suoi genitori e degli insegnanti decide di seguirne le orme. Il ragazzo era un talento calcistico e lei, pur di ottenere un posto nella squadra, combatterà contro ogni pregiudizio e affronterà i duri allenamenti arrivando anche a sacrificare la sua vita privata.Note - COREOGRAFO DELLE SCENE DI CALCIO: DAN METCALFE.Critica "'Il mio sogno più grande' è un film costruito come una matrioska: nasce da una storia di famiglia e dentro ci trovi una storia di famiglia che, con i cambiamenti del caso, è la stessa. (...) La regia, affidata a David Guggenheim, marito della Shue, resta affare di famiglia." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 18 luglio 2008)"Ci sono dei film in cui non basta la sola proiezione di quei 90 minuti o più che sono stampati su pellicola. 'Il mio sogno più grande' (titolo non troppo originale ma più adatto rispetto all'anonimo e originale Gracie ) è una storia come sul grande schermo ce ne sono tante: un riscatto, una vendetta contro il destino infame, una catarsi attraverso lo sport. (...) Conta solo vincere, in questa lotta più femminile che femminista (siamo nel 1978, e Gracie è costretta a maschilizzarsi per essere accettata e integrata), così come accadeva in 'Sognando Beckham', in cui Keira Knightley cercava il superamento delle barriere razziali calciando un pallone. Ma ciò che rende quest'opera speciale è che è una storia vera. La storia della famiglia Shue. Andrew ed Elizabeth, sex symbol dei teen-movie, 'Tutto in una notte' e 'Cocktail' , e attrice sontuosa in 'Via da Las Vegas', il soccer ce l'hanno nel sangue. Lui ha giocato in Africa e nei Los Angeles Galaxy, lei dai 9 ai 13 anni ha spopolato come ala destra in vari campionati. Una famiglia malata di calcio e anche loro hanno perso un fratello, William. Così Andrew ha coprodotto, cosceneggiato e interpretato il film (è l'allenatore in seconda), Liz è la mamma di Gracie, dolcissima e intensa, John ha raccolto i finanziamenti. E Davis Guggenheim, marito di lei e regista premio Oscar di Al Gore, si è messo dietro alla macchina da presa. Una fiaba vera, supportata da ottimi attori e una colonna sonora da urlo, che schiera i bomber Aretha Franklin e Bruce Springsteen. E pazienza se come sempre le azioni di calcio sono riprese male. E' il difetto atavico del calcio al cinema: può essere raccontato, ma non riprodotto. Purtroppo e per fortuna." (Boris Sollazzo, 'Liberazione', 25 luglio 2008)
Immagine
Titolo Gran Torino
Titolo originale Gran Torino
Anno 2008
Regista Clint Eastwood
Durata 116
Paese USA
Genere azione, drammatico, thriller
Trama Walt Kowalski è un veterano della guerra di Corea con un carattere ruvido che gli fa preferire una vita solitaria con un solo grande amore, quello per la sua auto, una Ford Gran Torino del 1972. Dovrà affrontare i suoi pregiudizi razziali e ritrovare la sua vena migliore quando Thao e Sung, fratello e sorella di origine asiatica e suoi vicini di casa, si metteranno nei guai con una street gang.Note - CANDIDATO AL GOLDEN GLOBE 2009 PER LA MIGLIOR CANZONE ORIGINALE.- DAVID DI DONATELLO 2009 COME MIGLIOR FILM STRANIERO.- NASTRO D'ARGENTO 2009 COME MIGLIOR FILM EXTRAEUROPEO.Critica "L'ispettore Callaghan ha definitivamente chiuso nel cassetto la sua 44 Magnum. E se ha cambiato idea Clint Eastwood - che al cinema ha incarnato "Dirty" Harry, lo stereotipo del giustiziere, e in politica, da conservatore qual è, ha abbracciato le idee repubblicane - vuol proprio dire che negli Stati Uniti il vento soffia in un'altra direzione. La prova sta tutta nell'ultimo, notevole film diretto e ottimamente interpretato da Eastwood, 'Gran Torino': un'apologia della non violenza come risposta alla feroce brutalità della strada, ma anche un invito alla tolleranza razziale, contro ogni pregiudizio; in definitiva, una storia di redenzione. (...) A settantotto anni Eastwood con 'Gran Torino' - in uscita nelle sale italiane - offre, dunque, una lezione di vita, oltre che un'altra superba pagina di cinema, inspiegabilmente ignorata nella notte degli Oscar. Nelle quasi due ore di film - grazie alla brillante sceneggiatura di Nick Schenk, alla sua prima prova, e all'accorta regia - si realizza la catarsi della figura del giustiziere, la cui presenza aleggia impalpabile sul protagonista; un uomo che, nonostante l'età, risulta ancora credibile quando intima minaccioso: "Fuori dalla mia proprietà!". "Questo è il mio film più piccolo - ha detto il regista - ma anche il più personale. Non è tempo di poliziotti estremi, ma di coraggio nel comprendere gli altri". Il messaggio è chiaro ed è diretto a tutti i Kowalski che, sentendosi assediati da un mondo che cambia e che non riescono o non vogliono comprendere, credono ancora di poter combattere una guerra personale." (Gaetano Vallini, 'L'Osservatore Romano', 13 marzo 2009) "Eastwood, rinsecchito con vigore, fa di nuovo centro: forte nella morale e commovente nella sostanza, nonostante segua un prevedibile percorso a ostacoli. Old Clint affronta il finale con piglio western, inquadrato di spalle mentre fronteggia una casa da horror. Il suo film non è né l'uno, né l'altro. E' il doloroso commiato di un cavaliere pallido." (Alessio Guzzano, 'City', 13 marzo 2009)"Semplice ed epico, Clint è più eroico quando estrae un accendino (l'epilogo) di quando, giovane Callaghan, tirava fuori la sua 44 Magnum. Non basta? In un film che flirta di continuo con la morte, inserisce pause da commedia geniali. Come in tutti i tragici, in Clint alberga l'anima di un grande comico. Che occorre, ancora, per fare un capolavoro?"(Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 13 marzo 2009)"Clint Eastwood è magnifico nel personaggio: la sua sicurezza evoca il tempo dell'ispettore Callaghan, il resto del film evoca il suo atteggiamento contemporaneo, i due elementi mescolati creano una figura composita toccante, un impasto di rimorso e violenza. La faccia rugosa, il corpo esile, il modo atletico di muoversi esprimono al meglio la fine d'un uomo forte di integrità e di coraggio." (Lietta Tornabuoni, 'L'Espresso', 19 marzo 2009) "Lo strano, o per lo meno l'insolito, in un film hollywoodiano è la libertà che sembra prendersi Eastwood, che a un certo momento dà l'impressione di 'perdersi' in lunghe deviazioni apparentemente non essenziali. Si prende il tempo per raccontare alcune specificità antropologiche degli hmong scherza con le differenze razziali (e razziste) delle varie anime americane, allontana la minaccia che incombe sul film come se volesse far imboccare al film un'altra strada, quella di una commedia di costume un po' fuori dai tempo. E poi, all'improvviso, fa ripiombare lo spettatore di fronte alla violenza e alla crudeltà. Obbligandolo però a fare un passo ulteriore, che è quello dell'assunzione delle proprie responsabilità di fronte alle ingiustizie della vita. E chiudendo perfettamente il percorso che unisce questo film a 'Mystic River' e 'Million Dollar Baby': la coscienza della responsabilità che i padri - veri o putativi poco importa - hanno verso i figli. E il carico di debiti morali da cui non possono certo liberarsi. Alla fine la storia riprende il suo percorso incalzante e sorprendente, che naturalmente lasciamo allo spettatore scoprire. Possiamo solo aggiungere che Eastwood lo fa con una assunzione di responsabilità inusitata anche per i suoi film, quasi fosse riuscito finalmente a fare i conti davvero con la morte che nelle sue. ultime regie aveva sempre più invaso le avventure dei suoi non-eroi, finendo per assumere l'aspetto del convitato di pietra. E che Eastwood filma con la semplicità e l'immediatezza che hanno solo i grandi." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 13 marzo 2009)"Con 'Gran Torino' Clint Eastwood torna a dirigere se stesso a tre anni dal premio Oscar 'Million Dollar Baby'. Con lo stesso passo blues dei suoi titoli precedenti (in particolare 'Madison County'), con la stessa cura maniacale e poetica per i particolari umani, con passione e amore per temi e personaggi scomodi, Eastwood fa della sceneggiatura del giovane esordiente Nick Schenk un canto all'umanità di ciascuno di noi. (...) Eastwood continua nella sua personalissima strada di osservazione di razze, religioni e differenze mettendo il proprio occhio addosso agli individui, cercando di scavarne le superfici senza appassionarsi a retropensieri o psicologismi, semplicemente accarezzandone i corpi. Ci fa spettatori del quotidiano, ma in una sorta di ralenti che ci permette di assaporare tutte le sfumature. Che a volte fanno tutta la differenza. La sua è un'arte che ormai porta un marchio, basta una prima inquadratura per capire che si tratta di lui, della sua firma, della sua macchina. Che si muove sempre delicata e a ritmo. Lo schermo suona, quando gira Eastwood. Un ritmo lento, nostalgico, con refrain appassionati e struggenti che sfumano verso il finale, lasciandoti addosso tracce di verità e di sublime. Una partitura che il regista ormai esegue ad occhi chiusi e che noi ci godiamo ogni volta, ogni volta meglio, ogni volta di più." (Roberta Ronconi, 'Liberazione', 13 marzo 2009)"L'aspetto più stupefacente di 'Gran Torino' è che il copione di Nick Schenk è arrivato a Eastwood per caso. Può darsi che Clint se lo sia poi cucito addosso, ma può anche darsi che il dio del cinema abbia voluto compiere un miracolo. Non solo il film è stupendo, all'altezza dei capolavori che Eastwood realizza da quando siamo entrati nel XXI secolo ('Mystic River', 'Million DollarBaby', il dittico su Iwo-Jima, 'Changeling'); ma è unasumma del Clint-pensiero, una riflessione sulla violenza nell'America devastata dal liberismo sfrenato dell'era Reagan-Bush, una rilettura a 40 anni di distanza del mito del giustiziere solitario. Eastwood ha dichiarato che Walt Kowalski è il suo ultimo ruolo da attore: a vederlo così bravo, viene da dire che è un peccato, ma la verità è che Gran Torino è il vero testamento di questo immenso cineasta. E quando vedrete il finale - che non vi riveleremmo nemmeno sotto tortura - forse sarete d'accordo con noi." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 13 marzo 2009)"'Gran Torino' è un film imperfetto, certamente non all'altezza dei recenti capolavori di Eastwood (uno per tutti: 'Mystic River'): è pasticciato, politicamente scorrettissimo, improbabile e gigione. Ma è anche l'ennesimo film in cui il cavaliere pallido si mette in gioco a 360 gradi, in cui cerca strade nuove facendo leva su ciò che la gente crede di conoscere di lui. E nel fare questo, invece di annoiare il pubblico come certi 'sperimentalisti' di casa nostra, fa ridere di cuore, e poi commuove: in una parola intrattiene, come solo un consumato animale da cinema sa fare." (Paola Casella, 'Europa', 13 marzo 2009)"'Gran Torino', il nuovo gioiello di Clint Eastwood, racconta, estremizzando sia i toni da commedia che quelli da tragedia (perfino cristologica), insomma alla John Ford a braccetto con Billy Wilder, quella amicizia che riscalda emozionalmente gli ultimi mesi di vita, ai giorni nostri, del burbero caratteraccio di Walt Kowalski, ex operaio specializzato e altamente professionale, della casa automobilistica Ford negli anni quaranta e cinquanta e sessanta ... Quando si costruivano auto più o meno eterne (come si vede gironzolando oggi per l'Havana) e, fatte apposta per sfasciarsi a tempo. E quando il metalmeccanico era sinonimo di vero uomo che poteva e sapeva sputare proprio come costruire e riparare tutto, dal frigorifero alle finestre, dalle grondaie ai tetti ..." (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 13 marzo 2009)"Stilisticamente crudele e insieme classico, essenziale, il film è un pugno veloce nello stomaco, un capolavoro che non si nasconde dietro il dito dei buoni propositi ma guarda in faccia la realtà senza ingombri ideologici. Nessuna nomination per Clint, l'Academy preferisce la storia dell'anziano Benjamin che ridiventa bimbo a quella, intollerabile, di un vecchio antipatico che non trova nulla di fiabesco nell'avanzare dell'età." (Piera Detassis, 'Panorama', 19 marzo 2009)
Immagine
Titolo Grindhouse - Planet Terror
Titolo originale Grindhouse - Planet Terror
Anno 2007
Regista Robert Rodriguez ("Planet Terror"/"Machete", finto trailer) Eli Roth ("Thanksgiving", finto trailer) Rob Zombie ("Werewolf Women of the S.S.", finto trailer) Edgar Wright ("Don't Scream", finto trailer)
Durata 105
Paese USA
Genere azione, fantascienza, horror, poliziesco, thriller
Trama William e Dakota Block sono due medici che lavorano nell'ospedale di una piccola cittadina del Texas. Improvvisamente, un giorno, all'ospedale iniziano ad arrivare strani malati. Non si sa di cosa siano affetti, ma le orbite dei loro occhi sono vuote e i loro corpi sono pieni di piaghe di ogni genere. Sono i sickos, zombi famelici pronti ad attaccare gli esseri umani e assetati di sangue. Nell'ospedale, però è stata ricoverata anche una giovane ballerina di lap-dance, Cherry, che, dopo l'amputazione della gamba, utilizza un fucile come protesi. Con l'aiuto di Wray, il suo compagno, esperto di arti marziali, Cherry decide di organizzare la resistenza e di eliminare i sickos ad ogni costo...Note - LA REVISIONE MINISTERIALE DEL 18 AGOSTO 2009 HA ELIMINATO IL DIVIETO AI MINORI DI 14 ANNI.Critica "Vampirissimi: spuntini di viscere, cervelli spappolati, frullati di vomito. Saremmo alle solite e andremmo per le lunghe se non ci fosse qualche forza inventiva e il buon ritmo del cinefilo spinto. Apparizioni choc di Bruce Willis che giura di aver ucciso Bin Laden e Tarantino vampiro; divertimento straniato su orrori e paure che si declinano anche sull'angoscia di oggi." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 28 settembre 2007)"Il soggetto, del resto, importa poco a Rodriguez, tutto preso da un'operazione feticista in piena regola: sia sul piano del linguaggio (salti, falsi raccordi, pellicola vintage.. .), sia su quello direttamente iconico: vedi la gamba-mitragliatrice di Rose McGowan. Lasciando in pace la metafora sempre implicita nel filone (il popolo di cannibali), soprattutto una visita al luna park per gli amanti del genere." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 28 settembre 2007)
Immagine
Titolo Ricomincio da capo
Titolo originale Groundhog Day
Anno 1992
Regista Harold Ramis
Durata 103
Paese USA
Genere commedia
Trama Sono anni che Phil Connors, un metereologo televisivo, accompagnato dalla produttrice Rita Hanson e dal fido operatore Larry, si reca a Punxsutawney in Pennsylvania per il 2 febbraio in occasione del "giorno della marmotta". Accade però a Phil una cosa eccezionale: il tempo per lui si arresta: ogni mattina successiva egli si ritrova bloccato, nessuno se ne accorge e per vari giorni deve affrontare situazioni diverse. Dapprima indispettito e sgomento, poi interessato e divertito. Connors si trova a vivere situazioni incredibili, nonché a conoscere dettagli e sentimenti di Rita, di Larry, di un vecchio compagno di scuola che ora fa l'assicuratore, oltre a tanti ignoti del posto. Prevedendo in anticipo non più temporali e temperature, ma i gusti delle persone e ciò che loro può capitare, Phil diventa ancor più celebre, impara a suonare il piano, riesce a scolpire statue di ghiaccio e, quel che è più, a mettere in luce il lato migliore di se stesso, aiutando la gente nel corso di una stessa giornata (che gli pare eterna). Soprattutto trovando l'amore con Rita, che alla fine subisce il suo fascino.Critica "Per come è strutturato "Ricomincio da capo" sembra un susseguirsi di ciak: in quanti modi una scena può essere girata? In quanti modi un personaggio può reagire davanti a una certa situazione? E metaforizzando: in quanti altri modi potremmo giocare la nostra esistenza migliorandola?" (Alessandra Levantesi, La Stampa)"Niente di trascendentale, fuorchè il problema spazio temporale, ma una commedia garbata, old style nel recupero dei sentimenti della vita quotidiana che ricomincia ogni mattina." (Maurizio Porro, Il Corriere della Sera)"Senza grandi voli e senza neanche molte novità (il genere è quello e vie diverse non ne cerca), ma quel tanto di surreale che le situazioni propongono, con "ritorni al futuro" rovesciati e "attimi fuggenti" appesi a un chiodo, non fatica, troppo a convincere." (Gian Luigi Rondi, Il Tempo)
Immagine
Titolo Guardian, The
Titolo originale Guardian, The
Anno 2006
Regista Andrew Davis
Durata 100
Paese USA
Genere azione, drammatico
Trama Ben Randall fa parte della Coast Guard Rescue Swimmers, la squadra di salvataggio più eroica degli Stati Uniti. Insieme ai suoi uomini, Ben rischia ogni giorno la vita perché altre persone possano sopravvivere. Il lavoro lo assorbe così tanto che sua moglie decide di lasciarlo non sopportando più di essere sempre al secondo posto. Quando un giorno durante un uragano la sua squadra viene decimata, Ben, rimasto unico superstite, viene mandato dai superiori ad insegnare alla "A School", l'accademia dove vengono addestrati i futuri Swimmers. Ben si trova davanti ragazzi dotati ma arroganti, che devono essere trasformati in professionisti coraggiosi ed esperti, capaci di prendere la decisione giusta anche nei momenti di maggiore pericolo. I metodi di insegnamento di Ben sono particolari e il suo personale metodo di addestramento in poche settimane sconvolge l'andamento dell'accademia. Tra i ragazzi del suo corso c'è Jake, in cui Ben riconosce il talento e la passione necessari, ma che deve essere aiutato a crescere in modo che possa evitare di compiere i suoi stessi errori. Appena dopo il diploma, in una pericolosa missione in Alaska, Jake viene messo alla prova. Dovrà mettere a frutto tutto quello che ha imparato...Critica "Con 'The Guardian', diretto dal regista de 'Il Fuggitivo' Andrew Davs, Hollywod rende omaggio ai 'Rescue Swimmers', eroico corpo speciale della guardia costiera, utilizzando senza troppa originalità un abusato schema narrativo.(...) Pur prevedibile, il film girato in luoghi suggestivi e con la consulenza di veri guardacoste, introduce nella realtà ai più sconosciuta di un'elite di coraggiosi capaci di gettarsi in acque polari con onde alte svariati metri, al motto 'Affinché gli altri possano vivere'. E se il bel Kutcher non convince troppo, Costner conferisce alla sua maturità una grazia crepuscolare." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 19 gennaio 2007)"'The Guardian' di Andrew Davis (suo l'ottimo 'Il fuggitivo') racconta la storia dell'incontro a un corso per soccorritori marini tra il veterano Ben (Kevin Costner) e l'allievo di talento Jake (Ashton Kutcher). Più Jake eccelle nelle prove del corso, più Ben lo prende di mira. Ma quando il vecchio e il giovane si confesseranno i reciproci traumi nascerà una grande amicizia con i due che, mano nella mano, andranno in mare a soccorrere le persone. Tra 'Ufficiale gentiluomo' e la prima parte di 'Full Metal Jacket', 'The Guardian' punta sullo scontato fino a quel finale affascinante dai toni metafisici da cui sarebbe stato molto meglio partire. Costner gioca su una recitazione menefreghista che ogni tanto convince, mentre Kutcher si impegna come un matto per dimostrare che non è solo il fidanzato di Demi Moore. Invano. Come sempre." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 19 gennaio 2007)."La sindrome dell'11 settembre non abbandona il cinema americano che sforna eroi nelle diverse specialità del soccorso civile con una pervicacia tollerabile solo per questioni umane al momento del tragico contraccolpo. Ma quello che era un ragionevole stato emotivo è entrato diritto filato nel cinema generalista. E Kevin Costner, uno degli ultimi romantici dell'epoca post-reaganiana, costruisce un piedistallo alla 'Coast Guard Rescue Swimmers', un corpo speciale adibito al salvataggio di naufraghi nei mari più tempestosi. (...) Film non spregevole, nobilmente professionale, però visto già cento volte, da 'Ufficiale e Gentiluomo' a 'S.W.A.T.' a 'Squadra 49', tutti epigoni del cinema bellico tra i quali spicca 'Le rane del mare' del 1951, capostipite di una serie interminabile sull'istruzione di corpi speciali. Uno spettacolo a volte deprimente, salvato da sequenze marine realizzate in un'enorme piscina. Tuttavia salvare questa pellicola non è impresa da poco." (Adriano De Carlo, 'Il Giornale', 19 gennaio 2007)
Immagine
Titolo Hairspray - Grasso è bello
Titolo originale Hairspray
Anno 2007
Regista Adam Shankman
Durata 117
Paese USA
Genere commedia, drammatico, musicale
Trama Baltimora, 1962. L'adolescente Tracy Turnblad, nonostante i chili di troppo, è un'ottima ballerina e insieme all'amica Penny sogna di poter partecipare, un giorno, al programma televisivo più seguito dai giovani: il 'Corny Collins Show'. Quando una delle star abbandona il programma, la produzione decide di tenere un'audizione per trovare un nuovo volto da lanciare e Tracey si presenta sbaragliando tutta la concorrenza e addirittura gettando ombra sulla reginetta dello show, Amber Von Tussle. Oltre al successo Tracey trova anche l'amore, ma tutto ciò non la soddisfa pienamente perché vorrebbe che avessero libero accesso alla televisione anche i ragazzi di colore. Insieme al suo gruppo di amici e con il supporto di suo padre, Tracey organizzerà, con successo, una dimostrazione pubblica per ottenere l'integrazione tra bianchi e neri.Note - REMAKE DEL FILM "GRASSO E' BELLO" DIRETTO NEL 1988 DA JOHN WATERS (CHE FIGURA ANCHE TRA I PRODUTTORI ESECUTIVI DI QUESTO FILM).- CANDIDATO AL GOLDEN GLOBE 2008 PER: MIGLIOR FILM COMMEDIA/MUSICALE, ATTRICE PROTAGONISTA E ATTORE NON PROTAGONISTA (JOHN TRAVOLTA).Critica "La trama, come si vede, è quanto di più prevedibile ci possa essere e l'interesse del film è tutto nella nostalgia per un'America provinciale e ottimista, dove l'aspetto fisico non conta e buoni e cattivi sono immediatamente riconoscibili. Ma un conto era il film diretto da John Waters nel 1988, dove la madre di Edna era interpretata dall'autentico travestito Divine e i personaggi sembravano davvero i protagonisti di una fiaba bamboccesca a cui si poteva fingere di credere. Un altro conto è il film di Shankman che esce oggi, dove utilizzare Travolta en travesti sembra più che altro uno specchietto per le allodole, tanto è sempre a modo ed educato, mentre la sottotrama antirazzista sembra davvero un'inutile dimostrazione di buonismo fuori tempo massimo. Restano le musiche e i numeri musicali a fare la differenza, oltre al volto porcellanato di Zac Efron, che tra le riprese e l'uscita del film è diventato a sorpresa un idolo per ragazzine urlanti ma che la regia, non potendo saperlo, non esalta come le sue fan vorrebbero. Ma anche qui i risultati sono piuttosto deludenti: Shankman riprende i balli senza una vera idea di regia o di coreografia, tagliando troppe volte le gambe dei ballerini e caso mai sottolineando (con poca delicatezza) le forme extra large del fondo schiena, così che il ritmo sonoro (delle musiche di Marc Shaiman e dei testi di Scott Wittman) non trova mai un vero equivalente visivo e cinematografico. E per vedere finalmente ballare Travolta bisogna aspettare gli ultimi dieci minuti. Per fortuna che per le quasi due ore del film abbiamo potuto godere della incomparabile Michelle Pfeiffer, perfetta (e coraggiosa) nell'offrire tutta la sua bravura a una delle più divertenti 'cattive' delle ultime stagioni." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 28 settembre 2007)"Adam Shankman, ex ballerino, ex coreografo di musical famosi, ex collaboratore di Julian Temple nei video musicali, regista di film del genere Disney ('Missione Tata', 'Un ciclone in casa'), dirige con una sicurezza e una professionalità rare mescolate ad un astuto sentimentalismo. Molto efficace. Tra gli interpreti, anche Queen Latifah scelta benissimo." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 28 settembre 2007)"Diretto dal coreografo Adam Shankman, non del tutto vampirizzato da Travolta siliconato e travestito da massaia cicciona, rallegrato dalla gigioneria di Walken e Pfeiffer, forse 'Hairspray' non va paragonato all'originale ma alla media dei teen-film cattivisti o mielosi (è la stessa cosa) di oggi. Ci guadagna. E la morbida Nikki Blonsky ha avuto il ruolo della sua vita." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 28 settembre 2007)"Impagabili i comprimari, da Michelle Pfeiffer, nei panni dell'orrida Velma, fino allo straordinario Christopher Walken, grande attore stralunato, versato persino nel tip-tap. Impeccabile il nuovo sex symbol teen Zac Efron. bravo a innamorarsi del brutto anatroccolo. Con Tracy ed Edna (e dopo 'Ugly Betty') lo show biz scopre che non bastano le misure perfette, ci vuole anche del peso. Consolante." (Piera Detassis, 'Panorama', 4 ottobre 2007)"La dialettica campo lungo e primi piani nelle scene di massa funziona e lo spazio viene esplorato attraverso la composizione del numero danzante: si balla per strada come nel Shake a Tail Feather dei 'Blues Brothers' e Ray Charles; si dimenano i fianchi tra le aule, corridoi e prati del liceo; si canta oniricamente seduti sui tetti dei camion. Non mancano le bassezze alla Waters (tra l'altro produttore esecutivo del film nonché apparizione lampo nella parte di Flasher) come nel pezzo 'I Can Hear the Hells' cantato dalla Blonsky, dove Tracy viene abbattuta da un pallone da basket e la sua corona da sposa e annesso velo sono fatti di carta igienica srotolata da un cesso. C'è, infine, pure il messaggio impegnato che in tempi di elezioni americane fa molto Barack Obama neri, bianchi buoni e bianchi meno fessi degli altri, tutti insieme appassionatamente. Che volete di più?" (Davide Turrini, 'Liberazione', 28 settembre 2007)"Shankman adotta la versione musical, ma senza ricalcare né l'uno né l'altro; cosa ancor più lodevole, sceglie uno stile di regia su larga-scala, con ariose inquadrature d'insieme al posto dei piani stretti che tendono a mortificare i film musicali degli ultimi anni. Se l'allegria dell'esordiente Nikky Blonsky è contagiosa, va da sé che la regia punta su un cast di supporto d'eccezione: Travolta come 'big mama', Michelle Pfeiffer nella parte della donna in carriera senza scrupoli, Christopher Walken, Queen Latifah. Chi è più mostruoso tra John, obeso en travesti, e Michelle, mucchio d'ossa levigate dal lifting, creatura aliena insieme bella e spaventosa? I ruoli non lasciano dubbi omologando la seconda alla strega di Biancaneve. Un tuffo nella nostalgia; e Dio perdoni i continui getti di spray, con cui si cominciava ad assassinare l'ozono." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 28 settembre 2007)
Immagine
Titolo Hancock
Titolo originale Hancock
Anno 2008
Regista Peter Berg
Durata 92
Paese USA
Genere azione, drammatico
Trama 'Grandi poteri portano grandi responsabilità', ogni supereroe è cosciente di questo ma ce n'è uno che non ne vuole sapere. Irritabile, complicato, sarcastico e incompreso, Hancock è un superuomo atipico che per i suoi metodi anticonvenzionali si è attirato l'antipatia delle stesse 'vittime' dei suoi salvataggi. Tuttavia, l'incontro con Ray Embry, esperto di pubbliche relazioni, e soprattutto con la moglie di questi, Mary, che lo sottopone a una terapia di "galateo", potrebbe finalmente risollevare la sua immagine.Critica "Rifacendo squadra con il suo collaboratore di fiducia Akiva Goldsman cui si aggiunge Michael Mann come produttore, la star Will Smith impegna tutta la sua potenza di fuoco - carisma, popolarità, il tocco di Mida che gli permette di trasformare in soldi tutto quel che tocca - e vince una scommessa non così facile a priori. Mette in gioco la mitologia negativa del maschio nero americano arrabbiato, misantropo, fisicamente aggressivo e la mischia a quella del film di supereroe, con cui sembra del tutto incongrua. E ha un altro merito, neanche piccolo: complice il regista Peter Berg, integra gli effetti speciali all'azione del suo personaggio, anziché cancellare l'elemento umano in favore del 'meraviglioso' tecnologico, come ormai sembravano rassegnati a fare tutti i blockbuster di nuova generazione." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 12 settembre 2008)"'Hancock' si inserisce di forza, grazie ad incassi stratosferici (227milioni di dollari), nel premiato filone del american hero movie con piccole varianti politiche e di senso. Hancock è un supereroe afroamericano e ha problemi d'immagine (un po' come i protagonisti della dolente saga de 'I magnifici quattro'). E se McCain, durante la corsa presidenziale, l'ha menata inutilmente con Obama dandogli dell'inesperto, Hancock risulta più o meno tale di fronte agli occhi di cittadini conservatori, bigotti e ipnotizzati dalla vuota retorica dell'esteriorizzazione del bene. La regia di Peter Berg, anche se in casi del genere sono il narrato e il tono generale dell'operazione a farla da padrone, praticamente non esiste. La macchina da presa, oramai tozzo di metallo virtuale, è scossa per ogni sequenza d'azione come per tutti i presunti placidi interni. Così tutto è demandato al frenetico montaggio, sorta di assemblaggio continuo al ritmo di ricambio di frame ogni uno o due secondi. La colonna sonora mescola curiosamente motivi rap al blues di John Lee Hooker." (Davide Turrini, 'Liberazione', 12 settembre 2008)"Niente di nuovo ma tutto molto plausibile e funzionale: serve a Will Smith per mostrarsi in modo diverso al pubblico e conquistare chi magari nemmeno sapeva cosa fosse 'La ricerca della felicità' e offre a chi gli aveva permesso di interpretare film più ambiziosi l'occasione di un incasso più o meno sicuro. Peccato che a metà la storia cambi registro e invece di usare la moglie dell'esperto di pubbliche relazioni come elemento di disturbo sentimentale, il film si inventi un colpo di scena che lo porta verso altri percorsi, più 'seri' e meditabondi, abbandonando la leggerezza e l'ironia del protagonista pasticcione per fargli vestire gli abiti del supereroe tormentato e ambiguo, che cita Frankenstein e parla di destino. Anche questa svolta può avere una spiegazione a tavolino ed essere letta come il tentativo, dopo una prima parte più spensierata e infantile, di interessare un pubblico (leggermente) più adulto e riflessivo, ma finisce inevitabilmente per contraddire quello che si è visto finora ad allora e corroborare la sensazione di un'operazione soprattutto di marketing, dove l'attenzione è più sugli elementi da assembleare che sul modo in cui quegli elementi contribuiscono a creare una storia coerente." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 12 settembre 2008)"'Hancock' è uno spericolato, divertente (ma non demenziale), intelligente rovesciamento dell'iconografia classica del cinema americano dei supereroi, un genere regolato da codici ferrei e da inizi immancabilmente identici: una banda di ferocissimi sbandati colti in azioni criminali dall'intervento salvifico dei soliti Barman, Superman, Uomo Ragno, Fantastici Quattro... insomma di chi è libero in quel momento!" (Dario Zonta, 'L'Unità', 12 settembre 2008)"La prima parte di 'Hancock' sembra il sequel de 'Il cielo sopra Berlino' in versione popcorn e coca-cola, mentre nella seconda lo stile del film di Peter Berg tratto da un fumetto underground cambia tono. Ed ecco affiorare un inaspettato intimismo. In America hanno amato più l'inizio fracassone che la fine sentimentale. Per noi europei sarà l'opposto? Il cinefumetto hollywoodiano diventa più sballato. E più divertente." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 12 settembre 2008)"Sotto la tutela dei due coniugi il nostro si lascia sbarbare, rivestire e vuoi scommettere che si innamora? Macché, la faccenda è molto più complessa e qui il segreto di un film che è un'amalgama bizzarra e non sempre ben calibrata di commedia, farsa, fantasy e persino di melò. Però il centro scena dominato da un bravissimo Will (per non parlare della deliziosa Charlize), il divertimento è assicurato." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 12 settembre 2008)"La trovata del film 'Hancock' di Peter Berg è relativamente buona. Prodotto da Michael Mann e Jonathan Mostow, il film ha i dieci minuti iniziali quasi piacevoli. Ma poi la definizione dei personaggi avviene solo per ripetizione, perseguendo un didascalico, contraddittorio egualitarismo, che vuol rendere uguale chi, per definizione, non è normale ma super(iore)." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 12 settembre 2008)
Immagine
Titolo Hannibal Lecter - Le origini del male
Titolo originale Hannibal Rising
Anno 2007
Regista Peter Webber
Durata 117
Paese USA
Genere drammatico, thriller
Trama Durante la II Guerra Mondiale, il piccolo Hannibal Lecter, a soli otto anni, assiste inerme alla barbara uccisione dei genitori e della sorellina Mischa. Reso muto dallo shock, il piccolo viene rinchiuso in un orfanotrofio sovietico dove rimane fino a quando, adolescente, riesce ad organizzare la sua fuga. Una volta superata la cortina di ferro, Hannibal trova riparo presso il castello di uno zio nella periferia di Parigi. Giunto sul posto, il ragazzo viene a sapere della morte del parente ma è comunque accolto dalla vedova, Lady Murasaki, una bellissima donna giapponese che accende in lui la passione per la musica, l'arte e la buona cucina. Tuttavia, i ricordi e i fantasmi del passato lo tormentano e il suo desiderio di punire i feroci criminali di guerra è tale da portarlo a condurre un'ostinata ricerca dei responsabili del suo dolore. L'insaziabile fame di vendetta si trasformerà in un'ossessione per tutta la vita...Critica "Il romanzo di Thomas Harris, pur vendendo benissimo, è stato pesantemente beccato dalla critica. Punto primo: si può giustificare l'operato di un serial killer alla luce di un'infanzia tragica? Punto secondo, che riguarda specificamente l'adattamento per lo schermo: si può immaginare Hannibal senza il volto di sir Anthony Hopkins? Come sostituire un attore di tale bravura e carisma? Invece, la doppia trappola è stata brillantemente evitata. Si è dimostrata giusta l'idea di mettere in relazione gli orrori estremi della guerra con la vocazione al male di Hannibal. Il quale, dopo aver assistito, da bambino, all'uccisione dei genitori e della sorellina (mangiati), cresce col pensiero fisso di vendicarli. Sono ottimi gli interpreti, dall'inedito Garpard Ulliel, un giovane Hannibal di impenetrabile intensità, a Gong Li nei panni di un'affascinante zia, sua maestra di arti marziali: ed è altrettanto felice la regia dell'inglese Peter Webber, che ha saputo mettere il suo stile raffinato al servizio di un thriller teso, elegante e suggestivo." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 9 febbraio 2007)"La migliore vendetta è il perdono? Neanche per idea: secondo 'Hannibal Lecter - Le origini del male' la migliore vendetta è ammazzare il nemico e mangiarselo. L'allarmante monito anticristiano arriva da un film che si propone come il 'bildungsroman' del mostro. (...) Ai critici letterari l'operazione che attua Harris nel suo nuovo romanzo non è piaciuta. Su 'The New Yorker' Anthony Lane ha scritto che il 'fallimento assoluto' del libro sta nel tentativo di spiegare un genio del male che doveva restare inspiegabile come Jago. A sua volta uno scriba del 'TLS' non digerisce la prosa di Harris, colpevole a suo dire di indulgere in voli pindarici e bellurie fuori luogo in un thrilling. Tali osservazioni possono tuttavia rientrare nel fenomeno che Stephen King ha deplorato proclamando sul 'Corriere della Sera' del 28 gennaio che 'i critici sono autoreferenziali e incapaci di capire la letteratura popolare'. Non esiste né negli Stati Uniti né altrove una critica che abbia la voglia e la capacità di valutare questo genere di narrativa. Ma alla luce delle riserve di cui sopra, giuste o sbagliate, si colgono sicuri elementi per affermare che il film è superiore al libro. Perché il regista britannico Peter Webber (quello di 'La ragazza con l'orecchino di perla') riesce a metaforizzare per virtù di stile la farraginosa e repellente materia, mantenendo l'ottimo Gaspard Ulliel sui binari di una recitazione straniata, quasi brechtiana, che lo fa transitare illeso tra i rischi convergenti della banalità e del ridicolo. Il tono del film è tanto cupo quanto sapientemente smaltato in una sintesi quasi classica di eleganza e crudeltà. La zia giapponese è una forte presenza della cinese Gong Li e Dominic West è il probo ispettore francese: lei ha avuto i suoi morti a Hiroshima, lui la famiglia uccisa a Vichy, ma la loro risposta al fato è di segno opposto rispetto alla reazione forsennata del protagonista. 'Hannibal Rising' colloca l'ormai mitico antieroe nel girone infernale del «secolo breve» ribollente di atrocità: lungi dal perdonarlo, lo storicizza. Anche per ribadire (guardiamo il telegiornale...) che gli Hannibal sono fra noi." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 9 febbraio 2007)"Il prequel sta diventando un'operazione che ha a che fare sempre meno con la funzionalità del nesso con le puntate successive. In alcuni casi ha un'autonomia che spesso viene snaturata proprio dall'inevitabile collegamento con ciò che succede dopo. 'Hannibal Lecter - Le origini del male - un prologo più che un prequel de 'Il silenzio degli innocenti' - è un perfetto esempio di questa distorsione di un modello seriale. Per sfruttare l'alone mitico che si è creato intorno al personaggio di Hannibal the Cannibal-Anthony Hopkins, uno dei più perfidi e affascinanti serial killer dello schermo, Thomas Harris ha pensato di andare a frugare nella dolorosa adolescenza di Hannibal. (...) Il percorso psicoanalitico-vendicativo del giovane Lecter avvicina il nuovo episodio più ai drammi europei post-bellici che al thriller psicologico." (Alberto Castellano, 'Il Mattino', 10 febbraio 2007)
Immagine
Titolo Cenerentola e Gli 007 Nani
Titolo originale Happily N'Ever After
Anno 2007
Regista Paul J. Bolger
Durata 87
Paese USA, GERMANIA
Genere animazione, commedia
Trama Nel Paese delle Favole, Cenerentola, Raperonzolo e la Bella Addormentata stanno per coronare il loro sogno d'amore, ognuna con il rispettivo Principe Azzurro, sotto l'occhio vigile del saggio Mago, garante dell'equilibrio tra il Bene e il Male. Quando il Mago decide di prendersi una breve vacanza e lascia il popolo delle fiabe nelle mani dei suoi assistenti, Monk e Mambo, i due non tardano a combinare un gran pasticcio favorendo la conquista della potente bacchetta magica da parte della matrigna cattiva Frieda, con la conseguente supremazia dei Cattivi. Per combattere i malvagi e far tornare il lieto fine nel Paese delle Favole, si costituirà un agguerrito team di nani 007 guidati dalla coraggiosa Cenerentola.

Critica
"Il film d'animazione tedesco ha il pregio di voler mescolare le carte delle fiabe: peccato che all'impresa manchi la leggerezza dello stile. Ma il Principe Azzurro pare uno stupido vanesio palestrato con un grosso ciuffo biondo, tanto che Cenerentola sposa un bello sguattero. La Matrigna Cattiva che cerca d'impadronirsi del regno delle fiabe in assenza del Grande Mago sembra Michela Brambilla di Berlusconi: stessi capelli rossi pettinati nello stesso modo, stessi altissimi tacchi, stessa magrezza rapace." (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 07 marzo 2008)
Immagine
Titolo Happy Feet
Titolo originale Happy Feet
Anno 2006
Regista George Miller
Durata 87
Paese AUSTRALIA
Genere Animazione, avventura, musicale
Trama Antartide. E' la stagione degli amori e i pinguini imperatori incontrano l'anima gemella attraendola con il loro canto. Sfortunatamente, il pinguino Mambo è l'unico essere della sua specie che non è in grado di cantare. Tuttavia è un abile ballerino di tip tap, quindi deve inventarsi un modo nuovo per conquistare l'amata Gloria, che ha invece una voce bellissima...Note - NELLA VERSIONE ITALIANA LA VOCE DI 'RAMON' E' DI MASSIMO LOPEZ.- VOCI DELLA VERSIONE ORIGINALE: ELIJAH WOOD (MAMBO), ROBIN WILLIAMS (RAMON/LOVELACE), BRITTANY MURPHY (GLORIA), HUGH JACKMAN (MEMPHIS), NICOLE KIDMAN (NORMA JEAN), HUGO WEAVING (NOAH L'ANZIANO), ANTHONY LA PAGLIA (ALPHA SQUA), MIRIAM MARGOLYES (SIG.RA ASTRAKHAN), MAGDA SZUBANSKI (MISS VIOLA), CARLOS ALAZRAQUI (NESTOR), JOHNNY SANCHEZ III (LOMBARDO), JEFF GARCIA (RINALDO), LOMBARDO BOYAR (RAUL), E.G. DAILY (MAMBO DA PICCOLO).- GOLDEN GLOBE 2007 PER LA MIGLIOR CANZONE ORIGINALE.- OSCAR 2007: MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE.Critica "Rinforzati da voci prestigiose, i personaggi disegnati in 3D sono ormai più veri del vero. Se mai si può osservare che narrativamente 'Happy Feet' è un po' stiracchiato e ripetitivo; e che in tanta ricerca di realismo, le nuove tecnologie stanno affossando il gusto della stilizzazione, cosicché i pur simpatici eroi bianconeri si assomigliano troppo l'un l'altro e rivelano capacità espressive non illimitate. Tuttavia gli incassi Usa sono miliardari e la marcia dei pinguini si prospetta trionfale." (Alessandra Levantesi, 'La Stampa', 1 dicembre 2006)"Spiacerà a chi dopo aver visto lo scorso anno un bellissimo (e straziante) documentario sui pinguini, farà fatica a sopportare le leziosità di questo cartone e l'acquiescenza al politically correct." (Giorgio Carbone, 'Libero', 1 dicembre 2006)"La marcia dei pinguini non è finita. E nemmeno la carriera del geniale George Miller, australiano visionario che riuscì a far parlare i maiali, non riuscì a fare 'Mad Max 4', il quarto capitolo della saga che rese mitici lui e Mel Gibson, ma riesce a realizzare 'Happy Feet', cartone in 3d al computer dove avventura, musical e sentimento si mischiano che è un piacere. Miller sfrutta astutamente il successo del documentario 'La marcia dei pinguini' di Luc Jacquet, cita i duetti canori stile medley di 'Moulin Rouge' dell'altro australiano Baz Luhrmann e cita 'Il brutto anatroccolo' raccontando le peripezie del giovane pinguino imperatore Mambo che quando canta stecca, a differenza di mamma e papà, ma che quando muove le zampone balla da dio. Anche il tip tap. Amicizia tra razze, amori impossibili, famiglie spezzate, leoni del mare incavolati e anche l'intervento finale dell'uomo che mette più paura delle orche assassine. 'Happy Feet' è pura energia. Sono due settimane che umilia al box office Usa un uomo vestito da pinguino di nome Bond, James Bond." ('Il Messaggero', 1 dicembre 2006)"Il successo della 'Marcia dei pinguini' di Luc Jacquet ha forse indotto George Miller (quello di 'Babe va in città') a cimentarsi anche lui su questi uccelli senz'ali in 'Happy Feet' ('Piedi felici'). A Miller, però, maneggiare maiali curiosi riesce meglio che controllare pinguini ballerini di tip-tap.Il fascino del suo 'Babe' era infatti tutto nella dimensione sinistra della città cosmopolita dove si svolgeva la vicenda; mentre il gelo polare di 'Happy Feet' non offre spunti che non si siano già visti nell' 'Era glaciale' e nell' 'Era glaciale 2', oltre che nella 'Marcia'. Il resto del film echeggia 'Il gabbiano Jonathan Livingston' di Hall Bartlett, perché presenta un animale insofferente del conformismo del branco, dal quale viene presto cacciato. Per rimediare al tono amaro dell'esilio, sono stati inseriti infiniti momenti canori, mezz'ora di troppo che rende il film consigliabile solo a bambini e adulti molto, molto riposati. Il miglior umorismo, si sa, è quello involontario: nell'edizione italiana, doppiata, affiora quando i titoli di testa citano celebri attori che danno voce ai personaggi, ma solo nell'edizione originale." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 1 dicembre 2006)"Il pinguino, trascurato da Disney, trova gloria oggi, dopo il famoso documentario, con un cartoon digitale in motion capture (le mosse degli attori clonate) ideato prima, visivamente e tecnicamente prodigioso, di George Miller, il regista di 'Mad Max' e 'Babe', che scopre un cuore animalista. (...) In allegoria e allegria, il racconto, pur con lungaggini, funziona e diverte, si riprende a metà e la tecnica è così miracolosa che ci si dimentica sia un cartone (ma a volte il computer, nelle masse, si vede) e ci si adagia nel realismo della variopinta avventura. Ben doppiato, baciato da colori da cartolina, bianchi e blu accecanti, la favola ha i tempi della stravaganza musicale, c' è il gruppo folk spagnolo, una insegnante di canto alla Pavlova e si intona 'My way' in un crescendo di piacevole furberia che ha permesso al film di battere James Bond. Scritto da sceneggiatori per grandi, il racconto del simpatico pinguino imperatore ballerino va a sbattere sulle ribellioni giovanili in stile Antartide. I numeri da musical sono straordinari, ma ridotti rispetto all' originale che mescola pop, rock, funk, rap, gospel, swing e stile sudamericano, mentre Prince ha composto la canzone dei lunghi, happyssimi titoli di coda." (Maurizio Porro, 'Corriere della Serra', 1 dicembre 2006)"Anche l'australiano George Miller, eclettico regista di 'Mad Max' e del secondo episodio del maialino Babe, si converte alle immagini di sintesi per raccontarci una parabola sull'identità personale e sociale, la diversità l'handicap e il razzismo. Vero è che lo fa con un certo brio e senso del ritmo, nonché con ottime scene d'azione (l'inseguimento sottomarino); però non ci mette quel pizzico di follia che avrebbe potuto rinnovare una storia sentita, ormai, troppe volte." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 8 dicembre 2006)"Nell'ambito della nuova animazione 3D il filone più interessante è quello che porta alle estreme conseguenze i prodigi digitali per reinventare iperrealisticamente il cinema di genere in carne ed ossa. 'Happy Feet', straordinaria sinfonia audiovisiva con pinguini antropomorfi, trasforma un'avventura tra i ghiacci dell'Antartide in un'abbagliante rivisitazione del musical con opportuna contaminazione di generi musicali ed esaspera la parabola del piccolo pinguino imperatore Mambo nella direzione di una colorata e divertente riflessione politicamente scorretta sulla diversità. Non a caso in cabina di regia c'è l'australiano George Miller, l'autore della trilogia futuristica di 'Mad Max', che sa come gestire i grandi spazi, imprimere il ritmo e le accelerazioni giuste, dare ai personaggi l'adeguata incisività drammaturgica. (...) Splendidi numeri di danza con coreografie da musical classico, teneri assolo di Mambo che muove con abilità le sue zampe sul ghiaccio, colonna sonora travolgente con brani rock, rap, lirici, latini, gospel, qualche evergreen dei Queen e di Sinatra, e una canzone di Prince scritta appositamente per il film, doppiatori d'eccezione come Robin Williams e Nicole Kidman." (Alberto Castellano, 'Il Mattino', 9 dicembre 2006)
Immagine
Titolo Harry Potter e il calice di fuoco
Titolo originale Harry Potter And The Goblet Of Fire
Anno 2005
Regista Mike Newell
Durata 156
Paese USA, GRAN BRETAGNA
Genere fantasy
Trama Il quarto anno di Harry Potter ad Hogwarts è contrassegnato dal torneo di Tremaghi, nel quale i rappresentanti di ogni scuola di magia devono sfidarsi in alcune gare. Il Calice di fuoco ogni volta pronuncia il nome di colui che sarà il prescelto a rappresentare il suo Collegio. Quest'anno, però, per la prima volta il Calice annuncia che le insegne di Hogwarts saranno difese da due partecipanti, uno dei quali è proprio Harry, nonostante la sua giovane età. Sul torneo però grava l'ombra di Lord Voldemort...Note - PRODUTTORE ESECUTIVO: CHRIS COLUMBUS.- NOMINATION OSCAR 2006: MIGLIOR SCENOGRAFIA.Critica "Non mancano i soliti comprimari, in testa il solenne Albus Silente. Ma in occasione del grande Torneo e dei Mondiali di quidditch, la Scuola di Hogwarts diventa multietnica e nel cast già prestigioso si affaccia il grande Brendan Gleeson, cacciatore di demoni con occhio di vetro e gamba di ferro. Alla regia c'è Mike Newell ('Ballando con uno sconosciuto'), primo suddito di Sua Maestà ammesso a dirigere la saga della Rowling. La commedia ci guadagna, l'horror ne risente un po'. Ma poco importa: ormai 'Harry Potter' accompagna la crescita di un'intera generazione passo dopo passo (e viene proiettato addirittura agli astronauti russi e americani della ISS, la base spaziale internazionale che orbita 354 km. sopra la Terra). Poteva andare molto peggio." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 25 novembre 2005)"Newell, autore di 'Quattro matrimoni e un funerale', ha humour ma non rinuncia alla cornice irreale di Hogwarts, è l'uscita di sicurezza dal mondo reale. La furbata è che la vita dei ragazzi, reazioni e affetti, sono quelli di tutti i teenagers del mondo, anche non maghi. Lungo 156 minuti, il kolosso è divertente, ha momenti di macabra tensione e barocche stimolazioni fantastiche fra trofei, laghi gelidi e draghi fumanti, ippogrifi, teschi e velieri nascosti: non c'è limite alla fantasmagoria del cine-computer." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 26 novembre 2005)"I discorsi di fedeltà e tradimento sono quanto mai inopportuni per una serie che si alimenta della complicità tra l'autrice e i vari registi e della tolleranza di un pubblico che cerca emozioni sempre più forti e reinvenzioni adeguate alla sua fantasia letteraria oltre a quella della Rowling. E Mike Newell, l'autore inglese del fortunato 'Quattro matrimoni e un funerale', arruolato per dirigere 'Harry Potter e il calice di fuoco' ha dovuto da un lato condensare in due ore e mezzo le seicento pagine del romanzo e apportare le necessarie modifiche per adeguare la vicenda all'età del protagonista Daniel Radcliffe (16 anni) che non corrisponde a quella del personaggio letterario; dall'altro, forte di una produzione di 300 milioni di dollari, ha incrementato la spettacolarità della serie e ha esasperato i toni cupi da film horror. (...) Tra tornei mortali, scuole di magia, il campionato mondiale di quidditch ma anche i primi turbamenti adolescenziali e i primi innamoramenti di Potter, il film scivola piacevole ed emozionante pieno di ritmo e effetti speciali. Qualcosa in più l'aggiunge la carismatica performance di Ralph Fiennes nel ruolo di 'Tu sai chi', il perfido Voldemort che uccide addirittura un compagno di Harry grazie al cui sangue assume forma umana." (Alberto Castellano, 'Il Mattino', 26 novembre 2005)
Immagine
Titolo Harry Potter e l'ordine della Fenice
Titolo originale Harry Potter And The Order Of The Phoenix
Anno 2007
Regista David Yates
Durata 130
Paese GRAN BRETAGNA, USA
Genere fantasy
Trama Harry sta per affrontare il suo quinto anno alla scuola di Hogwarts che si preannuncia particolarmente difficile per lui, anche perché nessuno sembra credere al suo incontro con il malvagio Lord Voldemort e al suo minaccioso ritorno. Tuttavia, per prevenire l'eventualità di un incursione dello stregone tanto temuto, il Ministro Fudge decide di inviare Dolores Umbridge, Inquisitore Supremo del Ministero della Magia, ad insegnare agli allievi la "Difesa contro le arti oscure", mentre Silente riunisce l'organizzazione segreta chiamata Ordine della Fenice, il cui compito è combattere Voldemort e i suoi mangiamorte.Critica "Harry Potter incontra il lato oscura della Forza. E come Luke Skywalker nella saga di Guerre stellari, dovrà scoprire che la differenza tra il Bene e il Male è più complessa di quanto si creda e che il loro scontro avviene sempre dentro ognuno di noi. Arrivate alla quinta puntata cinematografica, mentre quelle letterarie sono ormai in vista della conclusione prevista con il settimo volume, le avventure del maghetto con la cicatrice a forma di fulmine sulla fronte si colorano di una nota ancora più cupa e angosciosa e sfruttano il cambio di regia (David Yates) e di sceneggiatura (Michael Goldenberg) per imboccare una strada a cavallo tra i generi - il tono fanciullescamente fantasy del primo episodio, qui è stravolto da robuste iniezioni gotiche e horror - e accompagnare la prevedibile crescita del pubblico verso un tipo di spettacolo più inquietante e adulto. E non solo per il già tanto strombazzato primo bacio di Harry Potter quanto per la trasformazione di un romanzo di formazione in una specie di saga morale (con ambizioni filosofiche). (...) In termini più fanciulleschi e sincretici (cioè, sotto sotto, cine-televisivi) Lucas, in modi più inquietanti e gotici la Rowling, sembra proprio che entrambi questi eroi adolescenziali - guarda caso, entrambi orfani e entrambi chiamati dal destino a compiti apparentemente più grandi di loro - siano i protagonisti di una specie di nuovo capitolo dell' «etica protestante»: non più spirito del capitalismo, ma angoscia del Male. Una lettura forse un po' eccentrica, ma che trova una sua giustificazione proprio nella scelta di glissare sull' evoluzione fisica e psicologica del protagonista e nelle scarsissime spiegazioni che vengono offerte allo spettatore, dando in qualche modo per scontato una approfondita conoscenza di tutta la saga e una perfetta riconoscibilità dei tantissimi personaggi di contorno. A soffrirne è la coerenza narrativa e qualche volta la logica. Ma i 300 milioni di lettori dei romanzi - tante sono le copie vendute dei primi sei volumi - che correranno al cinema per ritrovare i loro eroi non ci faranno molto caso. I pochi altri digiuni di maledizione cruciatus o di occlumanzia se ne dovranno fare una ragione. Torna Harry Potter, più cupo e horror, e lo scontro con Valdemort è sempre più radicale. Intrighi e minacce per riflettere sul Male." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 11 luglio 2007)"'Harry Potter e l'Ordine della Fenice',è l'episodio meno eccitante della serie, nonché il primo diretto da un professionista di matrice televisiva, l'inglese David Yates, peraltro già al lavoro sul successivo 'Harry Potter e il principe mezzosangue'. Fra tanti personaggi e annessi sortilegi, Yates se la sbriga infatti col piglio notarile di chi vuole anzitutto dominare la materia. Andando dietro a tutto senza privilegiare niente, né gli effetti speciali nè i sentimenti dei protagonisti, che procedono ovvi e un po' spenti senza aggiungere molto a quanto già sapevamo di loro. Con l'eccezione della cattiva di turno, la minuscola e perfidissima nuova insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, una di quelle prof tutte tailleur pastello e sorrisini ipocriti che si odia a prima vista e che è il vero centro emotivo del film. E' lei, con i suoi capelli cotonati, i modi flautati, le sadiche punizioni all'antica, la vera protagonista del film. (...) Fino a scatenare una rivolta studentesca che sembra citare il glorioso 'If...' di Lindsay Anderson. Ma non cancella la sensazione generale di stanchezza e di spreco. A partire dal cast, un Gotha di vecchie e nuove glorie, da Michael Gambon a Brendan Gleeson, da Gary Oldman a Maggie Smith, passando per Emma Thompson, Julie Walters, Ralph Fiennes, Alan Rickman e per il nuovo acquisto Helena Bonham-Carter nei panni (sacrificatissimi) di una beffarda Mangiamorte. Che però stavolta onorano l'impegno con fare sindacale, mentre il film abbozza mille piste e non ne segue nessuna, finendo per concentrarsi sull'intrigo politico a discapito dell'avventura. Così però il delicato equilibrio fra il lato infantile e quello adulto, abilmente mantenuto negli episodi firmati da Chris Columbus, Alfonso Cuaron e Mike Newell, va a farsi benedire. Va bene passare all'età adulta. Ma di questo passo il povero Harry Potter rischia di finire in un talk show." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 11 luglio 2007)"Harry Potter è un elemento interscambiabile di cinema seriale, formula oramai in voga per promuovere l'industria del cinema hollywoodiano sotto l'etichetta ben poco rivoluzionaria di una riconoscibile e ripetibile estetica in digitale e di una stanca poetica di riporto. (...) E' il trionfo dell'azzeramento della creatività stilistica (David Yates è un regista figurante) e della ripetizione automatica di gesti e parole chiave. Ci scappa pure il bacetto (con lingua, sembra) di Harry alla compagna di scuola Cho Chang: la sala applaude come a teatro, ma tutto si rifugia in una incolore filosofia dell'asessualità per un mondo di catatonici eletti. Che noia." (Davide Turrini, 'Liberazione', 13 luglio 2007)"La regia dell'inglese David Yates, noto soprattutto in Tv, si è impegnata al massimo per far lievitare attorno a queste vicende dei climi portati in qualche momento quasi alle soglie dell'horror, privilegiando però anche le tensioni e le emozioni, con qualche punta, qua e là, di umorismo sottile. Per attenuare intenzionalmente certi affanni. Che comunque, in quel finale tumultuoso, si faranno di colpo in primo piano. Con tutti gli effetti (speciali e no) sciorinati a piene mani allo scopo. E, con il corredo, ovviamente, di musiche adeguate e di una fotografia prodiga di immagini torve ma, in qualche punto (i più oscuri) particolarmente affascinanti. Avanti, perciò, amici del maghetto. È l'ora vostra." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 13 luglio 2007)
Immagine
Titolo Harry Potter e il prigioniero di Azkaban
Titolo originale Harry Potter And The Prisoner Of Azkaban
Anno 2004
Regista Alfonso Cuarón
Durata 141
Paese USA
Genere fantasy
Trama Il secondo anno alla scuola di magia è terminato e ancora una volta Harry Potter è costretto a passare le vacanze estive a casa dei terribili zii Petunia e Vernon Dursley. Dopo aver effettuato un incantesimo ai danni della prepotente zia Marge, sorella dello zio Vernon, il giovane mago decide di fuggire per non subire l'inevitabile punizione. A bordo dell'autobus Nottetempo, Harry raggiunge il Paiolo Magico, il pub che nasconde l'ingresso segreto per Diagon Alley, dove incontra Cornelius Caramell, il Ministro della Magia, che anziché punirlo per aver usato la magia al di fuori di Hogwarts gli consiglia, misteriosamente, di rimandare il suo rientro a scuola. Ben presto Harry scopre che un pericoloso mago, Sirus Black, è scappato dalla prigione per maghi di Azkaban e che questi è diretto alla scuola di magia per uccidere proprio lui...Note - CREATURE ED EFFETTI SPECIALI DI TRUCCO: NICK DUDMAN.- DUE CANDIDATURE AGLI OSCAR 2005: MIGLIOR COLONNA SONORA E MIGLIORI EFFETTI VISIVI (TIM BURKE, ROGER GUYETT, BILL GEORGE, JOHN RICHARDSON)Critica "'H.P. e il prigioniero di Azkaban' si lascia vedere, sebbene le carte migliori della Rowling siano state giocate da Columbus. Cuaron può solo rimpiazzare il defunto, immenso Richard Harris con l'esiguo Michael Gambon e immettere Emma Thompson come 'visiting professor' Sibilla Cooman al posto dell'ex marito Kenneth Branagh. E poi può conservare la squadra di bambini, ora ragazzini, e seguirli nello sviluppo: i figli degli anni Novanta del ventesimo secolo si sono identificati con loro e continueranno a farlo, assicurando un largo e tenace pubblico. Quello che è più scontato nel film è il viaggio indietro nel tempo per cambiare gli eventi sfavorevoli, che è qualcosa di visto e rivisto." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 4 giugno 2004)"Quando si sono riaccese le luci all'anteprima di 'Harry Potter e il prigioniero di Azkaban' sono rimasto con il dubbio se si tratta o no di un film adatto per i più piccoli. Ho chiesto il parere di mio nipote Alfonsino e lui senza esitare ha proclamato di sì. Però avevo notato che per una buona metà delle due ore e passa di proiezione il bimbo (otto anni) si era rifugiato in braccio al papà onde garantirsi adeguata protezione da mostri e fantasmi. Per cui sarei tentato di interpretare la sua risposta come una sortita di coraggio, fiera quanto tardiva; e lascerei ai genitori di decidere se far affrontare ai figlioletti questa favola sconfinata nell'horror. E' sempre brutto tempo nel film diretto dall'emergente messicano Alfonso Cuarón. (...) Più che per le sue qualità di narratore a volte confuso, il regista brilla come creatore di atmosfere gotiche. Hogwarts e dintorni non sono certo il paese del sorriso: latitante appare il dono tipicamente inglese della Rowling, quell'umorismo che scorre sotto le sue pagine a riscatto di tante agghiaccianti fantasmagorie. Com' è noto questo terzo Harry Potter viaggia con due tappe di ritardo sui romanzi, che si sono gonfiati fino a passare dalle 293 pagine del primo alle 804 del quinto. A onta di alcune solenni stroncature come quella di Harold Bloom, la fortunata J. K. Rowling si sta prendendo sul serio; e chissà quanto si espanderà il suo sesto parto letterario, mentre è in lavorazione il quarto film diretto da Mike Newell." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 1 giugno 2004) "La regola generale: i seguiti, al cinema, sono meno riusciti dei prototipi. Le eccezioni: 'Il signore degli anelli: il ritorno del re' (ma quello è un unico film, diviso in episodi) e il terzo capitolo della saga tratta dai romanzi di J. K. Rowling, il migliore realizzato finora. Ritroviamo Harry in vacanza dagli odiatissimi zii. La chiave rappresentativa della prima sequenza è il grottesco; lo resterà per tutto il film, ma assumendo sfumature sempre più dark. (...) Così lo spettatore, il cui sguardo s'identifica con il loro, è indotto a completare il senso di quel che ha appena visto, o darne interpretazioni differenti, sentendosi personalmente coinvolto negli eventi. Hermione finirà per contendere all'amichetto la parte protagonista." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 11 giugno 2004)
Immagine
Titolo Harry Potter e la pietra filosofale
Titolo originale Harry Potter And The Sorcerer's Stone
Anno 2001
Regista Chris Columbus
Durata 152
Paese USA, GRAN BRETAGNA
Genere avventura, family, fantasy
Trama TRAMA CORTAHarry Potter ha passato i primi dieci anni della sua vita abitando nel sottoscala della casa dei suoi zii, Petunia e Vernon Dursley. Nei giorni che precedono il suo undicesimo compleanno iniziano ad arrivare in casa Dursley delle strane lettere indirizzate a Harry scritte con inchiostro verde e accompagnate da un gufo. I suoi zii però fanno di tutto per impedirgli di leggerle e per sfuggire al continuo recapito delle missive, decidono di portare Harry in un posto molto remoto dove nessuno li può trovare. Qui invece incontrano il gigante Hagrid, furioso con i Dursley perché hanno impedito a Harry di leggere le lettere e che non gli hanno rivelato la vera identità dei suoi genitori. Harry infatti è figlio di due potenti maghi che sono stati uccisi non in un incidente stradale, come gli è stato sempre raccontato, ma in uno scontro con un mago malvagio che è anche l'artefice della cicatrice a forma di fulmine che Harry ha sulla fronte. Hagrid rivela al ragazzo che le misteriose lettere erano l'invito ad andare a studiare alla Hogwarts School, dove invece delle materie classiche si insegnano l'arte della magia e della stregoneria. Felice per aver scoperto la sua vera natura, Harry accetta di frequentare la scuola, e si avvia a prendere il misterioso Hogwarts Express, il treno che parte dalla piattaforma 9 e 3/4 della stazione di King's Cross a Londra. Sul treno incontra dei nuovi amici, Hermione Granger e Ron Weasley, e insieme a loro si imbarca nella nuova avventura a Hogwarts, dove finalmente trova il calore e l'affetto che finora non ha mai avuto.TRAMA LUNGAAll'età di undici anni, Harry Potter riceve dalle mani dell'imponente ma sentimentale Hagrid, guardiacaccia della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, una lettera che gli cambia la vita. Fino a quel momento ha vissuto nel sottoscala degli zii, che gli hanno sempre tenuto nascoste le sue origini: i suoi genitori erano potenti maghi e non sono morti in un incidente, come gli è stato fatto credere, bensì sono stati uccisi dal malvagio Voldemort, perché rifiutatisi di passare dalla sua parte. Questi, nel tentativo di eliminare Harry ancora in fasce, si vide prosciugata tutta la sua energia e ottenne soltanto di imprimere sulla fronte del neonato una cicatrice a forma di saetta. Da allora, di Voldemort non si è saputo più niente. Per questo motivo Harry è famoso fra tutti i maghi, e ora é ammesso al primo anno della loro scuola speciale. Sul treno che lo conduce ad Hogwarts stringe amicizia con Ron e Hermione, e tutti e tre vengono assegnati, a giudizio insindacabile del Cappello Parlante, alla Casa del Grifondoro. Alla fine dell'anno, viene assegnata una coppa alla Casa che si è distinta per meriti. Nonostante i tentativi di Draco Malfoy, appartenente ai Serpeverde, di mettere Harry in cattiva luce, questi viene immediatamente reclutato nella squadra di Quidditch, sport molto spettacolare giocato su manici di scopa, e fa vincere il campionato grazie alla sua abilità di 'cercatore', ruolo che era stato ricoperto anche dal padre. Riesce inoltre, con l'indispensabile aiuto di Ron e Hermione, che vincono una partita a scacchi magica, a sventare il furto della pietra filosofale, custodita nelle segrete della scuola. Tale pietra ha il potere di dare l'immortalità, e Voldemort, usando l'insospettabile professor Raptor, voleva impadronirsene per recuperare le energie e il potere perduto. In virtù dei punti ottenuti grazie al coraggio di Harry e alla sua vittoria nel Quidditch, all'abilità scacchistica di Ron e alla ferrea logica di Hermione nelle situazioni più difficili, è il Grifondoro a vincere la Coppa delle Case, che era stata per molti anni appannaggio dei Serpeverde.Note - LE RIPRESE SONO STATE EFFETTUATE IN INGHILTERRA PER RIMANERE FEDELI ALL'AMBIENTAZIONE ANGLOSASSONE. A HOLLYWOOD SONO STATE ESEGUITE SOLO LE LAVORAZIONI DEI TRUCCHI. E' STATO GIRATO MATERIALE PER 4 ORE DI SPETTACOLO. - LE SCENE TAGLIATE VERRANNO INSERITE NELLA VERSIONE IN DVD.- CANDIDATO ALL'OSCAR 2002 PER MIGLIORI SCENOGRAFIE, COSTUMI E COLONNA SONORA.Critica "Il film risulta impeccabile, con le sue magie ma soprattutto con le ambientazioni neogotiche: la scuola di magia e stregoneria Hogwarts, le immense scalinate Tudor con gli antichi ritratti in cui i personaggi si muovono, i fantasmi che svolazzano elegantissimi nei loro costumi, la fantastica partita di Quiddich, la partita a scacchi giganti in cui le pedine si fanno fuori fra loro. I grandi attori che hanno accettato con ironia di appiccicarsi immense barbe lisce o ricciute, di indossare mantelli svolazzanti e di dire molte sciocchezze, sono fantastici (...) Sono loro a far pensare che un mondo di maghi, buoni e cattivi, potrebbe essere più impressionante ma anche molto più bon ton". (Maria Pia Fusco, 'la Repubblica', 5 novembre 2001)"Dei tre giovani studenti di magia l'Harry Potter di Daniel Radcliffe, scelto tra 16mila aspiranti, è forse un po' troppo carino, in ordine, pettinato, incapace d'esprimere altro sentimento che stupore. Davanti allo specchio magico che riflette l'immagine dei genitori morti e mai conosciuti resta lì con gli occhioni spalancati dietro gli occhialini, mentre nel libro ci fa piangere: "Dentro di sé provava un dolore acuto fatto per metà di gioia e per metà di una terribile tristezza". (...) Il risultato è impeccabile, gli effetti speciali non volgari, le scenografie imponenti. Manca solo, nella storia del piccolo mago tra maghi, il tocco magico che avrebbe potuto renderlo indimenticabile." (Natalia Aspesi, 'D di Repubblica', 4 dicembre 2001)"Il regista, lo sceneggiatore e gli attori sono un tramite tra lo spazio romanzesco e i lettori - spettatori. Cuscinetti oleati di una travolgente macchina delle meraviglie e dei balocchi. Verosimili interpreti di una fantasticheria che percorre la vecchia strada dall'infanzia alla maturità. Romanzo di formazione emozionante anche per i babbani condannati a restare con i piedi per terra e incapaci di sorvolare, a cavallo di una scopa, il senso magico della vita". (Enrico Magrelli, 'Film tv', 16 dicembre 2001)"Non sparate su 'Harry Potter e la pietra filosofale'. Facile fare gli incontentabili quando dietro al film c'è un best-seller mondiale, ed è vero che si poteva sperare in più coraggio. Ma la regia super rispettosa di Chris Columbus funziona benone. E per una metà abbondante le avventure del maghetto creato da J. K. Rowling e dei suoi amici fra scope volanti, 'babbani', Troll, mondi paralleli, partite a Quidditch, mastini a tre teste, si vedono con grande piacere. A tutte le età". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 7 dicembre 2001) "Il film fenomeno per bambini, tratto dal primo dei libri per l'infanzia della trentaquattrenne gallese Joanna Kathleen Rowling dedicati al piccolo mago Harry Potter di undici anni, collegiale alla Scuola di Magia e Stregoneria, ha poco incanto ma è carino, divertente e ben fatto. Lunghezza, due ore e ½". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 7 dicembre 2001)